Torna Il Grande Produttore-Musicista Con Un Disco Finalmente “Per Tutti”. Daniel Lanois – Heavy Sun

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Daniel Lanois – Heavy Sun – eOne CD

Non penso di dovervi ricordare in questa sede chi sia Daniel Lanois, grande produttore canadese del Quebec, uno di quelli che quando presta i suoi servizi per gli artisti da cui è ingaggiato (si chiamino essi U2, Peter Gabriel, Robbie Robertson, Bob Dylan, Emmylou Harris, Willie Nelson o Neil Young), oltre alla sua esperienza ed alle sue capacità in sala di registrazione porta anche un suono. Sì, perché Daniel è uno dei pochi producers che, come Phil Spector o, facendo le debite proporzioni, Jeff Lynne, ha un suo sound ben distinto e distinguibile: se però nel caso di Spector si parla di sonorità stratificate e magniloquenti, Lanois ci ha invece abituati ad atmosfere rarefatte e quasi misteriose, con ritmiche ondeggianti e riverberi di chitarra, il tutto a creare un patchwork che talvolta raggiunge anche toni cupi ed onirici. Dal 1989 il canadese ha poi affiancato a quella di produttore la carriera di musicista per conto proprio, ed anche qui le soddisfazioni non sono mancate: il suo esordio Acadie era un album splendido, un disco di roots-rock cantautorale in cui il nostro mostrava notevoli capacità anche come autore di canzoni (e pure come cantante se la cavicchiava), ma pure il seguente For The Beauty Of Wynona del 1993 era un lavoro notevole. Da lì in poi i suoi album hanno cominciato a diventare più elitari, con collezioni di pezzi in molti casi solo strumentali che avrebbero potuto essere la colonna sonora di un film immaginario (ma spesso erano delle soundtracks vere e proprie), con poche eccezioni come lo splendido Shine del 2003, in cui Lanois esplorava le possibilità sonore della steel guitar (da quel momento in poi una vera passione per lui), ed i discreti Rockets, Belladonna e Here Is What Is.

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Ora, a cinque anni da Goodbye To Language (ma in mezzo c’è stato anche l’ostico disco in collaborazione con il musicista dance-jungle-techno Venetian Snares), Daniel torna con Heavy Sun, un album che, dopo un attento ascolto, non esito a mettere tra i più riusciti e fruibili del produttore-musicista. Lanois infatti è tornato a fare musica con la M maiuscola, ben coadiuvato da un terzetto formato dal noto chitarrista californiano Rocco DeLuca (da anni partner artistico di Daniel), dal bassista Jim Wilson e dall’organista e cantante Johnny Shepherd, con la partecipazione di Chris Thomas ancora al basso e del noto batterista jazz Brian Blade, oltre al coro gospel Zion Baptist Church, diretto da Shepherd e fondato da Brady Blade Sr., che però ha una grande importanza nell’economia del disco. Ma la vera sorpresa di Heavy Sun è che si tratta, come la presenza del già citato coro lascia supporre, di un disco di moderno soul-gospel, con una serie di canzoni di ottima qualità scritte in collaborazione dai quattro musicisti principali e con toni talvolta gioiosi e solari in contrasto con le atmosfere notturne alle quali Lanois ci aveva abituato (pare come reazione alla cupa situazione mondiale conseguente alla pandemia). Il centro del progetto è l’organo di Shepherd e la sua voce (infatti Lanois non canta), ma anche Daniel mostra di trovarsi pienamente a suo agio con certe sonorità, come d’altronde era successo nel 1989 allorquando produsse lo splendido Yellow Moon dei Neville Brothers.

foto floria sigismondi

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L’iniziale Dance On apre benissimo il disco: note suggestive di organo, poi entra la voce di Shepherd (grande ugola tra parentesi) ed inizia un coinvolgente botta e risposta con il coro, con le chitarre che si fanno sentire col contagocce ma solo quando serve https://www.youtube.com/watch?v=kouZADMLFNU . Power è più strumentata, il sound è moderno e classico nello stesso tempo, con la chitarra riverberata tipica, organo e sezione ritmica che avvolgono la parte vocale che qui è di competenza esclusiva del coro, ed un intervento di Shepherd in leggero falsetto https://www.youtube.com/watch?v=qbkkcxFIMFg ; Every Nation è introdotta da una chitarra twang e da una ritmica fluttuante e dal sapore quasi reggae, ed il brano è una suadente soul song annerita alla quale la chitarra di DeLuca fornisce l’elemento rock. Tutto estremamente gradevole. Way Down è una bella e toccante ballata resa calda dall’organo e con la voce di Lanois che doppia ottimamente quella di Shepherd, il tutto in un’atmosfera d’altri tempi  https://www.youtube.com/watch?v=ncbCqVMoXWo , Please Don’t Try è un altro pezzo di bravura per voce ed organo, ma con l’immancabile coro a colorare il refrain, mentre Tree Of Tule è un pezzo mosso e pianistico nuovamente cantato a più voci e con una solarità di fondo che lo rende immediatamente fruibile https://www.youtube.com/watch?v=zIYHF2eV8ac .

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Tumbling Stone vede ancora la sola presenza di organo, voce solista e coro, ma la melodia dal sapore gospel tradizionale ed il pathos esecutivo ne fanno uno dei brani di punta del CD; Angels Watching è splendida, un gospel-reggae-rock suonato in punta di dita e cantato meravigliosamente, con il tocco di Lanois riconoscibile in ogni nota https://www.youtube.com/watch?v=eHqI0O-77Dg , ed anche l’orecchiabile (Under The) Heavy Sun, primo singolo dell’album, porta luce e positività in un disco che è un’inattesa sorpresa https://www.youtube.com/watch?v=OrXDf-3ZpWg . Finale con Mother’s Eyes e Out Of Sight, ennesimi affascinanti brani in cui l’organo è l’unico strumento presente: Daniel Lanois è quindi tornato a fare musica non solo per sé stesso (e questa è già di per sé un’ottima notizia), regalandoci il suo lavoro migliore dai tempi di Shine.

Marco Verdi

In Attesa Del Nuovo Ottimo Album In Uscita A Metà Luglio: Pretenders/Chrissie Hynde Una Storia Lunga Più Di 40 Anni! Parte I

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Quando Christine Ellen “Chrissie” Hynde viveva i primi anni della sua esistenza conscia in quel di Akron, Ohio, era una introversa ragazzina poco interessata alla scuola, al ballo, ai ragazzi ed alle attività sociali in generale, con una eccezione però, la musica, in particolare quella dei gruppi: uno dei suoi passatempi più personali era andare a Cleveland a vedere qualsiasi band passasse da quelle parti, mentre in particolare Brian Jones prima e Iggy Pop poi, avevano destato il suo interesse. A questo punto leggenda, o meglio le sue biografie, suggeriscono che, essendosi trasferita per studio alla Kent State University indirizzo artistico, Chrissie fosse venuta a contatto con la controcultura hippie e avesse sviluppato anche degli interessi per il misticismo orientale e il vegetarianismo (che credo tuttora facciano parte del suo credo), ma quelli sono anche i tempi, inizio anni ‘70, del famoso massacro alla Kent State del 4 maggio (immortalato in Ohio di Neil Young), in cui tra le quattro vittime ci fu anche il fidanzato di una delle sue amiche, e lei stessa era presente ai disordini.

Sempre nello stesso periodo aveva iniziato anche a far parte dei primi gruppi, tra cui i Sat. Sun. Mat, insieme a Mark Mothersbaugh, futuro componente dei Devo. A questo punto arriva la prima mossa cruciale: nel 1973, già 22enne, si trasferisce a Londra, dove inizia a lavorare in uno studio di architetti, ma resiste pochi mesi, prima di entrare, tramite il suo amico Nick Kent (una delle stelle del giornalismo musicale dell’epoca, anche suo boyfriend per qualche anno) nella redazione del NME. Anche questo lavoro dura poco e quindi inizia a lavorare nella allora poco conosciuta boutique SEX di proprietà di Malcolm McLaren e Vivienne Westwood, presso cui conosce gli abituali frequentatori Johnny Rotten e Sid Vicious, dai quali cerca di farsi sposare (non contemporaneamente) per ottenere il permesso di lavoro, e con il secondo ci va molto vicina, al matrimonio. Fallito l’obiettivo, nel 1975 torna a Cleveland, passando per la Francia, dove cerca anche lì di formare una band; ci riprova, sempre in Francia, nel 1976 e lasciato Kent, tenta un approccio con un bassista, membro dei “famosi” Frenchies, con i quali svolge brevemente anche la funzione di cantante.

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Quando ritorna a Londra, si trova nel bel mezzo della nascente scena punk inglese, e incrocia le sue traiettorie con Jon Moss dei Culture Club, Tony James dei Generation X, Mick Jones dei Clash e rischia di far parte anche dei futuri Damned., da lei molto amati. Dopo altri svariati tentativi tra il 1977 e il 1978, finalmente nel 1978 è pronto un demo da dare a Dave Hill, il boss della Real Records, che le suggerisce di mettere insieme un gruppo: detto fatto, vengono contattati Pete Farndon al basso, James Honeyman-Scott alla chitarra e l’ineffabile Martin Chambers alla batteria (ancora oggi con lei). Questo, in sintesi, è il preludio dei futuri Pretenders, così chiamati in onore della cover di Sam Cooke di The Great Pretender dei Platters. se volete ulteriori informazioni esistono dei libri, tra cui l’eccellente autobiografia della Hynde stessa Reckless: My Life As A Pretender, uscita nel 2015, e “spericolata” e “temeraria” è stata sicuramente la carriera musicale di Chrissie, di cui andiamo ora ad occuparci, ispirati in questo anche dal nuovo album della band Hate For Sale, secondo chi scrive (avendolo già ascoltato, visto che doveva uscire il 1° maggio) forse il migliore del gruppo dai tempi dei primi tre, ma di cui ci occuperemo più avanti, perché a causa delle vicende legate al Coronavirus è stato rinviato alla seconda metà di luglio. Ergo, vediamo a livello musicale cosa è successo prima,

1978-1984 Gli Inizi e Gli Anni D’Oro

Come ricordato poc’anzi, dopo il primo demo, ne incidono un secondo come gruppo, tre canzoni, Precious, The Wait e la cover di Stop Your Sobbing dei Kinks, che vengono passate ad uno dei “geni” del pop britannico, Nick Lowe, che produce il primo singolo della band, composto dal secondo e terzo dei brani citati e che entra nella Top 40 dei singoli a gennaio del 1979, Kid con Tattoed Love Boys, più o meno ottiene lo stesso risultato, ma al terzo tentativo, a novembre, il singolo di Brass In Pocket va al primo posto delle UK Charts: merito certamente della musica, ma anche della voce di Chrissie Hynde, un delizioso contralto fino a quel punto non curato a livello tecnico, a causa di problemi uditivi e altre piccole patologie, che comunque non le hanno impedito di diventare una delle voci più inconfondibili del rock degli ultimi 40 anni, oltre che una delle migliori autrici di canzoni dell’universo femminile.

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Il 27 dicembre 1979 negli States e l’11 gennaio 1980 nel Regno Unito (più o meno negli stessi giorni , in cui usciva, a date invertite, London Calling dei Clash) viene pubblicato Pretenders – Real Records/Sire 1979/80 ****1/2, uno dei tanti esordi fulminanti della storia del rock. La frase topica del brano di apertura Precious, in un turbine di chitarre aggressive, un basso trivellante e una batteria devastante, è “But not me, baby, I’m too precious/Fuck off!”, dedicato a un innamorato che è una sorta di Lothario direbbero gli inglesi, Dongiovanni noi italiani, al quale la Hynde manda un chiaro messaggio di andare a farsi fottere, con una energia e violenza mutuata del punk, ma sapendo anche utilizzare con maestria il meglio della musica pop e rock del quarto di secolo precedente: “missiva” che potremmo spedire altrettanto sentitamente al nostro amico Coronavirus (incidentalmente il brano di apertura del nuovo Hate For Sale, la title track, è un brano che essuda, 40 anni dopo, la stessa violenza primeva trattenuta, ma non troppo, tanto che da un momento all’altro mi attendevo un altro bel Fuck Off!).

Anche The Phone Call, The Wait e Mystery Achievement hanno, in misura diversa, la grinta e la energia di quei brani del pop inglese più cazzuto, quello di Yardbirds, dei primi Them, degli Stones, degli Animals, l’epoca di Top Of The Pops, cantati da una “signora” con una voce squillante che sa estrarre il meglio dai suoi pards, soprattutto la chitarra di Honeyman-Scott. Ma Chrissie maneggia con disinvoltura il pentagramma e volteggia con abilità nei diversi stili: il power pop raffinato di Up The Neck, il frenetico e scoppiettante punk-rock di Tattoed Love Boys, poi lascia lo strumentale Space Invader ai suoi soci, che si cimentano in sonorità non dissimili da quelle dei primi Police, ma ci sono anche brani di quel perfetto Pure Pop For Now People teorizzato dal primo produttore Nick Lowe e applicato alla perfezione da quello dell’album, il grande Chris Thomas, in piccoli gioiellini che rispondono al nome di Stop Your Sobbing, raffinata costruzione sonora mutuata del futuro compagno Ray Davies e resa veicolo perfetto per la sua voce che, moltiplicata più volte, la rende una specie di one woman band alla Mamas And Papas, come scrisse qualcuno su Rolling Stone, quando era ancora una rivista autorevole.

Kid è una tipica pop ballad alla Pretenders, deliziosamente retrò, ma con testo crudo e amaro, Private Life è un reggae (rock) genere che di solito non amo, ma faccio qualche eccezione per gente come Graham Parker, Garland Jeffreys, Joan Armatrading, i Clash, i primi Police, che trattano l’argomento appunto da una ottica rock, con un bellissimo assolo di Honeyman-Scott, che è poi l’autore con la Hynde di Brass In Pocket, uno dei più bei singoli pop di sempre, gioioso ed esuberante, una vera squisitezza, ed anche Lovers Of Today è un’altra rock ballad di rara raffinatezza con il vibrato di Chrissie in grande evidenza: mezza stelletta in più per la versione in CD doppia (+DVD), uscita per la Rhino nel 2006 con un secondo dischetto con ben 16 bonus tra demo. cover e live, temo non più disponibile, ma se vi capita di trovarla…

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L’anno successivo, per la serie battere il ferro finché è caldo, ovvero se l’ispirazione regge, esce Pretenders II – Sire 1981 ***1/2 . Leggermente inferiore al precedente, ma sempre un bel disco: il produttore è ancora Chris Thomas. L’ultimo con la formazione originale, il disco esce ad agosto 1981, e come il precedente entra nelle Top 10 inglesi ed americane, preceduto da Extended Play, pubblicato a marzo, che contiene i due singoli che saranno estratti dall’album, che come è consuetudine della band sono anche i brani migliori del lotto. The Adultress apre, voce filtrata, chitarre ruggenti, testi sessuali arditi, ritmi serrati, per una bella partenza, come pure Bad Boys Get Spanked che viaggia a tutta velocità, il solito “punk” intelligente dei Pretenders, sempre con un testo molto diretto.

Message Of Love è il primo singolo, più grintoso e mosso del solito, ma sempre ricco di fascino e classe, I Go To Sleep è la seconda cover di un pezzo dei Kinks, un delicato e sognante valzerino con uso di fiati, cantato in souplesse dalla Hynde, e anche Birds Of Paradise è una ballata mid-tempo elegante e raffinata. Talk Of The Town, il secondo singolo, è un’altra di quelle perfette costruzioni pop di cui i Pretenders sono stati sempre maestri, con la soave voce di Chrissie, anche raddoppiata in multitracking, a galleggiare sulla musica; non mancano ovviamente i brani più grintosi e tirati, come Pack It up e Day After Day, scritti con Honeyman-Scott, la cui trillante chitarra è sempre in evidenza, come pure il solito brano reggae-rock, una tradizione, in questo caso Waste Not Want Not, ottime anche la riffata e ritmata Jealous Dogs e un’altra pop song di eccellente fattura come The English Roses dove Honeyman-Scott piazza un altro assolo dei suoi.

A chiudere un altro album che conferma la vena compositiva della band troviamo Louie Louie, che però non è il super classico di Richard Berry, per quanto come grinta rock’n’roll, tra esplosioni di fiati e la chitarra in modalità slide ci siamo, compresa la fine del brano, troncato di brutto a metà di un passaggio, in puro spirito punk. Al solito, se trovate la versione Deluxe doppia in CD, nel secondo CD ci sono 18 bonus, di cui 15 registrate in un concerto a Santa Monica del 4 settembre 1981, oppure anche una tripla con 25 bonus e un DVD.

Interludio

Il 16 giugno 1982 muore James Honeyman-Scott, per un attacco cardiaco scatenato dalla intolleranza alla cocaina, mentre il 14 aprile del 1983, Pete Farndon, che era già stato licenziato dal gruppo circa un anno prima per gli stessi problemi di droga, viene trovato annegato nel suo bagno per una overdose da eroina. Nel frattempo la Hynde e Chambers avevano cercato di portare avanti ugualmente la band, arruolando il chitarrista dei Rockpile Billy Bremner e il bassista dei Big Country Tony Butler, insieme ai quali registrano Back On The Chain Gang che esce ad ottobre 1982, e secondo me è una delle più belle canzoni pop di tutti i tempi, scritta nel corso della relazione che Chrissie stava avendo con Ray Davies e quando era incinta di tre mesi della futura prima figlia Natalie, della quale visto l’incontro dei geni di due “geni” della musica (scusate ma non ho resistito) mi aspettavo sarebbe potuta nascere chissà quale congiunzione astrale di talenti e invece…ci siamo dovuti “accontentare” di quelli dei due genitori. Comunque tornando a Back On The Chain Gang, si tratta di una vera cattedrale di costruzioni sonore in ambito pop music, una piccola meraviglia (ah, quei coretti, un omaggio a Sam Cooke).

Fine della prima parte, segue…


Bruno Conti