Un Tributo Blues “Duretto” Ma Per Nulla Disprezzabile. Bob Daisley & Friends – Moore Blues For Gary

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Bob Daisley & Friends – Moore Blues For Gary – earMusic/Edel       

Ormai sono trascorsi più di 7 anni dalla scomparsa di Gary Moore,  e ora ci pensa il vecchio amico e compagno di avventure musicali, a lungo bassista nei suoi dischi, Bob Daisley, a rendergli omaggio con un tributo. Proprio il musicista di origini australiane era stato, diciamo, l’istigatore della svolta blues di Moore, quello che gli ha suggerito che avrebbe dovuto fare un album dedicato a questo genere, Still Got The Blues, che è stato il primo di una lunga serie, e come spesso accade, anche il migliore (insieme a Blues For  Greeny ,il disco dedicato a Peter Green, a proposito di tributi poi Gary Moore ne aveva inciso anche uno dedicato a Jimi Hendrix). Diciamo che gli “amici” di Moore sono stati spesso legati all’hard rock e all’heavy metal, quindi questo Moore Blues For Gary predilige sonorità molto vigorose, il blues è tinto profondamente dal rock: d’altronde Daisley ha suonato a lungo con i Whitesnake, ma anche nella band di Ozzy Osbourne, non tralasciando una lunga militanza, circa una ventina di anni, con Gary Moore.

Con queste premesse era quasi inevitabile che l’album avrebbe avuto un suono piuttosto “duretto”, ma alla fine il risultato non è disprezzabile, anche se spesso le canzoni sono eseguite quasi in carta carbone rispetto a quelle di Moore. Non ci sono nomi notissimi nell’album, soprattutto sul versante blues, però il CD si lascia ascoltare: la partenza è più che buona, con la sinuosa That’s Why I Play The Blues, un brano ispirato dallo stile del suo vecchio mentore Peter Green, uno slow dall’atmosfera raffinata, con un buon lavoro del batterista Rob Grosser, altro veterano australiano, di  Jon C. Butler (ex Diesel Park West) bravo vocalist, e di Tim Gaze, altro eccellente chitarrista, che con l’organista Clayton Doley completa la pattuglia down under, che lavora di fino in questo brano. The Blues Just Got Sadder, un ricordo del vecchio amico da parte da Daisley, vede ancora un buon lavoro di Gaze alla slide, con l’aggiunta della fluida solista di Steve Lukather e della voce di Joe Lynn Turner dei Rainbow, mentre Empty Rooms, tratta da Victims Of The Future del 1983, anche se è meno blues e più AOR, non è male, canta Neil Carter degli UFO, Illya Szwec, di cui ignoravo l’esistenza, australiano anche lui, se la cava alla chitarra, e Daisley suona anche l’armonica in questo brano.

Still Got The Blues For You, è uno dei cavalli di battaglia di Moore, una classica ballata che suona quasi uguale all’originale, con John Sykes (Thin Lizzy, Whitesnake) alle prese con il classico refrain del brano alla solista e Daniel Bowes dei Thunder al canto, meno tamarro di quanto mi aspettavo, anzi;Texas Strut, dallo stesso album, era un omaggio di Gary alla musica di Stevie Ray Vaughan, un gagliardo boogie preso a tutta velocità, cantato da Brush Shiels, il vocalist degli Skid Row, la prima band di Moore, alla chitarra ancora l’ottimo Gaze. Nothing’s The Same è uno strano brano intimo, con chitarra acustica, cello e contrabbasso, cantato ottimamente da Glenn Hughes. The Loner è uno strumentale con Doug Aldrich alla solista, mentre per Torn Inside arriva Stan Webb dei Chicken Shack, una delle vecchie glorie del British Blues e Don’t Believe A Word, uno dei brani più belli di Phil Lynott dei Thin Lizzy,  viene rallentata e stranamente, a mio parere. è forse uno dei brani meno riusciti, anche se la voce e la chitarra di Damon Johnson filano che è un piacere, e buona anche Story of The Blues con Gaze alla solista e la voce potente di Jon C. Butler di nuovo in evidenza. In This One’s For You, un rock-blues decisamente hendrixiano scritto da Daisley, i due figli di Gary Jack e Gus se la cavano egregiamente a chitarra e voce, Power Of The Blues è forse un filo “esagerata”, ma Turner e Jeff Watson dei Night Ranger non enfatizzano troppo il lato metal, prima di lasciare spazio alla solista lirica di Steve Morse e alla voce di Ricky Warwick, attuale cantante dei Thin Lizzy, che rendono onore a Parisienne Walkways con una prestazione egregia.

Pensavo peggio, molto simili agli originali ma, ripeto, un CD non disprezzabile nell’insieme, per chi il blues(rock) lo ama “mooolto” energico.

Bruno Conti

Sembra Nuovo Ma… The House Is Rockin’ – A Tribute To Stevie Ray Vaughan

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The House Is Rockin’ – A Tribute To Stevie Ray Vaughan – Deadline/Cleopatra 

Tre stellette di stima e anche per i contenuti, in parte, visto il soggetto di questo ennesimo tributo curato da una etichetta del gruppo Cleopatra Records (uhm!). Come avrete intuito da quanto scritto in passato dal sottoscritto non sempre le operazioni curate dalla casa discografica californiana mi fanno impazzire: alcuni tributi sono buoni, penso a quello sui Creedence dello scorso anno http://discoclub.myblog.it/2014/09/03/la-difficile-arte-del-disco-tributo-blues-tribute-to-creedence-clearwater-revival/, anche quello recente acustico ai Beatles non è male, come pure quello “Psych” agli Stones, ma in altri casi si fanno tributi a capocchia a chiunque, anche con brani già apparsi altrove, giusto per tenere in azione gli artisti sotto contratto con l’etichetta. Nell’ambito ristampe della Cleopatra/Purple Pyramid, penso a quelle dei Quicksilver http://discoclub.myblog.it/2015/05/01/cera-volta-lacid-rock-quicksilver-messenger-service-live-san-jose-1966/  o dei Canned Heat http://discoclub.myblog.it/2015/06/07/canned-heat-live-tira-laltro-stockholm-1973/ , ma anche al giro Vanilla Fudge/Cactus http://discoclub.myblog.it/2010/09/14/un-disco-del-cactus-ultra-sonic-boogie-1971/ , decisamente meglio, peraltro in molti casi, tipo questo del tributo a Stevie Ray Vaughan, sembrerebbe che dei nomi scelti a caso vengano inseriti in una vecchia urna delle estrazioni del lotto e il bambino bendato, nel frattempo cresciuto, estrae i nomi dei partecipanti alla suddetta celebrazione. John Sykes, Scott Hill, Mark Kendall, Doug Aldrich, Richie Kotzen, Steve Stevens? Tutti ex metallari più o meno pentiti (niente contro la categoria, ma come direbbe qualcuno. Che c’azzecca?) scelti a scapito, che so, cito a caso, di ZZ Top, del fratello Jimmy Vaughan i primi che mi vengono in mente, ma anche Jeff Beck, Eric Clapton  Buddy Guy, Robert Cray, Lonnie Mack, Robben Ford,  un “discepolo” come Chris Duarte, ce ne sarebbero altri a decine, magari anche coinvolgere i Double Trouble, un colpo forse troppo geniale! Costano troppo? Allora non fate il tributo, magari qualcuno sarebbe venuto anche gratis (Come dite? L’hanno già fatto, uscito per la Epic nel lontano 1996, con il titolo A Tribute To Stevie Ray Vaughan, cè pure il film https://vimeo.com/71091763 ). Che pignoli!

a tribute to stevie ray vaughan

Comunque nel disco della Deadline troviamo anche nomi validi, gente come Albert Lee, Steve Morse, Walter Trout o uno Stanley Jordan, che come stile non c’entrerebbe, ma a livello di tecnica pura non si discute. Perfino il sudafricano Trevor Rabin, ex Yes, famoso soprattutto per avere scritto Owner Of A Lonely Heart, non se la cava male nell’iniziale Tightrope, e anche alcuni dei bistrattati (da me) ospiti potrebbero sorprendervi. Ma andiamo con ordine. Produce Billy Sherwood, altro pseudo Yes degli anni ’90, pure al basso nel disco, con Jay Schellen, alla batteria, altra presenza costante in questi tributi, alla voce, ove occorra, Ron Young e Dante Marchi, e chi sono, mah (comunque per essere onesti, la parte cantata è buona)? Piccolo particolare non trascurabile, anche questo album era però già uscito nel 1996, contenuto identico, come Crossfire – A Salute To Stevie per la Blues Bureau (quindi la Cleopatra ha colpito ancora, visto che non è scritto da nessuna parte nella “nuova “ edizione).

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Per chi non l’avesse preso ai tempi, confermo che la versione di Tightrope, con la solista di Rabin in bella evidenza non è affatto male https://www.youtube.com/watch?v=6Na_8hTAU_E , come pure Cold Shot con uno Steve Stevens forse un tantinello esagerato in un’orgia di wah-wah https://www.youtube.com/watch?v=ZZQl6el76gc . Travis Walk evidenzia la grande perizia tecnica di Steve Morse, al meglio delle sue possibilità, con un pianino malandrino non accreditato (come in generale le altre tastiere presenti) ad aumentare il fascino di questo brano strumentale https://www.youtube.com/watch?v=HwEl4Td6-KA . Eccellente l’approccio più country twang e rilassato in Empty Arms, con Albert Lee che era già in pista nel mondo della musica quando SRV andava ancora alle elementari https://www.youtube.com/watch?v=9EZCl6BqlKY . Pride And Joy dell’ex Tyger Of Pan Tang e Thin Lizzy John Sykes è troppo esagerata e ridondante, con i suoi lick quasi metal, mentre Scott Hill che tra i suoi meriti vanta una militanza nei Fu Manchu (?!?) fa comunque un buon lavoro in Couldn’t Stand The Weather, quasi alla Bonamassa ante litteram in modalità hendrixiana. Ain’t Gone And Give Up On Love è un brano meno conosciuto di Stevie che appariva su Soul To Soul, uno slow blues preso su una tonalità troppo heavy dal solista dei Great White, Mark Kendall. E pure Doug Aldrich non ha un approccio che mi piace verso The House Is Rockin’, la band suona R&R, lui è metallurgia pura https://www.youtube.com/watch?v=InZAKBwwDeo , e così sarebbe pure per Richie Kotzen, altro solista diciamo esuberante che invece centra alla perfezione lo spirito di Honey Bee, come pure Walter Trout, che pur virando su un sound decisamente tirato (ma ci sta) rende onore a Say What, altro celebre cavallo di battaglia di Vaughan https://www.youtube.com/watch?v=1kjcyKj6dyM . Chiude Stanley Jordan che con un tapping elaboratissimo rilegge da par suo la jazzata Riviera Paradise https://www.youtube.com/watch?v=K9glnLiDO7A . 

Visto che vent’anni fa (anzi 19) il Blog non c’era ancora, facciamo finta che sia un disco nuovo, in fondo non è brutto!

Bruno Conti