E Dacci Pure Il Nostro Garcia Settimanale! Jerry Garcia Band – Garcia Live Volume 7

garcialive volume seven

Jerry Garcia Band – Garcia Live Volume 7: Sophie’s, Palo Alto 1976 – ATO Records 2CD

Ormai uno degli appuntamenti fissi di questo Blog sono le uscite di materiale riconducibile ai Grateful Dead o al Jerry Garcia solista, dato che negli ultimi mesi c’è stata una vera e propria invasione di CD e DVD, tra tributi e dischi live, roba da far sembrare Joe Bonamassa uno che fa un disco ogni quattro anni (e meno male che non ci occupiamo anche dei vari Dave’s Picks). Da tempo, come saprete (parallelamente ai Dead), esiste un progetto che propone alcuni tra i migliori concerti della Jerry Garcia Band, una serie che si protrae da diversi anni (prima come Pure Jerry, adesso come Garcia Live): due uscite così ravvicinate come il sesto ed il settimo volume non erano però mai state messe sul mercato prima d’ora. Ho infatti ancora nelle orecchie il triplo con Merl Saunders registrato al Lion’s Den, da me commentato non molto tempo fa http://discoclub.myblog.it/2016/07/20/dite-la-verita-eravate-po-preoccupati-jerry-garcia-merl-saunders-garcia-live-vol-6-lions-share/ , che mi trovo a parlare già del volume 7, che stranamente è “solo” doppio, e che prende in considerazione un concerto tenuto l’8 Novembre del 1976 a Palo Alto, in California, con una formazione poco nota della JGB. Infatti, oltre ai fidi John Kahn e Ron Tutt, rispettivamente al basso e batteria, Jerry è accompagnato alle tastiere da Keith Godchaux, all’epoca membro fisso anche del Morto Riconoscente, che per l’occasione si è portato dietro anche la moglie Donna, una presenza che nei Dead ho sempre reputato inutile mentre secondo me qui ha più senso, in quanto Jerry ha spesso usato delle voci femminili dal vivo, non potendo sostenere in prima persona tutte le parti vocali. Questa versione della band comunque funziona, un po’ per lo stato di forma ottimo del leader (che canta anche meglio che nel precedente volume), sempre meraviglioso quando si tratta di far scorrere le dita sulle corde della sua chitarra, un po’ per l’affiatamento con gli altri membri della band, ma anche per la scelta di brani suonati di rado dal barbuto musicista. Un concerto molto diverso da quello con Saunders, meno sperimentale e decisamente più rock e diretto, con un Godchaux in grandissima forma a condividere i momenti strumentali con Jerry, ed una serie di brani al solito lunghi e dilatati, ma nei quali il bandolo non viene mai smarrito, anche se forse la qualità di incisione è leggermente inferiore a quella spettacolare del sesto volume.

Il primo CD si apre con The Way You Do The Things You Do, un classico scritto da Smokey Robinson e portato al successo dai Temptations, brano perfetto per rompere il ghiaccio, versione vivace e spedita con Jerry che fa subito capire che la serata è di quelle giuste. Knockin’On Heaven’s Door di Bob Dylan è una di quelle canzoni che uno si aspetterebbe di trovare più avanti nella serata (magari nei bis), mentre qua viene proposta come seconda: dopo un avvio un po’ traballante, nel quale la band sembra cercare l’intesa, il brano si mette sui binari giusti, il tempo è rallentato rispetto all’originale di Bob, ma Jerry è sublime alla sei corde e l’accompagnamento scorre fluido per circa un quarto d’ora (e gli perdono un accenno di reggae nel ritornello, ma in quel periodo anche Clapton la faceva così); After Midnight, il classico di J.J. Cale, è ritmata e scattante, con Kahn e Tutt che non perdono un colpo e Jerry che canta e suona in maniera decisa: una buona versione, anch’essa discretamente lunga (13 minuti), ma avvincente e per nulla noiosa. E’ la volta della rara Who Was John?, un traditional gospel dalla struttura simile a John The Revelator, un pezzo molto rallentato e cantato a tre voci, con elementi blues neanche troppo nascosti; Mission In The Rain è uno dei pochi originali proposti da Jerry (era su Reflections), una bella canzone, tipica del nostro, limpida e fluida e con un’ottima prestazione di Godchaux (ed anche di Garcia, ma che ve lo dico a fà?). Il primo dischetto si chiude con Stir It Up, noto brano di Bob Marley: come saprete il reggae non è tra i generi che amo, ma la melodia solare è di quelle vincenti (Donna è la voce solista qui), e poi Jerry la arrangia a modo suo, lascia parlare la chitarra e ci regala altri 12 minuti molto godibili.

Il secondo CD inizia con Midnight Moonlight, un vivace folk-rock scritto da Peter Rowan e presente in origine sul mitico disco degli Old & In The Way, una versione spedita e trascinante, tra le migliori performance del doppio, con Jerry ispirato e decisamente “sul pezzo”; Tore Up Over You è un coinvolgente rock’n’roll (di Hank Ballard): nella studio version apparsa sempre su Reflections al piano c’era il fenomenale Nicky Hopkins, ma anche Godchaux fa la sua porca figura, e poi Jerry stende tutti con un paio di assoli dei suoi. Non era scontato ascoltare un brano dei Dead in un concerto di Garcia, anzi Jerry di solito non suonava pezzi del suo gruppo principale: quella sera però il nostro propose una apprezzata (dal pubblico) Friend Of The Devil, una canzone che ho ascoltato talmente tante volte che non può riservare grandi sorprese, mentre Don’t Let Go di Jesse Stone è il centrepiece del concerto, 22 minuti di puro sballo strumentale, con Jerry che raggiunge vette altissime ed il gruppo quasi fa fatica a stargli dietro (ma non Godchaux, che è un treno in corsa), una performance che da sola vale il prezzo. L’album si chiude con tre pezzi suonati molto di rado dal nostro: Strange Man, un bluesaccio strascicato di Dorothy Love Coates, cantato molto bene da Donna, e dalla durata di “appena” sei minuti, una toccante Stop That Train di Peter Tosh (quindi ancora reggae), e gran finale con Mighty High, hit minore di un gruppo poco noto degli anni settanta, i Mighty Clouds Of Joy, forse non una grande canzone, ma Jerry e compagnia sopperiscono con classe, feeling e mestiere.

Un altro concerto notevole, anche se adesso auspico una pausa un po’ più lunga prima dell’ottavo volume.

Marco Verdi

Novità Di Maggio Parte III. Cheap Trick, David Bowie, Thea Gilmore, Joe Satriani, Peter Rowan, Noah And The Whale

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Proseguiamo la disamina delle novità in uscita il 7 maggio (e non solo) con un paio di cofanetti e un “vecchio amico”.

L’uscita dei titoli in cofanetto della Sony dal catalogo Columbia, Epic, RCA, Arista prosegue inarrestabile. Mentre tornano disponibili per l’Europa il box dedicato alla Mahavishnu Orchestra e quello mega, da 25 CD, The Complete Rca Albums, dedicato alla discografia di John Denver e rilanciato dal recente ottimo tributo Music Is You, come novità esce questo The Complete Epic Albums Collection, che in 14 CD raccoglie tutta la produzione dei Cheap Trick tra il 1977 e il 1990:

  • 1. Cheap Trick (Expanded)
  • 2. In Color (Expanded)
  • 3. Heaven Tonight (Expanded)
  • 4. At Budokan: The Complete Concert (2 CDs)
  • 5. Dream Police (Expanded)
  • 6. Found All the Parts
  • 7. All Shook Up
  • 8. One on One (newly remastered for this box)
  • 9. Next Position Please (Authorized Version)
  • 10. Standing on the Edge (newly remastered for this box)
  • 11. The Doctor (newly remastered for this box)
  • 12. Lap of Luxury  (newly remastered for this box)
  • 13. Busted (newly remastered for this box)

Più modesto, ma sempre a prezzo “cheap”, esce anche un cofanetto da 5 CD di David Bowie, si chiama Zeit 77-79, con la trilogia berlinese, Low (1977), Heroes (1977), Lodger (1979), più il doppio dal vivo Stage (1978) nel remaster del 2005 fatto da Tony Visconti con Stand e Be My Wife aggiunte. La differenza, oltre al prezzo assai contenuto, è che escono su etichetta EMI dopo essere stati su RCA e Rykodisc.

Quest’anno a luglio compie 71 anni anche lui, ma Peter Rowan non dà segnali di volersi ritirare, questo The Old School esce a tre anni dal precedente Legacy, pubblicato come Peter Rowan Bluegrass Band e si aggiunge alla ventina di album pubblicati come solista, oltre ad innumerevoli collaborazioni ed ai dischi pubblicati con gli Earth Opera, i Seatrain, gli Old & In The Way (con Jerry Garcia) e i Rowans (con i fratelli). La musica, a parte gli inizi, tra rock, psychedelia e country, ha sempre ruotato attorno al bluegrass, la old time music, il folk e anche questo nuovo The Old School, edito a fine aprile dalla Compass, gravita sempre intorno a questi stili. Il sound del disco richiama alla mente i suoi inizi quando era uno dei componenti della band di Bill Monroe (peraltro solo per un anno tra il ’66 e il ’67): musica suonata con strumentazione acustica, molti ospiti “famosi”, Del McCoury e altri componenti della famiglia, i violinisti Buddy Spicher e Stuart Duncan, uno degli iniziatori del new grass, JD Crowe, l’ottantenne mandolinista Bobby Osborne e altri “giovanotti”, tra i quali spicca il bassista Dennis Crouch, l’unico, penso, sotto i 50 anni. Ma l’album ha una freschezza ed un vigore che lo colloca tra i migliori album in assoluto tra quelli realizzati da Rowan. Ovviamente solo per chi ama il genere.

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Altro terzetto eterogeneo.

Avevamo lasciato Thea Gilmore nel 2011 con due album “nuovi”: John Wesley Harding dove riproponeva nella sua versione tutto il classico disco di Bob Dylan e poi Don’t Stop Singing il CD con brani creati dalla stessa Thea a partire da testi inediti ritrovati di Sandy Denny (disco che era entrato anche, miracolosamente nella top 100 inglese). Entrambi i dischi molti belli per chi scrive, che ama particolarmente questa cantautrice di Oxford. Ora, dopo la pausa per maternità. esce Regardless, il nuovo album di studio distribuito come di consueto dalla Fullfill e prodotto dal collaboratore abituale Nigel Stonier. Gli arrangiamenti di archi di Pete Wingfield non hanno incontrato il favore di tutti ma da quello che ho potuto ascoltare la voce (il suo “strumento” migliore”) è sempre in bella evidenza.

Nuovo album anche per Joe Satriani, il 14° in studio, si chiama Unstoppable Momentum ed esce, come al solito, per la Epic. Tutto strumentale, e anche questa non è una novita, nel disco suonano, Vinnie Colaiuta alla batteria, Chris Chaney dei Jane’s Addiction al basso e Mike Keneally, alle tastiere, vecchio collaboratore di Zappa e Stevie Vai, che passa al “nemico”.

Quarto album di studio per Noah And The Whale, titolo Heart Of Nowhere, etichetta Mercury, as usual, nella title-track appare come ospite Anna Calvi. Le recensioni delle riviste inglesi sono state abbastanza positive, non ho avuto tempo di sentirlo per cui non vi so dire. La canzone del video è molto piacevole.

Anche per oggi, per le novità, è tutto. A domani per il resto.

A parte potete leggere la recensione del nuovo Archie Roach, Tino “dall’Australia”, ma in quali altri Blog musicali? La ricerca continua.

Bruno Conti