Meno “Cattivo” Del Solito, Ma Sempre Validissimo! Marcus King – El Dorado

marcus king el dorado

Marcus King – El Dorado – Fantasy/Universal CD

(*NDM: in questa lunga fase di quarantena forzata si è pensato in accordo con Bruno di recuperare anche qualche titolo recente ma la cui pubblicazione risale comunque a qualche mese fa, rimasto magari in arretrato come a volte succede. Oggi è la volta del giovane musicista del South Carolina, e fra pochi giorni toccherà al tributo femminile a Tom Waits).

Dan Auerbach è ormai diventato, insieme a Dave Cobb, uno dei migliori e più richiesti produttori sulla piazza, sia che incida in prima persona con la band che gli ha dato la notorieità, i Black Keys, che come solista (Waiting On A Song è stato per il sottoscritto uno dei più begli album del 2017), sia che si occupi di patrocinare i lavori di giovani artisti (Yola, Dee White, Early James) ed altri non proprio di primo pelo (Robert Finlay, Leo Bud Welch, Jimmy “Duck” Holmes). Una delle ultime produzioni di Auerbach riguarda un musicista che, seppur ventiquattrenne da pochi giorni, è già un artista affermato: sto parlando di Marcus King, enfant prodige della chitarra (e non solo), che a capo della Marcus King Band si è ritagliato un posto al sole nell’ambito della musica rock-blues di matrice southern con tre album di ottimo livello ed in particolare con gli ultimi due, The Marcus King Band e Carolina Confessions.

El Dorado segna il debutto di Marcus come solista, e mi preme avvertire da subito gli estimatori del nostro e del rock-blues in generale che potrebbero rimanere spiazzati dall’ascolto del disco, in quanto il genere che ha reso King popolare è sì presente ma in misura decisamente minore (ed anche la sua chitarra ruggisce di meno), in quanto Auerbach ha provato a fare del lungocrinito musicista un artista a 360 gradi, più autore e cantante che chitarrista, e secondo me con risultati egregi. Sì perché El Dorado a mio parere è un lavoro decisamente bello, con Marcus che si cimenta con successo in una serie di stili che rendono l’album piacevolmente eclettico: al rock-blues, che comunque è presente, si sono infatti aggiunte corpose dosi di soul, rhythm’n’blues, gospel, oltre a qualche momento di rock più “convenzionale” e perfino un pizzico di country. Gran merito va sicuramente ad Auerbach, che ha scritto tutti i brani in coppia con Marcus e gli ha dato il suo classico suono che rimanda agli anni settanta, ma King ha contribuito in maniera decisiva con una vena molto ispirata e soprattutto con la sua strepitosa voce “nera”, adatta a qualsiasi tipo di musica ma particolarmente idonea a sostenere brani a carattere più soul. Un mix di stili dunque molto accattivante, che non va ad intaccare l’unitarietà di un disco che secondo me fa salire King di un paio di gradini, in quanto ce lo presenta come musicista a tutto tondo e non solo come promettente chitarrista (e comunque la sua sei corde qua e là si sente eccome).

L’album è stato registrato a Nashville negli Easy Eye Sound Studios di proprietà di Auerbach, il quale gli ha messo a disposizione la consueta gang di sessionmen fuoriclasse e dal pedigree eccezionale: Gene Chrisman, Russ Pahl, Dave Roe, Bobby Wood, Mike Rojas e Paul Franklin (per citare i nomi più noti), gente che ha suonato, tanto per fare qualche nome “da poco”, con Elvis Presley, Aretha Franklin, Duane Eddy, Johnny Cash, Solomon Burke e Roy Orbison. Young Man’s Dream è il classico inizio che non ti aspetti, una delicata ballata acustica sfiorata dal country, con un motivo molto rilassato ed una strumentazione parca e suonata in punta di dita, fino al secondo minuto quando entra per un attimo il resto della band e possiamo ascoltare il tipico “big sound” delle produzioni di Auerbach. Con The Well andiamo in territori abituali per Marcus, un rock-blues elettrico dal riff aggressivo e grintoso, un pezzo che potrebbe benissimo appartenere anche al repertorio dei Black Keys (che hanno sempre avuto parecchio blues nel dna), con un paio di assoli brevi ma efficaci che ci mostrano che il nostro non ha perso il tocco; Wildflowers & Wine porta il disco ancora più a sud, per una deliziosa ballata southern soul dal suono caldo e cantata alla grandissima da King, con l’aggiunta di un bel coro femminile dal sapore gospel: sembra quasi una outtake di Anderson East.

One Day She’s Here è uno scintillante errebi dai toni pop, un brano decisamente “morbido” se si pensa ai trascorsi di Marcus, ma eseguito a regola d’arte e con un’aria da Blaxploitation anni settanta (e la voce è perfetta), un pezzo che differisce dalla seguente e squisita Sweet Mariona, che è un po’ come se Sam Cooke non fosse stato ammazzato in quella tragica notte del 1964 e ad un certo punto avesse inciso un disco country (splendida la steel di Franklin): una delizia. Un piano elettrico introduce la lenta Beautiful Stranger, altra bellissima canzone tra soul, country e gospel, distante dalla Marcus King Band ma di livello sublime e con un feeling formato famiglia; con Break siamo sempre in territori “black” anche se qui lo stile è più pop ma senza cadute di gusto, anzi il tutto è trattato con i guanti bianchi e classe sopraffina, mentre Say You Will porta un po’ di pepe nel disco, in quanto siamo di fronte ad una rock song potente, chitarristica e tagliente, genere Rory Gallagher meno blues, con assolo finale torcibudella da parte del leader.

Anche Turn It Up ha un gran bel tiro, un rock’n’roll ancora dall’anima nera, un ritmo trascinante e lo spirito sudista del nostro che esce ad ogni nota, e restiamo al sud anche per la coinvolgente Too Much Whiskey, una splendida country song in puro stile outlaw, che sembra quasi un omaggio a Willie Nelson ed alla sua Whiskey River (la melodia è molto simile, e poi le parole “whiskey river” sono citate espressamente nel testo e c’è pure un’armonica alla Mickey Raphael). Finale con la limpida Love Song, altra soul ballad raffinata, elegante e suonata in souplesse (e che voce), e con No Pain, uno slow lucido ed intenso con organo, steel, chitarra elettrica ed archi che creano un suono unico, quasi un riepilogo dei vari stili incontrati nel corso del CD. Ottimo lavoro quindi questo El Dorado, un album che cresce ascolto dopo ascolto e che testimonia la crescita costante di Marcus King come musicista completo e versatile.

Marco Verdi