Ma Anderson East Ha Un Fratello Gemello? Sam Lewis – Loversity

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Sam Lewis – Loversity – Sam Lewis CD

Sam Lewis è l’esempio vivente di come si possa vivere a Nashville e nello stesso tempo fare una musica non direttamente influenzata dall’ambiente che ti circonda. Spostatosi nel 2009 da Knoxville alla Music City del Tennessee in cerca di maggiori opportunità, Lewis ha inciso due album (più uno pre-Nashville, oggi introvabile), dei quali Waiting On You del 2015 si è fatto notare da più parti per la solidità del songwriting e per la sua miscela di influenze, che andavano dal country al soul. Ora esce il suo nuovo lavoro (in effetti è uscito maggio), dal titolo di Loversity, e Sam lascia da parte qualsiasi elemento di matrice roots e country, per proporci una stimolante miscela di soul ed errebi, con reminiscenze dei classici del genere, una serie di canzoni scritte benissimo e suonate ancora meglio da un manipolo di nashvilliani doc (Kenny Vaughan e Dan Cohen alle chitarre, Matt Coker  al piano ed organo, JT Cure al basso, Derek Mixon alla batteria, più una piccola sezione fiati), con la produzione di Brandon Bell.

Ed il disco è una vera sorpresa, uno scintillante album di vero blue-eyed soul, con Sam che dimostra di avere una bella voce “nera” ed un senso della melodia non comune: il genere è molto vicino a quello di Anderson East, e se Delilah è comunque di un livello superiore, Loversity non vale certo meno di Encore. Che Nashville sia solo la città dove il nostro risiede lo capiamo già da When Come The Morning, un limpido e gradevole esempio di puro white soul: bella voce, accompagnamento caldo a base di chitarre, piano elettrico e organo ed un’ottima melodia. Con Natural Disaster (una delle due cover del CD, è di Loudon Wainwright) il disco cambia leggermente registro, in quanto ci troviamo di fronte ad una vibrante rock song elettrica, dal bellissimo e prolungato intro di chitarra elettrica alla Neil Young, ma quando Sam inizia a cantare ci si sposta ancora verso il soul, merito anche della sua voce annerita (ma le chitarre continuano a ricamare sullo sfondo).

Great Ideas, introdotta da una bella slide, è uno splendido e solare errebi, davvero sorprendente in quanto sembra Johnny Rivers che canta un brano di Dan Penn: da godere dalla prima all’ultima nota; la title track è un altro pezzo a metà tra rock e soul, colorato da una sezione fiati, un coro femminile che dona un tocco gospel ed ancora un ottimo lavoro chitarristico, bellissima anche questa (sembra uscita da un vinile targato Atlantic dei primi anni settanta).Do It ha un leggero sapore funky, che la rende godibile ed immediata, ma Accidental Harmony (un brano del songwriter John Mann) è strepitosa, e non ho paura di venire deriso se dico che per un attimo mi è sembrato di sentire un inedito del grande Sam Cooke, con un motivo splendido e cantato magnificamente; deliziosa pure Talk About It, perfetta soul song dalla melodia diretta, suonata con grande classe.

Everything’s Going To Be Different mantiene lo stesso stile con un approccio più laidback, e gli strumenti ricamano con bravura dando un sapore squisitamente vintage. Some People è uno slow pieno d’anima, caldo ed intenso (sembra uscita dai FAME Studios), The Only One ha elementi blues al suo interno ed ottime parti di chitarra, Everything (Isn’t Everything) è fluida, distesa, e sembra provenire ancora dal passato. Il CD, un’ora di durata, volge al termine, ma c’è ancora tempo per One And The Same, puro soul, neanche tanto blue-eyed, la sensuale Living Easy, ennesimo pezzo dalla linea melodica deliziosa, per finire con la lunga (sette minuti) Little Too Much, altra canzone che mostra una classe sopraffina https://www.youtube.com/watch?v=WOqPRu3Hxr4 , e che conclude al meglio un disco splendido e stupefacente.

Marco Verdi