Era Già Malandato Da Tempo, E Alla Fine Ci Ha Lasciato Anche Leslie West, Aveva 75 Anni.

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In seguito ad un attacco di cuore nella giornata del 20 dicembre, Leslie West era stato ricoverato in un ospedale di Palm Coast, vicino a Dayona in Florida, dove viveva il musicista: ma non si è più ripreso ed è morto il 22, anche se la notizia è stata confermata solo tra ieri e oggi.

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Leslie Weinstein era nato a New York nell’ottobre del 1945 e poi era cresciuto tra Forest Hills e il New Jersey, prima di iniziare già nel 1965 una carriera con i Vagrants, tra i precursori di quello stile tra garage e psych-rock che poi sarebbe stato tramandato da Lenny Kaye nella sua famosa compilation Nuggets, nella quale il gruppo appariva con la cover di Respect, il grande brano soul di Otis Redding, trasformato in un robusto brano garage, dove già si apprezzava la chitarra di Leslie West https://www.youtube.com/watch?v=qr8b5ksAyL4 . Per i casi del destino il primo produttore della band fu proprio Felix Pappalardi, che poi avrebbe iniziato una fruttuosa collaborazione con Leslie nei Mountain, gruppo che aveva preso il nome dal primo album solista di West Mountain, mutuato anche dalle gigantesche fattezze del nostro, che brandiva le chitarre come fossero degli stuzzicadenti, ma le sapeva suonare come pochi: uno dei più fedeli seguaci del power trio style che proprio Pappalardi aveva contribuito a creare.

Bethel, New York: August 1969. Woodstock Music Festival. Leslie West and Mountain performing. ©Tom Miner / The Image Works NOTE: The copyright notice must include "The Image Works" DO NOT SHORTEN THE NAME OF THE COMPANY

Bethel, New York: August 1969. Woodstock Music Festival. Leslie West and Mountain performing. ©Tom Miner / The Image Works NOTE: The copyright notice must include “The Image Works” DO NOT SHORTEN THE NAME OF THE COMPANY

Senza stare a fare una lunga disamina, ma comunque approfondita, dell’operato della band,  sicuramente i Mountain sono stati, per alcuni anni, tra i migliori portatori sani di quel blues-rock robusto e roccioso, ma non privo di finezze, che era uno dei generi di riferimento dell’epoca. Nel primo album solista del luglio del1969 ricordato poc’anzi Pappalardi non era ancora entrato in pianta stabile nella formazione, ma agiva come produttore e bassista, in una band che Rolling Stone aveva identificato come “louder than Cream”; comunque era un bel sentire, nel repertorio c’erano già brani come Blood Of The Sun, Long Red e una cover di This Wheel’s On Fire di Dylan. A metà di agosto erano già a Woodtsock, dove presentarono in anteprima quello che sarebbe diventato uno dei loro cavalli di battaglia, la splendida Theme From An Imaginary Western, un brano scritto da Pete Brown e Jack Bruce, uscito su Songs For A Taylor dell’ex Cream, una power ballad dalla meravigliosa melodia, che nella versione dei Mountain è diventato uno dei grandi pezzi rock degli anni ‘70 https://www.youtube.com/watch?v=GNOzw8ufhxE , e sempre al Festival presentarono una versione colossale di Dreams Of Milk And Honey di oltre 16 minuti, presente nel primo album, dove si apprezzava lo stile chitarristico “grasso” (scusate) e dirompente che avrebbe sempre caratterizzato la sua futura carriera  . L’anno dopo esce nel 1970 esce Climbing! Che contiene la potentissima Mississippi Queen, una esplosione di pura potenza sonora, dove se West e Pappalardi non raggiungono i vertici di Clapton e Bruce, anche perché Corky Laing non era un batterista all’altezza di Ginger Baker, furono un buon surrogato e dei discepoli del leggendario trio inglese https://www.youtube.com/watch?v=VbP4qf8PjfI .

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Pappalardi, con la moglie Gail Collins, e spesso lo stesso Leslie scrivevano anche delle ottime canzoni, tipo la raffinata For Yasgur’s Farm sempre da Climbing! https://www.youtube.com/watch?v=pZwv8wH-C0Q , ma la loro forza era nel sound da colosso, da montagna, della band al completo, e anche se già il disco del 1970 entrò nella Top 20, fu con Nantucket Sleighride del 1971 che raggiunsero il massimo successo, grazie a brani come la title track, e l’anno dopo con Flower Of Evil, metà in studio e metà dal vivo, con il lungo tour de force di 25 minuti della Dream Sequence https://www.youtube.com/watch?v=p8iGat21cJE  e di Mississippi Queen, e nella parte in studio con un bellissimo brano della coppia Pappalardi/Collins One Last Cold Kiss https://www.youtube.com/watch?v=uQwldCpm91U , poi ripreso anche dal grande Christy Moore. Nel 1972 esce ancora l’ottimo Live: The Road Goes Ever On, con una fantastica e lunghissima Stormy Monday che illustrava l’amore per il blues di Leslie West, non un mero casinaro, ma un chitarrista della tecnica notevole con grande controllo di toni, livelli e vibrati, tanto che Martin Lancelot Barre, Ritchie Blackmore e altri hanno detto che qualche ideuzza l’hanno rubata al nostro amico e Pete Townshend era un fan e un amico.

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Dopo la pausa dei tre dischi come West Bruce Laing, due in studio ed uno Live, tra il 1972 e il 1974, buoni ma non eccelsi, comunque sempre dell’ottimo rock-blues https://www.youtube.com/watch?v=sRwFVkMymsI , West e Pappalardi, appianate le loro divergenze, provano un secondo disco con Avalanche e il doppio live Twin Peak. Leslie periodicamente ha provato a riattivare la vecchia ragione sociale, ma senza grandi risultati, mentre la carriera solista è proseguita tra alti (non molti) e bassi (parecchie di più, senza mai scadere nella parodia di sé stesso). Nel 2011, a causa dei suoi problemi con il diabete, ha subito l’amputazione della parte bassa della gamba destra, ma ha ripreso con orgoglio a fare musica, realizzando un paio di dischi di buona fattura, Still Climbing nel 2013 e Soundcheck nel 2015, ricco di ospiti https://discoclub.myblog.it/2015/11/21/manca-gamba-la-grinta-leslie-west-soundcheck/ . E di questi giorni è la notizia che purtroppo “la Montagna è crollata”, possa Riposare In Pace.

Bruno Conti

Una Splendida Full Immersion Nella Leggenda, 3 Giorni Di Pace E Musica! Woodstock – Back To The Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive. Giorno 2

woodstock_deluxebox_productshot_1VV.AA: Woodstock – Back To The Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive – Rhino/Warner 38CD/BluRay Box Set

Seconda Parte

Day 2/CD 9-23.   

CD9 – Quill. Band di Boston oggi dimenticata, costruita intorno ai fratelli Dan e Jon Cole e con un solo album all’attivo. Quattro lunghe canzoni tra rock e psichedelia di discreto livello, tra le quali spiccano il godibile jumpin’ blues That’s How I Eat e la coinvolgente Waiting For You, piuttosto Doors-oriented.

CD10 – Country Joe McDonald. Esibizione acustica, da folksinger, per Joseph Allen McDonald (tornerà il terzo giorno con The Fish), con brani originali come Rockin’ Round The World, Flying High e I Seen A Rocket, classici country del calibro di Heartaches By The Number, Ring Of Fire e Tennessee Stud e finale con la mitica I-Feel-Like-I’m-Fixin’-To-Die Rag. Tutto abbastanza piacevole anche se con qualche stonatura qua e là.

CD11 – Santana. Il Festival entra nel vivo con uno dei momenti più leggendari. I Santana erano una band sconosciuta (erano stati raccomandati da Bill Graham, e quando Graham raccomandava qualcuno dovevi ascoltarlo) ed il loro set fu uno shock per tutti i presenti, che si ritrovarono di fronte un chitarrista strepitoso ed una band magnifica (con il tastierista e cantante Gregg Rolie perfetto alter ego di Carlos, e Michael Shrieve devastante alla batteria). Il punto più alto della performance è senza dubbio Soul Sacrifice, ma anche i futuri classici Evil Ways e Jingo non sono da sottovalutare, come neppure la calda e ritmata apertura di Waiting, la potente Just Don’t Care ed il sontuoso latin rock di Savor.

CD12 – John Sebastian. Dopo Santana l’esibizione acustica dell’ex Lovin’ Spoonful (tra l’altro interrotta per il parto della moglie) è quasi un anticlimax, anche se il nostro ce la mette tutta e ci regala cinque buone canzoni, tra cui la folkeggiante How Have You Been e la gradevole Darling Be Home Soon.

CD13 – Keef Hartley Band. Gruppo dell’ex batterista di John Mayall (oltre che di Rory & The Hurricanes, proprio come Ringo), che suona un set di solido blues con tanto di fiati, guidato dalla voce e chitarra di Miller Anderson: cinque brani, con la potente Spanish Fly in apertura, strumentale che si presta ad improvvisazioni varie, il gagliardo rock-blues elettrico di She’s Gone ed il notevole medley finale di 18 minuti Sinnin’ For You/Leaving Trunk/Just To Cry.

CD14 – The Incredible String Band. Dopo una poesia introduttiva (Invocation) il gruppo britannico guidato da Mike Heron e Robin Williamson si lancia in cinque brani nel loro caratteristico stile folk acustico e sognante, un set godibile (pur con alcune sbavature vocali) che ha il suo momento migliore nell’orecchiabile This Moment. Forse un po’ fuori posto in questa fase del Festival, li avrei visti meglio il primo giorno.

CD15/16 – Canned Heat. La boogie-blues band di Los Angeles era molto popolare in quel periodo, e la loro fama aumentò proprio grazie alla partecipazione a Woodstock. Spero però di non attirarmi addosso le ire dei lettori se dico che un conto è quando a cantare è Bob Hite (come nell’energico rock-blues I’m Her Man, nel sanguigno medley A Change Is Gonna Come/Leaving This Town o ancora nel travolgente Woodstock Boogie, ben 28 minuti decisamente esplosivi), un conto quando il microfono passa ad Alan Wilson, il cui falsetto già mi è sempre rimasto un po’ indigesto, ma qui è completamente fuori fase e stona alla grande, rovinando completamente i due brani più famosi del gruppo, Going Up The Country e On The Road Again.

CD17 – Mountain. Il quartetto guidato da Leslie West e Felix Pappalardi (con Steve Knight e Norman Smart) è stata una grande band, e pochi si ricordano della loro partecipazione a Woodstock. Un set al fulmicotone con versioni possenti di alcuni dei loro classici, tra rock, blues e hard: la tonante Blood Of The Sun, le intense ballad Theme For An Imaginary Western (scritta da Jack Bruce) e Who Am I But You And The Sun sono per chi scrive gli episodi migliori, senza però dimenticare una magnifica Stormy Monday di T-Bone Walker, rock-blues affilato come una lama e con West monumentale alla solista, ed un uno-due finale da infarto con Dreams Of Milk And Honey e Southbound Train. Grandissima prestazione.

CD18/19 – Grateful Dead. Ed ecco uno degli highlight del box, l’esibizione completa della storica band di San Francisco. Il gruppo guidato da Jerry Garcia non aveva mai amato questa performance, ed è infatti strano che su circa 24.000 dischi dal vivo della loro discografia, di Woodstock non fosse mai uscito nulla tranne Dark Star dieci anni fa. La loro prestazione fu però inficiata da problemi con la messa a terra degli impianti elettrici, problemi causati dalla pioggia battente, che instillò nei nostri la paura di prendere la scossa non appena avessero toccato strumenti o microfoni. Per fortuna andò tutto bene, e risentita oggi la loro performance non è così male, anche se lontana dalla perfezione dei concerti che da lì a tre mesi formeranno l’ossatura di Live/Dead, il loro miglior album dal vivo di sempre. Cinque pezzi in totale, con due di pura psichedelia (St. Stephen, stranamente appena accennata, e la già citata Dark Star) ed altri due che anticipano il futuro suono “roots”, cioè la cover di Mama Tried di Merle Haggard e High Time un anno prima di Workingman’s Dead. Ma l’highlight del concerto è una fantastica Turn On Your Lovelight di ben 38 minuti, una vera goduria in cui la classe di Garcia e soci viene fuori alla grande.

CD20 – Creedence Clearwater Revival. Tosta performance elettrica e decisamente rock per la band dei fratelli Fogerty, gruppo che non ha mai tradito. Tra riletture potenti e dirette di classici (Born On The Bayou, Green River, Bad Moon Rising, Proud Mary, Keep On Chooglin’), un paio di “deep cuts” (Bootleg, Commotion), qualche cover (Ninety-Nine And A Half, I Put A Spell On You, The Night Time Is The Right Time) ed una Suzie Q di dieci minuti assolutamente devastante, i CCR forniscono una delle migliori prestazioni del Festival. *NDB Come avrete visto all’inizio di agosto è uscito per la Concord anche il CD con la esibizione completa di Fogerty e soci.

CD21 – Janis Joplin. La cantante texana era un’altra che non deludeva mai, una interprete formidabile che qui dimostra di cavarsela alla grande con tutti gli stili, siano essi evergreen (una Summertime da brividi), ballate di derivazione pop (To Love Somebody dei Bee Gees), vibranti errebi (Raise Your Hand di Eddie Floyd e I Can’t Turn You Loose di Otis Redding, cantata in duetto con il sassofonista Cornelius Flowers), blues lenti ma torridi (Kozmic Blues, da pelle d’oca, e Ball And Chain di Big Mama Thornton) e perfino un accenno di swamp alla Creedence con Try (Just A Little Bit Harder). Non manca la splendida Piece Of My Heart, tra i più grandi classici di Janis.

CD22 – Sly & The Family Stone. Non sono mai stato un fan di questa band e della musica funky in generale, ma è difficile restare indifferenti al set infuocato di Sylvester Stone e Famiglia (e poi c’è anche parecchio errebi), che può contare su riprese piene di ritmo ed energia di alcuni classici del loro repertorio, con un cenno particolare per il dirompente medley di 20 minuti Everyday People/Dance To The Music/Music Lover/I Want To Take You Higher.

CD23 – The Who. Il secondo giorno si chiude con un’altra esibizione storica, anche questa tra le più belle del Festival, roccata, grintosa e potente: una macchina da guerra. Tommy era uscito da tre mesi e la quasi totalità dei brani presenti proviene dalla mitica rock opera (ben 16 pezzi), con i soliti highlights che conosciamo (Amazing Journey, Acid Queen, Pinball Wizard, Go To The Mirror Boy, I’m Free, We’re Not Gonna Take It). Il quartetto arrotonda con due classici del calibro di I Can’t Explain e My Generation e due scatenati rock’n’roll come Summertime Blues di Eddie Cochran e Shakin’ All Over di Johnny Kidd & The Pirates. In mezzo al concerto, il ben noto “Abbie Hoffman Incident”, in cui il disturbatore di estrema sinistra Abbie Hoffman (una specie di Gabriele Paolini dell’epoca) salì sul palco tentando di interrompere la performance ma venne preso a male parole e, pare, buttato giù dal palco a chitarrate da Pete Townshend. Che per questo si è guadagnato la mia stima imperitura.

Fine della seconda parte, segue…

Marco Verdi

Per Rivalutare (In Parte) Un Gruppo Spesso Bistrattato. Molly Hatchet – Fall Of The Peacemakers 1980-1985

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Molly Hatchet – Fall Of The Peacemakers – Cherry Red/Sony 4CD Box Set

Nel panorama dei gruppi southern rock degli anni settanta, a parte la sacra triade formata da Allman Brothers Band, Lynyrd Skynyrd e Marshall Tucker Band, una delle band più popolari, ma negli anni più maltrattate dalla critica sono stati (esistono ancora, seppur senza membri originali al suo interno) i Molly Hatchet, provenienti da Jacksonville, Florida, la vera culla del southern, e fondati nel 1971 dai chitarristi Dave Hlubek (scomparso nel 2017) e Steve Holland, ai quali si sono aggiunti negli anni seguenti (il loro esordio discografico avverrà solo nel 1978) il terzo chitarrista Duane Roland, il cantante solista Danny Joe Brown e la sezione ritmica formata da Banner Thomas e Bruce Crump. Considerati da sempre fautori di un southern rock grezzo e destinato a palati non proprio raffinatissimi, con sconfinamenti anche nell’hard rock, i MH nella seconda metà dei seventies hanno invece pubblicato tre album di buona fattura, di certo inferiori a quelli dei tre gruppi da me citati all’inizio, ma con una loro logica all’interno del calderone southern: Molly Hatchet (1978), Flirtin’ With Disaster (1979, il loro migliore per il sottoscritto, contiene la strepitosa Boogie No More) e Beatin’ The Odds (1980, con Jimmy Farrar alla voce al posto di Brown) sono tre album che non sfigurerebbero nella collezione di qualsiasi amante della buona musica, ed ebbero anche un buon successo di vendite, forse grazie anche alle iconiche copertine in stile medievale-fantasy ad opera di Frank Frazetta.

In genere si pensa che da lì in poi i MH abbiano indurito il loro sound, adattandolo ai gusti dell’epoca ed allontanandosi dunque dai territori southern, e se questo può essere condivisibile quando parliamo del periodo che va dalla seconda metà degli anni ottanta fino più o meno ad oggi, l’inizio degli eighties non è poi così disastroso, e questo boxettino di quattro CD, intitolato Fall Of The Peacemakers 1980-1985 (il titolo secondo me è fuorviante, in quanto Beatin’ The Odds non c’è ed il primo album contenuto è del 1981), appena uscito, è qui per ricordarcelo. Quattro CD, tre in studio più uno dal vivo, che dimostrano che i nostri erano ancora in grado di fare musica coinvolgente e sanguigna, una miscela molto tonica di rock, southern e boogie, e solo nel terzo dischetto si nota qualche cedimento verso un genere più “levigato”. La confezione non è spartana come altre di questo tipo, ma contiene un bel libretto di più di trenta pagine con note e crediti, ed i dischetti hanno anche delle bonus tracks (tranne quello dal vivo). Take No Prisoners (1981), ancora con Farrar alla voce solista (e come cantante lo preferisco a Brown) è un ottimo dischetto di energico southern rock, forse con i primi accenni di toni più hard, ma comunque piacevole, a partire dalla trascinante Bloody Reunion, un rock’n’roll chitarristico di grande presa, potenziato dalla sezione fiati dei Tower Of Power (presente anche nell’accattivante Lady Luck, un perfetto esempio di rock sudista radiofonico ma con un suono non ancora compromesso).

Altri brani degni di nota sono lo scatenato boogie Respect Me In The Morning, con la gran voce di Joyce Kennedy dei Mother’s Finest in duetto con Farrar, una granitica versione di Long Tall Sally di Little Richard (notevole la performance chitarristica), l’ottima Power Play, potente rock song alla Skynyrd, ricca di feeling e suonata alla grande, l’orecchiabile Don’t Leave Me Lonely ed il coinvolgente boogie Dead Giveaway. Ma anche i pezzi più normali, come Loss Of Control e All Mine, hanno delle parti di chitarra di livello egregio. Questo primo dischetto è anche quello con le bonus tracks più interessanti: a parte un paio di single versions, abbiamo una grintosa ancorché breve Mississippi Queen dei Mountain, suonata dal vivo con Ted Nugent, e, per la prima volta su CD, un raro promo EP live uscito sempre nell’81, sei canzoni, tra cui due scintillanti riletture di Few And Far Between e Dead And Gone ed una cover tostissima di Penthouse Pauper dei Creedence. No Guts, No Glory (1983) vede il ritorno di Brown alla voce ed il cambio della sezione ritmica, con l’arrivo di Riff West al basso e Barry Borden alla batteria, ed è l’unico album in studio della loro discografia ad avere in copertina una foto del gruppo invece dei famosi disegni. Lo stile però non cambia: si inizia con la possente What Does It Matter?, tra hard e southern, e si prosegue con il rock’n’roll sotto steroidi di Ain’t Even Close ed il travolgente boogie Sweet Dixie. Ma il centerpiece del disco è la straordinaria Fall Of The Peacemakers, un tour de force epico che è considerata una delle loro signature songs, la loro Freebird, una lunga ed evocativa ballata che si trasforma in un infuocato inno rock di quelli che non vorresti finissero mai, otto minuti di grande musica.

Una breve menzione anche per la diretta What’s It Gonna Take?, dal ritornello vincente, la squisita Kinda Like Love, singolo portante del disco e brano quasi country, e Both Sides, gustoso strumentale dall’approccio molto Skynyrd (il riff somiglia parecchio a quello di Sweet Home Alabama). Come bonus, solo due “radio edit” di brani dell’album. The Deed Is Done (1984) vede l’ingresso nella band di John Galvin alle tastiere (in sella ancora oggi) e soprattutto il cambio di produttore: da Tom Werman, presente in tutti i dischi fino a quel momento, si passa a Terry Manning, che garantisce una svolta più radiofonica nel suono con elementi quasi AOR (era l’uomo dietro Eliminator degli ZZ Top, ed è per questo che gli Hatchet lo hanno ingaggiato), un suono che però con i MH non c’entra una mazza. E proprio una outtake degli ZZ Top di quel periodo sembra Satisfied Man (così come Good Smoke And Whiskey): chitarre dure, synth, big drum sound tipico degli anni ottanta e refrain corale, un abisso rispetto agli Hatchet conosciuti fino a questo punto. Backstabber sembra opera di uno dei mille gruppi “hair metal” di scena a Los Angeles all’epoca, She Does She Does ricorda il Glenn Frey di The Heat Is On, Stone In Your Heart non sarebbe male ma è piena zeppa di sintetizzatori, Man On The Run è brutta e basta. Si salvano Heartbreak Radio, una cover di Frankie Miller che mantiene lo spirito rock’n’roll dei primi dischi (ma Roy Orbison la rifarà in modo migliore), e lo strumentale acustico Song For The Children. Nei bonus i soliti due singoli e due canzoni dal vivo (Walk On The Wild Side Of Angels e Walk With You) tratte da Double Trouble Live ma omesse dalla prima stampa in CD per motivi di durata.

E proprio Double Trouble Live (1985, registrato tra Jacksonville e Dallas con Crump che riprende il suo posto alla batteria) è il quarto dischetto di questo box, un album uscito fuori tempo massimo per essere inserito nella categoria “doppio dal vivo degli anni settanta”, tappa obbligatoria per qualsiasi gruppo di quella decade. Ma l’album funziona lo stesso, e mostra i nostri al massimo della loro potenza e feeling, ed anche i brani di The Deed Is Done (Stone In Your Heart, Satisfied Man) ne escono migliorati, nonostante Galvin non rinunci del tutto ad usare il synth. Non mancano i brani più noti dei primi tre album (Whiskey Man, Gator Country, Bounty Hunter, Beatin’ The Odds) ed anche un pezzo dall’unico disco solista di Brown (Edge Of Sundown), ma il meglio i nostri lo danno con le trascinanti Flirtin’ With Disaster e Bloody Reunion e soprattutto con le strepitose Boogie No More e Fall Of The Peacemakers, dimostrando che il palco è la dimensione naturale per canzoni come queste. Ci sono anche due cover di lusso come Freebird degli Skynyrd e Dreams I’ll Never See degli Allman (che poi sarebbe semplicemente Dreams), non al livello delle originali ma più che dignitose. Da questo momento in poi la carriera dei Molly Hatchet si arenerà decisamente, ed i nostri non riusciranno più a tornare sulla retta via, ma questo box set, se non possedete già i dischi al suo interno, è un acquisto che mi sento di consigliare sia per il costo contenuto, sia perché per almeno tre quarti è composto da musica di buon livello.

Marco Verdi

Altre Ristampe In Uscita A Marzo. Janis Joplin, Jeff Buckley, Leslie West Mountain, Motortown Revue In Paris, Yardbirds

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Tra una recensione e l’altra, ancora qualche anticipazione sulle principali ristampe del mese di marzo, dopo i cofanetti passiamo alle uscite singole (e un paio di doppi). Senza dimenticare che al 25 marzo uscirà anche un album “nuovo” curato dalla famiglia di Jeff Healey Heal My Soul, ma visto che di quello ho già preparato la recensione, poi la leggerete più avanti il mese prossimo. Per il momento partiamo con questa ulteriore antologia dedicata a Janis Joplin, si tratta della colonna sonora sul documentario dedicato alla vita della cantante texana (quelli che parlano bene dicono docufilm, ma il termine è veramente brutto): si intitola Little Girl Blue e ripercorre la breve vita di quella che è stata senz’altro una delle più grandi cantanti rock della storia (forse la più grande), una delle appartenenti al Club 27, scomparsa il 4 ottobre del 1970, L’ultima volta le avevo dedicato un Post in occasione della pubblicazione di questo live “inedito” http://discoclub.myblog.it/2012/01/07/ma-allora-ditelo-big-brother-and-the-holding-company-featuri/ al Carousel Ballroom, ora tocca alla colonna sonora che uscirà il 4 marzo su Sony Legacy, mentre il DVD e il Blu-Ray sono annunciati per il 4 Maggio.

Questo il contenuto, con qualche rarità, ma zero inediti:

1. Careless Love Janis Joplin (from: Janis Early Performances)
2. Down On Me Big Brother & The Holding Company (from: Big Brother & The Holding Company)
3. Women Is Losers Big Brother & The Holding Company) (from: Janis Boxset)
4. Ball And Chain Big Brother & The Holding Company (recorded live at the Monterey Pop Festival June 17, 1967)
5. Piece of My Heart Big Brother & The Holding Company (Live at the Generation Club April 1968, previously unreleased as audio only)
6. Catch Me Daddy Big Brother & The Holding Company (recorded live at the Grande Ballroom, Detroit March 2, 1968; from: Cheap Thrills Expanded Edition)
7. Magic Of Love Big Brother & The Holding Company (recorded live at the Grande Ballroom, Detroit March 2, 1968; from: Cheap Thrills Expanded Edition)
8. Summertime Big Brother & The Holding Company (from: Cheap Thrills)
9. Raise Your Hand Janis Joplin with the Kozmic Blues Band (recorded live in Frankfort, West Germany April 12, 1969; from: Farewell Song)
10. Maybe Janis Joplin (from: I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama!)
11. Work Me, Lord Janis Joplin (recorded live at the Woodstock Music & Art Fair August 17, 1969)
12. Trust Me Janis Joplin & The Full Tilt Boogie Band (from: Pearl)
13. Cry Baby Janis Joplin (recorded live in Calgary during the Festival Express Tour July 4, 1970; from: Pearl Expanded Edition)
14. Tell Mama Janis Joplin (recorded live in Calgary during the Festival Express Tour July 4, 1970; from: Pearl Expanded Edition)
15. Get It While You Can Janis Joplin & The Full Tilt Boogie Band (from: Pearl)
16. Me And Bobby McGee Janis Joplin & The Full Tilt Boogie Band (from: Pearl)
17. Little Girl Blue Janis Joplin (from: I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama!)

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Sempre parlando di famiglie che si occupano degli archivi musicali dei loro cari, questa volta vengono pubblicate le cosiddette “Addabbo Sessions” una serie di registrazioni considerate come il Sacro Graal del materiale inedito di Jeff Buckley. Escono il giorno 11 marzo su Columbia/Legacy e il contenuto del CD è il seguente:

1. Just Like A Woman (Bob Dylan cover)
2. Everyday People (Sly & The Family Stone cover)
3. Don’t Let The Sun Catch You Cryin’ (Louis Jordan cover)
4. Grace (original)
5. Calling You (Jevetta Steele cover)
6. Dream Of You And I (original)
7. The Boy With The Thorn In His Side (The Smiths cover)
8. Poor Boy Long Way From Home (Bukka White cover)
9. Night Flight (Led Zeppelin cover)
10. I Know It’s Over (The Smiths cover)

leslie west mountain

Leslie West Mountain sarebbe il primo album solista del grande chitarrista newyokese, ma per molti, me compreso, in effetti è il primo album come band. Ora la Repertoire ne (ri)pubblica una nuova versione remastered, con quattro bonus e due singoli, oltre ad un libretto di 16 pagine con le note scritte dallo stesso West. la data di uscita prevista è il 18 marzo:

1. Blood Of The Sun
2. Long Red
3. Better Watch Out
4. Blind Man
5. Baby I’m Down
6. Dreams Of Milk And Honey
7. Storyteller Man
8. This Wheels On Fire
9. Look To The Wild
10. Southbound Train
11. Because You Are My Friend
Bonus Tracks:
12. Dreams Of Milk And Honey
13. This Wheels On Fire
14. Long Red
15. Blood Of The Sun

motortown revue live in paris motortown revue collection box

Della Stax sono uscite in passato varie testimonianze delle cosiddette “Revue”, cioé di quelle carovane di musicisti che giravano il mondo per promuovere dal vivo la musica della loro  etichetta. Anche la Tamla-Motown faceva lo stesso, ma a parte quel cofanetto molto costoso di 4 CD che vedete sopra, pubblicato dalla Hip–o-Select nel 2006 e chi trova ancora a cifre non proibitive, ma certo non per le tasche di tutti, non era mai stata creata una uscita dedicata ad uno spettacolo ad hoc. Ora il gap viene chiuse con l’uscita di questo album doppio Motortown Revue Live In Paris che verrà pubblicato dalla Tamla Uk, quindi Universal, il 25 marzo, al prezzo di un singolo CD o poco più. Con tutta l’esibizione parigina del 1965, compresi 12 brani non usciti nella versione in vinile del tempo. è un cosiddetto “must have”. Basta leggere i nomi e i titoli delle canzoni:

[CD1]
1. Introduction / Motortown Revue In Paris – Harold Kay
2. All For You – Earl Van Dyke Sextet
3. See See Rider – Earl Van Dyke Sextet
4. Too Many Fish In The Sea – Earl Van Dyke Sextet
5. Heat Wave (Including Introduction) – Martha & The Vandellas
6. Wild One – Martha & The Vandellas
7. If I Had A Hammer – Martha & The Vandellas
8. Nowhere To Run – Martha & The Vandellas
9. Dancing In The Street – Martha & The Vandellas
10. Jazz-Blues Instrumental – Stevie Wonder
11. Make Someone Happy – Stevie Wonder
12. High Heel Sneakers – Stevie Wonder
13. Funny (How Time Slips Away) – Stevie Wonder, Clarence Paul
14. Fingertips – Stevie Wonder

[CD2]
1. Introduction / Motortown Revue In Paris – Various Artists
2. All About My Girl – Earl Van Dyke Sextet
3. Too Many Fish In The See (Alt. Version) – Earl Van Dyke Sextet
4. Soul Stomp – Earl Van Dyke & The Soul Brothers
5. Come See About Me – The Supremes
6. Baby Love – The Supremes
7. People – The Supremes
8. Somewhere – The Supremes
9. Stop! In The Name Of Love – The Supremes
10. You’re Nobody ‘Til Somebody Loves You – The Supremes
11. Shake – The Supremes
12. I Gotta Dance To Keep From Crying – The Miracles
13. That’s What Love Is Made Of – The Miracles
14. Wives And Lovers – The Miracles
15. Ooo Baby Baby – The Miracles
16. Come On Do The Jerk – The Miracles
17. Mickey’s Monkey – The Miracles

yardbirds roger the engineer

Altro album che è stato ristampato decine di volte, questa volta esce per l’edizione del 50°, in doppio CD, sempre su Repertoire, e se ve lo siete perso le altre volte sarà il caso di acquistarlo, imperdibile. Si tratta di quello che viene considerato il capolavoro assoluto degli Yardbirds di Jeff Beck (e per usare un eufemismo “anche gli altri non erano male”): conosciuto come Yardbirds ma anche Roger The Engineer era l’unico disco del gruppo nato non come una raccolta di singoli ma come un album compiuto. Questa edizione contiene la versione Mono, quella Stereo e undici bonus tracks, tra cui i tre pezzi in cui suonano insieme Jeff Beck Jimmy Page:

[CD1]
The Mono Album:
1. Lost Woman
2. Over,Under,Sideways,Down
3. The Nazz Are Blue
4. I Can’t Make Your Way
5. Rack My Mind
6. Farewell
7. Hot House Of Omagararshid
8. Jeff’s Boogie
9. He’s Always There
10. Turn Into Earth
11. What Do You Want
12. Ever Since The World Began
Bonus Tracks – The Yardbirds 1966 Mono Recordings:
13. Happenings Ten Years Time Ago
14. Psycho Daisies
15. Stroll On
Bonus Tracks – Keith Relf 1966 Solo Recordings:
16. Mr. Zero
17. Knowing
18. Shapes In My Mind
19. Blue Sands
20. Shapes In My Mind (Alternate Version)

[CD2]
The Stereo Album:
1. Lost Woman
2. Over,Under,Sideways,Down
3. The Nazz Are Blue
4. I Can’t Make Your Way
5. Rack My Mind
6. Farewell
7. Hot House Of Omagararshid
8. Jeff’s Boogie
9. He’s Always There
10. Turn Into Earth
11. What Do You Want
12. Ever Since The World Began
Bonus Tracks – The Yardbirds 1966 Stereo Recordings:
13. He’s Always There (Alternate Version)
14. Turn Into Earth (Alternate Version)
15. I Can’t Make Your Way (Alternate Version)

Esce il 18 marzo.

Anche per oggi that’s all folks, alla prossima!

Bruno Conti

Odiava I Soundcheck, Ma Non Questo! Leslie West – Soundcheck

leslie west soundcheck

Leslie West – Soundcheck – Mascot/Provogue 

Quest’anno sono cinquanta anni dagli esordi di Leslie West con i Vagrants, e il musicista newyorkese ad ottobre festeggia anche i 70 anni e questa nuova uscita, la terza per la Mascot/Provogue usa la solita formula degli ultimi tempi, ricca di ospiti, e con un misto di brani nuovi e cover di canzoni celebri. Diciamo subito che è un buon disco, non un capolavoro, un onesto album di hard rock-blues classico con alcuni detours inconsueti in altri generi, i tempi dei Mountain sono passati (ma la band in teoria esiste ancora), anche se il nostro amico spesso si affida ancora a quella “montagna” di suono che lo ha sempre caratterizzato, e sul lato chitarristico il classico timbro della Gibson di West si gode comunque appieno. Non per nulla Leslie è stato spesso citato come fonte di ispirazione da colleghi illustri tra cui Richie Blackmore, che ne ricorda l’importanza per lo sviluppo del sound di In Rock, ispirato dall’ascolto di Mississippi Queen, oppure Martin Barre, che ammette di avere preso qualche ideuzza per il celebre riff di Aqualung, senza dimenticare Pete Townshend, e qui è lo stesso West a ricordare di essere stato presente alle prime sessions ai Record Plant che poi hanno portato alla realizzazione di Who’s Next, con il leader degli Who che gli regalò una Les Paul Junior, utilizzata in quella occasione.

Proprio al sound di Who’s Next mi sembra si ispiri il primo brano di questo Soundcheck, Left By The Roadside To Die, che si apre con il suono ripetuto di un synth suonato da David Biglin, su cui si innesta una chitarra acustica anche in modalità slide, poi entra l’elettrica di Leslie West e il resto del gruppo, per un brano che sembra viaggiare su territori blues, proprio per l’uso della slide https://www.youtube.com/watch?v=Har0FeOeYWk . Anche Give Me One Reason rimane ancorata a questo suono blues, una strana scelta di cover, la prima del CD, un brano di Tracy Chapman che si trovava su New Beginning, scelto appositamente da Leslie West per la sua melodia che secondo lui ben si adattava all’assolo che aveva in mente di inserire nel pezzo, e stranamente tutto funziona, con gusto e misura. Here’s For The Party è uno dei brani più duri, a tutto riff, con il classico suono “grasso” della solista che si innesta sul groove solido della band che accompagna West, classico è anche l’assolo con il tipico vibrato del nostro, che è un po’ il suo marchio di fabbrica, sentito mille volte, ma in fondo è quello che ci si aspetta da lui. You Are My Sunshine, viceversa, è una scelta inconsueta: si tratta di un vecchio standard americano degli anni ’30 del secolo scorso, famosissimo, che di recente è tornato in auge, perché una versione cantata da Jamie Johnson e Shooter Jennings è stata utilizzata nella colonna sonora della serie TV Sons Of Anarchy https://www.youtube.com/watch?v=fo_szHx1_no , dove anche West l’ha sentita, decidendo di realizzare la sua versione, molto aderente all’originale, chitarre acustiche e archi sintetici, ma anche le elettriche di West e dell’ospite Peter Frampton che lavorano di fino per creare un brano di pura atmosfera https://www.youtube.com/watch?v=weLUkI302-g .

Empty Promises Nothing Sacred è un tributo alla musica degli AC/DC, un incontro tra titani del riff-rock che crea un’altra montagna di suoni e soli in libertà. Ulteriore cambio per A Stern Warning, un brano strumentale per sola chitarra acustica che mescola spunti classici, modali, folk e blues un po’ come faceva il Jimmy Page dei primi Zeppelin, grande pezzo e grande tecnica. Non male pure la versione di People Get Ready, celeberrimo brano soul di Curtis Mayfield, famoso anche nella versione di Jeff Beck, a cui si avvicina questa rilettura, comunque rispettosa e piacevole, con l’immancabile lirica serie di soli a valorizzarla, dedicata alla memoria del vecchio road manager dei Vagrants https://www.youtube.com/watch?v=R727FcEs-MQ , mentre Going Down è proprio il classico pezzo di Don Nix, anche questo associato a Jeff Beck, ripescato da una registrazione di dieci anni fa dove suonano Max Middleton alle tastiere, David Hood al basso, Bonnie Bramlett alle armonie vocali e la seconda chitarra solista è quella di Brian May, bellissima versione, degna dei migliori Mountain. Prosegue la serie dei “recuperi” con l’omaggio a Ben E. King, scomparso di recente, con una bella versione acustica di Stand By Me, dove la voce femminile è quella di una 16enne sconosciuta, tale Ariela Pizza (giuro!), figlia di un amico di Leslie, che comunque se la cava più che bene. C’è anche una cover di Eleanor Rigby, che in pratica è un assolo di basso fretless di Rev Jones e per concludere, quella che è forse la chicca del disco, una versione dal vivo di Spoonful, con Jack Bruce al basso e alla voce e Leslie West che fa il Clapton della situazione, tributo riuscitissimo all’amico scomparso, preso da un vecchio nastro anni ’80 che esce dalle nebbie del tempo, intatto e ruspante, come il buon Leslie https://www.youtube.com/watch?v=T0XRvwE32LA !

Bruno Conti    

Manca Una Gamba, Ma Il “Cuore” C’è Sempre! Leslie West – Still Climbing

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Leslie West – Still Climbing – Mascot/Provogue/Edel 29-10-2013

Come sosteneva il noto medico chirurgo e “canzonettista” milanese Enzo Jannacci –  La televisiun la g’ha na forsa de leun – anche se  poi, ironicamente, faceva rima con cuiun: anche la musica ha una forza da leone, e Leslie West, dopo l’amputazione sostenuta nel 2011, a seguito delle complicazioni di un diabete mal curato, torna, più forte che mai, con questo nuovo album, Still Climbing, il secondo del nuovo ciclo, dopo Unusual Suspects, e che cita, fin dal titolo, il primo album del gruppo che ha fatto la fortuna del newyorkese Leslie Weinstein, i Mountain. E il buon vecchio Leslie, 68 anni quest’anno, quella montagna non ha mai cessato di scalarla. La sua carriera era iniziata con il garage psichedelico dei Vagrants, celebrato anche da Lenny Kaye nel primo Nuggets, dove era contenuta una versione gagliarda di Respect del grande Otis.

I Mountain di West e del grande Felix Pappalardi  sono state una delle migliori band rock-blues, sin dal loro esordio a Woodstock nel 1969 e poi con una serie di album notevoli nella prima metà degli anni ’70, tuttora in attività sino ai giorni nostri, anche se Pappalardi non c’è più, ucciso a colpi di rivoltella, per gelosia, dalla moglie Gail. Sull’argomento, ricordando con affetto il vecchio pard, West ha detto scherzando, che, nel 2009, in occasione dei 40 anni da Woodstock, ha preferito sposare sul palco, quella era che la sua compagna, per evitare future sorprese. Tornando all’album, anche questo disco, come il precedente, si avvale della presenza di vari ospiti. In Unusual Suspects c’erano Billy Gibbons, Zakk Wylde, Slash, Steve Lukather e Joe Bonamassa, per questo Still Climbing il parterre è meno ricco ma qualche nome di prestigio c’è, li vediamo mano a mano.

Come nel precedente, molti dei testi dei brani sono firmati dalla moglie Jennifer, con l’aggiunta di una buona scelta di cover e riprese di vecchi classici: l’apertura, uno dei brani più duri della raccolta, è Dyin’ Since The Day I Was Born, che lo vede affiancato da Mark Tremonti, l’attuale chitarrista degli Alter Bridge e prima dei Creed, per una cavalcata tra hard e light metal, dove West sfoggia una voce che è di nuovo simile al ruggito (parlando di leoni) che aveva ai tempi d’oro, dopo che negli ultimi anni, per i noti problemi di salute, dovuti ad anni di bagordi, ha smesso di fumare. Il secondo brano è una delle piacevoli sorprese di questo CD, che non è sicuramente un capolavoro ma si lascia ascoltare piacevolmente senza inutili lungaggini ed eccessi chitarristici come ai tempi di Nantucket Sleighride, il brano si chiama Busted, Disgusted Or Dead, ed è una poderosa cavalcata nel blues, con un duello a colpi di slide con il vecchio compagno di avventura, Johnny Winter, poco più di 3 minuti, il minimo sindacale, ma che grinta, ragazzi. Fade Into You addirittura si apre su una serie di arpeggi di Leslie all’acustica, ma non temete è questioni di attimi, si riprende subito a picchiare a tempo di rock, in questa hard ballad dove anche le tastiere, oltre all’immancabile solista del titolare hanno il giusto spazio, insieme ad una vena melodica che è sempre stata presente nel DNA del musicista americana sin dai tempi della sublime Theme From An Imaginary Western, non siamo a quei livelli, e ci mancherebbe, ma ci si difende.

Not Over You At All è ancora classico Power trio rock, anche se bisognerebbe dire quartet, visto che c’è l’inconsueta presenza di un sax a duettare con la chitarra di West. Anche Tales Of Woe vede la presenza di una chitarra acustica che si riverbera sull’elettrica in questo brano dall’atmosfera più raccolta e ricercata, comunque nelle corde del gigante americano, mentre il rock ritorna cattivo in una cadenzata Feeling Good introdotta da piano e organo e che poi si trasforma in un duetto (non malvagio) con Dee Snider, il frontman dei Twisted Sister, che non sarebbe proprio una mia prima scelta, potendo, ma forse sono rapporti di buon vicinato tra vecchi newyorkesi. Hatfield & McCoy è un altro dei brani migliori del CD, un brano a guida slide che ricorda molto il classico southern anni ’70, un genere poco frequentato nel passato ma che in questo caso rende bene. Ancora più indietro risale la passionaccia per il classic soul, con una cover dell’immortale When A man Loves A Woman (Percy Sledge & Otis Redding), un bel duetto con un ruspante Johnny Lang, di nuovo in forma, dopo le titubanze dell’ultimo album. Anche meglio la ripresa di Long Red, un brano che si trovava nel primissimo Leslie West Mountain, e che se è stata ripresa anche da uno come Christy Moore, un fascino deve averlo avuto e risentita oggi, in un bell’arrangiamento che dà ampio spazio all’organo Hammond (come in molti brani del disco peraltro), conferma il valore del disco. Manca una gamba, ma non la classe.                     

Bruno Conti  

“Clienti Abituali”, Rivalutati! Stoney Curtis Band – Halo Of Dark Matter

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Stoney Curtis Band – Halo Of Dark Matter – Blues Bureau/Shrapnel

Dopo la buona prova con il Live CD+DVD dello scorso anno ( un-chitarrista-esagerato-stoney-curtis-band-live.html, la Stoney Curtis Band torna con un nuovo album di studio, registrato con una formazione completamente rivoluzionata, ovviamente leader a parte, e con l’aggiunta di un tastierista, per riproporre la consueta miscela di blues, rock, psichedelia anni ’70, omaggi a Hendrix. Il materiale è firmato da Curtis Feliszak (ovvero il nostro amico) e Mike Varney, boss e factotum della Shrapnel, nonché produttore del disco, una dozzina di brani che permettono al musicista, californiano d’adozione, di tuffarsi ancora una volta nelle sue cavalcate chitarristiche.

I nomi di riferimento sono i soliti, vi andate a rileggere le vecchie recensioni e li trovate, comunque per i neofiti, a parte il vate Jimi Hendrix,  il Bonamassa più hard, Blindside Blues Band, Indigenous e Chris Duarte tra i contemporanei, Frank Marino, Ted Nugent, i Mountain tra i vecchi, senza tralasciare Grand Funk e Deep Purple, in questa versione con organo (ma potete aggiungere nomi a piacer vostro), Cream, Bad Company, Free, chi più ne ha più ne metta.

Dalle prime note dell’iniziale Pure Greed all’ultimo secondo di In The Shadows sappiamo cosa aspettarci, chitarre, chitarre e ancora chitarre, con qualche tocco di organo in questa nuova puntata. Il riff è hard, la batteria, tale Jeff Tortora, picchia duro, gli assolo sono all’ordine del giorno e con il classico sound del power rock trio, note lunghe e tirate e pedalare, ogni tanto un wah-wah per gradire, come in Grifter, tra Sabbath, Purple e l’Hendrix meno fine.

Quando i tempi si fanno meno frenetici e più dark, tipo in Life In Odd Times, si affacciano anche elementi psichedelici. Non manca il lungo hard slow blues, con i dieci minuti di Déjà Vu che permettono di apprezzare la buona tecnica chitarristica di Stoney Curtis o il funky-rock vagamente hendrixiano (di nuovo, sì) Drivin’ All Night. Mentre la title-track Halo Of Dark Matter inserisce anche elementi “misteriosi” che spingono verso un rock più progressivo e ricercato, per quanto sempre bello duro, da lì non si scappa. Un po’ di southern boogie à la ZZ Top in Ice Cold Beer con una slide ficcante ed insinuante, a conferma di un certo eclettismo del buon Stoney che poi torna al blues-rock classico della tirata Hard Livin’ o di I Can’t Live This Way, grana grossa ma buone esecuzioni per gli amanti del genere. Una viratina elettro-acustica con la più orecchiabile 7 Wonders Of My World e si conclude quietamente con una bella ballata come In The Shadows, un oasi di tranquillità e melodia, nei vorticosi ritmi ascoltati fin qui. In conclusione e tutto sommato, un buon album di hard rock classico con tutti i requisiti per piacere anche a chi non è un patito del genere.

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I e 3/4 (Supplemento) – John Renbourn, Mountain, Novità Ace, Ted Russell Kamp, Paul Kantner

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Ancora un aggiornamento in extremis di novità in uscita da domani (ma anche oggi!). Per cominciare una buona notizia: il nuovo bellissimo Cowboy Junkies Demons che vi magnificavo solo ieri su questo Blog, per la serie “Strano Ma vero” della Settimana Enigmistica è già disponibile da oggi (in anticipo di 2 settimane sull’uscita internazionale) nei negozi italiani. In questo Blog le cose le sapete subito!

Sempre in anticipo sulla data ufficiale del 14 febbraio è disponibile anche il nuovo album di John Renbourn Palermo Snow influenzato da alcuni suoi viaggi siciliani ma anche dalla musica di Satie e Jerry Roll Morton è tutto materiale nuovo, con la partecipazione alla seconda chitarra acustica di Nick Kukich, interrompe un silenzio che durava dal 1998, data di uscita di Traveller’s Prayer. Etichetta Shanachie/IRD.

Ted Russell Kamp è il bassista sia dei 357’s che degli Hierophant, le due band che abitualmente accompagnano l’ottimo Shooter Jennings ma ignoravo che avesse una carriera solista così copiosa. Tra album solo e in gruppo questo dovrebbe essere il 12° o 13° album della sua discografia. Get Back To The Land esce in questi giorni per la Pomo Records (?!?) distribuzione Dualtone. Fa del sano country got soul, misto a rock e southern, un po’ come il suo datore di lavoro, da scoprire, molto bravo. Per chi vuole approfondire http://www.tedrussellkamp.com/

Quello che vedete effigiato qua sopra è un nuovo triplo CD dal vivo di Paul Kantner. In effetti in America era già uscito nel 2009 ma non è che si fosse visto molto in giro. Per essere ancora più precisi Paul Kantner’s Wooden Ships Live at Ft. Lauderdale 30th December 1992 è la registrazione completa di un concerto tenuto dalla formazione “acustica” dell’ex Jefferson che all’epoca vedeva nelle sue file anche Papa John Creach al violino, nel suo ultimo concerto, sarebbe morto da lì a poco all’inizio del 1993. Nel repertorio molti classici dal repertorio sia Airplane che Starship: Have You Seen The Stars Tonight?, Starship, The Other Side Of This Life, Fly Away, Volunteers ma anche I’m On Fire, America, Summertime e Over The Rainbow. Bear Records distr. Voiceprint/Ird.

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La Voiceprint pubblica anche questa confezione doppia (CD+DVD) al prezzo di uno dei Mountain Live In Texas 2005 che era già uscito nel 2006 in due parti separate. Ci sono molti dei classici della band di Leslie West da Theme From An Imaginary Western a Mississippi Queen e Nantucket Sleighride oltre a versioni Sunshine of Your Love, Politician, Crossroads e Blowin’ In The Wind. C’è anche Corky Laing alla batteria.

Alcune novità Ace. Già vi ho parlato del bellissimo doppio dal vivo di Rick Nelson In Concert The Troubadour 1969 (con 30 bonus rispetto al disco originale, tratte da altri concerti sempre al Troubadour), esce oggi anche lui. Sempre da oggi è disponibile anche questo bellissimo cofanetto triplo The Music City Story che per gli appassionati di Blues, R&B e Soul traccia la storia di questa “oscura” ma importante etichetta gestita completamente da “neri” che negli anni ’50, ’60 e ’70 fu una delle più importanti etichette concorrenti con i colossi Stax e Chess (che erano però gestite da bianchi) e la Motown di Berry Gordy. Ovviamente su altri livelli! Nomi perlopiù sconosciuti, se non alle loro mamme, ma musica di grande qualità che farà la gioia degli appassionati di soul, funky e black music in generale.

Dan Penn & Spooner Oldham sono quelli che hanno scritto (insieme, o nel caso di Penn con Chips Moman, Dark End Of The Street e Do Right Woman) Sweet Inspiration, che dà il titolo a questa raccolta tematica per la Ace, ma anche Cry Like a Baby, I’m Your Puppet, A Woman left lonely e tantissime altre (qui ne trovate 24) per artisti del calibro di Percy Sledge, Dionne Warwick, Sweet Inspirations, Etta james, Charlie Rich, Box Tops, Arthur Alexander, Patti Labelle, Irma Thomas, James Carr, Solomon Burke e scusate se è poco. Per chi ama la musica di qualità qui c’è da godere come ricci.

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Gli appassionati dei Beatles la conoscono perché nel 1969 la Apple pubblicò un album omonimo, co-prodotto da George Harrison, che è una piccola gemma. Ma già prima, nel 1963, quando viveva ancora in America, Just One Look fu un successo strepitoso per Doris Troy. La chiamavano Mama Soul e ascoltando questa antologia vi renderete conto del perché. Per gli appassionati dei Pink Floyd questa signora è una delle voci femminili che si ascoltano in Dark Side of The Moon. Il disco si chiama I’ll Do Anything The Doris Troy Anthology 1960-1996 e raccoglie il meglio della sua produzione (ha lavorato anche con gli Stones, Nick Drake, George Harrison, Carly Simon e tantissimi altri).

Anche Jackie De Shannon è una che non scherza: faceva tour con i Beatles all’epoca della Beatlemania, ha scritto When You Walk in The Room (esatto C’è una strana espressione nei tuoi occhi dei Rokes!), Ry Cooder ha iniziato la sua carriera come chitarrista nella sua band, ha collaborato con Van Morrison. Di canzoni famose e bellissime ne ha scritte e cantate tantissime, in questo Come And Get Me The Complete Liberty And Imperial Singles vol.2 ne trovate una valanga: dalla già citata When You Walk in The Room a What The World Needs Now, Come and get me, Will You Love Me Tomorrow, I Can Make It With You e altre 21. Grande voce e grande interprete.

Concludiamo questo tuffo nel passato con questa antologia dedicata a Swamp Dogg It’s All Good A Singles Collection 1963-1989. Nome minore ma assolutamente godibile per gli amanti del soul e del funky. Da non perdere.

Anche per oggi è tutto!

Bruno Conti