Anche Fatti (Bene) Da Al Di Meola, I Beatles Sono Pur Sempre I Beatles – Across The Universe

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Al Di Meola – Across The Universe – earMUSIC

Tra il 2017 e il 2018 Al Di Meola ha pubblicato due dischi: Opus e Elegant Gypsy & More 40th Anniversary Live, che festeggiava appunto i 40 anni dall’uscita del suo album più fortunato (e bello) https://discoclub.myblog.it/2018/07/19/uno-dei-migliori-album-del-jazz-rock-anni-70-rivisitato-40-anni-dopo-dal-vivo-al-di-meola-elegant-gypsy-more-live/ , il secondo registrato in versione full band e il primo diciamo con “full sound” elettrico, con Al che si occupava in ogni caso di tutti gli strumenti, piano e tastiere escluse. La stessa formula sonora è stata applicata per questo Across The Universe, che come lascia intuire il titolo è un tributo alla musica dei Beatles, il secondo capitolo, in quanto già nel 2013 Di Meola aveva pubblicato il disco acustico All Your Life: A Tribute to the Beatles Recorded at Abbey Road Studios, London, che sin dal titolo esplicitava chiaramente i suoi contenuti, presentando la visione personale del chitarrista del New Jersey della musica dei Fab Four, della quale anche lui, come molti di noi, è stato un avido ascoltatore negli anni formativi e che poi è sempre rimasta nel suo cuore.

Vediamo cosa ha scelto Di Meola per il secondo capitolo del suo tributo: ovviamente non ci sono brani in comune nei due dischi, ma cambia quasi completamente l’approccio sonoro, qui decisamente più rutilante e pirotecnico, senza però mai perdere di vista l’approccio melodico e complesso della musica di Lennon & McCartney (ma anche un brano di George Harrison, e persino un frammento di un pezzo di Ringo). Come si diceva il nostro amico suona tutto; chitarre acustiche ed elettriche come piovesse, inclusa la sua celebre Gibson nera del 1971 che non suonava dai dischi dei Return To Forever e nei primi due da solista, Land Of The Midnight Sun e Elegant Gypsy, un basso Rickenbacker, lo stesso modello suonato da MccCartney, ma anche batteria e percussioni (cajon e rullante), facendosi solo aiutare da un suonatore di tablas, in un paio di brani l’accordion, il tutto utilizzando lo stesso approccio one-man-band usato dai Beatles per il White Album. Il disco ha un suono splendido, Di Meola suona utilizzando al massimo la sua tecnica sopraffina per adattare e rivisitare la musica attraverso arrangiamenti di taglio rock (jazz), con parecchie parti aggiunte da lui, visto che il suo strumento principale non è la voce, che è praticamente assente, ma le chitarre, che fanno quindi anche le parti delle voci soliste.

Prima di iniziare un cenno alla copertina, che rivisita la foto di Rock’n’Roll, il disco di John Lennon del 1975, e poi 14 canzoni in sequenza, alcune celeberrime, altre meno note e scontate, partendo proprio dall’unico brano di Harrison, una splendida Here Comes The Sun, particolarmente adatta al suono stratificato delle chitarre, che ruotano intorno alla classica 12 corde, su cui si inseriscono le parti soliste intricate ma che non tralasciano il classico riff della canzone, e tutti i brani durano il doppio degli originali. Una bella sorpresa il medley di Abbey Road, da Golden Slumbers a Carry That Weight che mantiene il fascino della melodia originale, grazie alle magiche chitarre di Di Meola https://www.youtube.com/watch?v=ewU33TXlEWg , che si trasferiscono in Oriente grazie alle derive modali di una splendida Norwegian Wood, dove il tipico melody-bridge e ritorno dei pezzi dei Beatles viene arricchito dalle tablas e soprattutto dalle lunghe improvvisazioni di Al che ricordano il suono del periodo con McLaughlin e De Lucia, prima anche una sinuosa Dear Prudence, dove appaiono brevemente le voci di Di Meola e della figlia.

Altra perla acustica è la delicata Mother’s Nature Son, sempre con le prodigiose acustiche in azione https://www.youtube.com/watch?v=jchyHiTQrEI , e quella che sembra una fisa sullo sfondo, anche se forse il brano migliore dell’album è una magnifica Strawberry Fields Forever, avvolgente e complessa, in un crescendo elettrico di rara bellezza, pure la melodia indimenticabile di Yesterday viene ampliata oltre i cinque minuti per permetterc di ascoltarei le divagazioni del nostro, che poi si cimenta in una strana Your Mother Should Know a tempo di flamenco e con le note immortali di Hey Jude, all’inizio quasi irriconoscibile, e poi ancora caratterizzata dal suono della fisarmonica che gli dà un piglio quasi mitteleuropeo. Una malinconica e mossa I’ll Follow The Sun, la dolcissima Julia, Till There Was You che parte piano e poi assume un crescendo irresistibile, e infine uno dei miei preferiti assoluti di McCartney, quel capolavoro che risponde al nome di Here, There And Everywhere, qui eseguita solo con una acustica arpeggiata  https://www.youtube.com/watch?v=fvxqgpWNew0 . Prima di congedarci un breve divertissement per Octopus Garden, “cantata” dalla figlia più piccola di Di Meola. Quindi questi sono i Beatles visti superbamente dall’occhio di un grande Musicista, innamorato della loro musica.

Bruno Conti

Il “Ritorno” Di Una Delle Vecchie Leggende Della Chitarra. Jan Akkerman – Close Beauty

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Jan Akkerman – Close Beauty – Music Theories Recordings / Mascot Label Group                       

Ammetto che era da moltissimi anni che non seguivo più attentamente le vicende musicali di Jan Akkerman: mi capitava saltuariamente di leggere in modo distratto che era uscito un nuovo album del chitarrista olandese (e comunque dal 2011 non ne usciva uno, a parte live, antologie o cofanetti). Più che altro ho seguito le vicende della band che è legata alla vicenda musicale di Akkerman, ovvero i Focus, una delle migliori band prog rock dei primi anni ’70, soprattutto per i due ottimi album II (noto anche come Moving Waves) e Focus III, entrambi prodotti da Mike Vernon, e dominati dalle tastiere e dal flauto di Thijs van Leer, ma soprattutto dalla chitarra fenomenale di Jan Akkerman, che in virtù di ciò venne eletto nel referendum dei lettori del Melody Maker miglior chitarrista del mondo nel 1973, battendo Eric Clapton e Jimmy Page.

Comunque già  nel1976 Jan venne cacciato dai Focus, che poi hanno avuto varie reunion, sempre senza la presenza del chitarrista. Il nostro amico già dal 1972 aveva iniziato pure una carriera solista, il cui secondo album Tabernakel lo vedeva impegnato al liuto (!!), ma accompagnato da Bogert e Appice, uno strano connubio tra classica, rock, blues e jazz/fusion che è sempre stata la cifra stilistica della sua carriera,  e che viene ribadita dall’uscita di questo Close Beauty, che però uscendo per la olandese Mascot/Provogue, che sta facendo incetta di chitarristi in giro per il mondo da mettere sotto contratto, avrà comunque una rilevanza ben maggiore rispetto alle uscite delle decadi precedenti. Vi dico tutto ciò anche perché ho scritto questa recensione molto prima dell’uscita prevista per il 25 ottobre e non avendo molte informazioni mi sono arrabattato con quel poco che avevo: naturalmente si tratta di un album strumentale, come sempre per Akkerman, accompagnato da  Marijn van den Berg (batteria), David de Marez Oyens (basso) e Coen Molenaar (tastiere), che ha anche prodotto l’album.

Lo stile è la consueta miscela di rock sinfonico, progressive, molto jazz-rock e fusion, con la proverbiale abilità tecnica e virtuosistica del 72enne musicista olandese che di recente è stato anche nominato dalla regina Cavaliere dell’Ordine di Orange-Nassau. Chi ricorda il vecchio sound dei Focus non si può magari aspettare la violenza rock della celeberrima Hocus Pocus, ma i passaggi simil pastorali di Sylvia, Answers? Questions! Questions? Answers!e Eruption sono sempre presenti nel suono attuale di Akkerman, che attinge però maggiormente da stilemi jazz-rock e fusion rispetto al passato, e quindi potrebbe rimandare a musicisti come Steve Morse, Eric Johnson, Allan Holdsworth, Ollie Halsall dei Patto, il tutto, come detto, esclusivamente in modalità strumentale: dodici brani che spaziano da Spiritual Privacy, tra flamenco, new age raffinata, world music e jazz-rock, un po’ alla Al Di Meola, con Jan impegnato alla chitarra acustica, passando per Beyond The Horizon, classico rock progressivo dove la Gibson del musicista orange è ancora in grado di emozionare gli appassionati del genere, con il suo timbro elegante e la grande tecnica individuale rimasta inalterata negli anni, insomma il signore suona ancora alla grande.

Reunion è più scontata, elettroacustica ma poco significativa, mentre Close Beauty è una delle sue classiche melodie piacevoli e cantabili, con Retrospection che è il brano, anche grazie al vibrato inconfondibile, che più ricorda i vecchi brani dei Focus, con improvvise aperture sonore. Passagaglia (con la g, ma per favore!), per sola chitarra elettrica è un po’ narcotica, mentre la lunga Tommy’s Anniversary è un ottimo esempio di vibrante jazz-rock con la chitarra scintillante in bella evidenza, Meanwhile In St. Tropez, solare e vagamente latineggiante si potrebbe accostare agli strumentali più orecchiabili di Santana, French Pride è un funkettino anonimo e la conclusiva e sinuosa Good Body Every Evening ci permette di gustare ancora una volta la sua tecnica sopraffina.

Bruno Conti

Uno Dei Migliori Album Del Jazz-Rock Anni ’70, “Rivisitato” 40 Anni Dopo Dal Vivo. Al Di Meola – Elegant Gypsy & More LIVE

al di meola elegant gypsy and more live

Al Di Meola – Elegant Gypsy & More LIVE – earMUSIC/Edel

Non si può certo dire che Al Di Meola nella sua carriera non abbia mai pubblicato dischi live: ne sono usciti almeno sei, oltre ad una decina di DVD e a quelli delle collaborazioni con John McLaughlin e Paco De Lucia, oltre a reunion varie dei Return To Forever. Uno dei suoi dischi solisti più belli del post RTF, anzi probabilmente il suo migliore in assoluto, era stato Elegant Gypsy, di cui proprio lo scorso anno si festeggiavano i 40 anni dall’uscita con un tour celebrativo. A differenza di altri eventi simili, però nel corso dei concerti non è stata eseguita la totalità dei brani contenuti in quel disco, ma solo una piccola selezione degli stessi: o almeno questo è quanto risulta dalla scaletta di questo Elegant Gypsy & More LIVE, che a sua volta festeggia quel fortunato tour. Con Di Meola suona una formazione di tutto rispetto, che forse non può competere con i RTF originali, Chick Corea, Lenny White e Stanley Clarke, oltre allo stesso Al, erano un bel “gruppettino”, e anche nell’Elegant Gypsy originale suonavano fior di musicisti, disco di cui appaiono “solo” tre brani  (manca per esempio la splendida title track), ma ci provano https://www.youtube.com/watch?v=EYl6qh_ZvDc .

Si diceva della formazione del tour: oltre a Di Meola, con la sua immancabile Les Paul, troviamo Philippe Saisse, bravissimo tastierista francese, Evan Garr, al violino, Gumbi Ortiz, alle percussioni, Elias Tona, al basso e Luis Alicea, alla batteria: il risultato è un disco scintillante che rivisita il classico jazz-rock degli anni ’70, quello mediato dal latin-rock, ma anche dal rock classico, per esempio esplicitato in una versione breve ma potente di Black Dog,  proprio il brano dei Led Zeppelin, riproposto in veste strumentale, dove il violino fa la parte della voce di Plant,, mentre Di  Meola con le sue scale velocissime e fiammeggianti cerca di non fare rimpiangere Jimmy Page, e se McLaughlin (e Larry Coryell) hanno “inventato” l’uso della chitarra elettrica nel jazz-rock, Di Meola ne è stato negli anni uno degli interpreti migliori nel corso delle decadi. One Night Last June, in origine su Kiss My Axe è una partenza strepitosa, sembra di ascoltare i primi Santana quelli migliori, con le percussioni di Ortiz e le tastiere di Saisse in grande evidenza, ma pure il violino elettrico e poi Di Meola è subito straripante, con la sua tecnica incredibile, soprattutto l’uso del vibrato, ma anche un grande gusto per i particolari ed un feeling sopraffino; Senor Mouse scritta da Chick Corea, era su Hymn Of The Seventh Galaxy, il disco con Bill Connors, ma anche Di Meola l’ha incisa su Casino, e la melodia spagnoleggiante del brano è memorabile grazie agli incisi deliziosi della solista e del piano (pur se non è da dimenticare che Di Meola nonostante il cognome, e la musica che suona, è di origine italiana).

Molto buone anche Adour, da Elysium, più lenta, sognante e raffinata, e dallo stesso disco del 2015 anche Babylon, con intermezzi vocali, un arrangiamento più composito e che dopo un inizio attendista si scatena sui vorticosi interventi dei solisti. Chiquilin De Bachim è un omaggio alla musica di Piazzolla, sound comunque rotondo ed incalzante, benché fedele alla melodia originale, che ci introduce al primo dei brani di Elegant Gypsy, una fantasmagorica Flight Over Rio, che potrebbe ricordare i Santana del periodo di Lotus o addirittura I Rush più intrippati. Di Black Dog abbiamo detto, a seguire, senza requie, sempre dal  disco del 1977 una ottima Midnight Tango, molto rilassata e godibile nelle sue morbide spire, con la chitarra ariosa di Di Meola affiancata dal piano di Saisse e dal violino di Garr https://www.youtube.com/watch?v=-TTKWMM4-W8 ; Egyptian Danza, nuovamente da Casino, evidenzia anche temi etnici comunque sempre affrontati a velocità supersoniche e con virtuosismi incredibili da Di Meola e soci che si congedano dal pubblico presente al concerto con Race With Devil On Spanish Highway, un pezzo di chiara impronta rock il cui riff rimanda nuovamente ai Santana del terzo album, con le linee liquide della solista del nostro che sono un vero piacere per gli amanti dello strumento, sempre affrontate a velocità da ritiro della patente. Un ottimo live. Esce domani 20 luglio.

Bruno Conti