Uno E Trino, Bravissimo Sempre E Comunque. Mike Mattison – Afterglow

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Mike Mattison – Afterglow – Landslide Records

Potremmo definire Mike Mattison come un artista uno e trino, visto che divide la sua attività in tre diverse direzioni: come voce di supporto e autore nella Tedeschi Trucks Band, come leader degli eccellenti Scrapomatic https://discoclub.myblog.it/2012/10/08/gregari-di-lusso-o-qualcosa-di-piu-scrapomatic-i-m-a-strang/  e anche con una carriera solista. In questo ambito Afterglow è il suo secondo disco in proprio, dopo l’ottimo You Can’t Fight Love, uscito nell’ormai lontano 2014, sempre per la Landslide Records. Diciamo in proprio anche se poi a ben vedere, oltre a Mattison, che ovviamente, canta e suona la chitarra ritmica (regalatagli da Derek Trucks), lo affiancano Tyler Greenwell della TTB, e anche degli Scrapomatic. alla batteria, nonché co-produttore dell’album (e qualcuno non ha apprezzato fino in fondo il tipo di suono utilizzato per il CD), Dave Yoke, anche lui compagno di avventura in entrambe le formazioni, che vengono aiutati da Frahner Joseph, bassista degli ottimi Delta Moon, Paul Olsen chitarra e co-autore con Dave e Derek Trucks della title-track, mentre le parti di tastiera aggiunte in un paio di brani sono di Kofi Burbridge, lo scomparso membro (nel gennaio 2019), della TTB e nel resto del disco di Rachel Eckroth della band di Rufus Wainwright.

Quindi potremmo dire i “soliti noti”, ma quello che è inatteso è lo stile o meglio gli stili musicali impiegati nell’album, non il rock-blues con venature R&B della TTB, non lo swamp-blues-rock degli Scapomatic o del precedente album solista, ma un folk-country-roots, dove non mancano le componenti sonore appena citate, ma il suono è decisamente più minimale e intimo, anche se la voce di Mike ha comunque modo di mettersi in evidenza: come nella iniziale Charlie Idaho, una sorta di bellissima murder ballad ispirata da una storia riportata nel libro di Alan Lomax The Land Where The Blues Was Born, ricca di pathos e suonata con classe e raffinatezza dai vari musicisti, con una specie di “chitarrone” ricorrente e il piano, che caratterizzano l’atmosfera sospesa della canzone. Afterglow addirittura vira verso il country, con un andatura brillante e gioiosa sempre percorsa da una chitarra sbarazzina e da preziosi intrecci vocali, ovviamente a questo punto mi dissocio dal mancato apprezzamento del sound espresso prima, in quanto questo approccio rootsy e quasi campagnolo è proprio uno degli atout dell’album; Deadbeat, a dispetto del titolo, è un altro dei brani più mossi del disco, su una base di chitarre acustiche ed elettriche e di voci stratificate, il piano della Eckroth sempre presente e una andatura deliziosamente ondeggiante, Mattison canta con grande souplesse e classe, degna di certe canzoni sudiste della Band.

World’s Coming Down è un country-blues taglio Americana, sempre soffuso di quello stile southern laidback e pigro, raffinato ma anche con un piglio autorevole e gagliardo nella voce di Mike e negli arrangiamenti corposi; All You Can Do Is Mean It è una specie di sognante ballata, quasi con retrogusti beatlesiani, in particvolare quelli delle canzoni di Harrison, da sempre innamorato del suono “americano”, con elettrica e piano a sottolineare questa sorta di valzerone delicato https://www.youtube.com/watch?v=t0ni3tFlYnE , mentre Kiss You Where You Live ha ancora quel tocco twangy ed esuberante, con elementi roots e pettyani, una batteria con il “phasing” che rievoca ricordi di leggera psichedelia, veramente squisito poi l’intervento della solista di Yoke nella parte centrale. I Was Wrong, con la voce prima in leggero falsetto e poi con un inquietante distorsione rilascia impressioni di uno psych blues, scandito e minaccioso, lasciando a On Pontchartrain il compito di riportarci di nuovo verso quel suono country-blues delle radici, che mi ha ricordato anche il Bob Dylan del periodo Nashville, malgrado la voce naturalmente sia molto diversa, bellissimo il lavoro della chitarra. Per I Really Miss You, il brano firmato con Kofi Burbridge, qui impegnato alle tastiere, Mattison sfodera il suo falsetto d’ordinanza, tra Prince e Al Green, per una morbida soul ballad che illustra anche il suo lato più black, poi ribadito nella decisamente più rude e cattiva Got Something For You, dal suono più grintoso, con batteria e chitarre elettriche molto più presenti e decisive.

Un album complessivamente dal suono eclettico e che potrebbe risultare dispersivo ma che mi sembra alla fine funzioni in modo egregio.

Bruno Conti

Un’Oretta Di Pure Delizie Sonore (Anche Di Più Nella Versione Deluxe)! Tedeschi Trucks Band – Let Me Get By

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Tedeschi Trucks Band – Let Me Get By – Fantasy/Universal CD o Deluxe 2CD 29-01-2016

Anche se in alcuni siti e riviste è stato già recensito, la data ufficiale di uscita del nuovo disco della Tedeschi Trucks Band Let Me Get By è il 29 gennaio (e il 5 febbraio, in Europa, per la versione Deluxe doppia), quindi ne parliamo nell’immediatezza della pubblicazione che sarà in questo fine settimana. Si tratta solo del terzo disco di studio della band, oltre al bellissimo doppio Live: Everybody’s Talkin’ del 2012: potrebbe essere quello della consacrazione, anche se pure i precedenti Revelator Made Up Mind avevano avute ottime critiche ed erano entrati nelle Top 20 delle classifiche di vendita americane, ma questo nuovo album sembra avere quel quid in più. Derek Trucks non fa più parte dell’Allman Brothers Band, che si è sciolta, e quindi ha più tempo per il gruppo di famiglia, che è la diretta prosecuzione della Derek Trucks Band che aveva operato dal 1997 al 2010, e utilizza anche un paio di musicisti che avevano fatto parte del primo gruppo. Susan Tedeschi, la moglie di Derek, con una eccellente carriera solista alle spalle, è la vocalist del gruppo, ma anche Mike Mattison nel nuovo album, oltre ad essere presente come co-autore di parecchi brani, è utilizzato come voce solista in un paio di canzoni.

Canzoni che sono proprio quelle che sembrano fare la differenza rispetto ai dischi passati (che peraltro al sottoscritto erano piaciuti parecchio, infatti non a caso Made Up Mind era entrato nella mia lista dei migliori del 2013 http://discoclub.myblog.it/2013/08/23/grande-chitarrista-grande-cantante-altri-nove-ottimi-musicis/): infatti il nuovo album sembra ancora più organico e le canzoni, che al solito spaziano nei vari generi cari alla band, dal rock al blues, dal soul al gospel, aggiungiamo R&B, funky e jazz e otteniamo tutto lo spettro sonoro che è possibile ascoltare in questo Let Me Get By, perfettamente amalgamato, ma allo stesso tempo lasciando percepire tutte le componenti che confluiscono nel sound finale https://www.youtube.com/watch?v=VgKNleCaTcs . Si diceva delle canzoni che sembrano più organiche, ancora meglio costruite che in passato, con spazio per melodia e grooves, la solita quota di improvvisazione dedicata a Derek Trucks, meno accentuata che in passato e che sicuramente verrà ampliata nelle esibizioni live, per cui occupiamoci proprio delle canzoni, con una track by track completa dell’album.

Prima di tutto vediamo il secondo disco della Deluxe Edition, che in questo caso è quella da aversi, sia per la confezione, come per i contenuti e anche per il prezzo contenuto, se mi passate il gioco di parole, meno di quanto vengano fatte pagare abitualmente le edizioni speciali singole con una o due bonus (sto ancora imprecando per il prezzo assurdo del nuovo Elton John in uscita il 5 febbraio, che costerà 5 o 6 euro in più, per 2 brani extra). Nel caso di Let Me Get By nel secondo CD abbiamo ben otto tracce aggiunte: 3 versioni demo alternative di brani contenuti nell’album, un inedito Satie Groove, una cover di Oh! You Pretty Things, la canzone di David Bowie e tre pezzi dal vivo registrati al Beacon Theatre di New York Laugh About It, I Pity The Fool Keep On Growing, quasi 45 minuti di musica).

Passiamo ai brani del disco:

Anyhow, firmata dal trio Trucks/Tedeschi/Mattison si avvale della presenza di Doyle Bramhall II, alla chitarra e alle armonie vocali, e si apre con la vocalità soffusa di Susan e con la slide di Derek per poi trasformarsi in una bellissima canzone, calda ed avvolgente, tipica del songbook della bionda signora Tedeschi, sempre più brava come cantante, a tratti sensuale in altri languida, in altri ancora travolgente, con un perfetto phrasing che si integra con le armonie vocali di Mattison Mark Rivers, il contrappunto dei tre fiatisti, Kebbi Williams, Maurice Brown Saunders Sermons, gli svolazzi del piano e dell’organo di Kofi Burbridge, fino alla conclusione strumentale dove la chitarra slide di Trucks disegna un assolo dei suoi, grazie anche al poderoso supporto della sezione ritmica di Tim Lefevbre, bassista di pregio che continua una teoria di grandi musicisti che si sono succeduti negli anni nel suo ruolo, e la doppia batteria di J.J. Johnson Tyler Greenville, così abbiamo nominato tutti i musicisti di questa grande band che giustamente viene considerato uno dei migliori ensemble in assoluto attualmente in circolazione nel mondo.

Laugh About It, scritta coralmente dai principali componenti, tra blues e soul di Memphis, è un altro esempio della maestria dei nostri, sezione fiati avvolgente, armonie vocali deliziose, chitarra e tastiere che a tratti si distinguono, la voce ancora stupenda e poi gran finale strumentale con Trucks che lavora di fino su un arrangiamento complesso e ricco di groove, già provato dal vivo, come dimostra il bonus disc.

Don’t Know What It Means è decisamente più funky, tra clavinet e wah-wah si viaggia su ritmi decisamente più sincopati, nel giusto equilibrio degli assetti, con Derek Trucks che fa quello che Duane Allman faceva in molte tracce classiche di soul primi anni ’70, pennellate di classe su un telaio solido e finale super funky con la band in gran spolvero.

Right On Time, scritta da Trucks Mattison, che la canta in coppia con la Tedeschi, è più cadenzata, a tratti jazzata e di scuola new Orleans, grazie anche alla tromba con sordina di Sermons e al pianino insinuante di Burbridge, che contribuisce ad una atmosfera quasi vaudeville grazie anche alla Resonator Guitar di Trucks; forse un episodio minore, gradevole ma non memorabile.

Let Me Get By, ancora un frutto collettivo della band, grazie alla vocalità calda di Susan a tratti ricorda alcune cose di Bonnie Raitt, alla cui voce la Tedeschi assomiglia in modo impressionante, ma mantiene gli spunti funky-rock grazie ad un assolo di organo Hammond di Burbridge che si situa tra Jimmy Smith Brian Auger, poi il resto lo fanno le chitarre di Trucks, taglienti ed espressive come di consueto, soprattutto in modalità slide.

Just As Strange, scritta dai coniugi Trucks insieme a Doyle Bramhall, è un duetto tra Susan e sé stessa, che si sdoppia nei due canali dello stereo, con un suono più elettroacustico, senza fiati, e con una quota blues più marcata, anche se la band rolla sempre di gusto.

Crying Over You, cantata da Mike Mattison, è soul music anni ’70, tra Philly Sound e le ultime propaggini pre-disco di Stax e Motown, oltre ai fiati c’è anche una sezione archi e Mattison canta con voce melliflua e suadente sui coretti dei background vocalist e con i soliti inserti solisti di Trucks e Burbridge, molto coinvolgente e con un gran finale strumentale dove la band innesta ancora la quinta e ci diverte con le sue improvvisazioni, soprattutto un Derek Trucks veramente incontenibile alla chitarra. Brano che poi diventa Swamp Raga for Holzapfel, Lefebvre, Flute and Harmonium, un breve intermezzo pastorale tra John Fahey e musica orientale, con il nostro alla 12 corde acustica e Kofi Burbridge al flauto.

Hear Me è la classica ballata che ti aspetti in un disco così, dolce e suadente è la voce di Susan Tedeschi, per un brano tra soul e pop, mi ha ricordato alcune delle cose migliori dello Stevie Wonder più ispirato dei primi anni ’70, con la chitarra slide di nuovo Allmaniana di Trucks a punteggiare le deliziosi evoluzioni vocali della consorte, bellissima canzone,

I Want More con un piglio decisamente più rock, grazie al drive di batteria e fiati, potrebbe ricordare certe cose del “soul bianco” della grande Janis, e le chitarre, che qui sono tre, Tedeschi, Trucks Doyle Bramhall, co-autore con Mattison del pezzo, viaggiano alla grande, sembra anche un pezzo alla Delaney & Bonnie o del Clapton amante delle soul revue, altra gran canzone con coda strumentale travolgente.

Si chiude con In Every Heart, altra lunga ballata, oltre i sei minuti, con una intro di fiati che ricorda certe cose simil New Orleans della Band, per poi diventare una magnifica deep soul ballad dal profondo Sud dei loro studi Swamp Raga di Jacksonville, Florida, dove è stato registrato il disco. Inutile dire che Susan Tedeschi la canta divinamente e Derek accarezza la sua slide per un doppio struggente, e ricco di tecnica, assolo nella parte centrale e finale.

Gran disco!

Bruno Conti