Una Country-Rock Band Più Che Buona, Che Però Non Ha Nulla A Che Fare Con “Quelli Là”! The Burrito Brothers – The Notorious Burrito Brothers

burrito brothers the notorious

The Burrito Brothers – The Notorious Burrito Brothers – The Store For Music CD

Credo che i Flying Burrito Brothers, storico gruppo country-rock californiano nato da una costola dei Byrds (ovvero per mano di Gram Parsons e Chris Hillman, transfughi all’indomani del fondamentale Sweetheart Of The Rodeo), siano una delle band con la “timeline” più caotica per quanto riguarda i membri delle sue varie formazioni, detenendo infatti il record di non aver mai avuto la stessa lineup per due album consecutivi. A parte i loro primi due dischi, gli imperdibili The Gilded Palace Of Sin e Burrito Deluxe, direi che i nostri hanno mantenuto un profilo alto per almeno altri due-tre lavori (anzi, il terzo album, l’omonimo The Flying Burrito Brothers ed ultimo con Hillman in formazione, non è molto inferiore ai due precedenti), e comunque si sono difesi dignitosamente almeno fino a quando Rick Roberts ha fatto parte della squadra (NDM: per chi ancora non li conoscesse consiglio la strepitosa antologia del 2000 Hot Burritos! The Flying Burrito Brothers Anthology 1969-1972).

Man mano che passavano gli anni i FBB hanno visto avvicendarsi al loro interno una lunga serie di musicisti che poco o niente avevano da spartire con il nucleo originale, e verso la fine degli anni novanta hanno anche perso il suffisso “Flying”, che è diventato di proprietà di Hillman; dagli anni duemila in poi l’eredità del gruppo è stata portata avanti da onesti mestieranti sotto il moniker di Burrito Deluxe per tre dischi, The Burritos per uno e, dal 2018, The Burrito Brothers con il non disprezzabile Still Going Strong. Ora i Burritos ci riprovano, e fin dal titolo e dalla copertina (che richiamano entrambi The Notorious Byrd Brothers, famoso album dei Byrds – quello con l’asino al posto di David Crosby – che rappresentava la transizione della storica band tra il primo periodo folk-rock e psichedelico e la fase country-rock) cercano di appropriarsi di un passato che non gli appartiene, dato che il “veterano” del gruppo, il tastierista e cantante Chris James, è con loro appena dal 2010, mentre lo steel guitar player Tony Paoletta è arrivato nel 2013, il chitarrista e bassista Bob Hatter nel 2017 ed il batterista Peter Young è nuovo anche se qualche anno fa aveva già fatto brevemente parte della band.

Ma, a parte tutti i discorsi sull’opportunità dei quattro di chiamarsi così (e se è Hillman è d’accordo, chi sono io per contestare?), devo affermare che The Notorious Burrito Brothers è un bel dischetto di autentico country-rock di matrice californiana, che richiama volutamente le atmosfere della band alla quale i nostri si ispirano direttamente, ma che rimanda qua e là anche al suono di Poco e Eagles (due gruppi che comunque devono moltissimo agli originali FBB). Niente di nuovo sotto il sole, e nemmeno posso dire che questo album sia un mezzo capolavoro che aspirerà a diventare uno dei dischi dell’anno, ma sono certo che se lo farete vostro non rimpiangerete i soldi spesi (e di questi tempi è già molto). Tutti i brani sono originali, tranne le eccezioni che menzionerò durante la disamina: il CD si apre molto bene con Bring It, una limpida ed ariosa country-rock song dal motivo gradevole, ritmo spedito e chitarre ruspanti, che ricordano non poco gli Eagles con Joe Walsh alla voce solista (per la somiglianza del timbro di James). Sometimes You Just Can’t Win è un testo inedito scritto da Gram Parsons con Fred Neil e musicato dai nostri, altra tersa e solare ballata elettrica con piano e chitarre sempre in evidenza, un bell’omaggio alla memoria di Gram (e Fred) per uno dei pezzi più riusciti del CD. Love Is A River è il brano centrale del disco, una sorta di mini-suite di quasi dieci minuti nella quale i Burritos accennano almeno quattro diversi temi musicali passando da languide ballads a canzoni più mosse, con echi di Poco e FBB originali ed ottimo lavoro di steel (Paoletta è una piacevole sorpresa) e pianoforte.

Splendida la ripresa del classico di Dan Penn e Chips Moman Dark End Of The Street (che era anche su The Gilded Palace Of Sin), con la voce di James che qui ricorda abbastanza quella di Roger McGuinn, la steel protagonista e la nota melodia che scorre fluida e toccante; Do Right Man (ideale seguito della Do Right Woman sempre di Penn presente anch’essa sull’esordio dei FBB) vede come co-autore Ron Guilbeau, figlio di Gib Guilbeau che in passato fu a lungo membro dei Burritos, ed è un’altra cristallina ballata “alla Gram Parsons” che dona ulteriore lustro ad un disco che cresce brano dopo brano. Acrostic è un lento crepuscolare e delicato ma non particolarmente originale, mentre Gravity è uno spedito e delizioso pezzo elettroacustico a metà tra country-rock e bluegrass, che purtroppo finisce dopo neppure due minuti. Il CD termina con la bella Hearts Desire (che deriva da un testo inedito di Skip Spence, ex Moby Grape), altra country song elettrica e cadenzata dal motivo squisito e con le chitarre che tornano a farsi sentire, e con la tenue Wheels Of Fire, orecchiabile e squisita ballata dal forte profumo di California.

Quindi, anche se gli “Asinelli” non volano più, hanno dimostrato con The Notorious Burrito Brothers di saper fare musica piacevole e più che dignitosa.

Marco Verdi

Ennesimo Bravo Armonicista E Cantante Blues. Rob Stone – Gotta Keep Rollin’

rob stone gotta keep rollin'

Rob Stone – Gotta Keep Rollin’ – Vizztone 

La Vizztone è una etichetta di cui Bob Margolin fu uno dei co-fondatori ad inizio 2007 e nel corso degli anni si è costruita un roster di artisti che non gravitano solo nell’area del blues più canonico ma si allarga a comprendere anche artisti soul e R&B (a questo proposito se non lo avete già letto altrove mi dispiace segnalare la morte del grande cantante Otis Clay, avvenuta lo scorso’8 gennaio), spesso già in azione in ambito indipendente ma che con l’aiuto di questa etichetta, faticosamente cercano di raggiungere una maggiore diffusione a livello internazionale, Tra i tanti messi sotto contratto dalla Vizztone c’è anche Rob Stone, di cui questo Gotta Keep Rollin’ è in effetti già uscito a settembre 2014 (ma come dice il famoso detto “meglio tardi che mai”). Si tratta del quarto (o quinto CD) di Stone, ma i primi tre sono fuori produzione da tempo e il quarto, una antologia, viene venduto solo ai concerti dell’armonicista di Boston, che peraltro come molti degli adepti del Blues vive e opera in quel di Chicago da parecchio tempo https://www.youtube.com/watch?v=2eYHqkWKHDU .

Anche in questo album il nostro amico, che oltre a soffiare con vigore nel suo “attrezzo” è anche un buon vocalist, come evidenzia la copertina, si è circondato di un gruppo di musicisti tra i migliori nelle 12 battute classiche: Chris James, chitarrista in tutti i 12 brani del disco e co-produttore con Stone, John Primer, sempre alla chitarra, ospite in un paio di canzoni, il grande David Maxwell al piano in molte tracce e Henry Gray agli 88 tasti in Wired And Tired, più Eddie Shaw al sax in un paio di brani e la sezione ritmica fissa, composta da Patrick Rynn al basso e Willie Hayes alla batteria, oltre ad un manipolo di altri musicisti che si sono divisi tra gli studi di Chicago, Illinois e Tempe, Arizona, dove è stato registrato il disco. Non vi dirò, mentendo, che siamo di fronte ad un capolavoro, ma ad un onesto e solido disco di blues classico, destinato soprattutto agli appassionati del genere, ma anche se non siete degli stretti adepti troverete comunque motivi per un piacevole e corroborante ripasso degli stilemi classici del genere. Sei brani originali firmati dalla triade Stone/James/Rynn e sei cover di brani non celeberrimi: si spazia dal classico Chicago Blues dell’iniziale Wait Baby con il dualismo tra solista di James e l’armonica di Stone che canta con voce sicura sul drive ondeggiante della ritmica, Wonderful Time di Sonny Boy Williamson, oltre all’armonica indaffaratissima ci consente di gustare il piano swingante di David Maxwell.

Lucky 13 è uno shuffle come mille, sempre piacevole comunque, grazie alla chitarra di Primer; Anything Can happen è uno dei due brani che prevede la presenza del sax di Eddie Shaw e va di jump & boogie, come pure, lo dice il titolo, Move Baby Move, con She Belongs To Me che grazie alla sua batteria accarezzata con spazzole dell’ospite Frank Rossi ha un approccio più ricercato. Strollin’ With Sasquatch è l’unico strumentale dell’album, uno slow dove Rob Stone dà fiato con vigore alla sua armonica, con Wired And Tired che ha un bel feel alla Muddy Waters, anche grazie, di nuovo, al piano scandito di Henry Gray e Cold Winter Day, ancora con Primer alla solista, è una cover di un brano di Blind Willie McTell, un altro bel lento dove oltre alla chitarra si apprezzano il piano di Maxwell e l’immancabile armonica. It’s Easy To Know How è l’unica canzone dove si vira leggermente verso un ambientazione R&B, per poi tornare alla “retta via” con Blues Keep Rollin’ On e concludere in bellezza con la swingante Not No Mo’ che ci permette di gustare in azione di nuovo tutti i solisti del disco in un divertente finale.

Bruno Conti