Per La Prima Volta In Versione Acustica. Bob Margolin – This Guitar And Tonight

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Bob Margolin – This Guitar And Tonight – VizzTone Label Group

Bob Margolin ha anche lui tagliato quest’anno il traguardo dei 70 anni (come molti altri nel 2019, uno per tutti Bruce Springsteen) ma non dà segnali di voler rallentare la sua attività discografica, in questo aiutato dal fatto di essere uno dei manager e soci fondatori della VizzTone, quindi una etichetta che gli pubblica gli album sicuramente non gli manca. Non è che comunque il nostro se ne approfitti più di tanto, visto che questo è solo il quinto album della decade in corso, inclusi uno in coppia con Ann Rabson e un Live accompagnato dagli italiani della Mike Sponza Band. Ma dopo quasi i cinquant’anni trascorsi dalla sua lunga militanza come sideman di Muddy Waters e i circa trenta dal suo primo disco, questo This Guitar And Tonight è il primo album acustico della sua discografia: solo voce, la sua fedele Gibson L-00 degli anni ’30, dal suono cristallino e un paio di “aiutini” di Jimmy Vivino e Bob Corritore (con cui collabora nei Bobs Of The Blues).

Astutamente, nelle note dell’album, Margolin ricorda che Muddy Waters, quando gli chiese se preferiva le chitarre acustiche o quelle elettriche, gli rispose “Cue-Stick! Electric Is An Unfriendly Sound!”.  Cue-Stick, stecca da biliardo, è il termine gergale con cui si indica una chitarra acustica, peccato che comunque Waters abbia praticamente sempre suonato in modalità elettrica nel corso della sua carriera. Ma è come disquisire sul sesso degli angeli, considerando che alla fine This Guitar And Tonight è un ottimo album: la voce, con l’età, ha acquisito una autorevolezza ed una intensità che forse prima non aveva, e anche la parte strumentale, per quanto scarna e asciutta è estremamente efficace, tanto che qualcuno lo ha addirittura paragonato ai dischi di Son House. La title track apre le operazioni, si tratta del duetto con Jimmy Vivino, che suona una chitarra dalla strana accordatura che sembra quasi un mandolino, l’atmosfera sonora è quella dei dischi Blues classici degli anni ’20, ma senza i fruscii, i crepitii delle vecchie registrazioni, arcano ma “moderno” al contempo.

Tutte le canzoni sono state scritte da Bob per l’occasione, ma ovviamente seguono gli stilemi e i contenuti testuali delle 12 battute classiche, prendiamo Evil Walks In Our World, i pericoli oltre che dalle solite fonti vengono anche dalle fake news, dal riscaldamento globale e dalle diavolerie dell’epoca moderna, con quelle che sembrano due chitarre in azione, una in modalità slide; bottleneck in azione anche nella minacciosa Over Time, mentre Dancers Boogie è un intricato brano quasi a tempo di ragtime, con Blues Lover, direi una dichiarazione di intenti, scritta con Mark Kazanoff, e con Bob Corritore che aggiunge la sua armonica, in un brano che profuma di vecchi vinili di Sonny Terry e Brownie MCGhee. Good Driving Song, dall’andatura ondeggiante è uno strumentale dove Margolin dimostra tutta la sua tecnica sopraffina, ma anche un feeling innato per il blues acustico, come ribadisce l’approccio minimale alla materia profuso nel talking blues di I Can’t Take Those Blues Away, che con il suo cantato laconico ed ironico ricorda certe cose del collega David Bromberg. In Together forse la parte cantata è un po’ sforzata e sopra le righe, ma è un peccato veniale, prima della conclusione affidata alla lunga e vivace, almeno  a livello musicale Predator, che ha un riff che secondo me farebbe un figurone in veste elettrica, mentre ripercorre in un altro talking blues le vicende dell’epoca di JF Kennedy e poi il suo incontro con il suo mentore il grande Muddy Waters e le loro vicende intrecciate, che vengono ricordate con affetto quasi reverenziale.

Bruno Conti

L’Uomo Delle Angurie Torna A Predicare Il Blues Come Lui Sa. Watermelon Slim – Church Of The Blues

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Watermelon Slim – Church Of The Blues – Northernblues Music

Nel recensire il precedente disco di Watermelon Slim, all’anagrafe, oppure quando firma le proprie canzoni, William P. Homans, avevo annunciato, forse frettolosamente, la prematura dipartita della Northernblues Music, l’etichetta canadese che aveva pubblicato tutti gli album precedenti del nostro, con l’eccezione appunto dell’eccellente Golden Boy, uscito nella primavera del 2017 https://discoclub.myblog.it/2017/06/03/non-piu-un-ragazzo-pero-un-finto-canadese-di-quelli-bravi-watermelon-slim-golden-boy/ . Ovviamente non me lo ero sognato, in quanto il sito della etichetta pare defunto, e non riporta aggiornamenti dal 2013, però questo nuovo Church Of The Blues, viene annunciato come una “worldwide esclusive” della Northernblues e al di là della distribuzione discografica mi sembra un ottimo album. Watermelon Slim non gira più conla sua vecchia band, i Workers, da tempo, ma sembra ancora in discreta forma, a giudicare dal disco, visto che ormai va quasi per i 70 anni:

La voce è decisamente vissuta, con la sua classica ed immancabile “zeppola”, ma la chitarra, preferibilmente lap steel ed in modalità slide, e l’armonica, macinano ancora blues di grande intensità. In più per l’occasione Homans, oltre ad una tosta sezione ritmica incentrata su  John Allouise, basso e Brian Wells, batteria, ha chiamato a raccolta una bella pattuglia di ospiti, tra cui spiccano, insieme al rientrante produttore Chris Hardwick (che aveva prodotto il disco del 2013 e suona anche la chitarra in un paio di brani), Bob Margolin, Nick Schnebelen e Albert Castiglia alle chitarre (oltre a tale Joe Lewis Walker, così è indicato nelle note, ma presumo sia Joe Louis), nonché John Nemeth e Sherman Holmes alle voci, Red Young e Chris Wiser alle tastiere, e anche una piccola sezione fiati “The Church of Blues Brass” in alcuni brani. Il disco è stato registrato tra l’Oklahoma e Nashville e le canzoni sono un gustoso misto di pezzi originali e classici, importanti o minori, del blues: per la grintosa apertura di St. Peter’s Ledger, Homans viene affiancato da Bob Margolin, un brano di puro Chicago Blues dove la slide scivola con grande libidine, mentre in Tax Man Blues di Tom W McFarland, con Young al piano e Hardwick alla seconda chitarra, il ritmo è più cadenzato, con elementi R&B inseriti e la solita slide magistrale, mentre la prima cover importante è quella del super classico Gypsy Woman di Muddy Waters, con Watermelon anche all’armonica, Bob Margolin ad omaggiare il suo maestro, ed il magnifico slow blues di McKinley Morganfield che prende vita in questa versione cruda e genuina.

Post-Modern Blues è il brano con Nick Schnebelen (ex Trampled Under Foot) alla seconda slide, e la sezione fiati in aggiunta, un altro bel soul’n’blues  pimpante https://www.youtube.com/watch?v=vHIWyxBx4vg ; Get Out of My Life Woman è la cover del celebre brano di Allen Toussaint, con Nemeth e Holmes alle voci di supporto, sempre gagliardo e grintoso blues miscelato a rock, come nella miglior tradizione di Watermelon Slim., con la guizzante slide di nuovo in grande evidenza https://www.youtube.com/watch?v=93uEZTONkoM . Nella fiatistica, con uso di organo, Mni Wiconi – The Water Son, troviamo un eccellente lavoro di Joe Louis Walker, perché ovviamente di lui parliamo, alla solista, mentre Me and My Woman è la cover di un brano di Gene Barge, altro corposo blues elettrico con Homans che passa all’armonica, sostituito alla chitarra da Albert Castiglia. Smokestack Lightnin’ di Howlin’ Wolf è minacciosa e tirata il giusto, con Slim che mena fendenti al bottleneck, ben sostenuto dal produttore Hardwick alla seconda chitarra, in uno dei migliori brani del disco; That Ole 1-4-5, ha una andatura country-roots, con Ike Lamb, vecchio collaboratore ai tempi dei Workers, impegnato alla solista, con la “tribale”, suggestiva e primeva Holler # 4, solo voce, percussioni e una armonica, che è quasi un canto di lavoro nei campi, il vecchio lavoro del nostro amico.61 Highway Blues di Fred McDowell, in una poderosa e lunga rilettura elettrica a tutta slide è un altro dei brani migliori del CD https://www.youtube.com/watch?v=c5sdxFV9_jw , seguito da Too Much Alcohol che anche se non indicato mi sembra proprio il vecchio brano che era anche nel repertorio di Rory Gallagher, con Watermelon Slim sempre impegnato con la sua lap steel  in modalità bottleneck, che rimane protagonista anche nella forsennata Charlottesville (Blues for My Nation) con Nemeth alla seconda voce. Conclude un album ancora una volta di sostanza e con belle vibrazioni blues il divertente R&B fiatistico Halloween Mama, con l’organetto Farfisa di Wiser che gli dà quasi un’aria alla Sir Douglas Quintet.

Bruno Conti

E’ Difficile Da Trovare E Costa Pure Tanto, Ma Ne Vale La Pena! Various Artists – Chicago Plays The Stones

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Various Artists – Chicago Plays The Stones – Chicago Blues Experience CD

Il nome dei Rolling Stones negli anni è sempre stato legato, oltre che al rock’n’roll, al blues americano, anche se la band britannica un disco tutto di blues non lo aveva mai fatto fino al 2016, allorquando i quattro misero sul mercato lo splendido Blue And Lonesome, album di cover di classici di puro Chicago blues, che è pure candidato ai Grammy 2018 come “Best Traditional Blues Album”. Ora una bella serie di musicisti della capitale dell’Illinois (nativi o acquisiti) si è riunita sotto la guida del produttore Larry Skoller per “rispondere” affettuosamente a quel disco, registrando questo Chicago Plays The Stones, che come suggerisce il titolo è un album di cover di alcuni brani delle Pietre, rivisitati in chiave blues. Per la verità la prima volta che ho visto in rete questo CD ho pensato a qualche lavoro un po’ raffazzonato in stile Cleopatra (e la copertina, alquanto brutta, non mi aiutava a pensare meglio), ma poi ho scoperto quasi subito che si trattava di un progetto serio ed unitario, con tutte incisioni nuove di zecca da parte di artisti noti e meno noti, comprendendo alcune vere e proprie leggende. L’unico punto a sfavore è il fatto che il CD è acquistabile solo online, sul sito creato apposta per l’evento http://chicagoplaysthestones.com/ , e che le spese di spedizione nel nostro paese sono più care del costo del disco stesso (il totale è di circa trenta dollari): ma, come accennavo nel titolo, li vale tutti, anche se va detto che in nessun caso gli originali degli Stones vengono superati (ma questa sarebbe un’impresa per chiunque); c’è da dire infine che le scelte non sono state scontate, in quanto sono presenti brani che nessuno avrebbe mai associato al blues, come ad esempio Angie e Dead Flowers.

Ad accompagnare i vari ospiti c’è una house band da sogno, denominata Living History Band, guidata dal grande Bob Margolin alla chitarra (per anni solista nel gruppo di Muddy Waters), e con al piano l’ottimo Johnny Iguana (Junior Wells, Koko Taylor, Otis Rush e molti altri), Felton Crews al basso (la prima scelta, quando serviva un bassista, da parte di un certo Miles Davis), Kenny “Beedy-Eyes” Smith alla batteria (un altro che ha suonato con molti dei grandi, da Pinetop Perkins a Hubert Sumlin) ed il quotato armonicista francese Vincent Bucher. L’inizio è una bomba, con una potente rilettura di Let It Bleed da parte di John Primer (chitarrista anche lui per Waters, oltre che per Willie Dixon, alla guida nel 2015 del progetto Muddy Waters 100, simile a questo sugli Stones ), che ci fa capire di che pasta è fatto questo CD: gran voce, ritmo sostenuto, splendido pianoforte e l’armonica di Bucher in grande evidenza. Billy Boy Arnold è uno dei grandissimi del genere, un armonicista favoloso che qui rivolta come un calzino Play With Fire (infatti non la riconosco fino al ritornello): versione calda e piena d’anima, con il gruppo che segue come un treno, Margolin in testa; Buddy Guy è un’altra leggenda vivente, e non ci mette molto a far sua la poco nota Doo Doo Doo Doo Doo (Heartbreaker) (era su Goats Head Soup), facendola diventare uno slow blues notturno, con la ciliegina data dalla presenza nientemeno che di Mick Jagger alla seconda voce ed armonica (cosa che dona, se ce ne fosse stato bisogno, il sigillo a tutta l’operazione), grande brano e grandissima chitarra di Buddy.

(I Can’t Get No) Satisfaction è forse il pezzo più inflazionato del repertorio degli Stones, ma questa versione errebi piena di swing da parte di Ronnie Baker Brooks (figlio di Lonnie Brooks) le dà nuova linfa, trasformandola quasi in un’altra canzone (ed anche Ronnie alla chitarra ci sa fare); Sympathy For The Devil nelle mani di Billy Branch (armonicista scoperto da Willie Dixon) mantiene il suo spirito sulfureo, piano e slide guidano le danze per sei minuti rock-blues di grande forza, mentre Angie (ancora John Primer) cambia completamente vestito, diventando un blues lento, caldo e vibrante, dominato anche qui dalla slide e dal solito scintillante piano di Iguana. La brava Leanne Faine ha una voce della Madonna, e riesce a far sua senza problemi la grande Gimme Shelter, accelerando notevolmente il ritmo e dando spazio all’armonica: puro blues; Jimmy Burns (fratello di Eddie e grande cantante e chitarrista in proprio) trasforma la splendida Beast Of Burden in un godibilissimo jump blues (e caspita se suonano), molto trascinante, mentre Mike Avery (cugino del grande Magic Sam) si occupa di Miss You, riprendendone in chiave blues il famoso riff, anche se forse questo è l’unico pezzo del disco che suona un po’ forzato. Ci avviciniamo alla fine: ecco i due brani più recenti della raccolta (anche se hanno ormai una ventina d’anni sul groppone), una granitica I Go Wild con protagonista l’armonicista e cantante Omar Coleman (un giovincello rispetto agli altri invitati) ed una veloce e tonica Out Of Control, dominata dalla voce cavernosa di Carlos Johnson; chiusura ancora con Burns, alle prese con Dead Flowers, una canzone talmente bella che la ascolterei anche se la facesse Fedez (sto scherzando…).

Se potete, vale la pena fare uno sforzo economico per accaparrarsi questo Chicago Plays The Stones, anche perché il 50% dei proventi verrà destinato al progetto “Generation Next” per finanziare le prossime generazioni di bluesmen di Chicago: quindi non il “solito” tributo, ma uno dei dischi blues dell’anno.

Marco Verdi

Degno Figlio Di Tanto Padre? Per Quanto Possibile, Questa Volta Sì! Big Bill Morganfield – “Bloodstains On The Wall”

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Big Bill Morganfield – “Bloodstains On The Wall” – Black Shuck Records                  

William “Big Bill” Morganfield è il figlio di Muddy Waters, anche se in vita ha avuto scarsi contatti con il padre ed è stato allevato dalla nonna in Florida. E la sua carriera nell’ambito musicale è partita solo parecchi anni dopo la dipartita dell’augusto genitore avvenuta nel 1983: infatti il suo primo disco esce solo nel 1997, quando aveva già 41 anni, e da allora ne ha pubblicati comunque sette, compreso questo “Bloodstains On The Wall”. Nessuno particolarmente memorabile, alcuni anche buoni (ricordo di averne recensiti credo un paio), forse quest’ultimo il migliore in assoluto, ma ovviamente McKinley Morganfield era tutta un’altra storia: va bene che non sempre, anzi assai raramente, i figli d’arte riescono a raggiungere o avvicinare i vertici di chi li ha preceduti, ma almeno ha avuto il buon gusto di non farsi chiamare Big Bill Waters. A 60 anni, l’età del nostro amico oggi, il babbo aveva già realizzato una serie di capolavori quasi ininterrotta, cosa che non possiamo certo pretendere dal suo erede e mi fermo prima di avventurarmi in qualche giudizio di cui potrei poi pentirmi, diciamo che l’album in questione è un onesto album di Chicago Blues, ben suonato e con quattro brani composti dallo stesso Big Bill.

In sei brani appare la Mofo Party Band, con i tre fratelli Clifton, oltre a Brian Bischel alla batteria e Bartek Szopinski a piano e organo. Nei restanti brani ci sono parecchi ospiti di nome e sostanza: oltre ad un altro paio di figli d’arte, Eddie Taylor Jr. sicuramente e Chuck Cotton probabilmente, troviamo anche Colin Linden e Bob Margolin alle chitarre, nonché Augie Meyers al piano in un brano e Jim Horn al sax, e, in alternativa a John Clifton all’armonica, l’ottimo Steve Guyger soffia di gusto in una brillante I Don’t Know Why che porta la firma di Willie Dixon. Per sgombrare da equivoci il mio commento devo precisare che Big Bill Morganfield ha una eccellente voce, il marchio di famiglia si percepisce e il disco si gusta tutto d’un fiato, ripeto, non aspettiamoci il capolavoro, ma il Blues viene trattato con gusto e perizia in questo CD e anche se il disco è stato registrato tra Nashville, la California e il North Carolina si respira l’aria dei club fumosi di Chicago dove il papà si era costruito la sua reputazione. E il “giovane” Big Bill ha pure un eccellente tocco alla slide come dimostra in un intenso slow blues come When You Lose Someone You Love che porta la sua firma, e dove si apprezza anche il piano di Szopinski. Ogni tanto viene inserito il guidatore automatico, come nell’iniziale Lost Without Love o nella cadenzata Too Much, dove lo stile non dico si faccia scolastico ma manca un po’ di nerbo.

Però nella vibrante Help Someone il pianoforte corre a tutto boogie e sembra quasi di ascoltare Pinetop Perkins o Otis Spann, mentre nella title-track, in  origine un country blues degli anni ’50, qui trasformato in un brano alla Muddy Waters (e ci mancherebbe) tutti i musicisti suonano alla grande, a partire da Augie Meyers al piano, il titolare alla slide acustica (o forse è Linden?), Jim Horn al sax, Doc Malone all’armonica, grande intensità veramente. Niente male anche Can’t Call Her Name, lo spirito è sempre quello giusto delle 12 battute classiche, con chitarre ovunque e la penna di Morganfield si conferma capace. Se occorre si pesca dal repertorio: una Keep Loving Me scritta da Otis Rush, tirata e chitarristica come poche, preceduta da una sorprendente Wake Up Baby, leggera e divertente e che porta la firma di Lisa Stansfield (proprio lei!); avviso per i naviganti, i due brani sono invertiti nel CD e nel libretto, ma nulla sfugge al vostro recensore preferito. I Am The Blues è uno dei manifesti assoluti di questa musica, scritta da Willie Dixon, e qui resa in una eccellente versione da Big Bill Morganfield, che nell’occasione reclama la sua eredità con la giusta intensità e gli assoli di chitarra sono veramente ricchi di gusto. Anche un tocco di West Coast Blues con una cover di Help The Bear di Jimmy McCracklin e siamo al finale, Hold Me Baby, un’altra composizione di Big Bill presentata come bonus track: la slide è acustica, ma il tocco di “modernità” della drum machine potevano risparmiarcelo. Per il resto un ottimo album, meglio di quanto mi aspettassi.

Bruno Conti

Ennesimo Bravo Armonicista E Cantante Blues. Rob Stone – Gotta Keep Rollin’

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Rob Stone – Gotta Keep Rollin’ – Vizztone 

La Vizztone è una etichetta di cui Bob Margolin fu uno dei co-fondatori ad inizio 2007 e nel corso degli anni si è costruita un roster di artisti che non gravitano solo nell’area del blues più canonico ma si allarga a comprendere anche artisti soul e R&B (a questo proposito se non lo avete già letto altrove mi dispiace segnalare la morte del grande cantante Otis Clay, avvenuta lo scorso’8 gennaio), spesso già in azione in ambito indipendente ma che con l’aiuto di questa etichetta, faticosamente cercano di raggiungere una maggiore diffusione a livello internazionale, Tra i tanti messi sotto contratto dalla Vizztone c’è anche Rob Stone, di cui questo Gotta Keep Rollin’ è in effetti già uscito a settembre 2014 (ma come dice il famoso detto “meglio tardi che mai”). Si tratta del quarto (o quinto CD) di Stone, ma i primi tre sono fuori produzione da tempo e il quarto, una antologia, viene venduto solo ai concerti dell’armonicista di Boston, che peraltro come molti degli adepti del Blues vive e opera in quel di Chicago da parecchio tempo https://www.youtube.com/watch?v=2eYHqkWKHDU .

Anche in questo album il nostro amico, che oltre a soffiare con vigore nel suo “attrezzo” è anche un buon vocalist, come evidenzia la copertina, si è circondato di un gruppo di musicisti tra i migliori nelle 12 battute classiche: Chris James, chitarrista in tutti i 12 brani del disco e co-produttore con Stone, John Primer, sempre alla chitarra, ospite in un paio di canzoni, il grande David Maxwell al piano in molte tracce e Henry Gray agli 88 tasti in Wired And Tired, più Eddie Shaw al sax in un paio di brani e la sezione ritmica fissa, composta da Patrick Rynn al basso e Willie Hayes alla batteria, oltre ad un manipolo di altri musicisti che si sono divisi tra gli studi di Chicago, Illinois e Tempe, Arizona, dove è stato registrato il disco. Non vi dirò, mentendo, che siamo di fronte ad un capolavoro, ma ad un onesto e solido disco di blues classico, destinato soprattutto agli appassionati del genere, ma anche se non siete degli stretti adepti troverete comunque motivi per un piacevole e corroborante ripasso degli stilemi classici del genere. Sei brani originali firmati dalla triade Stone/James/Rynn e sei cover di brani non celeberrimi: si spazia dal classico Chicago Blues dell’iniziale Wait Baby con il dualismo tra solista di James e l’armonica di Stone che canta con voce sicura sul drive ondeggiante della ritmica, Wonderful Time di Sonny Boy Williamson, oltre all’armonica indaffaratissima ci consente di gustare il piano swingante di David Maxwell.

Lucky 13 è uno shuffle come mille, sempre piacevole comunque, grazie alla chitarra di Primer; Anything Can happen è uno dei due brani che prevede la presenza del sax di Eddie Shaw e va di jump & boogie, come pure, lo dice il titolo, Move Baby Move, con She Belongs To Me che grazie alla sua batteria accarezzata con spazzole dell’ospite Frank Rossi ha un approccio più ricercato. Strollin’ With Sasquatch è l’unico strumentale dell’album, uno slow dove Rob Stone dà fiato con vigore alla sua armonica, con Wired And Tired che ha un bel feel alla Muddy Waters, anche grazie, di nuovo, al piano scandito di Henry Gray e Cold Winter Day, ancora con Primer alla solista, è una cover di un brano di Blind Willie McTell, un altro bel lento dove oltre alla chitarra si apprezzano il piano di Maxwell e l’immancabile armonica. It’s Easy To Know How è l’unica canzone dove si vira leggermente verso un ambientazione R&B, per poi tornare alla “retta via” con Blues Keep Rollin’ On e concludere in bellezza con la swingante Not No Mo’ che ci permette di gustare in azione di nuovo tutti i solisti del disco in un divertente finale.

Bruno Conti

Le Altre Novità Di Gennaio, Parte I. Raspberries, Bob Welch, Mamas And Papas, John David Souther, Villagers, Magic Sam, Bob Margolin.

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Giorni fa vi abbiamo presentato la recensione in anteprima del nuovo David Bowie Blackstar, ma scorrendo la lista delle novità di gennaio mi sono accorto che c’erano molti più titoli in uscita di quanto pensassi, in un mese che di solito è abbastanza tranquillo a livello di pubblicazioni discografiche, per cui ripristiniamo la rubrica delle anticipazioni, divisa in tre parti, senza trascurare comunque altri possibili recuperi (anzi probabili) di uscite 2015, infatti partiamo proprio con due cofanetti che, usciti sul mercato internazionale a metà novembre, vedranno la luce anche in Italia solo a partire dal 15 gennaio.

Per iniziare i Raspberries, la storica band power pop/rock di Eric Carmen (esatto quello di All By Myself, che spudoratamente citava il concerto n°2 per piano e orchestra di Rachmaninov). ma allora, inizi anni ’70, era tutta un’altra storia, il nostro veniva da Cleveland, che come ricorda una famosa canzone di Ian Hunter, “rocks”, e la sua band, “I Lamponi” (apro un’altra parentesi, per ricordare che questo blog nasce come prosecuzione del negozio di cui vedete il logo proprio in apertura di Blog, e quindi ricordo che all’uscita di uno dei dischi Raspberries, del cui profumo l’album era imbevuto, il negozio profumò di quel frutto per diversi giorni) erano un eccellente gruppo, con influenze british invasion che andavano dai Beatles agli Who, gli Hollies, gli Small Faces, ma anche Beach Boys Big Star, influenzando a loro volta band e solisti che sarebbero venuti in seguito in questo ambito power pop, Sweet e il primo Costello nel Regno Unito, Cheap Trick, Knack, Shoes, The Babys, Romantics, e in seguito Dwight Twilley, Plimsouls, Smithereens dB’s, tanto per ricordarne alcuni altri di provenienza americana.

Questo box di 4 CD, pubblicato dalla Caroline Records del gruppo Universal a prezzo speciale, contiene i quattro album della band, tutta la loro produzione tra il 1970 e il 1974, ovvero questi:

[CD1: Raspberries]
1. Go All The Way
2. Come Around And See Me
3. I Saw The Light
4. Rock & Roll Mama
5. Waiting
6. Don’t Want To Say Goodbye
7. With You In My Life
8. Get It Moving
9. I Can Remember

[CD2: Fresh]
1. I Wanna Be With You
2. Goin’ Nowhere Tonight
3. Let’s Pretend
4. Every Way I Can
5. I Reach For The Light
6. Nobody Knows
7. It Seemed So Easy
8. Might As Well
9. If You Change Your Mind
10. Drivin’ Around

[CD3: Side 3]
1. Tonight
2. Last Dance
3. Making It Easy
4. On The Beach
5. Hard To Get Over A Heartbreak
6. I’m A Rocker
7. Should I Wait
8. Ecstasy
9. Money Down

[CD4: Starting Over]
1. Overnight Sensation (Hit Record)
2. Play On
3. Party’s Over
4. I Don’t Know What I Want
5. Rose Coloured Glasses
6. All Through The Night
7. Crusin’ Music
8. I Can Hardly Believe You’re Mine
9. Cry
10. Hands On You
11. Starting Over

Come potete sentire nei video, ballate zuccherine, ma anche rock con power chords e pop di eccellente qualità.

Stesso discorso si potrebbe fare anche per Hot Love, Cold World, il box dedicato, sempre dalla Caroline, a Bob Welch, il chitarrista americano che, prima dell’avvento della coppia Buckingham-Nicks si incaricò di traghettare gli inglesi Fleetwood Mac verso quel rock californiano che ne avrebbe fatto la fortuna nella seconda metà degli anni ’70. Di lui avevo parlato brevemente sul Blog, in occasione della sua morte avvenuta, in seguito a suicidio, nel giugno del 2012 http://discoclub.myblog.it/2012/06/08/un-fleetwood-mac-minore-se-ne-e-andato-bob-welch-1946-2012/Bob Welch non era un “genio” della musica, ma i quattro album solisti pubblicati per la Capitol a cavallo tra anni ’70 ed ’80 rimangono buoni esempi di pop-rock tipico dell’epoca, e ovviamente contengono il suo unico grande successo, Sentimental Lady, che nei Fleetwood Mac cantava Christine McVie:

CD1: French Kiss]
1. Sentimental Lady
2. Easy To Fall
3. Hot Love, Cold World
4. Mystery Train
5. Lose My Heart
6. Outskirts
7. Ebony Eyes
8. Lose Your…
9. Carolene
10. Dancin’ Eyes
11. Danchiva
12. Lose Your Heart

[CD2: Three Hearts]
1. 3 Hearts
2. Oh Jenny
3. I Saw Her Standing There
4. Here Comes The Night
5. China
6. The Ghost Of Flight 401
7. Precious Love
8. Church
9. Come Softly To Me
10. Devil Wind
11. Don’t Wait Too Long
12. Little Star
Bonus Tracks:
13. 3 Hearts (Alternate Version)
14. Une Fille Comme Toi
15. Something Strong
16. Precious Love (Mono)

[CD3: The Other One]
1. Rebel Rouser
2. Love Came 2X
3. Watch The Animals
4. Straight Up
5. Hideaway
6. Future Games
7. Oneonone
8. Don’t Let Me Fall
9. Spanish Dancers
10. Old Man Of 17

[CD4: Man Overboard]
1. Man Overboard
2. Justine
3. Nightmare
4. B666
5. Don’t Rush The Good Things
6. The Girl Can’t Stop
7. Jealous
8. Fate Decides
9. Reason
10. Those Days Are Gone

Sempre in 4 CD e a prezzo speciale anche questo.

Mamas And Papas viceversa di successi ne hanno avuti tantissimi e sono tutti raccolti in questa bellissima antologia doppia pubblicata domani 8 gennaio dalla Real Gone Music, intitolata The Complete Singles 50th Anniversary Collection, riporta tutti i singoli, lati A e B, i successi e i pezzi più belli poi presenti anche negli album del gruppo e da quelli solisti di Mama Cass, Denny Doherty John Phillips, tutti brani pubblicati per la ABC-Dunhill dall’8 gennaio 1966 (50 anni fa esatti), il giorno in cui California Dreamin’ entrava nelle classifiche americane e la storia di The Mamas And The Papas, per chiamarli con la loro esatta “ragione sociale”, iniziava in tutto il suo splendore, fino al 1972, anno in cui usciva l’ultimo singolo, dopo la reunion avvenuta quell’anno. Anche se per essere precisi, come è facilmente rilevabile leggendo la tracklist qui sotto, il primo singolo Go Where You Wanna Go era già uscito nel 1965, come pure California Dreamin’ che pero entrava in classifica in quel fatidico giorno:

CD 1

  1. Go Where You Wanna Go (Dunhill 4018, 1965)
  2. Somebody Groovy (Dunhill 4018/4020, 1965)
  3. California Dreamin’ (Dunhill 4020, 1965)
  4. Monday, Monday (Dunhill 4026, 1966)   https://www.youtube.com/watch?v=h81Ojd3d2rY
  5. Got a Feelin’ (Dunhill 4026, 1966)
  6. I Saw Her Again (Dunhill 4031, 1966)
  7. Even If I Could (Dunhill 4031, 1966)
  8. Look Through My Window (Dunhill 4050, 1966)
  9. Once Was a Time I Thought (Dunhill 4050, 1966)
  10. Words of Love (Dunhill 4057, 1966)
  11. Dancing in the Street (Dunhill 4057, 1966)
  12. Dedicated to the One I Love (Dunhill 4077, 1967)   https://www.youtube.com/watch?v=4M7gKZqgHn4
  13. Free Advice (Dunhill 4077, 1967)
  14. Creeque Alley (Dunhill 4083, 1967)
  15. Did You Ever Want to Cry (Dunhill 4083, 1967)
  16. Twelve Thirty (Young Girls Are Coming) (Dunhill 4099. 1967)
  17. Straight Shooter (Dunhill 4099, 1967)
  18. Glad to Be Unhappy (Dunhill 4107, 1967)
  19. Hey Girl (Dunhill 4107, 1967)
  20. Dancing Bear (Dunhill 4113, 1967)
  21. John’s Music Box (Dunhill 4113, 1967)
  22. Safe in My Garden (Dunhill 4125, 1968)
  23. Too Late (Dunhill 4125, 1968)
  24. Dream a Little Dream of Me (ABC/Dunhill 4145, 1968)  https://www.youtube.com/watch?v=ajwnmkEqYpo
  25. Midnight Voyage (ABC/Dunhill 4145, 1968)
  26. For the Love of Ivy (ABC/Dunhill 4150, 1968)
  27. Strange Young Girls (ABC/Dunhill 4150. 1968)

CD 2

  1. Do You Wanna Dance (ABC/Dunhill 4171, 1968)
  2. My Girl (ABC/Dunhill 4171, 1968)
  3. Step Out (ABC/Dunhill 4301, 1972)
  4. Shooting Star (ABC/Dunhill 4301, 1972)
  5. California Earthquake (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4166, 1968)
  6. Talkin’ to Your Toothbrush (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4166, 1968)
  7. Move In a Little Closer, Baby (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4184, 1969)
  8. All for Me (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4184, 1969)
  9. It’s Getting Better (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4195, 1969)
  10. Who’s to Blame (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4195, 1969)
  11. Make Your Own Kind of Music (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4214, 1969)
  12. Lady Love (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4214, 1969)
  13. New World Coming (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4225, 1970)
  14. Blow Me a Kiss (Mama Cass Elliott) (ABC/Dunhill 4225, 1970)
  15. A Song That Never Comes (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4244, 1970)
  16. I Can Dream, Can’t I (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4244, 1970)
  17. The Good Times Are Coming (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4253, 1970)
  18. Welcome to the World (Mama Cass) (ABC/Dunhill 4253, 1970)
  19. Don’t Let the Good Life Pass You By (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill 4264, 1970)
  20. The Costume Ball (Mama Cass Elliot) (ABC/Dunhill SPD 15, 1971)
  21. Watcha Gonna Do (Denny Doherty) (ABC/Dunhill 4270, 1970)
  22. Gathering the Words (Denny Doherty) (ABC/Dunhill 4270, 1970)
  23. To Claudia on Thursday (Denny Doherty) (ABC 13318, 1971)
  24. Tuesday Morning (Denny Doherty) (ABC 13318, 1971)
  25. Mississippi (John Phillips) (ABC/Dunhill 4236, 1970)
  26. April Anne (John Phillips) (ABC/Dunhill 3236, 1970)

53 canzoni, spesso meravigliose, che raccontano la storia di uno dei gruppi leggendari di quell’epoca, anche tra gli inventori del primo Festival della storia della nostra musica, quel Monterey Pop, che nel 1967 cambiò completamente le prospettive della musica dell’epoca. Penso che sicuramente ci torneremo, per il momento ve ne segnalo l’uscita.

john david souther

Nel 1971 John David Souther venne messo sotto contratto dalla Aylum di David Geffen e nel 1972 pubblicò il suo album di debutto, questo omonimo John David Souther che conteneva dieci perle di puro country-rock californiano distillato. Souther era stato compagno di camera e di gruppo nei Longbranch/Pennywhistle del futuro Eagles Glenn Frey, e al piano di sotto abitava Jackson Browne che portò Souther al colloquio con Geffen.

Il nostro amico scriverà per, e con, gli Eagles, canzoni come Best Of My Love, New Kid In Town Heartache Tonight, e nel suo disco d’esordio, prodotto da Fred Catero, c’era la crema dei musicisti dell’epoca, anche alcuni antesignani del futuro blue-eyes soul westcostiano come Ned Doheny, ma anche Johnny Barbata, Mike Bowden, Glenn Frey, Bryan Garofalo, Gib Guilbeau del giro Flying Burrito, Gary Mallaber, Wayne Perkins Joel Tepp, collaboratore di Bonnie Raitt per cui Souther scriverà alcuni brani negli anni a venire. La ristampa Omnivore contiene sette bonus, tra alternates e demos ed è in uscita l’8 gennaio in USA e il 15 gennaio in Europa, via Warner. mentre i due album successivi, Black Rose Home By Dawn (in mezzo c’era stato You’re Only Lonely, quello di maggior successo, che pero era uscito per la Columbia)verranno ripubblicati, sempre rimasterizzati e potenziati il prossimo 12 febbario.

Per il momento:

Tracklist
1. The Fast One
2. Run Like A Thief
3. Jesus In 3/4 Time
4. Kite Woman
5. Some People Call It Music
6. White Wing
7. It’s The Same
8. How Long
9. Out To Sea
10. Lullaby
Bonus Tracks:
11. Kite Woman (Alternate Version)
12. Jesus In 3/4 Time (Demo)
13. The Fast One (Demo)
14. Run Like A Thief (Demo)
15. How Long (Demo)
16. One In The Middle (Demo)
17. Silver Blue (Demo)

villagers where have you been

Villagers è il nome d’arte che ha scelto il musicista irlandese Conor O’Brien per pubblicare la propria musica, con l’aiuto di alcuni altri musicisti ma spesso anche in solitaria, suonando tutti gli strumenti. Fino ad oggi ha pubblicato tre album Becoming a Jackal del 2010, forse fino ad ora il migliore http://discoclub.myblog.it/2010/06/18/anche-lui-di-nome-fa-conor-the-villagers-becoming-a-jackal/, poi Awayland nel 2013 e nella primavera del 2015 il recente Darling Arithmetic, tutti ottimi esempi di raffinato e complesso pop-rock. Ora l’8 gennaio, su etichetta Domino, esce questo Where Have You Been All My Life? dove Conor O’Brien rivisita molti brani dei suoi tre album precedenti in una nuova veste sonora, più articolata e vicina al sound del primo album, quello con gli arrangiamenti più complessi.

Grazie all’aiuto di Cormac Curran grand piano e analogue synthesizer, Danny Snow contabbasso, Mali Llywelyn arpa, mellotron e voce, e Gwion Llewelyn batteria, flicorno e voce, oltre allo stesso O’Brien che suona tutto il resto, in un solo giorno nel luglio del 2015, sono stati registrati 18 brani di cui 12 quelli pubblicati nell’album, tra cui una cover di Wichita Lineman Memoir che era apparsa solo su un album di Charlotte Gainsbourg, per cui era stata scritta la canzone. Quindi una sorta di live in studio, ma con una strumentazione ricca e variegata che ci porta ad apprezzare la bravura e il talento di questo musicista, tra i più interessanti in circolazione sul lato britannico dell’Atlantico.

magic sam blues band black nagic with bonus bob margolin my road

Sempre in questi giorni escono anche due album che gravitano nell’area blues (e che quindi non escludo di recensire per esteso a breve, sempre se trovo il tempo). Il primo è la ristampa potenziata del classico album Black Magic, attribuito alla Magic Sam Blues Band, uscito per la Delmark nel 1969 proprio pochi giorni prima della sua prematura scomparsa a soli 32 anni, il 1° dicembre di quell’anno. Ai 10 brani dell’album originale sono state aggiunte 7 tracce con versioni alternative o brani inediti:

I Just Want a Little Bit
What Have I Done Wrong
Easy, Baby
You Belong to Me
It’s All Your Fault
Same Old Blues  https://www.youtube.com/watch?v=0ScsUUNiuoQ
You Don’t Love Me, Baby
San-Ho-Zay
Stop! You’re Hurting Me
Keep on Loving Me Baby
What Have I Done Wrong (Alternate)
I Just Want a Little Bit (Alternate)
Everythings Gonna Be All Right
Keep on Doin’ What You’re Doin’
Blues for Odie Payne
Same Old Blues (Alternate)
What Have I done Wrong (Alternate)
Keep on Loving Me Baby

Sempre grazie all’etichetta di Chicago sul finire del 2014 era uscito un CD inedito registrato dal vivo ai tempi dal grande chitarrista blues, di cui vi avevo parlato su queste pagine virtuali, Live At The Avant Garde.

Mentre per la Vizztone esce il nuovo album di Bob Margolin, storico chitarrista di Muddy Waters negli ultimi anni di carriera del vecchio McKinley Morganfield. La Vizztone è una benemerita etichetta indipendente americana che lo stesso Margolin ha contribuito a fondare e che periodicamente pubblica i suoi dischi ( in tempi relativamente recenti, tra i tanti, il Live di Brandon Santini, il disco inedito bellissimo di Sean Costello e l’ultimo Cathy Lemons, tutti dischi recensiti da chi scrive, anche sul Buscadero). My road dovrebbe essere, se non ho fatto male i conti l’11° della serie, il primo dopo Blues Around The World pubblicato nel 2012 http://discoclub.myblog.it/2012/03/12/incontri-blues-bob-margolin-with-mike-sponza-band-blues-aro/, e nello stesso anno era uscito anche Not Alone in coppia con Ann Rabson.

Per oggi è tutto, nei prossimi giorni si continua con le altre uscite del mese, seguendo, ove possibile, una sorta di sequenza più o meno cronologica, ma senza tralasciare le consuete recensioni ed eventuali “recuperi”!

Bruno Conti