Sanremo 2010 – Ulteriori Sviluppi

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Quando uno è sfortunato!

Non li hanno ancora riammessi e in rete si moltiplicano i sospetti di plagio su Pupo-Emanuele e, aggiunta dell’ultima ora, anche Nino D’Angelo!

Guardate un po’ questo!watch?v=ZzKWYZxAL_A e confrontatelo con questo watch?v=bwzIXrv9Xlg. Si tratta di One More Cup Of Coffee di Dylan a confronto con Pupo e Principe, strano non averlo notato, visto che a me Dylan piace e non poco ma non l’avrei mai accostato a Pupo. Secondo altri la prima parte “assomiglia” a Il bandito e il Campione di De Gregori ( e ci sta, vista la passione di De Gregori per Dylan).

Quello su cui tutti sembrano essere d’accordo è la similitudine tra i la-la-la tenorili nella parte centrale e Somewhere over the rainbow.

New entry è Nino D’Angelo al quale sono state accostate due “fonti” per il suo brano: una, addirittura da un brano della tradizione popolare pugliese La tarantella del Gargano, watch?v=wsUWgUKRupU, l’altro più prosaicamente da Land down under dei Men at work.

Mentre parrebbe appurato che lo stacchetto che ha introdotto la Clerici la prima serata, presentato come “opera” del maestro Marco Sabiu e nel quale molte persone avevano notato più di una “analogia” con un brano dei Sigur Ros, è proprio un loro brano Hoppipolla, confermato dal maestro stesso! Della serie se aveva le gambe…

Sigur Rós – Hoppípolla

That’s all folks!

Bruno Conti

Sanremo 2010 – Gli Amici Se Ne Vanno!

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Sono sempre i migliori che ci lasciano! Ma risorgeranno al terzo giorno (sono attesi!).

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Alla prossima.

Bruno Conti

Sanremo 2010 – Primi Furti In Cantina

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Il Festival non è ancora cominciato, non vedo l’ora (l’ho già detto?) e già sulla stampa cominciano a circolare le prime illazioni (sicuramente false! Mai successo!) sui primi plagi, ma inconsci, come stabilì il giudice, quando peraltro condannò George Harrison per avere “copiato” He’s so fine delle Chiffons nella sua My Sweet Lord.

Nel nostro piccolo comunque, come ogni anno partono i si dice: sembrerebbe, ma forse, che il brano di Simone Cristicchi si sia “ispirato” per metà a Acqua e Sapone degli Stadio, brano firmato da Gaetano Curreri e Vasco Rossi…ma forse!?!

Pupo ed Emanuele Filiberto, strano, avrebbero utilizzato lo stesso arrangiamento e la linea melodica di Il portiere di Notte di Enrico Ruggeri (pure lui in gara) per la loro Italia Amore Mio: non vedo l’ora di sentirla, soprattutto la versione con Claudio Lippi, mi dicono Marcello Lippi (ma non era l’allenatore della nazionale di calcio?). Scusate, non mi intendo di Sanremo.

Infine, anche i giovani voglio la loro parte e quindi i Broken Heart College, che dalle loro biografie risultano entrambi ventenni, avrebbero tratto ispirazione da quel capolavoro della discografia moderna che risponde al nome di Sto Partendo di Ambra (non ancora Angiolini) per il loro brano Mesi, due veri rockers.

Probabilmente saranno tutte balle, ma si dicono e io riferisco.

Bruno Conti

Sanremo Si Avvicina Hai Qualche Canzone In Cantina? Plagi? Vaghe Somiglianze

Ho fatto anche la rima, son poeta!

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Tu cosa dici, ma gli assomiglia veramente? Ma no dai, è un’impressione!

Mancano poche ore all’inizio del Festival di Sanremo (sono tutto un fremito!), non si sono sentite ancora le canzoni ma già è partito il toto plagi.

Qualche mese fa ve ne avevo proposti alcuni internazionali, questa volta vediamo gli italiani, compresi alcuni sanremesi 2009 doc.

Questa settimana vedremo cosa hanno combinato quest’anno.

Sanremo


Bruno Conti

La Strana Storia Del Doppio John McVey

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Vi parlavo ieri di un ottimo chitarrista blues svizzero, Joe Colombo, oggi (tra una sanremata e l’altra per onore di firma) vorrei raccontarvi la “strana” storia di John McVey, veterano chitarrista texano di Houston, Texas (ma nativo di Little Rock, Arkansas, Bill Clinton è di lì, mi pare).

Lo strano caso origina da Amazon: provate a digitare John McVey e vi si apre un mondo, scusate non c’entra un tubo, però si apre una biografia, delle foto ed una discografia, a questo punto vi pongo una domanda, vi sembra la stessa persona?

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A voi non so, a me no. Oltre a tutto le due biografie sono pure completamente diverse: uno è un cantante, produttore, arrangiatore e chitarrista, l’altro è un veterano chitarrista blues dalla lunga carriera, iniziata nella notte dei tempi con Larry Davis, proprio quello di Texas Flood il cavallo di battaglia di Stevie Ray Vaughan.

Quello che chiameremo The Real McVey, per dirla con finezza da galateo, minchia se suona, file under powerful guitar driven rock-blues trio, non sarà più un giovanotto, come evidenziato dalla foto sul retro di questo cd dal vivo, ma la grinta e la voglia di suonare non mancano: il CD è stato registrato il 27 gennaio 2007 al Dan Electro’s Guitar Bar di Houston per la “famosa” etichetta DA Productions, l’anno di uscita non si sa, si presume tra il 2008 e il 2009 ed ora è giunto tra le mie mani.

Non è un grande cantante, se vogliamo fare un parallelo tipo Bugs Henderson prima maniera, meno logorroico dell’ultimo modello, ma le mani viaggiano sulle corde della chitarra (una Gibson, mi pare) con perizia, passione e feeling.

La dimensione dal vivo è sicuramente molto adatta a questo tipo di musica, anche se, bisogna dire, non è male pure quel Gone To texas effigiato all’estrema sinistra della serie di foto, dove suonavano con lui anche Kim Wilson e Joel Guzman alla fisarmonica, tra gli altri

Nove brani, di cui sei firmati dal nostro amico, una festa della chitarra: si va dall’iniziale, devastante I Gotta Mexican Black Bird dove McVey ti sommerge subito con un diluvio di note, tirate e micidiali, un suono corposo ed autorevole, favorito anche dall’ottima qualità della registrazione, un broadcast radiofonico, che ben evidenzia chitarra, basso e batteria, subito blues-rock all’ennesima potenza, ma attenzione Mcvey si ispira più ai grandi chitarristi neri, noti, Freddie King, Fenton Robinson, Magic Slim e oscuri, come l’ottimo Detroit Jr. autore della tiratissima Call My Job, dove la chitarra infila riff alla Alvin Lee a Woodstock per spiegare anche ai non iniziati.

Gone To Texas è uno di quei bluesoni goduriosi dove la quantità di note emessa dalla chitarra di Mcvey è impressionante, mentre la cover di 44 Boogie di Lurrie Bell, è come da titolo, un nome, un programma, un boogie devastante, come i Cannned Heat dell’epoca d’oro, Thorogood delle origini, Hound Dog Taylor in serata di grazia, un crescendo continuo, con ritmi e chitarra che rilanciano di continuo, eccezionale. Breve pausa di riflessione con la piacevole Stumble In e poi via di nuovo con una Sweet Little Upsetter che avrebbe reso felice il Johnny Winter del disco And Live con il suo retrogusto fortemente R&R. Poi parte il masterpiece del disco, una versione fantasmagorica del classico slow blues di Sonny Boy Williamson, quella Help me che sta deliziando generazioni di ascoltatori di blues, questa versione, per feeling ed esecuzione si attesta tra le migliori in assoluto, il crescendo chitarristico è assolutamente devastante nel finale del brano, McVey esplora il manico della sua chitarra in lungo e in largo con grande creatività. A questo punto potremmo andarcene tutti a casa ma il nostro amico ci regala ancora un paio di chicche, una Looking For a Woman dalle atmosfere vagamente alla Peter Green di Black Magic Woman e una Freddie King Goes Surfing che ci illustra cosa avrebbe saputo fare il grande bluesman alle prese con la surf music a velocità supersoniche.

Bruno Conti

Dalla Svizzera Con Furore – Joe Colombo Deltachrome

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La Svizzera, il Canton Ticino in particolare, non è il primo luogo a cui pensiamo come il luogo in cui agisce un cosiddetto musicista di culto, rock, dirò di più rock-blues, mi sbilancio, un virtuoso della chitarra resonator con ampio uso di slide. Perbacco, qui non si scherza.

Aldilà di facili ironie sulla landa natia di “Michelle Stuzzicher”, come la chiama Oriano Ferrari, quanto detto sopra è tutto vero: Joe Colombo viene da Locarno, è un virtuoso della slide guitar, ha già pubblicato alcuni album, rigorosamente con distribuzione indipendente (figuratevi che questo ChromeDreams, nell’era dei computer, non ha manco il barcode, ma il sito sì, http://joecolombomusic.com/site/): il primo Bottleneck & Snakehead esce nel 2002 in una tiratura di 1000 copie, poi ristampato con l’aggiunta di 3 bonus dalla Horizon/Comet come Natural Born Slider (e rigorosamente fuori catalogo), si tratta di un album quasi completamente strumentale che già illustra le sue ottime capacità di slideman. Un paio di partecipazioni ai tributi a Hendrix Voodoo Crossing e Gypsy Blood (in compagnia di Robben Ford, Larry Coryell, Pat Travers, il connazionale Vic Vergeat, esatto quello dei Toad, Steve Lukhater, ecc., ecc.), lo fanno conoscere nel resto del mondo e inizia una trasferta americana che lo porta a collaborare con Terry Evans, uno che di chitarristi slide se ne intende. Dopo varie vicissutidini ( si dice così, fa più figo) approda nel 2008 a Joe Valeriano & Joe Colombo un disco acustico basato su cover di brani celebri e celeberrimi, rivisitati con gusto dal duo italo-svizzero (Valeriano è di Milano).

Fine 2009, esce questo Chromedreams, il nostro amico ha formato una band stabile, con cantante, Franco Campanella, che appare in sei brani, cinque sono strumentali, una sezione ritmica solida, influenze che spaziano dall’amato Hendrix a Stevie Ray Vaughan, dal rock-blues britannico con venature hard dei primi anni ’70 al southern rock, senza dimenticare, naturalmente il fondamentale blues del Delta.

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Il risultato, tutti brani originali, è più che soddisfacente: se siete degli amanti della chitarra slide magari suonata su una resonator (tipo Joe Sardinas, Rainer Ptacek, John Campbell, avete presente?, magari anche i Delta Moon che di slide ne hanno due), qui la trovate in tutte le salse, dalla versione grintosa, hendrixiana dell’iniziale Deltachrome con un wah-wah dirompente, passando per la classica By My Side dall’impianto southern allmaniano, per non dire del boogie-rock-blues di Be My baby con l’ottimo Campanella in evidenza. Justify è un classico brano di uno che vive a pane e slide, mentre Big river blues mi ha ricordato certe “oscure” trame dei primi Black Sabbath che il blues lo masticavano. C’è spazio anche per Southern Lullaby una lunga traccia strumentale che illustra il lato più gentile e lirico di Joe Colombo, con le sua alternanza di  chitarre acustiche ed elettriche, sempre rigorosamente slide. Upside down è un roccioso omaggio al power trio, chitarra-basso-batteria e pedalare. ci mettiamo anche un cantante, ma sì vai!

Se siete di Milano, lo potete vedere, in tour con Terry Evans, al Nidaba.

Visto che il rock-blues sul blog è stato un argomento poco trattato, mentre chi mi legge anche sul Buscadero può pensare che solo di quello mi occupi o quasi, domani ci torno con notizie dalle lande americane.

Bruno Conti

Adesso Lo sapete Parte V

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Scusate, ma questa volta ho dovuto chiamare un mio collaboratore abituale che, purtroppo non gode di buona salute (come il sottoscritto), per compilare la quinta puntata di questa rubrica sulle curiosità dal mondo del rock.

In questa era di boy band e teenage sensations sapete quale famoso chitarrista rock che poi avrebbe suonato negli Humble Pie (e qui vi aiuto moltissimo), prima di avere un successo a livello planetario a metà anni ’70, fu il leader di una band chiamata Herd?

Era il 1967/68 e lui si chiamava e chiama Peter Frampton.

Questa è facile, facile! In quale album del grande Jimi Hendrix appare la versione di All Along The Watchtower di Bob Dylan?

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Una scusa per mettere la versione “censurata” (che Hendrix non amava) della copertina di Electric Ladyland.

Lo sapete quale band inglese ha avuto tre top 10 con brani di Dylan e quali?

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Il gruppo, ovviamente, era quello dei Manfred Mann e i titoli dei brani If You Gotta Go, Go Now, Just Like a Woman e The Mighty Quinn, quest’ultima al numero uno delle british chartswatch?v=-qoyWU_EDDU

Curiosità italiana: lo sapevate che Caterina Caselli ha fatto ben 17 cover di brani stranieri nella sua carriera. E tutte piuttosto belle, ecco la lista.

Sciocca – She’s A Fool Lesley Gore

Sono qui con voi – Baby Please Don’t Go Them

La ragazza del Piper – Kuk Astronauts (questa mai sentita!)

Tutto Nero – Paint it black Rolling Stones

Sono Bugiarda – I’m a believer Monkees

Il Volto della Vita – Days of Pearly Spencer David McWilliams

L’umanità – Sympathy Rare Bird

Nel 2023 – In the year 2525 Zager and Evans (per strada, dagli Stati Uniti all’Italia, ha perso più di cinquecento anni)

La mia vita la nostra vita – Girl I’ve Got news From You Mardi gras (anche questa mi risulta sconosciuta)

La casa degli angeli – I am I said Neil Diamond (evidentemente si sperava di ripetere il successo di Morandi con Se perdo anche te)

Puoi farmi piangere – I Put A spell on you Screamin’ Jay Hawkins

Kicks – Kicks Paul Revere and the Raiders

E’ la pioggia che va – Remember in the rain Bob Lind

Il sole non tramonterà – The sun ain’t gonna shine anymore Walker Brothers

Cielo Giallo – Mellow Yellow Donovan

Una Farfalla – The Elusive Butterfly of Love Bob Lind (evidentemente Bob Lind in quegli anni era un must, è sua anche Ma che colpa abbiamo noi che si chiamava in originale Cheryl’s Going Home)

L’ombra di nessuno – Standing in the shadows of love Four tops

Per chi – Without You Harry Nilsson/Badfinger/Mariah Carey

Se volete godere come dei ricci e passare qualche ora a spulciare le notizie più incredibili, le notizie sui brani della Caselli vengono da questo sito http://musicaememoria.altervista.org/.

Bruno Conti

Patty Griffin – Downtown Church. O Forse No!

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Avevo esultato troppo presto, nelle classifiche Usa ogni tanto i miracoli accadono, ma non durano, dopo l’esordio al 38° posto, il disco è già precipitato in 99esima posizione, ma questo nulla toglie al suo valore. Per capire il senso del titolo di questo post andatevi a leggere quello precedente.

Grande disco, country-gospel-folk di qualità superba per una delle più bravi cantautrici americane dell’ultimo ventennio che ancora una volta dimostra che si può fare della musica emozionante e di grande impatto sonoro con pochi, decisi tratti musicali: Patty Griffin, ha radunato un gruppo di amici, cantanti e musicisti, in una chiesa presbiteriana di Nashville, “La Chiesa del Centro” del titolo e ha registrato questo disco gospel oriented ma non solo.

Sotto la guida del mai troppo lodato Buddy Miller, un piccolo genio alchimista degli equilibri sonori, ha realizzato questa serie di duetti che spaziano tra sacro e profano con assoluta leggiadria, come ha saputo fare, in territori contigui, il bravissimo Lyle Lovett. E quindi possiamo ascoltare il folk spirituale dell’iniziale House of Gold con la voce della Griffin che veleggia maestosa e autorevole à la Emmylou Harris sul tappeto raffinato e minimale creato da Miller, ma anche il rockabilly gospel trascinante di Move Up con le sorelle McCrary e i “fratelli spirituali” Miller e Jim Lauderdale a “santificare” il drive profano e irresistibile della musica.

E che dire della celestiale, Made in heaven, Little Fire, un duetto con Emmylou Harris dove le due voci si incrociano, si sovrappongono, armonizzano in un un sublime brano firmato dalla stessa Griffin che nulla ha da invidiare ai grandi classici della country music, un piccolo capolavoro che conferma la statura di autrice di questa tosta signora nativa di Old Town (un nome, un programma) nel Maine.

Non manca il classico gospel tradizionale call and response di Death’s Got A Warrant sempre in coppia con le sorelle McCoury, ma anche le variazioni sul tema come la Cooderiana (nel senso di Ry) If I Had My way, molto bluesata. Coming Home To Me è una bellissima ballata pianistica dove la la nostra Patty duetta con Julie Miller, la consorte del bravo Buddy, ancora una volta con quell’effetto avvolgente delle due voci che si rincorrono divinamente. Wade in the Water è proprio da congregazione religiosa, vi immaginate quei donnoni neri che si agitano sui banchi della loro chiesa mentre innalzano i loro inni al Signore, pregnante.

Never Grow Old è un classico brano country-folk dove Buddy Miller aggiunge la sua voce a quella della Griffin, con risultati ancora una volta rimarchevoli.

Virgen de Guadalupe con un incipit che mi ha ricordato moltissimo quello di Deportee di Woody Guthrie, è un delizioso traditional del 1500 messicano, cantato stupendamente con Raul Malo, se amate i Los Lobos più ruspanti qui c’è da godere.

I smell a rat è un ruvido blues chitarristico dove Patty Griffin arrocchisce la voce e dimostra di avere anche grinta da vendere, non dico che insidi la versione originale di Big mama Thornton, ma ci prova. Waiting for my child è un’altra splendida canzone che impreziosisce questo Downtown Church, un country-gospel intenso.

Comunque non c’è un brano scarso neanche a cercarlo col lanternino; la conclusione è affidata a una rielaborazione di un cantico di San Francesco! All Creatures Of Our God And King, solo voce e piano.

Avviso ai naviganti! Il tutto non è per nulla pretenzioso o palloso, ma godibilissimo: se vi sono piaciuti il disco di Alison Krauss e Robert Plant o la colonna sonora di Fratello Dove Sei?, qui potreste trovare un potenziale candidato per chiudere la trilogia.

Bruno Conti

Un dvd (anche due) in dieci parole (anche qualcuna di più): Journey – Live In Manila

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Journey – Live In Manila – 2DVD Universal

Registrazione del concerto tenuto nel marzo 2009 con il nuovo cantante, il filippino Arnel Pineda. I cantanti precedenti sono stati Steve Perry e Greg Rolie! Pare che i fans siano contenti.

Come sono attualmente.

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Se era un problema di voce potevano prendere Alighiero Noschese o qualche concorrente di X-Factor.

Bruno Conti

Lillian Roxon’s Rock Encyclopedia

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Ammetto di avere barato un poco, ma proprio poco, nel senso che questa è la copertina dell’edizione hardcover di questo leggendario libro, la prima enciclopedia sulla musica rock veramente seria e documentata, mentre il sottoscritto è possessore della versione paperback, quindi non avendo voglia di fare lo scanner della copertina e poi le varie fasi di editing, pigramente ho utilizzato quella foto che vedete.

Comunque io il libro ce l’ho: Lillian Roxon’s Rock Encyclopedia Grosset & Dunlap New York Copyright 1969-1971 ristampato varie volte, l’ho comprato a Londra nel 1976.

Il libro si apre con una prefazione alla Paperback Edition che recita più o meno così: “Molte cose sono successe da quando fu pubblicata l’edizione hardcover di questo libro. Crosby, Stills, Nash & Young sono apparsi e poi scomparsi. I Led Zeppelin sono diventati il gruppo più popolare del mondo. I Beatles hanno deciso di farla finita (ma call it  a day, rende meglio l’idea). I Jackson Five hanno riempito il Madison Square Garden e così pure i Grand Funk Railroad. Gli Who hanno suonato al Metropolitan. I Creedence hanno organizzato un party da 250.000 dollari per far sapere al mondo quanto fossero bravi, come se ne fosse bisogno. Iggy Stooge è emerso come la cosa più sexy dai tempi di Mick Jagger. E in una notte cosmica i Grateful Dead hanno mostrato al resto del mondo quello che San Francisco già sapeva, cioè che erano la migliore band live al mondo…e questa è solo la prefazione, prossimamente vi delizierò con aneddoti, storie, recensioni e tutto quello che ha reso questa prima enciclopedia della musica rock, così unica.

In attesa due brevi parole su Lilllian Roxon, ovvero chi è, o meglio chi è stata costei?

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Una nota giornalista australiana, ma attenzione nata nel 1932, vero nome, Lillian Ropschitz, in quel di Savano, Italia, una località nei pressi di Alassio, per la serie come è piccolo il mondo. Nel 1959 si trasferisce negli Stati Uniti, la prima corrispondente donna australiana oltreoceano e già a metà degli anni ’60 sviluppa una insana passione per la musica pop e rock (una di noi, in parole povere), nel 1967 è una delle prime a documentare la scena musicale di San Francisco e il  movimento hippie. Poi a New York entra nel circolo frequentato da Andy Warhol, Lou Reed e i Velvet Underground, Jim Morrison. E’ stata definita dai suoi colleghi critici “The Mother of rock”. Due dei suoi “amici famosi” sono stati Lenny Kaye, il mitico chitarrista della band di Patti Smith e compilatore di Nuggets uno dei “testi sacri” del garage rock e della psichedelia, l’altra amica è stata (poi hanno litigato ferocemente) Linda Eastman, fotografa e futura lady McCartney.

Il suo grande contributo alla storia della musica rimane comunque questa Rock Encyclopedia di cui andremo a fare una disamina dei contenuti in alcuni post a venire.

Lillian Roxon è morta a New York nell’agosto del 1973 a soli 41 anni.

Bruno Conti