Un Doveroso Recupero Per Uno Dei Migliori Album Del 2019. J.J. Cale – Stay Around

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J.J. Cale – Stay Around – Because Music/Universal CD

Quest’anno nella mia personale classifica dei dieci dischi migliori usciti nel corso degli ultimi dodici mesi ho inserito ben due album postumi, l’emozionante Thanks For The Dance di Leonard Cohen ed il lavoro di cui mi accingo a parlare: Stay Around di J.J. Cale (che all’epoca della sua uscita, fine Aprile, non è stato recensito sul blog come mi ha ricordato Bruno, probabilmente per un classico caso di “lo faccio io-lo fai tu-non lo fa nessuno”). A differenza però del disco finale di Cohen, che è stato creato dal figlio Adam partendo da tracce vocali del padre al quale sono state poi aggiunte musiche registrate per l’occasione, l’album di Cale si compone di brani incisi dal musicista dell’Oklahoma nel corso degli anni e da lui prodotti e mixati ma poi lasciati in un cassetto. Il periodo indicativo delle varie registrazioni di Stay Around va dalla fine degli anni ottanta all’inizio dell’attuale secolo, ed i 15 brani sono stati selezionati dalla moglie di Cale, Christine Lakeland (musicista a sua volta) e masterizzati dal grande Greg Calbi: la Lakeland non ha dovuto aggiungere nulla, le canzoni erano già belle che pronte, ma la selezione è stata fatta con tale cura ed amore che Stay Around non sembra per nulla una collezione di outtakes, ma un disco pensato per essere pubblicato così com’è.

Già avere un nuovo lavoro ascritto a Cale a dieci anni da Roll On è una bella notizia (dalla sua morte improvvisa nel 2013 per infarto non era ancora stato pubblicato nulla), ma che fosse possibile ascoltare un album di questa qualità era aldilà di ogni più ottimistica previsione, in quanto (almeno a mio parere) siamo di fronte ad un disco che si pone tranquillamente nella Top Five del barbuto songwriter e chitarrista (*NDB A questo link trovate la Top 8 che gli avevo dedicato poco prima dell’uscita dell’album sia sul Buscadero che sul Blog https://discoclub.myblog.it/2019/04/19/in-attesa-del-nuovo-album-stay-around-in-uscita-il-26-aprile-ecco-8-dischi-da-avere-se-amate-la-musica-di-jj-cale-parte-i/ e in una rarissima circostanza, nel banner pubblicitario della etichetta Because Music, a fianco di Mojo e Uncut, era stato citato appunto anche il Buscadero) . Stay Around vede infatti il nostro cimentarsi con una serie di canzoni di primissima scelta (tutte scritte da lui tranne My Baby Blues che è della Lakeland) nel suo tipico stile “laidback” tra rock, country e blues, un suono che Cale avrebbe potuto sostenere di avere praticamente inventato se non fosse stato una persona di una modestia rara.

In più, nel disco troviamo una serie di sessionmen formidabili, nomi di primissimo piano che chi legge queste pagine virtuali conosce alla perfezione: David Briggs, Kenny Buttrey, Bobby Emmons, Tim Drummond, Spooner Oldham, Jim Keltner e Reggie Young. Lights Down Low fa iniziare il CD in modo eccellente con un saltellante country-blues suonato in punta di dita, in cui il mix elettroacustico delle chitarre con il piano elettrico è goduria pura; Chasing You è una canzone mossa ed allegra, quasi rock’n’roll, con Cale che canta in modo diretto una melodia vincente (forse il nostro non aveva una voce straordinaria, ma era perfettamente adeguata al suo concetto di laidback music), ed è seguita da Winter Snow, blues elettroacustico di stampo rurale nel tipico stile di J.J. La title track è un mezzo capolavoro, una slow ballad che profuma di country, suonata in maniera fantastica e cantata in maniera quasi sussurrata (con la voce che doppia sé stessa): grandissima classe.

Tell You ‘Bout Her ha una ritmica insinuante ed uno sviluppo a metà tra rock e jazz (per non parlare della solita performance chitarristica di grande finezza, ma dovrei dirlo ad ogni brano), uno dei pezzi più immediati del CD; splendida la folkeggiante Oh My My, eseguita in totale solitudine da J.J., voce e chitarra acustica, ma con un feeling enorme ed una mastria unica nel far scorrere le dita sul manico, mentre My Baby Blues è un rock-blues elettrico e decisamente trascinante, anche se come al solito Cale non perde il suo aplomb. Girl Of Mine è un godurioso blues acustico che ci porta idealmente sulle rive del Mississippi, Go Downtown è una suggestiva ballatona d’atmosfera nella quale si capisce da dove ha preso spunto Mark Knopfler per dare un suono ai suoi Dire Straits, If We Try è ancora uno slow acustico che sa di country e blues, puro e cristallino. La jazzata e cadenzata Tell Daddy, in cui il pianoforte ha un ruolo importante, è un brano di classe sopraffina che precede la bucolica Wish You Were Here, dall’ennesimo magistrale lavoro chitarristico, e la ritmata e coinvolgente Long About Sundown, puro Cale (un pezzo che Eric Clapton potrebbe far suo senza problemi). Il CD si chiude con la melodia orecchiabile di Maria, dal sapore vagamente latineggiante, e con la rilassata e suadente Don’t Call Me Joe.

Stay Around è quindi il miglior testamento musicale possibile per l’esimio J.J. Cale, un lavoro ispiratissimo e di grande livello artistico: se ve lo siete perso non è mai troppo tardi per rimediare.

 Marco Verdi

In Attesa Del “Nuovo” Album Stay Around In Uscita Il 26 Aprile, Ecco 8 Dischi Da Avere Se Amate La Musica Di JJ Cale! Parte II

jj cale 5

Seconda parte.

5 – 1979 – Island/MCA – ***1/2

5 esce dopo una pausa di tre anni e presenta due novità sostanziali: una nuova etichetta discografica, dopo gli anni con la Shelter, e la prima apparizione su disco di Christine Lakeland,  che resterà  con lui, prima come musicista e in seguito  anche come moglie, fino alla sua morte avvenuta nel 2013. Non cambiano il solito produttore Audie Ashworth e molti dei musicisti utilizzati, mentre il suono si fa a tratti più “rotondo” e corposo, meglio definito, con la voce in primo piano e un approccio più vicino al rock, come testimoniano l’iniziale vigorosa Thirteen Days e I’ll Make Love To You Anytime sul cui sound i Dire Straits di Mark Knopfler hanno costruito una intera carriera.

Senza dimenticare la sinuosa Don’t Cry Sister, cantata in duetto con la Lakeland e che Cale inciderà di nuovo con Clapton in The Road To Escondido e la delicata e raffinata The Sensitive Kind con fiati e archi aggiunti e sul lato rock ancora l’ottima Friday, mentre Let’s Go To Tahiti ha qualche tocco etnico quasi alla Ry Cooder e Mona è un’altra di quelle ballate malinconiche in cui eccelle il nostro.

 

jj cale shades

Shades – 1981 – Island/MCA – ***1/2

 Il primo album della nuova decade completa un filotto di sei album che hanno cementato la reputazione di JJ Cale come artista di culto. Al solito ci sono decine di musicisti impiegati tra cui molti altri chitarristi, non ultimi Reggie Young e James Burton. La copertina riproduce una parodia dei pacchetti di sigarette Gitanes, mentre tra i brani l’iniziale vibrante Carry On è un altro dei suoi classici senza tempo, Deep Dark Dungeon è blues allo stato puro, Wish I Had Not Said That è un altra delle sue ballatone mid-tempo e la cover di Mama Don’t va di rock che è un piacere. Ma tutto l’album conferma la classe del musicista, che poi, tra lunghe pause, inciderà parecchi altri altri buoni album, senza forse più arrivare a questi livelli.

 

jj cale eric clapton the road to escondido

The Road To Escondido with Eric Clapton – 2006 – Duck/Reprise – ***1/2

Gli anni 2000 vedono un ritorno in grande stile di Cale, che dopo l’eccellente To Tulsa And Back del 2004 realizza finalmente un disco in coppia con Eric Clapton: i due amici se lo producono e chiamano a raccolta un vero parterre de roi di musicisti, da Billy Preston che fa la sua ultima apparizione, ad altri “discepoli” come John Mayer, Derek Trucks e Doyle Bramhall II, Taj Mahal all’armonica e tutto il giro di musicisti di Manolenta. Oltre alle riprese di Don’t Cry Sister e Anyway The Wind Blows, brilla una cover di Sporting Life Blues di Brownie McGhee e anche se il suono a tratti è fin troppo “professionale”, a causa del tocco di Simon Climie, i due si divertono ad improvvisare e canzoni come l’iniziale Danger, Heads In Georgia, la bluesata Missing Person, sono quasi interscambiabili nel repertorio dei due, anche se portano la firma di JJ.

When The War Is Over ha sprazzi del vecchio Cale, e niente male il tuffo nel country-rock di Dead End Road, con violino in grande spolvero come pure la chitarra di Albert Lee, ma tutti suonano come delle cippe lippe; l’intero l’album è comunque ottimo, da It’s Easy a Hard To Thrill, scritta da Mayer e Clapton, passando per la morbida Three Little Sister, Last Will And Testament e la vibrante e chitarristica Ride The River. JJ Cale appare poi nel Crossroads Guitar Festival di Eric e partecipa al tour di Clapton del 2007 da cui verrà tratto l’ottimo Live In San Diego, prima di lasciarci per un attacco di cuore il 26 luglio del 2013.

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Eric Clapton & Friends –  2014 – The Breeze An Appreciation of JJ Cale – Bushbranch/Surfdog – ***1/2

L’anno dopo la morte di JJ Cale esce questo bellissimo tribute album creato da Eric Clapton e pubblicato sulla propria etichetta.  Call Me The Breeze del solo Eric apre il tributo, con la stessa intro della versione originale è uno dei classici brani del Clapton più ispirato, con Albert Lee alla seconda chitarra, Rock And Roll Records, cantata a due voci, propone una inconsueta accoppiata tra Enrico e Tom Petty che funziona alla grande; Someday è affidata ad un altro fedele discepolo come Mark Knopfler, con Christine Lakeland alla seconda chitarra e Mickey Raphael all’armonica. Lies è affidata al duo Clapton e John Mayer, mentre per la felpata Sensitive Kind viene rispolverato un vecchio amico e compagno di avventura come Don White, uno degli originatori del Tulsa Sound, con Cajun Moon che Clapton riserva nuovamente per sé con eccellenti risultati.

La versione di Magnolia è cantata con classe e stile da John Mayer, prima del ritorno della strana coppia Petty/Clapton con una vibrante I Got The Same Old Blues e del duo Willie Nelson/Eric Clapton che illustra il lato più country di Cale con una sognante Songbird,  lato poi ribadito nella saltellante I’ll Be There (If You Ever Want Me), cantata ancora da Don White con il supporto di Eric, che suona anche il dobro, lasciando la chitarra a Albert Lee.

Tom Petty in solitaria rilascia una delicata The Old Man And Me e il trio White/Knopfler/Clapton ci delizia in una raffinata Train To Nowhere, prima di lasciare spazio a Willie Nelson che accompagnato da Derek Trucks rilegge in modo “stiloso” Starbound, prima di tornare al rock chitarristico di Don’t Wait, affidata a John Mayer e Clapton. In chiusura niente Cocaine, ma una versione in punta di dita di Crying Eyes, cantata de Eric con la Lakeland, mentre Trucks lavora di fino alla slide. Tra pochi giorni esce il “nuovo” album di JJ Cale Stay Around e la storia continua.

Bruno Conti