Qui Di Americano Non C’è Solo L’Anima. Aaron Watson – American Soul

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Aaron Watson – American Soul – Big Label CD

Il caso del countryman texano Aaron Watson andrebbe studiato, in quanto abbastanza incomprensibile dal punto di vista commerciale. Stiamo infatti parlando di un artista attivo da più di vent’anni (ha esordito nel 1999) che non ha mai inciso per una major ma sempre per label indipendenti, con risultati di vendite inizialmente poco significativi come tutti i casi di musicisti che fanno del vero country senza godere di una promozione adeguata e di una distribuzione capillare; poi, all’improvviso, l’album Real Good Time del 2012 si è spinto fino ad entrare nella Top Ten country, ed il successore The Underdog è arrivato addirittura in prima posizione. Da quel momento, ogni suo lavoro non ha mancato l’aggancio con posti di alta classifica, ma mentre un fatto del genere è abbastanza comune per artisti che approdano alle major e si piegano alle logiche commerciali cambiando in peggio il loro sound, nel caso di Watson stiamo parlando di uno che ha continuato a restare indipendente senza modificare di una virgola il tipo di musica proposta.

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Aaron fa del vero country elettrico e moderno, con le chitarre sempre in primo piano ed un bel senso del ritmo, un approccio sonoro che si mantiene tale anche nelle ballate: in più, è dotato di una buona penna e si circonda di sessionmen che suonano strumenti veri senza affidarsi a diavolerie tecnologiche. Il suo nuovo album American Soul conferma il trend, un riuscito disco di puro country che si lascia ascoltare con piacere dalla prima all’ultima canzone, dura il giusto (poco più di mezz’ora), è ben scritto e ben prodotto (da Watson stesso insieme a Phil O’Donnell), e presenta una serie di musicisti si cimentano con strumenti veri: tante chitarre, steel, violino, basso, batteria e pianoforte, con nomi noti come il fiddler Stuart Duncan e lo steel guitarist Milo Deering (Shawn Colvin, Don Henley, LeAnn Rimes). Il CD parte col piede giusto grazie al rockin’ country di Silverado Saturday Night, un concentrato di ritmo e chitarre dal bel refrain immediato, un brano adatto sia alle radio di settore ma anche perfetto per gli estimatori del vero country https://www.youtube.com/watch?v=7ilDymePPSw . Boots ha il passo lento ma l’accompagnamento è sempre elettrico ed il tasso zuccherino è tenuto ampiamente a bada, Whisper My Name inizia anch’essa come una ballata ma il ritmo non si fa attendere molto, la melodia è piacevole e tutto l’insieme funziona (non per niente è il primo singolo).

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Best Friend è uno slow toccante e suonato in maniera impeccabile con violino e pianoforte a fare la loro parte, mentre Long Live Cowboys è rock’n’roll with a country touch, gradevole e texana al punto giusto, così come Stay che è solo un filo più “piaciona” ma ha ritmo e coinvolge. La title track è un’altra country ballad strumentata a dovere e senza mollezze di sorta, con l’ennesimo motivo che piace al primo ascolto https://www.youtube.com/watch?v=IT2swMXI7vU , ed ancora meglio è Out Of My Misery, brano cadenzato tra i più orecchiabili di tutto il disco. Chiusura in crescendo con la rockeggiante Touchdown Town, ancora con le chitarre in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=CHl3Vd3JKso , e con Dog Tags, suggestiva ballatona elettrica che non manca di toccare le giuste corde. Con American Soul Aaron Watson si conferma musicista coerente e credibile, due qualità che, fortunatamente, ogni tanto pagano ancora.

Marco Verdi

Il Vero Erede Di Chris LeDoux? Aaron Watson – Vaquero

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Aaron Watson – Vaquero – Big Label Records/Thirty Tigers CD

Quella di Aaron Watson, countryman texano sulla scena da diversi anni, è una bella storia. Musicista vero, con le influenze giuste (Waylon Jennings, Willie Nelson ma anche Chris LeDoux per il suo approccio da singin’ cowboy), ha inciso dal 1999 al 2010 una decina di dischi di qualità, tra studio e live, creandosi un certo seguito, ma collezionando più complimenti che vendite vere e proprie. Real Good Time del 2012 è riuscito ad entrare nella Top Ten country, ma il botto vero Aaron lo ha fatto con The Underdog del 2015, che è arrivato dritto al numero uno ed addirittura nella Top 15 generale di Billboard, un successo in parte inatteso, anche perché per raggiungerlo il nostro non ha modificato una virgola del suo suono (un rockin’ country vigoroso, tipicamente texano) e soprattutto ce l’ha fatta senza il supporto di una major. Vaquero è il suo nuovissimo album, che conferma l’eccellente momento di Watson, in quanto è un disco di puro Texas country, in questo caso con molte canzoni ispirate dal confine con il Messico, quasi come se fosse un concept alla Tom Russell (e molti brani ricordano molto da vicino lo stile del cantautore californiano ma texano d’adozione, anche se Aaron è più country ed obiettivamente un gradino sotto come autore), suonato come sempre in maniera forte e senza fronzoli da un manipolo di ottimi musicisti (non ho i nomi in quanto sono in possesso di un pre-release CD, ma dovrebbero essere i musicisti della sua band, quindi nomi non noti, ma come detto di qualità) e cantato dal nostro con il consueto piglio fiero.

Il CD, prodotto con mano sicura da Marshall Altman (Brad Paisley, Frankie Ballard) è anche abbastanza lungo, sedici canzoni per più di un’ora di durata, anche se gli episodi leggermente sottotono non sono più di due-tre. Texas Lullaby fa partire il disco con il piede giusto, una bella ballata da vero cowboy, con un refrain decisamente accattivante, subito seguita dalla spedita Take You Home Tonight, puro country suonato con gli strumenti giusti e con un ottimo senso del ritmo, e poi Aaron ha anche una bella voce. These Old Boots Have Roots è un rockin’ country con il ritmo che quasi simula una galoppata in prateria, un pezzo trascinante e suonato alla grande (splendido assolo di violino, molto Charlie Daniels), la lenta Be My Girl calma un po’ le acque, senza l’utilizzo di zucchero in eccesso, mentre They Don’t Make ‘Em Like They Used To è una western ballad classica e nostalgica, con strumentazione acustica e ritmo veloce ma leggero. La deliziosa title track è una tex-mex ballad decisamente russelliana (non mi sarei stupito di trovare il nome di Tom tra gli autori), fluida e limpida, precede Outta Style, primo singolo e gran bel pezzo country-rock, mosso ed orecchiabile, anche se un filino più rotondo nei suoni (ma non più di tanto).

Run Wild Horses è più pop ed è anche la meno interessante finora, ma è un peccato veniale, anche perché il disco si riprende subito con la suggestiva Mariano’s Dream, ancora tra Texas e Messico, uno struggente slow strumentale costruito intorno ad una chitarra flamenco, un brano che poi confluisce nella notevole Clear Isabel, country & western texano al 100%, suonato come Dio comanda e con pathos da vendere, tra le più belle del CD. Già così ci sarebbe di che accontentarsi, ma ci sono ancora sei canzoni, tra le quali meritano senz’altro una segnalazione lo splendido honky-tonk One Two Step At A Time, con un arrangiamento deliziosamente retrò, la potente e ritmata Amen Amigo, la roccata Rolling Stone (d’altronde, con quel titolo…), un ottimo potenziale secondo singolo, e la conclusiva Diamonds & Daughters, tenue e bucolica. Non sappiamo se Vaquero bisserà il successo di The Underdog: se così fosse, avremmo la conferma inaspettata che nelle classifiche USA c’è spazio anche per il country di qualità. Esce oggi 24 febbraio.

Marco Verdi