Altra Anticipazione: Dagli Archivi Personali. Gary Moore – How Blue Can You Get. Esce Sempre Il 30 Aprile

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Gary Moore – How Blue Can You Get – Mascot Provogue – 30-04-2021

Ormai sono passati 10 anni dalla morte di Gary Moore, ma non sembra accennare a rallentare la pubblicazione di album postumi dedicati alla figura del compianto musicista irlandese: un paio di Live, un altro paio di antologie con materiale inedito, ma dalle informazioni che filtrano dalla casa discografica e soprattutto dalla famiglia, negli archivi personali del chitarrista pare ci sia ancora moltissimo materiale interessante e di qualità. In questi tempi di pandemia le case discografiche stanno saccheggiando gli archivi dei musicisti, vivi e morti, alla ricerca appunto di musica inedita che possa rimpinguare la scarsa disponibilità di nuovo materiale disponibile. Questa affannosa ricerca però ogni tanto ci regala a sorpresa dei piccoli gioiellini: anche se la sorpresa spesso è rovinata dalle lunghe attese che intercorrono tra l’annuncio dell’uscita e il tempo effettivo della stessa, con continui rinvii delle date, apparizioni anticipate, spesso di mesi, delle controparti in download e streaming rispetto alle edizioni fisiche, quando escono.

Prendiamo questo How Blue Can You Get, che dovrebbe uscire il 30 aprile, quindi siamo a parlarne in anticipo, sperando che il tutto venga confermato: comunque il materiale per l’ascolto non è mancato, per cui vi parlo almeno dei contenuti. Intanto non è dato sapere, con certezza e precisione quando questo materiale sia stato registrato: si tratta di un misto di brani inediti per Moore, e di versioni alternative di canzoni già apparse in altri album della sua discografia. Si è data la preferenza, anche visto il titolo del CD, a materiale di orientamento blues, ovviamente rivisto nella sua ottica personale, che però negli ultimi anni della sua vita si era fatta anche abbastanza “rigorosa”. Sono solo otto brani, quattro originali, e quattro riletture di classici delle 12 battute, tutti abbastanza lunghi, uno per ciascuno di Elmore James, Sonny Thompson, Memphis Slim e BB King. Nella cartella stampa si evidenzia il perfezionismo che il nostro aveva nel suo approccio allo studio, con diverse versioni provate e riprovate, e questo spiega la pletora di materiale che circola, ma non ci aiuta nel sapere su chi suona nel disco e quando sia stato registrato, ammesso che sia cosa nota, per cui visto che vi devo “illuminare” sui contenuti, vado almeno con la musica, che è peraltro ottima: si parte alla grande con una torrida versione di I’m Tore Down, il classico di Freddie King, un brano che faceva parte del suo repertorio dal vivo, con la chitarra che scorre fluida e con quello splendido timbro che aveva la sua Gibson, ispirato e concentrato come nelle sue migliori performances.

Formidabile anche Steppin’ Out, il classico strumentale di Memphis Slim, che tutti ricordiamo nelle innumerevoli versioni di Eric Clapton, che Moore quasi pareggia con una grinta e un impegno impeccabili, il lavoro della chitarra è veramente superbo, un inno al virtuosismo, è anche il trio, basso, batteria e organo che lo accompagna, è notevole; In My Dreams, è “inedita”, una delle sue classiche ballate, malinconiche ed intense, per quanto molto simile a tante altre scritte dall’irlandese, che infonde nella musica, con le corde della chitarra spesso tese fino allo spasimo, il suo stile inconfondibile. Splendida anche la versione inedita del classico di B.B. King How Blue Can You Get che dà il titolo all’album, sofferta e ricca di pathos, come raramente è dato sentire, con voce e chitarra al massimo delle loro possibilità. L’altro inedito scritto da Moore è uno strano brano come Looking At Your Picture, non classificabile con precisione, un po’ blues, un po’ prog, sempre con buon lavoro alla 6 corde, benché forse un po’ irrisolto nell’insieme, mentre nella versione alternativa dello slow Love Can Make A Fool Of You, non ci sono incertezze, solo grande musica, con un altro magistrale assolo dei suoi. E in Done Somebody Wrong di Elmore James Moore instilla il suo amore per il blues, in modo limpido e “rigoroso”, prima di congedarsi con Living With The Blues, altro lancinante e superbo blues lento, che lo proietta nella stratosfera della sua ispirazione con un altro assolo fenomenale. Se esiste altro materiale di questo livello attendiamo con impazienza nuovi capitoli della saga infinita di Gary Moore.

Bruno Conti

Un Grande Concerto, Tra I Primi In Assoluto Senza “Il Morto”. Jerry Garcia/Merl Saunders – Garcia Live Volume 15

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Jerry Garcia/Merl Saunders – Garcia Live Volume 15 – ATO 2CD

A pochi mesi dal bellissimo quattordicesimo volume acustico, riprende la fortunata serie Garcia Live dedicata appunto ai migliori concerti solisti del grande Jerry Garcia: l’episodio numero 15 vede di nuovo il nostro nella più abituale dimensione elettrica, anche se in uno show abbastanza unico rispetto ai precedenti. Intanto stiamo parlando di una delle prime serate in assoluto in cui Jerry si è esibito lontano dai Grateful Dead, il 21 maggio del 1971 al Keystone Korner di San Francisco, e poi il nostro divide il cartellone con il bravissimo tastierista/organista Merl Saunders, con il quale collaborerà parecchio nella prima metà degli anni settanta (famosi i loro concerti del ’73 al Keystone, che non è lo stesso locale del doppio CD di cui vi parlo oggi ma una location più grande aperta dallo stesso proprietario a poca distanza). Il fatto che questa uscita non sia accreditata solo a Garcia ha perfettamente senso, in quanto Saunders durante lo show assume spesso il ruolo di co-protagonista accanto a Jerry, deliziando i presenti con una performance assolutamente strepitosa in cui rock, jazz, blues e psichedelia si fondono alla grande, ed in cui la tendenza alla jam tipica del barbuto chitarrista dei Dead viene amplificata all’ennesima potenza.

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Infatti i concerti solisti di Garcia che abbiamo ascoltato negli anni sono sempre stati basati sulle canzoni (spesso più cover che originali), certo dilatate oltremodo nella lunghezza ma sempre mantenendo la struttura di base, mentre qui accanto a brani più canonici troviamo delle vere e proprie jam sessions in cui i nostri (coadiuvati solamente da Bill Vitt alla batteria e, in cinque pezzi, da Martin Fierro al sax) danno veramente il meglio di loro stessi. Dieci brani per due ore totali di musica (e questo la dice lunga sulla durata delle singole canzoni), manca stranamente solo Deal che era stata suonata come unico bis. Lo show parte alla grande con Man-Child, favolosa jam di 17 minuti in cui Jerry e Merl si destreggiano da veri maestri con i rispettivi strumenti, con Saunders forse addirittura un gradino più su del collega: il brano è un piacere per le orecchie, con la sua andatura insinuante e fluida che ricorda certe cose di Santana ed un finale quasi free jazz https://www.youtube.com/watch?v=UC_S1D6tnKs . Ma la serata è anche all’insegna del blues, dal momento che il secondo pezzo è una sinuosa rilettura di One Kind Favor di Blind Lemon Jefferson, con Jerry che mostra di essere anche in forma vocale più che buona (quella chitarristica non ve lo dico neanche) e Merl che ricama con sonorità clade, ed il terzo è una strepitosa I Know It’s A Sin di Jerry Reed, lenta, soffusa e di gran classe: Garcia non è mai stato un bluesman ma con quella chitarra poteva suonare qualsiasi cosa senza perdere un grammo del suo feeling.

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I Was Made To Love Her è un brano di Stevie Wonder, pretesto per un’altra straordinaria e vibrante jam di dieci minuti in cui anche Fierro fa la sua parte (sembra di sentire i primi Chicago); a proposito di improvvisazioni, che dire di Keystone Korner Jam? Più di sedici minuti tra rock, jazz e psichedelia, musica libera, creativa, di grande forza ma fruibile al tempo stesso, con Jerry che lascia a Merl i suoi spazi confermando che in questo concerto è meno solista e più “uomo-squadra” https://www.youtube.com/watch?v=G4YMdXfhVJw . Il primo dischetto termina con un’ottima versione di The Night They Drove Old Dixie Down di The Band, che nel 1971 è vecchia di due soli anni ma è già un classico (ed il nostro la manterrà in repertorio fino agli ultimi spettacoli con la Jerry Garcia Band negli anni novanta) https://www.youtube.com/watch?v=bMx4oRFMDiQ . Il secondo CD inizia con Save Mother Earth, altra superba prova di puro jazz-rock che di minuti ne dura 25 (ma la noia non affiora mai), con Jerry e Merl che riempiono alla grande gli spazi che uno lascia all’altro ed ai quali si aggiunge il contributo prezioso e quasi indispensabile di Fierro https://www.youtube.com/watch?v=2JqGY7os8q8 . Ed il bello è che il brano è completamente diverso da qualsiasi cosa proposta in carriera da Garcia, sia prima del ’71 che dopo. Ancora blues con una solida That’s All Right di Jimmy Rogers, con Jerry e Fierro in cattedra, seguita da una rarissima The Wall Song di David Crosby (proposta addirittura due anni prima dell’originale, che uscirà nel 1973 sul primo album di David in coppia con Graham Nash) https://www.youtube.com/watch?v=qJkZJH-Hn4E , in assoluto la più “deadiana” del lotto; chiusura con una scoppiettante Mystery Train di Elvis Presley, perfetta per chiudere la serata in quanto anch’essa dotata di una struttura decisamente blues.

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Uno dei migliori episodi della serie.

Marco Verdi

Arrivano Le Prime Ristampe Del 2019, Alcune Interessanti, Altre Al Solito Inutili. Parte I: Robin Trower, Flamin’ Groovies, Curtis Mayfield, Renaissance, Gene Clark With The Gosdin Brothers

robin trower the studio albums 1973-1983

Il nuovo anno discografico, dopo una partenza lenta a livello di uscite, ma qualcosa si sta già muovendo, nei prossimi mesi prevede una serie di ristampe, tra cui, come al solito, troveremo alcune cose molte interessanti, e altre fondamentalmente inutili, in questo Post trovate le indicazioni di quelle che ho reputato insindacabilmente meritevoli di essere segnalate, tra quelle previste per febbraio e marzo, mentre di quelle che sono uscite alla fine di gennaio di alcune, nei prossimi giorni, troverete delle recensioni specifiche. Per cui partiamo con la prima parte, relativa alle pubblicazioni di febbraio. (*NDB. Ogni tanto alcune di queste anticipazioni sono fallaci, perché le case discografiche hanno la tendenza a variare a sorpresa le date delle uscite, e non sempre mi capita di aggiornare le situazioni: per fare un esempio il doppio CD Antologico di Tom Petty The Best Of Everything 1976-2016, che doveva uscire a novembre del 2018.è stato posticipato al 1° marzo, per evitare la quasi concomitanza temporale con lo splendido American Treasure). 

Robin Trower – The Studio Albums 1973-1983 – 10 CD Chrysalis – 08-02-2019

Di Robin Trower esce questo interessante cofanetto che raccoglie gli album del suo periodo migliore, anche in anticipazione dell’imminente nuovo album Coming Closer To The Day, il primo previsto per la nuova etichetta Mascot/Provogue in data 22 marzo (già sentito, al solito molto buono, quando sarà il momento ne leggerete). Ovviamente tra il 2010 e il 2012 erano giù usciti due cofanetti che raccoglievano questo materiale, A Tale Untold 1973-1976, che conteneva anche il Live del 1976, che manca nel nuovo box, il tutto in 3 CD, come pure 3 erano i dischetti di Farther On Up The Road 1977-1983, entrambi con qualche bonus aggiunta. Non solo, alcuni degli album, per esempio Bridge Of Sighs, il secondo album del 1974, uno dei più belli in assoluto, è stato pubblicato anche singolarmente, con la bellezza di ben otto bonus tracks tratte dalle BBC sessions, di cui non c’è traccia, per i soliti “misteri” delle case discografiche, nel nuovo box. Comunque per fare chiarezza, ecco il contenuto completo di The Studio Albums 1973-1983.

[CD1: Twice Removed From Yesterday (1973)]
1. I Can’t Wait Much Longer (2010 Remastered Version)
2. Daydream (2010 Remastered Version)
3. Hannah (2010 Remastered Version)
4. Man Of The World (2010 Remastered Version)
5. I Can’t Stand It (2010 Remastered Version)
6. Rock Me Baby (2010 Remastered Version)
7. Twice Removed From Yesterday (2010 Remastered Version)
8. Sinner’s Song (2010 Remastered Version)
9. Ballerina (2010 Remastered Version)

[CD2: Bridge Of Sighs (1974)]
1. Day Of The Eagle (2007 Remastered Version)
2. Bridge Of Sighs (2007 Remastered Version)
3. In This Place (2007 Remastered Version)
4. The Fool And Me (2007 Remastered Version)
5. Too Rolling Stoned (2007 Remastered Version)
6. About To Begin (2007 Remastered Version)
7. Lady Love (2007 Remastered Version)
8. Little Bit Of Sympathy (2010 Remastered Version)

[CD3: For Earth Below (1975)]
1. Shame The Devil (2010 Remastered Version)
2. It’s Only Money (2010 Remastered Version)
3. Confessin’ Midnight (2010 Remastered Version)
4. Fine Day (2010 Remastered Version)
5. Alethea (2010 Remastered Version)
6. A Tale Untold (2010 Remastered Version)
7. Gonna Be More Suspicious (2010 Remastered Version)
8. For Earth Below (2010 Remastered Version)

[CD4: Long Misty Days (1976)]
1. Same Rain Falls (2010 Remastered Version)
2. Long Misty Days (2010 Remastered Version)
3. Hold Me (2010 Remastered Version)
4. Caledonia (2010 Remastered Version)
5. Pride (2010 Remastered Version)
6. Sailing (2010 Remastered Version)
7. S.M.O. (2010 Remastered Version)
8. I Can’t Live Without You (2010 Remastered Version)
9. Messin’ The Blues (2010 Remastered Version)

[CD5: In City Dreams (1977)]
1. Somebody Calling (2012 Remastered Version)
2. Sweet Wine of Love (2012 Remastered Version)
3. Bluebird (2012 Remastered Version)
4. Falling Star (2012 Remastered Version)
5. Farther On Up the Road (2012 Remastered Version)
6. Smile (2012 Remastered Version)
7. Little Girl (2012 Remastered Version)
8. Love’s Gonna Bring You Round (2012 Remastered Version)
9. In City Dreams (2012 Remastered Version)

[CD6: Caravan To Midnight (1978)]
1. My Love (Burning Love) (2012 Remastered Version)
2. Caravan to Midnight (2012 Remastered Version)
3. I’m Out to Get You (2012 Remastered Version)
4. Lost in Love (2012 Remastered Version)
5. Fool (2012 Remastered Version)
6. It’s for You (2012 Remastered Version)
7. Birthday Boy (2012 Remastered Version)
8. King of the Dance (2012 Remastered Version)
9. Sail On (2012 Remastered Version)

[CD7: Victims Of The Fury (1980)]
1. Jack and Jill (2012 Remastered Version)
2. Roads to Freedom (2012 Remastered Version)
3. Victims of the Fury (2012 Remastered Version)
4. The Ring (2012 Remastered Version)
5. Only Time (2012 Remastered Version)
6. Into the Flame (2012 Remastered Version)
7. The Shout (2012 Remastered Version)
8. Mad House (2012 Remastered Version)
9. Ready for the Taking (2012 Remastered Version)
10. Fly Low (2012 Remastered Version)

[CD8: B.L.T. (featuring Jack Bruce & Bill Lordan) (1981)]
1. Into Money (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
2. What It Is (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
3. Won’t Let You Down (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
4. No Island Lost (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
5. It’s Too Late (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
6. Life On Earth (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
7. Once the Bird Has Flown (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
8. Carmen (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
9. Feel the Heat (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
10. End Game (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]

[CD9: Truce (featuring Jack Bruce) (1981)]
1. Gonna Shut You Down (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
2. Gone Too Far (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
3. Thin Ice (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
4. Last Train to the Stars (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
5. Take Good Care of Yourself (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
6. Fall in Love (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
7. Fat Gut (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
8. Shadows Touching (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]
9. Little Boy Lost (feat. Jack Bruce) [2012 Remastered Version]

[CD10: Back It Up (1983)]
1. Back It Up (2012 Remastered Version)
2. River (2012 Remastered Version)
3. Black to Red (2012 Remastered Version)
4. Benny Dancer (2012 Remastered Version)
5. Time Is Short (2012 Remastered Version)
6. Islands (2012 Remastered Version)
7. None But the Brave (2012 Remastered Version)
8. Captain Midnight (2012 Remastered Version)
9. Settling the Score (2012 Remastered Version)

Comunque, se non li avete, anche in considerazione del fatto che i vecchi box non si trovano, e del prezzo molto interessante del decuplo, ve lo consiglio, in quanto trovate il meglio della sua produzione (live escluso), ovvero i primi quattro dischi, ma anche i due con Jack Bruce.

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The Flamin’ Groovies “Gonna Rock Tonite! The Complete Recordings 1969-71 – 3 CD Grapefruit Records UK – 22-02-2019

Flamin’ Groovies sono una delle band “culto” per eccellenza, una sorta di summa dei Beatles e degli Stones (e della British Invasion in generale) Made in America: il tutto rivisitato in modo geniale da un gruppo in cui hanno militato una serie di musicisti quasi geniali, e che è tuttora in circolazione. Ma questo box raccoglie il meglio del loro periodo migliore: se volete saperne di più sulla band, potete andare a rileggervi questo Post https://discoclub.myblog.it/2017/06/10/se-fosse-anche-inciso-bene-sarebbe-perfetto-3-flamin-groovies-live-1971-san-francisco/ , dove si parla di un live inedito del 1971. Diciamo che in questo cofanetto non mancano le bonus, anche se quelle del primo CD sono “ridicole” (solo le single versions di alcuni brani, vale a dire versioni più corte!), negli altri ce ne sono di più e anche interessanti. I tre album divisi si trovano ancora abbastanza facilmente, ma se non li avete questo piccolo cofanetto è assai sfizioso e meritevole di attenzione.

Tracklist
[CD1: Supersnazz]
1. Love Have Mercy
2. The Girl Can’t Help It
3. Laurie Did It
4. A Part From That
5. Rockin’ Pneumonia And The Boogie Woogie Flu
6. The First One’s Free
7. Pagan Rachel
8. Somethin’ Else/Pistol Packin’ Mama
9. Brushfire
10. Bam Balam
11. Around The Corner
Bonus Tracks:
12. Rockin’ Pneumonia And The Boogie Woogie Flu (Single Version)
13. The First One’s Free (Single Version)
14. Somethin’ Else (Single Version)
15. Laurie Did It (Single Version)

[CD2: Flamingo]
1. Gonna Rock Tonite
2. Comin’ After You
3. Headin’ For The Texas Border
4. Sweet Roll Me On Down
5. Keep A Knockin’
6. Second Cousin
7. Childhood’s End
8. Jailbait
9. She’s Falling Apart
10. Road House
Bonus Tracks:
11. Shakin’ All Over
12. That’ll Be The Day
13. Louie Louie
14. My Girl Josephine
15. Around And Around
16. Rockin’ Pneumonia And The Boogie Woogie Flu
17. Going Out

[CD3: Teenage Head]
1. High Flyin’ Baby
2. City Lights
3. Have You Seen My Baby?
4. Yesterday’s Numbers
5. Teenage Head
6. 32-20
7. Evil Hearted Ada
8. Doctor Boogie
9. Whisky Woman
Bonus Tracks:
10. Scratch My Back
11. Carol
12. Rumble
13. Somethin’ Else
14. Walking The Dog

curtis mayfield keep on keeping on box

Curtis Mayfield – Keep On Keeping On: Curtis Mayfield Studio Albums 1970-1974 – 4CD box set Curtom/Rhino – 22-02-2019

Anche questo box teoricamente è molto interessante: ma al di là dei contenuti musicali, assolutamente splendidi, come avrebbe detto Gianduia Vettorello a Mai Dire Goal, ci sono delle magagne. Intanto manca Superfly, sempre relativo a quel periodo, un album splendido, di cui circola comunque una versione in doppio CD, rimasterizzata e potenziata con ben 15 bonus tracks, ma poi non è stato incluso neppure il Curtis/Live del 1971, pubblicato sempre dalla Curtom, e che è invece presente nel cofanetto da 5 CD qui sotto, che al momento è regolarmente in produzione, ad un prezzo anche inferiore al box Rhino di prossima uscita.

curtis mayfield original series box 5 cd

Naturalmente tutte le mie osservazioni e critiche su queste uscite spero siano sempre utili per chi fosse interessato e comunque non inficiano la validità di queste proposte, servono solo a scegliere meglio e più informati su quanto offre il mercato. In ogni caso, come al solito, ecco i contenuti del cofanetto.

[CD1: Curtis (1970)]
1. (Don’t Worry) If There’s A Hell Below, We’re All Going To Go
2. The Other Side Of Town
3. The Makings Of You
4. We The People Who Are Darker Than Blue
5. Move On Up
6. Miss Black America
7. Wild And Free
8. Give It Up

[CD2: Roots (1971)]
1. Get Down
2. Keep On Keeping On
3. Underground
4. We Got To Have Peace
5. Beautiful Brother Of Mine
6. Now You’re Gone
7. Love To Keep You In My Mind

[CD3: Back To The World (1973)]
1. Back To The World
2. Future Shock
3. Right On For The Darkness
4. Future Song (Love A Good Woman, Love A Good Man)
5. If I Were Only A Child Again
6. Can’t Say Nothin’
7. Keep On Trippin’

[CD4: Sweet Exorcist (1974)]
1. Ain’t Got Time
2. Sweet Exorcist
3. To Be Invisible
4. Power To The People
5. Kung Fu
6. Suffer
7. Make Me Believe In You

renaisaance ashes are burning

Renaissance – Ashes Are Burning (Remastered And Expanded Edition) – CD Esoteric Records -22-02-2019

Anche questo album bellissimo nel corso degli anni è stato ristampato più volte: magari al momento della uscita, prevista sempre per il 22 febbraio, ci sarà l’occasione per parlare in modo esteso dei Renaissance, storica band britannica (ma popolarissima negli Stati Uniti) dalle molte vite, e legata soprattutto alla voce splendida e cristallina della propria cantante Annie Haslam, e al prog classicheggiante e raffinatissimo del gruppo. Questo album del 1973, probabilmente il migliore della loro discografia, esce in questa versione “definitiva” della Esoteric inglese, meritoria inglese specializzata in ristampe soprattutto di materiale anni ’70. In questa nuova versione ci sono circa trenta minuti di BBC Recordings del 1974 inedite.

1. Can You Understand
2. Let It Grow
3. On The Frontier
4. Carpet Of The Sun
5. At The Harbour
6. Ashes Are Burning
Bonus Tracks – Live BBC Radio “In Concert” 1974 (Previously Unreleased):
7. Can You Understand
8. Let It Grow
9. Ashes Are Burning

gene clark with the gosdin brothers

Gene Clark – With The Gosdin Brothers – Retroworld/Floating World – 01-03-2019

Per essere precisi questo CD è annunciato in uscita per il 1° marzo. Si tratta del primo disco solista di Gene Clark, appena dopo la sua fuoriuscita dalla formazione dei Byrds nel 1966, due dei quali, Chris Hillman Michael Clarke, parteciparono però alla registrazione di questo album, uscito nel Febbraio del 1967, uno dei primi dischi country (rock) dell’epoca, forse atratti fin troppo sovraprodotto, ma la voce di Gene Clark è tutta da gustare, grazie anche alla presenza dei Gosdin Brothers, un duo country/folk che all’inizio erano previsti solo come cantanti di supporto, ma sulla copertina del LP acquistarono un ruolo da coprotagonisti, insieme ad altri validi musicisti dell’epoca, come quelli della Wrecking Crew, ossia  Glen Campbell, Jerry Cole, Jim Gordon, Leon Russell, il futuro Byrd Clarence White Doug Dillard, con cui Clark registrerà un bellissimo album che è, quello sì, considerato tra gli antesignani del country-rock. Parlando di questo album è già stato pubblicato molte volte, l’edizione più significativa è quella pubblicata nel 2007 dalla Sundazed, ricca anche di bonus tracks, e che dovrebbe essere ancora in produzione. Viceversa di questa nuova edizione non si sa ancora il contenuto esatto del CD, quindi vedete voi!

Per oggi può bastare, alla prossima.

Bruno Conti

I Figli “Illegittimi” Di Frank Proliferano: Dopo Bob, Ecco Willie Sinatra! Willie Nelson – My Way

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Willie Nelson – My Way – Legacy/Sony CD

Sembra che, nonostante veleggi ormai verso gli ottant’anni di età, Bob Dylan non abbia smesso, anche involontariamente, di creare tendenze: infatti dopo i tre album (o cinque, dato che Triplicate era, appunto, un triplo) dedicati dal vate di Duluth alle canzoni del leggendario Frank Sinatra, ora anche Willie Nelson ha deciso di celebrare la musica di “Ol’ Blue Eyes” con questo nuovissimo My Way. C’è da dire che, a differenza di Dylan, Nelson non è la prima volta che si cimenta con gli standard della musica americana: a parte il famoso Stardust del 1978, negli anni il texano ha pubblicato diversi album a tema “Great American Songbook”, come What A Wondeful World, Moonlight Becomes You, parte di Healing Hands Of Time, American Classic, Summertime. E con My Way Willie ci regala uno dei suoi album migliori, e non solo del genere standard, un lavoro splendido che fa il paio con l’altrettanto bellissimo Last Man Standing uscito pochi mesi fa. E’ incredibile infatti come il nostro riesca a coniugare quantità e qualità con una tale nonchalance: se dal vivo, per vari problemi fisici, qualche colpo ultimamente lo ha perso, in studio è ancora una sentenza.

In My Way Willie ha usato lo stesso approccio di Bob, cioè non prendendo solo le canzoni più famose di Sinatra, ma rivolgendosi a standard che anche Frank ha cantato nella sua carriera: così a veri e propri classici associati principalmente al cantante italo-americano (Fly Me To The Moon, One For My Baby, la stessa My Way) si alternano pezzi dei quali la versione di Sinatra non è magari neanche la più nota (A Foggy Day, Night And Day). Quello che più conta però è il risultato finale, che come dicevo poc’anzi è davvero splendido: Willie canta e swinga con classe immensa, e con una voce che è ancora più che mai in grado di dare i brividi, ed i suoni sono nelle mani sicure del fido Buddy Cannon e del grande pianista ed organista Matt Rollings (Lyle Lovett, Mark Knopfler, Mary Chapin Carpenter), che è anche il leader e direttore musicale di un gruppo da sogno: Jay Bellerose alla batteria, Dean Parks alla chitarra, Paul Franklin alla steel, l’inseparabile Mickey Raphael all’armonica, il notevole bassista David Piltch ed una sezione fiati nella quale spicca un trio di sassofonisti formato da Jeff Coffin, Denis Solee e Doug Moffet. Un disco raffinato ma pieno di feeling, che sprizza classe da ogni nota, suonato in maniera sicura e rilassata nello stesso tempo. L’album si apre con la celeberrima Fly Me To The Moon, con Willie che inizia subito a swingare che è un piacere, seguito dai fiati che accompagnano in maniera calorosa, la sezione ritmica che punteggia alla grande ed un doppio delizioso assolo chitarristico, prima del nostro con la sua Trigger e poi di Parks.

Summer Wind è una pura jazz ballad, che vede Nelson cantare in perfetto relax, il gruppo suonare in punta di dita (con il piano di Rollings in evidenza) e l’armonica dare il tocco country; ancora piano ed armonica introducono la nota One For My Baby (And One More For The Road), dall’accompagnamento soffuso, atmosfera afterhours, una sezione d’archi non invasiva e la consueta classe sopraffina. A Foggy Day è un brano di George ed Ira Gershwin, e come tutti i pezzi scritti dal duo di compositori di Brooklyn ha avuto negli anni varie versioni, delle quali quella di Sinatra non è necessariamente la più famosa: la rilettura di Willie è nuovamente ricca di swing, ed è punteggiata dal solito splendido pianoforte di Rollings e dai fiati al gran completo; It Was A Very Good Year è intensa e maestosa, Willie la canta come se fosse una western tune e gli archi aggiungono pathos e drammaticità, mentre Blue Moon è uno dei pezzi più famosi di tutti i tempi, con il texano che la rifà in maniera raffinata e godibile, mettendoci una bella dose di verve: piano, steel e Trigger completano il quadro. La lenta I’ll Be Around (che era uno degli highlights del mitico In The Wee Small Hours) è limpida e tranquilla, con Willie che canta come se avesse un bicchiere di whisky in una mano ed un sigaro nell’altra, e con la strumentazione al solito superba (ottima la steel):

Ecco a questo punto due canzoni di Cole Porter: Night And Day è conosciutissima anche in versioni alternative a Sinatra (per esempio è molto popolare quella di Fred Astaire, e pure Nelson l’aveva già incisa, ma solo in veste strumentale) ed è ancora eseguita ottimamente, con grande gusto e swing, mentre What Is This Thing Called Love?, calda, vivace e guidata magistralmente dal piano, vede il nostro duettare con la brava Norah Jones, un’altra che in queste sonorità ci sguazza. La piacevolissima e jazzata Young At Heart, brano che Sinatra fu il primo ad incidere, precede la conclusiva My Way, materia pericolosa in quanto uno degli evergreen assoluti del cantante di Hoboken, un pezzo di Paul Anka che The Voice ha eletto a manifesto di un certo stile di vita: Willie la canta intelligentemente alla sua maniera, solo voce e pochi strumenti, arrangiandola in modo molto vicino al suo stile abituale, riuscendo a provocare più di un brivido in chi ascolta. In mancanza, pare, di un nuovo disco di Van Morrison nelle prossime settimane (anche perché ne ha fatti tre in meno di un anno), questo My Way è il classico album perfetto per allietare le serate autunnali che ci attendono.

Marco Verdi

Una Celebrazione Elegante E Di Classe. Moody Blues – Days Of Future Passed Live

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Moody Blues – Days Of Future Passed Live – Eagle Rock/Universal 2CD – DVD – BluRay

Lo scorso anno ricorrevano i cinquant’anni dalla pubblicazione di Days Of Future Passed, primo album dei Moody Blues (sarebbe in realtà il secondo, ma il gruppo di The Magnificent Moodies del 1965 era in pratica un’altra band) e da molti considerato il loro capolavoro, cosa che mi trova d’accordo solo in parte, nel senso che considero sullo stesso piano anche il seguente In Search Of The Lost Chord (e pure A Question Of Balance non è di molto inferiore). Oltre a pubblicare una prevedibile edizione deluxe di quel disco, i Moodies hanno pensato di intraprendere una tournée celebrativa piuttosto ambiziosa, nel senso che hanno girato con tanto di orchestra al seguito (non è la prima volta, basti ricordare il famoso live album registrato negli anni novanta al Red Rocks Amphitheatre): i nostri, da anni ridotti a trio (Justin Hayward, John Lodge e Graeme Edge, in quanto Ray Thomas, scomparso tra l’altro da pochi mesi, aveva lasciato il gruppo in maniera amichevole già nel 2002, senza dimenticare Mike Pinder, presente nel periodo migliore della band, dal 1964 al 1978) hanno ora pubblicato questo ottimo resoconto di quel tour, intitolandolo senza troppa fantasia Days Of Future Passed Live, sia in supporto audio che video.

Oltre che dall’orchestra nella seconda parte del concerto, i tre sono accompagnati da una band di quattro elementi (Norda Mullen, flauto e chitarra, Julie Ragins, tastiere, chitarra e sax, Alan Hewitt, tastiere, Billy Ashbaugh, batteria), un gruppo dal suono decisamente vigoroso che dona ai brani proposti una nuova linfa ed un tocco di modernità, dato che una critica rivolta spesso ai dischi classici dei Moodies è di avere un suono abbastanza datato https://discoclub.myblog.it/2013/11/20/meglio-tardi-che-mai-the-moody-blues-timeless-flight/ . I nostri sono perfettamente a loro agio nonostante negli ultimi anni non siano stati proprio attivissimi, e propongono con grande classe il meglio del loro repertorio, con arrangiamenti che mantengono l’antica aura pop ma attualizzati con un suono rock. La serata è divisa in due: nella prima parte i tre propongono una selezione di brani del passato (senza orchestra), non necessariamente tutte hits, mentre nella seconda rifanno dalla prima all’ultima nota lo storico album del 1967. Il primo CD, nove canzoni, si apre con una versione decisamente energica di I’m Just A Singer (In A Rock And Roll Band), con strepitoso assolo chitarristico finale, seguita da un cocktail bilanciato di brani degli anni settanta ed ottanta (ed anche uno dai novanta, Say It With Love, un pop-rock cadenzato e coinvolgente). Ci sono pop songs molto orecchiabili e dirette come The Voice, la lenta Nervous e l’ariosa Your Wildest Dreams (negli eighties i Moody Blues venivano accusati di scimmiottare il sound della Electric Light Orchestra), o la fin troppo leggera Steppin’ In A Slide Zone, con un eccesso di synth. La prima fase del gruppo è rappresentata ancora dalla languida Isn’t Life Strange, dallo splendido ritornello, e dalla roccata e decisa The Story In Your Eyes, mentre il quadro è completato dalla scintillante I Know You’re Out There Somewhere, pop forse radiofonico ma di indubbia classe.

Ed ecco nel secondo dischetto il piatto forte del menu, cioè Days Of Future Passed, con la voce narrante dell’attore Jeremy Irons ed i preludi strumentali forse un po’ datati ma sempre piacevoli. Dopo l’introduttiva ed orchestrale The Day Begins, una sorta di medley nel quale vengono anticipati i temi musicali dell’album, si susseguono vere e proprie mini-opere di architettura pop come la melodiosa Dawn Is A Feeling, la filastrocca tra pop e folk Another Morning (deliziosa), la rockeggiante Peak Hour, la splendida Tuesday Afternoon, una delle loro canzoni più note, una tersa ballata melodicamente perfetta, o la quasi altrettanto bella Evening, o ancora la trascinante Twilight Time. E naturalmente, nel finale, la magnifica Nights In White Satin, la signature song dei Moodies, un classico di valore assoluto, di quelli che definiscono una carriera intera (molto noto anche dalle nostre parti grazie ai Nomadi, che la riproposero intitolandola Ho Difeso Il Mio Amore). Due i bis, cioè i due classici che mancavano all’appello: la bellissima Question, suonata in maniera maestosa, ed un finale a tutto rock’n’roll con una travolgente Ride My See-Saw. Se pensavate ai Moody Blues come ad un gruppo di bolliti, accaparratevi questo Days Of Future Passed Live e ricredetevi: uno dei più bei live degli ultimi mesi.

Marco Verdi

Peccato Solo Che (Forse) Non Ci Sarà Un Terzo Volume! Chris Stapleton – From A Room: Volume 2

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Chris Stapleton – From A Room: Volume 2 – Mercury/Universal CD

Come da lui promesso, ecco il secondo (e probabilmente ultimo) CD tratto dalle sessions che Chris Stapleton, uno dei migliori singer-songwriters di ultima generazione, ha tenuto al leggendario RCA Studio A di Nashville: il primo From A Room, uscito ai primi di Maggio, è stato almeno per me uno dei migliori dischi del 2017, e solo per un nonnulla ha mancato l’ingresso nella Top 10, e questo secondo volume non è da meno. Il mood è lo stesso: nove canzoni, addirittura stessa durata (32 minuti), e solita ottima miscela di rock, country, southern e musica cantautorale del nostro, gli stessi ingredienti che, uniti ad una grande voce, nel 2015 hanno fatto la fortuna di Traveller (ma anche questi due From A Room stanno godendo di un notevole successo, essendo arrivati entrambi al numero due di Billboard, e non nella sezione country, ma in quella generalista, dimostrando che per fortuna la musica di qualità ogni tanto vende ancora). Essendo le stesse sessions, sono coinvolte più o meno le medesime persone: alla produzione (e chitarra acustica) abbiamo l’ormai indispensabile Dave Cobb, al basso J.T. Cure, alla batteria Derek Mixon, alla seconda voce la moglie di Chris, Morgane Stapleton, e naturalmente il nostro che suona (bene) tutte le altre chitarre.

Il CD inizia e finisce con le uniche due cover: apre l’album la bella Millionaire, un brano del 2002 di Kevin Welch che intitolava anche un suo album, una canzone originariamente di cantautorato puro che qui si trasforma in una ballata rock elettrica coi fiocchi, cantata all’unisono da Chris e Morgane; il pezzo finale invece è Friendship, un brano di Homer Banks (cantante di colore degli anni sessanta targato Stax), che diventa un classico rock di stampo southern, anche se gli elementi soul dell’originale rimangono. Il resto è farina del sacco di Chris, a partire dalla potente Hard Livin’, un rockin’ country chitarristico in puro outlaw style (se non fosse per la voce sembra quasi di sentire Waylon Jennings redivivo); Scarecrow In The Garden è una squisita e tersa ballata country-rock elettroacustica, davvero splendida, sembrano i migliori Eagles e forse non rendo pienamente l’idea, mentre Nobody’s Lonely Tonight è un lentaccio sudista d’atmosfera, tutto costruito intorno alla voce strepitosa di Chris e ad un arpeggio di chitarra elettrica. Tryin’ To Untangle My Mind è un midtempo rock molto anni settanta (decisamente la decade di riferimento per la musica del nostro), in cui Chris si dimostra anche un eccellente chitarrista.

A Simple Song è un delicato pezzo acustico e cantautorale come da titolo, puro e toccante; restano ancora da citare Midnight Train To Memphis, decisamente la più rock del disco, un concentrato di elettricità e potenza, forse leggermente risaputa per quanto riguarda il songwriting ma dal gran tiro chitarristico, mentre con Drunkard’s Prayer siamo dalle parti della ballata acustica, voce e chitarra, con una marcata influenza melodica da parte di Willie Nelson. Non so se le sessions di From A Room abbiano prodotto altri brani oltre ai diciotto contenuti nei due volumi: certo è che un terzo episodio non sarebbe proprio sgradito.

Marco Verdi

Prosegue La “Striscia” Del Blues. Popa Chubby – Two Dogs

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Popa Chubby – Two Dogs – earMusic/Edel

Popa Chubby o se preferite Ted Horowitz, visto che in teoria il nome d’arte dovrebbe appartenere al gruppo (come racconta lui stesso, attribuendo la paternità del nickname al grande tastierista di Parliament/Funkadelic Bernie Worrell), poi, per estensione, è ovvio che essendo Horowitz l’unico membro fisso della band, il nomignolo è rimasto legato a lui. Confesso che non saprei dirvi che numero sia questo nuovo album nella sua discografia, direi almeno 25 in circa altrettanti anni di carriera deve averli pubblicati. Come sempre i migliori sono i primi, e quelli dal vivo, ma Popa Chubby, a parte forse un paio di volte, con l’ex moglie Galea, non è mai andato sotto il livello di guardia, ed i suoi dischi sono sempre abbastanza soddisfacenti, con delle punte di eccellenza. Anche questo Two Dogs non devia dalla regola aurea del “Blues according to Popa Chubby”, che è stato anche il titolo di un suo disco: per l’occasione Horowitz ha inciso solo materiale originale (ma poi non ha resistito, e alla fine dell’album comunque ci sono un paio di cover di pregio). Dopo Catfish dello scorso anno http://discoclub.myblog.it/2016/11/19/il-solito-popa-chubby-the-catfish/ , il primo per la earMusic, quindi dai gatti si passa ai cani, ma il risultato di fondo non cambia: il tastierista è il “solito” Dave Keyes, un nome, una garanzia, da molti anni con il “Chubby”, per il resto, si segnala la presenza alla batteria di Sam Bryant, uno ha che suonato per diversi anni nella band di Kenny Wayne Shepherd, e quindi è abbastanza uso al blues-rock diciamo energico di Popa Chubby, che comunque incorpora anche da sempre elementi soul e R&B.

L’album si apre con It’s Alright, un classico pezzo blues alla Horowitz, chitarra fluida e pungente, un ritmo influenzato, come ricorda lo stesso Chubby nel filmato, dai vecchi ritmi Detroit della Motown, quel pop errebì gioioso che imperava negli anni ’60, con le tastiere di Keyes molto presenti a controbilanciare il lavoro della solista, uno dei suoi pezzi migliori degli ultimi anni; Rescue Me dovrebbe essere una vecchia canzone mai incisa in passato per svariati problemi, che questa volta trova la via del nuovo disco, altro brano positivo e vibrante, tra R&R e blues, a tutto riff, con la chitarra sempre pungente del nostro, mentre Preexisting Order un brano che verte sull’health care americana, ha un ritmo quasi da soul revue, con l’intervento di fiati rotondi a dare corpo ad un’altra canzone dove si respira un’aria musicale brillante e positiva. Sam Lay’s Pistol è un altro pezzo che viene dal passato, scritto con l’ex moglie Galea, narra le vicende incredibili e grottesche di Sam Lay, il vecchio batterista che fu con i grandi della Chess e del blues (pure con Butterfield Blues Band e quindi presente alla svolta elettrica di Dylan) che aveva l’abitudine di portare sempre con sé una pistola, con cui una volta si sparò per sbaglio, anche negli zebedei, brano leggero e piacevole ancora una volta, ma suonato con il solito piglio deciso che sembra caratterizzare questo Two Dogs;la cui title-track è un bel esempio del classico blues degli episodi più funky del nostro, giro rotondo di basso, ancora i fiati presenti e chitarrina insinuante con wah-wah in evidenza.

Niente male pure Dirty Old Blues un rock-blues tirato e brioso, con Popa Chubby che va alla grande di slide, un pezzo da “Instant Grat” lo definisce, e in effetti la gratificazione è immediata; e il groove è potente e coinvolgente anche nella successiva Shakedown, un wah-wah hendrixiano incontra un ritmo da Memphis e dintorni e il divertimento è assicurato. Wound Up Getting High è la preferita dello stesso Horowitz, una sorta di southern ballad, solo piano e chitarra acustica, con piccoli interventi dell’elettrica; Clayophus Dupree è il primo dei due strumentali del disco, dove si apprezza tutta la tecnica del nostro che è chitarrista di pregio e dal feeling unico, molto piacevole anche il lavoro dell’organo di Dave Keyes che fa molto Booker T & The Mg’s, mentre lo stesso Popa Chubby siede alla batteria, novello Al Jackson. Me Won’t Back Down  rientra nell’agone più funky-rock della musica del nostro, ma mi sembra uno degli episodi meno convincente del disco, al di là del solito buon lavoro al wah-wah, eecellente Chubby’s Boogie, l’altro pezzo strumentale dell’album, un tributo a Freddie King, ma pure con rimandi alla musica degli Allman Brothers, grazie alle twin guitars suonate dallo stesso Horowitz, notevole anche Keyes al piano, una delle migliori tracce del CD, che comunque segnala in generale un ritorno alla miglior forma del nostro. Come testimoniamo anche le due bonus tracks dal vivo poste in coda all’album: una Symphathy For The Devil, tratta dal tour di Big, Bad And Beautiful, con il classico brano degli Stones che riceve un trattamento Deluxe e una più intima e raccolta Hallelujah, il brano di Leonard Cohen via Jeff Buckley, solo per chitarra e piano, quasi dieci minuti per una versione molto sentita e commovente.

Bruno Conti

Questa Sì Che E’ “Americana”! The Turnpike Troubadours

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The Turnpike Troubadours – The Turnpike Troubadours – Bossier City/Thirty Tigers CD

Lo dico subito: questo è uno dei CD più belli che ho ascoltato quest’anno. I Turnpike Troubadours sono una band proveniente dall’Oklahoma, e gravitante intorno all’ormai noto movimento Red Dirt: il loro leader e compositore principale è Evan Felker, coadiuvato dall’ottimo violinista Kyke Nix (uno dei punti di forza del gruppo), da Ryan Engleman alla chitarra solista e steel, R.C. Edwards al basso e Gabriel Pearson alla batteria; particolare interessante, John Fullbright, uno dei più brillanti cantautori venuti fuori negli ultimi anni, è un loro ex membro (e devono essere rimasti in buoni rapporti visto che lo troviamo tra gli ospiti di questo ultimo disco). I Troubadours, attivi dal 2007, hanno tre album alle loro spalle, tre lavori all’insegna di un country-rock molto elettrico e vigoroso, con decise intromissioni di folk di stampo tradizionale (ma tutti i brani sono originali) e con l’uso di vari strumenti a corda, il tutto suonato con una forza ed un feeling non comune: un paragone può essere fatto con gli Old Crow Medicine Show, anche se nel caso dei Troubadours la componente elettrica è molto maggiore. La carriera del combo guidato da Felker è stata fino ad oggi un continuo crescendo, sia in termini di vendite (non stratosferiche comunque) che di qualità, ma con tutto l’ottimismo possibile non avrei creduto che il nuovo album potesse raggiungere livelli così alti.

The Turnpike Troubadours (averlo intitolato col nome della band non è secondo me casuale, significa un nuovo inizio) è infatti un disco a mio parere splendido, con una serie di canzoni che sono una più bella dell’altra, tutte scritte dai membri del gruppo (principalmente Felker), una miscela a tratti entusiasmante di country, folk e rock, il tutto suonato e cantato in maniera sublime, e con una produzione scintillante (ad opera di Engleman e Matt Wright). Un disco che, non scherzo, mi ha lasciato a bocca aperta fin dal primo brano, The Bird Hunters, uno splendido folk-rock, denso e pieno di pathos, a partire dall’intro a base di violino (nel disco suona anche il fiddler extraordinaire Byron Berline, mica l’ultimo arrivato), subito doppiato dalle chitarre, fino alla turgida melodia vagamente irish: se Mike Scott fosse nato in America probabilmente i suoi Waterboys non suonerebbero tanto diversi da così https://www.youtube.com/watch?v=hFBDxLYNNVQ . Non esagero, una delle canzoni più belle da me ascoltate nel 2015, almeno in ambito roots. Ma il resto non è da meno: The Mercury è completamente diversa, elettrica e roccata, dal ritmo alto e con le chitarre che ruggiscono, mentre la voce potente di Felker e la melodia diretta fanno il resto; Down Here è puro country-rock, molto classico, del genere che andava alla grande negli anni settanta, il suono è cristallino ed il refrain è una goduria; Time Of Day, ancora rockin’ country deciso e solido, è un altro esempio della capacità del gruppo di coniugare sonorità classiche a melodie sempre intriganti.

Ringing In The Year è tersa, limpida, fresca, un esempio di vero country-rock d’autore (è una delle più belle del CD), ed il ritornello corale è da applausi, mentre A Little Song è un delizioso intermezzo per voce e chitarra, però sempre con le giuste vibrazioni; Long Drive Home, ancora introdotta dal violino, è un godibilissimo uptempo chitarristico, con l’ennesimo motivo centrale notevole. Una languida steel introduce Easton & Main, e ditemi se non vi vengono in mente i Byrds di Sweetheart Of The Rodeo: questa è musica con la M maiuscola, ed i nostri si meriterebbero ben altro che un pur rispettabile culto https://www.youtube.com/watch?v=9ZOgzXJQ8EY ; la spedita 7 Oaks ha un ritmo molto sostenuto e può ricordare certe cose di Johnny Cash, mentre Doreen, molto elettrica, è in pieno territorio cowpunk, quasi i nostri fossero degli emuli di Jason & The Scorchers https://www.youtube.com/watch?v=tu4z_VRimeg . Chiudono l’album la lenta Fall Out Of Love, un gradito momento di relax dal motivo malinconico e toccante, e Bossier City (rifacimento del brano che intitolava il loro primo disco), una coloratissima e vivace country tune al quale la fisarmonica (suonata da Fullbright) dona un sapore cajun. Un disco delizioso: per quanto mi riguarda una delle sorprese dell’anno in ambito “Americana” music.

Marco Verdi

Liste Di Fine Anno: I Peggiori Dischi Del 2014? E Anche I Migliori!

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Come promesso, a livello di curiosità (come sempre in queste classifiche che lasciano il tempo che trovano), ecco la lista dei peggiori dischi del 2014 secondo la critica musicale mondiale. Prima vi presento quello che è risultato facendo la media di tutte le classifiche di riviste e siti che hanno pubblicato “the worst of 2014”, poi qualche nome importante che è incappato nei giudizi negativi di singole testate.

1) Architecture In Helsinki – NOW + 4EVA “Vince” il premio come peggiore in assoluto il disco che vedete effigiato all’inizio del Post. E’ davvero così brutto? https://www.youtube.com/watch?v=aWMJkvjWqx4  O c’è di peggio? Giudicate voi! https://www.youtube.com/watch?v=CrdXLBYbVa8

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2) Anand Wilder – Break Line The Musical https://www.youtube.com/watch?v=IvmejiX3FeQ

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3) Jessie J – Sweet Talker https://www.youtube.com/watch?v=Ksq-2ULKmX0

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4) Kaiser Chiefs – Education, Education, Education & War https://www.youtube.com/watch?v=rppSbo4LGsc

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5) The Kooks – Listen https://www.youtube.com/watch?v=ODXISEN8p4w

6) Pixies – Indie Cindy Ebbene sì! Poi le scelte, come si sa, sono soggettive https://www.youtube.com/watch?v=IAxqFo59TBs

7) Dog Bite – Tranquilizers Non conosco, quindi non giudico (non si può sentire tutto) https://www.youtube.com/watch?v=FXauGl7py-Y

8) Linkin Park – The Hunting Party Apperò! https://www.youtube.com/watch?v=f-erYcBbO_c

9) Neil Young – Storytone Ma come? Avrei pensato più all’altro disco di Young dell’anno A Letter Home. Magari non sarà il quasi capolavoro di cui vi ha parlato Marco Verdi sul Blog http://discoclub.myblog.it/2014/11/16/il-bisonte-sbaglia-due-volte-fila-neil-young-storytone/, però non mi sembra un brutto disco, anzi…https://www.youtube.com/watch?v=sDQbJP0PxUM

10) Wiz Khalifa – Blacc Hollywood Questo appoggio pienamente https://www.youtube.com/watch?v=BoxkNJocqWQ

Qualche “sorpresa”, sparsa qui e là.

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Il Boss Bruce Springsteen con High Hopes è terzo nella lista di Paste, 16° in quella di Pitchfork, 11° in quella dei suoi “nemici storici” di Spin, ma francamente metterlo tra i peggiori mi pare eccessivo. Forse possiamo parlare di parziale delusione.

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Anche Sinead O’Connor I’m Not Bossy I’m The Boss risulta ottava nel Worst of Rolling Stone, 4° in quella di Paste, mentre quelli della rivista Spin, che sono leggendari, riescono a premiare i War On Drugs Lost In The Dream come disco dell’anno e ad inserirlo anche al 10° posto tra i peggiori, dei geni!

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Il New Musical Express inserisce gli U2 di Songs Of Innocence al 14° posto tra i peggiori (ma non appare poi, stranamente, in molte altre liste), mentre Paste “castiga” i Sun Kil Moon di Benji, che sono 12esimi nella lista aggregata dei migliori.

E per finire le liste internazionali, questo è la classifica generale del Best Of 2014, la somma di tutte le riviste e i siti. Manco a dirlo vince

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1) The War On Drugs – Lost In The Dream 251 punti

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2) St. Vincent – St. Vincent 234 punti

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3) Run The Jewels – Run The Jewel 2 221 punti

Vi risparmio quelli dal quarto al sesto, ma se avete letto le liste in questi giorni ve li potete immaginare. E se leggete il Blog regolarmente sapete anche che la musica in circolazione è molto meglio di come appare in queste classifiche (de gustibus non est disputandum …), però se ne può discutere, parlando di tutt’altro, almeno secondo il “gusto” di chi ci scrive.

Quindi un bel “Happy New Year” a tutti. Ci vediamo fra un anno!

Bruno Conti

Un Grande “Artigiano” Del Blues. Magic Slim & The Teardrops – Pure Magic

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 Magic Slim & The Teardrops – Pure Magic – Wolf

Un paio di anni fa avevo recensito quello che è poi diventato l’ultimo album di Magic Slim, Bad Boy, pubblicato dalla Blind Pig, un buon disco ma non uno dei suoi migliori http://discoclub.myblog.it/2012/09/18/un-ragazzaccio-dal-mississippi-magic-slim-and-the-teardrops/ . Probabilmente Morris Holt (vero nome di Magic Slim) non pensava che sarebbe stato il suo album finale, ma il destino la pensava in modo diverso, e nel febbraio del 2013, Magic, come amava essere chiamato, da quando l’altro Magic, Sam gli aveva dato il suo soprannome, ci ha lasciato, mentre era on the road, per le complicazioni, cuore, polmoni, fegato, di vecchi problemi di salute che avevano caratterizzato i suoi ultimi anni, sempre coraggiosamente in tour. Ancora nel maggio del 2013 gli è stato assegnato un premio postumo come miglior “Traditional Blues Male Artist”, lui che in vita ne aveva vinti moltissimi. Uno degli ultimi rappresentanti del classico blues elettrico di Chicago, Holt, nativo della zona del Mississippi, come già ricordavo nella recensione, non è stato forse uno dei grandissimi del blues della Windy City, ma sicuramente uno dei migliori performer diciamo della seconda fascia, vocalist ruspante, ottimo chitarrista e grande showman, Magic Slim ha dato il meglio di sé con la sua formazione dei Teardrops, il classico quartetto con due chitarre a fronteggiarsi, ben sostenute da una sezione ritmica, dove il drive era fornito dal fratello di Morris, Dennis Holt, al basso, e da Earl Howell alla batteria, con l’asso nella manica che era la seconda chitarra di John Primer (poi autore di una ottima carriera solista, che prosegue ai giorni nostri): proprio con questa formazione (attiva dal 1982 al 1995) vengono registrate la tracce di questo CD, dal vivo a Vienna, quindi nella sua dimensione ideale, pubblicate postume dalla Wolf Records, l’etichetta austriaca con la quale il musicista americano ha pubblicato parecchi album nella sua carriera.

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Le note ci dicono che il materiale è inedito su CD, registrato tra il ’92 e il ’95, mi fido, non ho verificato, e sicuramente si tratta di un eventuale (mai dire mai) canto del cigno più consono alla classe ed alla qualità del bluesman di Torrance: una bella sequenza di “classici” e “ brani minori” delle 12 battute, di cui si dice Magic Slim avesse in repertorio una quantità sterminate di canzoni tra cui pescare per i suoi show al fulmicotone. Dopo la classica introduzione di Primer per scaldare il pubblico, siamo subito nelle note di Love Somebody, un vivace brano di Jimmy Dawkins, altro grande rappresentante della scuola del blues elettrico di Chicago https://www.youtube.com/watch?v=9DVlXmHa_DE , poi una Going To California di uno dei maestri, Albert King, uno slow dai tratti torridi dove la chitarra viaggia spedita e sicura https://www.youtube.com/watch?v=AXFgLhXvk-s , seguito da un super classico, dall’andatura ondeggiante ed inconfondibile, come I’m Ready, brano firmato da Willie Dixon e uno dei maggiori successi di Muddy Waters https://www.youtube.com/watch?v=t9ZmuZSIdCY . Di nuovo un brano dal songbook di Albert King, I Got The Blues, vero manifesto di intenti e per portare qualche variazione, sempre presente negli spettacoli di Slim, Lovin’ You (Is the Best Thing That Happened To Me) è una canzone di Milton Campbell, dai tratti sonori più vicini al soul https://www.youtube.com/watch?v=E8sVkCSUf9w e al R&B, per poi tornare, nella lunga Since I Met You Baby, a firma Ivory Joe Hunter, a quei brani lenti e sofferti che sono la vera essenza di questa musica.

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L’unico brano firmato da Morris Holt, See What You’re Doin’ To Me, è un altro di quei brani adattissimi per aizzare il pubblico, prima di stenderlo nuovamente con una lenta ed intensissima Spider In My Stew, sempre a firma Dixon, portata al “successo” da Buster Benton, che era il cantante delle Willie Dixon’s Blues All-Stars, brano poco noto ma sicuramente non minore. Una chiacchierata di Magic Slim con il pubblico spezza un poco il ritmo del concerto virtuale costruito dai compilatori del CD, ma una tosta Look Over Yonder’s Wall dell’accoppiata Arthur Crudup/Elmore James sistema la cose, prima di regalarci un altro lento di quelli folgoranti e lancinanti come Jimmie e un altro shuffle divertertente come Do You Mean It? dalla penna di Ike Turner. Anche la finale Call My Job era nel repertorio di Albert King e fa la sua ottima figura, discorsetto finale, applausi, titoli di coda, se sarà l’ultimo di Magic Slim miglior testamento non poteva esserci, non un Maestro, ma un grande Artigiano!

Bruno Conti