Il “Lungo Addio”: Un Bel Modo Per Ricordare Un Amico Scomparso. Montgomery Gentry – Outskirts

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Montgomery Gentry – Outskirts – Average Joe’s Entertainment CD

Nonostante Eddie Montgomery continui ad esibirsi dal vivo con il nome di Montgomery Gentry, pensavo che la storia discografica del popolarissimo duo country si fosse esaurita l’8 Settembre 2017, data in cui Troy Gentry ha perso la vita in un tragico incidente d’elicottero. I due avevano però fatto in tempo a registrare un nuovo album, Here’s Yo You, ed un’antologia di vecchi successi re-incisi per l’occasione intitolata 20 Years Of Hits. Ma i cassetti non erano stati ancora svuotati del tutto, e così Montgomery nel Giugno di quest’anno ha pubblicato Outskirts, un EP di sette brani inediti uscito però solo in digitale. Il buon successo dell’operazione ha in seguito convinto il nostro a far uscire Outskirts anche in CD, con l’aggiunta di due brani dall’ultima antologia ed altri due non presenti su precedenti album del duo https://discoclub.myblog.it/2015/08/12/ripassi-le-vacanze-3-montgomery-gentry-folks-like-us/ .

Il risultato è un CD che non sembra affatto un’operazione commemorativa e neppure una mossa commerciale atta a sfruttare il momento di commozione dovuto alla scomparsa di Gentry (anche se in fondo lo è), ma un disco fatto e finito di robusto rockin’ country, con canzoni di buona fattura che non sembrano per nulla delle outtakes. Musica tosta, chitarristica, cantata e suonata benissimo ed adatta sia alle classifiche di settore che agli appassionati di vero country: i due non usano (o dovrei dire usavano) diavolerie come sintetizzatori, drum programming e boiate varie, e pur avendo tutti i requisiti per i passaggi radiofonici le loro canzoni suonano autentiche dalla prima all’ultima nota. Non ho remore a definire la title track Outskirts una grande canzone, un rockin’ country potente e chitarristico dalla melodia epica ma nel contempo orecchiabile, il tutto coronato da una solida prestazione vocale. Nel disco troviamo due canzoni scritte da Darrell Scott, la ballatona elettrica River Take Me, dal sapore western sul genere del compianto Chris LeDoux, e You’ll Never Leave Harlan Alive, altro brano di puro country sferzato dal vento, evocativo e con un breve ma incisivo assolo chitarristico centrale, mentre What Am I Gonna Do With The Rest Of My Life, proprio il brano di Merle Haggard, è uno slow intenso dalla strumentazione classica e con una resa vocale perfetta.

Never Been Nothing Else è un country-rock ritmato e molto godibile, perfetto per accontentare anche i palati più esigenti, King Of The World prosegue sulla stessa linea risultando ancora più coinvolgente e vede addirittura la presenza dell’axeman Steve Vai, che si cala benissimo nei panni richiesti dal brano dimenticandosi delle atmosfere hard rock alle quali è abituato; l’EP originale termina con Joe Six-Pack, forse il pezzo dall’arrangiamento più ruffiano e commerciale ma comunque non disprezzabile. Il CD viene completato da due vecchi successi rifatti (Didn’t I e Roll With Me), già apparsi lo scorso anno su 20 Years Of Hits, l’errebi Shakey Ground in collaborazione con Ronnie Milsap uscito qualche mese fa sull’album di duetti del countryman non vedente, e soprattutto una rilettura bella e vigorosa del classico di Waylon Jennings Good Ol’ Boys, da un tributo di sette anni fa dedicato al grande Outlaw texano. Un dischetto quindi piacevole nonché inatteso, ulteriore tributo da parte di Eddie Montgomery al partner artistico di una vita.

Marco Verdi

Quindi Se Vuole Anche Lui Sa Fare Buona Musica! Ronnie Milsap – The Duets

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Ronnie Milsap – The Duets – Riser House CD

Ronnie Milsap, classe 1943, in America è una specie di leggenda della musica country. Cieco dalla nascita, dotato di una grande voce, Milsap è uno che nella sua lunghissima carriera ha venduto vagonate di dischi: non è mai stato un mio beniamino, in quanto ha sovente adattato la sua musica alle esigenze delle radio di settore, annacquando spesso la sua musica con sonorità pop ed abbondanti dosi di zucchero. Però Ronnie, dall’alto della sua esperienza, quando vuole è perfettamente in grado di fare musica seria e senza scendere più di tanto a compromessi, e lo dimostra appieno con questa sua ultima fatica, The Duets, che non è un’antologia di duetti ma un disco nuovo di zecca, un album fortemente voluto da Milsap che lo ha preparato con grande pazienza durante gli ultimi anni. E The Duets si rivela un buon disco, un lavoro che non deluderà neppure chi, come il sottoscritto, non ha mai amato particolarmente la proposta musicale di Milsap: Ronnie ha scelto di collaborare con un gruppo molto eterogeneo di colleghi, rivolgendosi anche ad artisti che normalmente operano al di fuori dell’ambito country: non tutti i partecipanti sono allo stesso livello, ma anche chi solitamente non gode di una reputazione (musicale) impeccabile qui fa di tutto per non deludere.

Il suono è convincente e piuttosto energico in quasi tutti i brani: Ronnie tiene a bada la melassa (solo qualche sviolinata qua e là, ma poca roba) e ci consegna quindi un lavoro che non sfigurerà in nessuna collezione che si rispetti. Già il primo duetto, Southern Boys And Detroit Wheels, è inatteso, in quanto il nostro interagisce con Billy Gibbons, ed il contrasto tra la voce baritonale di Ronnie e quella roca del barbuto texano è già un motivo di interesse, ma anche il brano, un country-rock dal deciso sapore southern, ritmato e potente, è di buon valore, ed è ulteriormente impreziosito dalla ruspante chitarra del leader degli ZZ Top. Stranger In My House, che vede la partecipazione di Luke Bryan, è introdotta da un bel piano elettrico, ed è un cadenzato e coinvolgente pezzo più sul versante errebi che su quello country, ma in ogni caso decisamente buono; Smoky Mountain Rain è una toccante ballata pianistica resa notevole dalla voce cristallina di Dolly Parton, un timbro che nonostante l’età non ha perso un grammo di purezza: con l’ingresso di Ronnie il suono prende corpo ed il brano decolla letteralmente.

Avere Jason Aldean all’interno di un proprio disco non è certo motivo di vanto, ma per fortuna l’album non è nelle mani del countryman georgiano, che deve solo limitarsi a cantare, e Prisoner Of The Highway è un robusto rockin’ country elettrico ancora dal marchio sudista, mentre Willie Nelson è in grado di nobilitare qualsiasi brano, e non si smentisce neppure con la lenta A Woman’s Love, un pezzo che senza Willie sarebbe rimasta una canzone normale (ma l’assolo di chitarra spagnoleggiante da parte di Sam Hunter è perfetto). E’ la volta di due brani con ospiti femminili, prima con il trio delle Lucy Angel (il delizioso slow di sapore sixties Happy Happy Birthday Baby) e poi con la brava Kacey Musgraves (l’ottimo soul-pop di No Getting Over Me, dal suono caldo e melodia gradevole); Lost In The Fifties è un altro pezzo squisitamente vintage (come da titolo), una ballatona romantica che vede la partecipazione dei Little Big Town, e che fa da apripista per Houston Solution, una country ballad che più classica non si può, con Ronnie che canta insieme ad un’altra leggenda del settore, ovvero George Strait.

What A Woman Can Mean To A Man è un lento elegante e leggermente jazzato, nel quale ci sarebbe stato benissimo ancora Willie Nelson, ma invece troviamo la giovane Jessie Key; Misery Loves Company, vecchio brano di Jerry Reed e reso popolare da Porter Wagoner, vede Milsap duettare con il grande Leon Russell (probabilmente in una delle sue ultimissime incisioni), una ballatona tra country, soul e gospel dal feeling enorme, una delle migliori del CD. Finale con Steven Curtis Chapman che presta la sua ugola per You’re Nobody (Till You Love Somebody), gradevole ma piuttosto nella media, e con il duo Montgomery Gentry (quindi prima che Troy Gentry morisse in un tragico incidente) nella robusta e roccata Shakey Ground, che i fiati colorano di soul-errebi. Non cambio la mia opinione artistica su Ronnie Milsap, ma nello stesso tempo riconosco che The Duets è un lavoro riuscito ed indubbiamente piacevole.

Marco Verdi