Senza O Con Amici E’ Sempre Un Gran Bel Sentire! Duke Robillard And Friends – Blues Bash!

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Duke Robillard And Friends – Blues Bash! – Stony Plain

Duke Robillard è sempre una certezza, anno dopo anno continua a pubblicare nuovi album, sempre di eccellente qualità: dopo l’ottimo Ear Worms dello scorso anno, dedicato alla musica dei 60’s https://discoclub.myblog.it/2019/05/17/uno-dei-migliori-dischi-di-sempre-del-duca-duke-robillard-band-ear-worms/  e quello con le voci femminili del 2017 …And His Dames Of Rhytm, entrambi dischi collaborativi con vari ospiti, anche per questo nuovo Blues Bash, Robillard chiama a raccolta vari amici, a partire dalla sezione fiati dei Roomful Of Blues, la band che lui stesso ha contribuito a lanciare, e anche un secondo gruppo di fiatisti tra cui spiccano Al Basile e Sax Gordon, oltre all’armonicista Mark Hummel, lo specialista dello stride piano Mark Braun (Mr.B.), come Basile e Gordon presente solo in un brano, l’omaggio spiritato a New Orleans Ain’t Gonna Do It, scritta da una delle glorie della Louisiana come Dave Bartholomew e da Pearl King.

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Tra gli ospiti anche due vocalist di pregio come Michelle Williams e Chris Cote, senza dimenticare i fedelissimi della sua band Bruce Bears e Mark Teixeira, oltre ai bassisti Jesse Williams e Marty Ballou che si alternano. Il risultato, registrato in veloci sessions, ciascuna di sole otto ore, ha la spontaneità e l’immediatezza dei migliori dischi del Duke, quelli in cui ci si diverte come ad una festa (vedi titolo, che riporta anche “And Dance”) senza andare troppo alla ricerca di raffinatezze, che comunque ci sono, o di particolari sonorità filologiche, nelle quali ogni tanto Robillard indulge. Quindi l’ascoltatore è invitato a godersi dieci brani che pescano tra classici (minori, perché il nostro è un “enciclopedico” del blues) e tre sue composizioni: Do You Mean It, cantata dal bravissimo Chris Cote, è uno scintillante tuffo nel blues delle origini, scritto da Ike Turner, quanto inventava le 12 battute miste al R&R negli anni ‘50, con Robillard autore di puntuali sottolineature con la sua chitarra https://www.youtube.com/watch?v=mCRNCqusf5s , prima di lanciarsi in un proprio brano, la torrida No Time, sostenuto dall’armonica di Hummel e dal piano di Robert “Bob” Welch (non lo avevamo nominato), mentre Duke titilla la solista con libidine e classe https://www.youtube.com/watch?v=tpj1fdiO20Q .

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What Can I Do, ancora con Cote voce solista, e un gioioso e scatenato jump blues dal repertorio di Roy Milton , con le mani di Bruce Bears che volano sulla tastiera del suo piano, mentre Greg Piccolo, Rich Lataille e Doug James soffiano con forza nei loro sassofoni e Mr. Robillard guida le operazioni con la sua 6 corde; non può mancare ovviamente un bel bluesone lento di quelli intensi e magnetici, come Everybody Ain’t Your Friend, di un King che mancava alla mia raccolta, tale Al, autore di questo pezzo del 1966 dove la solista di Duke rincorre i grandi interpreti delle 12 battute, in questo caso del West Coast style, visto che King veniva da L.A. https://www.youtube.com/watch?v=ZiCBT2henHQ  Divertente e piacevole lo strumentale Chicago Blues fine anni ‘50 di Lefty Bates Rock Alley, con Robillard che si alterna con i fiati alla guida del combo, mentre nella swingante You Played On My Piano, con break jazzato del Duca, la calda voce solista è quella della deliziosa Michelle Wilson https://www.youtube.com/watch?v=ptKMvqJ3VOU , brano seguito da quella Ain’t Gonna Do It citata all’inizio, il suono del Sud che usciva dai dischi di Professor Longhair, Huey Smith e Fats Domino https://www.youtube.com/watch?v=iemoX4yzuqM , poi ancora eccellente la cover di un brano di T-Bone Walker You Don’t Know What You’re Doing, ancora con la solista di Duke e i fiati sincopati sugli scudi, nonché la calda voce di Chris Cote https://www.youtube.com/watch?v=TwYCp1aTvgg . In chiusura ci sono un paio di brani firmati dal musicista del Rhode Island, la scandita e di nuovo swingata Give Me All The Love You Got, sempre caratterizzata dal suo fraseggio pulito, poi in grande evidenza nel lunghissimo (quasi 10 minuti) strumentale Just Chillin’, che illustra il suo lato più raffinato, in un brano di jazz blues notturno, dove anche gli altri strumentisti, a partire dal sax di Greg Piccolo e dall’organo di Bruce Bears, si prendono i loro spazi https://www.youtube.com/watch?v=-pJ6m6-pcK4 . Musica senza tempo.

Bruno Conti

Uno Dei Migliori Dischi Di Sempre Del “Duca”! Duke Robillard Band – Ear Worms

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Duke Robillard Band  – Ear Worms – Stony Plain

Il nostro amico Michael John, detto” Duke”,  Robillard, lo scorso anno ha raggiunto la rispettabile età di 70 anni, in una annata, il 2018, dove per la prima volta da moltissimo tempo non aveva pubblicato il canonico album annuale. Comunque ecco che, con leggero ritardo, esce questo Ear Worms, che dovrebbe essere il capitolo n°33 di una lunga carriera, e fa seguito all’ottimo …And His Dames Of Rhytm, un album collaborativo insieme ad alcune voci femminili https://discoclub.myblog.it/2017/12/18/beato-tra-le-donne-duke-robillard-and-his-dames-of-rhythm/ , che a sua volta seguiva Blues Full Circle, altro disco con la presenza di diversi ospiti https://discoclub.myblog.it/2016/11/04/anche-potrebbe-il-disco-blues-del-mese-duke-robillard-and-his-all-star-combo-blues-full-circle/ . Anche nel nuovo CD, come di consueto, non mancano le collaborazioni: Chris Cote, Sunny Crownover, Mark Cutler, Julie Grant, Dave Howard e Klem Klimek, sono i vari vocalist aggiunti che affiancano Robillard e la sua band, ovvero gli immancabili partner dell’All-Star Combo che da qualche anno lo accompagna, Bruce Bears (piano, organo Hammond); Brad Hallen ( basso e contrabbasso) e Mark Teixeira (batteria).

Se il disco precedente era andato a pescare nel repertorio anni ’20 e ’30, questa volta Duke ha rispolverato vecchie canzoni ascoltate quando era un teenager, ovvero nei mitici anni ’60. Don’t Bother Trying To Steal Her Love che apre l’album, è però l’unico brano originale firmato da Robillard, una delle sue classiche cavalcate tra blues e rock and roll, che sembra  quasi qualche traccia perduta del songbook di Chuck Berry, una specie di gemello diverso di You Never Can Tell, cantata e suonata con un impeto invidiabile e di cui è quasi impossibile non apprezzare il buon umore e la gioia che trasmette, con la chitarra da subito in grande spolvero; On This Side Of Goodbye era un pezzo di Goffin e King, scritta per i Righteous Brothers, una deliziosa e raffinata ballata di impianto pop, quelle canzoni splendide che negli anni ’60 uscivano a ogni piè sospinto, suonata alla grande come al solito dal Duke e soci, con fiati e voci di supporto a renderla ancora più piacevole e con un paio di assoli di chitarra da urlo di grande gusto. Living With The Animals era una incantevole blues ballad dall’omonimo disco dei Mother Earth, la misconosciuta band della grande Tracy Nelson, un album del 1968 in cui suonava anche Mike Bloomfield.

Nel disco ci sono anche quattro tracce strumentali, la prima è Careless Love, un vecchio pezzo strumentale tradizionale veramente godurioso nell’interscambio felpato tra chitarra e organo. Everyday I Have To Cry Some è un piccolo gioiellino perduto, scritto da Arthur Alexander, ma che Duke, come ricorda lui stesso, conosceva nella versione di Julie Grant, una giovane cantante inglese di stampo pop che nell’epoca di Beatles e Stones era un po’ una controparte di Dusty Springfield e Cilla Black: Robillard la conosceva perché quando si era ritirata dalla musica era andata a vivere e lavorare in un casinò nel Connecticut e i due avevano parlato spesso del passato diventando amici, e per l’occasione l’ha convinta a cantarla di nuovo per questo album, in coppia con Sunny Crownover, e il risultato è assolutamente affascinante, sembra quasi di sentire un brano di Phil Spector cantato dalle Shirelles, puro divertimento assicurato; I Am A Lonesome Hobo è il personale tributo di Robillard a Bob Dylan, di cui è stato chitarrista per alcuni mesi nel 2013, una intensa  ed atmosferica versione abbastanza rispettosa dell’originale, che sembra quasi un pezzo di Bruce Springsteen https://www.youtube.com/watch?v=bfjz4p5izjg , Sweet Nothin’s il vecchio pezzo di Brenda Lee è il veicolo ideale per apprezzare la voce cristallina della Crownover e la strumentale Soldier Of Love è un altro divertito e raffinato tuffo nelle atmosfere spensierate degli anni ’60.

Dear Dad è un vorticoso R&R con chitarre e piano impazziti che si trovava su Chuck Berry In London, seguito da una lunga versione super funky di Yes We Can di Lee Dorsey, dove Duke sfodera un potentissimo e micidiale wah-wah, con Yellow Moon, proprio quella dei Neville Brothers, una rara concessione ad un brano più recente, in un’altra versione dove la quota soul e R&B è di grana finissima https://www.youtube.com/watch?v=TWt4mP29rD8 . Nel finale arrivano gli ultimi due strumentali, una Rawhide di una potenza devastante che rivaleggia con quella di uno dei maestri  riconosciuti di Robillard, quel Link Wray che non ha mai ricevuto i giusti riconoscimenti che meritava https://www.youtube.com/watch?v=DLi9ww0A3js . E infine You Belong To Me, altro squisito strumentale che sta all’intersezione tra Santo & Johnny, Roy Buchanan e il Santana più melodico e conclude degnamente uno degli album più belli della discografia di Duke Robillard, suonato con una classe al solito inimitabile. Esce oggi 17 maggio.

Bruno Conti

Anche Questo Potrebbe Il Disco Blues Del Mese! Duke Robillard And His All-Star Combo – Blues Full Circle

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Duke Robillard and his all-star combo – Blues Full Circle – Stony Plain/Dixiefrog/Ird

Non per citarmi, ma così concludevo la mia recensione dello scorso anno di The Acoustic Blues & Roots of Duke Robillard: “Come sapete lo preferisco elettrico, ma questo dischetto è veramente piacevolissimo!” ( qui la potete leggere tuttahttp://discoclub.myblog.it/2015/10/31/disco-acustico-elettrizzante-duke-robillard-the-acoustic-blues-roots-of/)  Ed infatti, quasi mi avesse sentito, a distanza di circa un anno dal precedente, ecco Duke Robillard presentarsi di nuovo con un album, questa volta elettrico, e anche tra i suoi migliori in assoluto, intitolato Blues Full Ciircle. Come ha raccontato lo stesso chitarrista americano, il nostro amico era reduce da un intero anno di inattività in seguito ad un intervento chirurgico, e dopo la riabilitazione si è presentato più in forma ed agguerrito che mai. Nel disco, oltre al suo all-star combo, ovvero Bruce Bears (piano, Hammond organ), Brad Hallen (acoustic and electric bass) e Mark Teixeira (drums), ci sono alcuni ospiti di pregio come Kelley Hunt, piano e voce, Jimmie Vaughan alla chitarra, Sugar Ray Norcia alla voce in un brano e Gordon Beadle e Doug James, ciascuno al sax in due diverse canzoni. L’album ha poi la particolarità di presentare tre pezzi scritti oltre 30 anni fa, quando Robillard era il leader dei Roomful Of Blues, ma che per vari motivi non erano mai state incisi.

Ovviamente non dobbiamo aspettarci niente di nuovo, dal numero di volte che la parola Blues appare nei titoli dei suoi dischi sappiamo cosa aspettarci nei CD di Duke da un bel po’ di tempo a questa parte, ma nel disco in questione il musicista del Rhode Island sembra particolarmente ispirato e voglioso di deliziarci con la sua sopraffina tecnica chitarristica. Si parte con una tosta Lay A Little Lovin’ On Me dove il blues è sanguigno e tirato come non capitava da tempo, la solista di Robillard, dal classico sound pieno e ricco di tonalità, è subito in evidenza con un assolo dove il nostro tira la note alle grande. Anche nella successiva Rain Keeps Falling si torna alle origini del miglior blues elettrico del nostro amico, e anche la voce appare in grande spolvero, mentre la chitarra inanella un assolo dietro l’altro con grande libidine. E pure in Mourning Dove, uno slow blues introdotto dal piano di Bears, sembra quasi di ascoltare il Mike Bloomfield più ispirato, con la chitarra che ci regala un assolo di quelli importanti, fluido, lancinante e tirato, come prevede il manuale del perfetto bluesman, con continui rilanci, mentre No More Tears è il tipico shuffle Chicago-style, pimpante e vivace come ai bei tempi (che non erano secoli fa, basta tornare a pochi anni or sono).

In Last Night troviamo Gordon Beadle che poi sarebbe Sax Gordon e Sugar Ray Norcia alla voce solista, per un jump blues ricco di ritmo, dove Duke Robillard si prende ancora le sue soddisfazioni, veramente voglioso di strapazzare di gusto la sua solista. Senza soluzioni di continuità troviamo una “cattiva” Fool About My Money, dove tra la voce del Duke e il piano di Bruce Bears sembra quasi di ascoltare un brano del Randy Newman più elettrico; eccellente anche The Mood Room, uno dei brani ripescati dal passato, dove il boogie la fa da padrone, grazie al pianino scatenato e alla voce splendida di Kelley Hunt, una delle blues woman più brave della scena americana, più volte incensata dal sottoscritto su queste pagine, e anche Robillard e Bears si scatenano ai rispettivi strumenti. I’ve Got A Feelin’ That You’re Foolin’, con un titolo tipico dei brani blues, è un altro lentone di quelli duri e puri, con la chitarra di nuovo protagonista assoluta. E anche nella successiva Shufflin’ And Scufflin’ non si scherza, un brano strumentale dove Jimmie Vaughan e Duke Robillard si scambiano fendenti a colpa di chitarra, in un brano raffinato e di classe, dove ancora l’organo di Bruce Bears e il sax baritono dell’ospite Doug James (anche lui uno dei membri fondatori dei Roomful Of Blues) hanno i loro giusti spazi. Blues For Eddie Jones è un sentito omaggio a Guitar Slim, la cui storia tragica, culminata con la morte a soli 32 anni, Robillard rivisita in questo intenso lento: molto buona anche la swingante You Used To Be Sugar https://www.youtube.com/watch?v=UndSnxzqzRY , ma non c’è un brano scarso in questo Blues Full Circle, sempre con la chitarra in primo piano. Come nella splendida soul ballad che risponde al nome di Worth Waitin’ On, dove anche la parte vocale è perfetta e sfocia in un assolo ricco di feeling come solo i grandi sanno fare. La conclusione è affidata ad un altro classico slow blues intitolato Come With Me Baby, che conferma lo stato di grazia ritrovata sfoderato per questo album da uno dei maestri contemporanei dello strumento e dello stile.

Bruno Conti