Jimi Hendrix – 50 Years Live, Parte II

jimi hendrix 1970

Seconda parte.

jimi_hendrix_concerts_1982

Proseguiamo nella disamina: dopo il 1972 c’è una lunga pausa nella pubblicazione di materiale postumo inedito, sembra che improvvisamente, dopo un paio di anni dalla scomparsa di Hendrix, a nessuno interessasse più nulla della sua musica, almeno fino 1982, per il doppio LP The Jimi Hendrix Concerts – 1982 Reprise ****, altra antologia di materiale di diversa provenienza, stranamente prodotto da Alan Douglas, che per una volta non riesce a creare disastri, pescando ancora da registrazioni tra il 1968 e il 1970 da Berkeley, San Diego Sports Arena, Royal Albert Hall, Winterland, New York, nel 1989 esce anche in CD per la Castle con l’aggiunta della bonus Foxey Lady registrata al Forum di Los Angeles https://www.youtube.com/watch?v=M5RieWR63_k , ma non mi risultano edizioni della Hendrix Experience via Sony Legacy, forse per problemi di diritti o perché aspettano il momento adatto.

L’Avvento Del CD, Pubblicazioni dal 1986 Al 2007

Hendrix_JohnnyB

In questo arco di tempo, con l’avvento del compact disc le uscite di materiale postumo inedito si moltiplicano, sia CD in studio che dal vivo, con i diritti che prima sono della Polydor e poi della MCA sempre del gruppo Universal, per poi passare dal 2010 alla Sony Legacy tramite l’acquisizione degli archivi degli eredi della famiglia via la Hendrix Experience, ma andiamo con ordine: nel 1986 esce Jimi Plays Monterey, già ricordato prima nelle edizioni più complete degli anni 2000, nel 1986 esce Johnny Be Goode – Capitol/EMI con due pezzi da Berkeley 1970 e tre dall’Atlanta Pop Festival, ma ne parliamo poi per i più completi Live At Berkeley e Freedom: Atlanta Pop Festival. Nel 1987 esce

hendrix Live_at_Winterland Hendrix TheJHEWinterland

Live At Winterland – Rykodisc/Polydor **** e poi come Winterland – 2011 4 o 5 CD Hendrix Experience ***** Una delle serie di concerti meglio documentata nella discografia di Jimi, insieme alle serate dei Band Of Gypsys: si tratta di sei esibizioni registrate al Winterland Ballroom di San Francisco, il famoso locale di proprietà di Bill Graham, tra il 10 e il 12 ottobre 1968, con brani già apparsi anche su Jimi Hendrix Concerts e l’appena citato Live At Winterland. Nel 5° CD bonus, uscito in esclusiva per l’Amazon.Com americano, ci sono cinque brani della serata al Fillmore Auditorium sempre di San Francisco del 4 Febbraio 1968, dove, con la presenza come ospite di Buddy Miles viene eseguita una lunga Dear Mr. Fantasy dei Traffic divisa in due parti. Inoltre nella data del 10 ottobre c’è Jack Casady al basso in Killing Floor ed Hey Joe, Virgil Gonsalves al flauto in Are You Experienced? dell’11 ottobre, e sempre nella stessa data Herbie Rich all’organo in cinque pezzi. Tra i brani interessanti fa la sua apparizione ben due volte Tax Free, un pezzo di Bo Hansson, musicista svedese con cui Hendrix aveva collaborato l’anno prima (il brano apparirà nel postumo South Saturn Delta), che poi negli anni ‘70 inciderà quattro ottimi album strumentali, tra gli altri Lord Of The Rings e Magician’s Hat. Nel corso delle serate gli Experience eseguiranno Sunshine Of Your Love, Wild Thing, lo Star Spangled Banner, una lunghissima Like A Rolling Stone, oltre a Catfish Blues e Killing Floor, nel concerto di Febbraio. Si ha da avere assolutamente https://www.youtube.com/watch?v=8YsXkIKSsYY . E anche

Jimi Hendrix_RadioOne

Radio One – 1988 Castle Records **** sarebbe tra quelli da avere. L’ho inserito tra i dischi dal vivo, in quanto queste sessions registrate per la BBC, spesso sono live, al Playhouse Theatre di Londra, e provengono dal periodo Febbraio-Dicembre 1967, con molte rare e sfiziose esibizioni: Day Tripper, Wait Until Tomorrow, Catfish Blues, Hound Dog, Hoochie Coochie Man, Burning Of The Midnight Lamp tra le tante. Ma ancora meglio è il doppio CD

jimi hndrix BBC_Sessions jimi hendrix Live_and_unreleased

BBC Sessions prima MCA 1998 e poi Hendrix Experience/Sony Legacy 2010 che amplia il contenuto da 17 a 38 brani, anche con pezzi di Bob Dylan e Stevie Wonder https://www.youtube.com/watch?v=JFpYU_wpi3U . Nel 1989 esce anche Live & Unreleased: The Radio Show ***1/2, un cofanetto da 3 CD, sempre della Castle, ma non più disponibile, che conteneva uno spettacolo radiofonico di 6 ore, trasmesso negli Stati Uniti tra il 2 e il 3 ottobre del 1988, che all’interno contava la presenza di molti brani veramente rari, non un bootleg (ma quasi). Tra il 1991 e il 1994 escono le prime edizioni di Woodstock e Isle Of Wight 1970, di cui abbiamo già parlato, mentre nel 1992 viene pubblicato il bellissimo cofanetto

Stages_by_Jimi_Hendrix

Stages – 1992 4CD Reprise ****1/2 che comprende un CD per anno, dal 1967 al 1970, due serate complete, una di Stoccolma https://www.youtube.com/watch?v=C7Ft8GxWYVs , Settembre 1967 e quella all’Olympia di Parigi del gennaio 1968 (poi pubblicata insieme ad un concerto a Ottawa dalla Dagger Records) *NDA E qui ci sarebbe da approfondire, ma visto che non li possiedo, mi limito a ricordarvi che si tratta di una serie di CD, pubblicati dalla Experience Hendrix e venduti direttamente in rete, non ritenuti adatti ad essere pubblicati a livello ufficiale, in quanto di qualità sonora diciamo non sempre impeccabile, ne sono usciti 12 tra il 1998 e il 2012, ma come fece incidere Califano sulla sua tomba, “non escluderei il ritorno”. Completano il cofanetto i concerti incompleti di San Diego 1969 e Atlanta International Pop Festival 1970, poi usciti in versione integrale in seguito. Nel 2003 per la MCA e poi nel 2010 esce il concerto completo di

Jimi_Hendrix_Live_At_Berkeley

Live At Berkeley 2003-2010 Sony Legacy Experience Hendrix ****

Stranamente uno dei Live postumi che ha più diviso i critici: alcuni entusiasti, che lo considerano tra i migliori concerti dell’ultimo periodo, si tratta di una serata al Berkeley Community Center del 30 maggio 1970, quindi con Billy Cox al posto di Neil Redding nei nuovi Experience, altri dicono che c’è di meglio, il sottoscritto propende per la prima ipotesi: con ottime esecuzioni di Pass It On che poi diventerà Straight Ahead, Hey Baby (New Rising Sun) e I Don’t Live Today. Ci sarebbero anche il DVD e il Blu-Ray, uscito nel 2012, di Jimi Plays Berkeley, con materiale extra sia audio che video, il tutto restaurato dal vecchio film del 1971 che documenta anche i disordini che ci furono con i movimenti universitari https://www.youtube.com/watch?v=FmlUMuPFzo8 . Direi tra i migliori della ultima fase, superato solo da quello alla Isola di Wight e dal nuovo Live At Maui. A questo punto per completare la disamina mancano gli ultimi due live postumi

jimi hendrix Miami_Pop_Festival_album_cover

Miami Pop Festival – 2013 Sony Legacy ***1/2 Peccato per la brevità, solo 60 minuti, inclusi i due brani del set pomeridiano che rimpolpano gli otto dello show della sera, però è ancora la prima edizione degli Experience e ci sono ottime versioni di Hey Joe, Tax Free, Hear My Train A-Comin’ e una lunga Red House, oltre ai primi classici https://www.youtube.com/watch?v=_PVjcIO4MT4 . E infine, last but not least, come dicono quelli che parlano bene, e per il momento, perché è impossibile dire che non ci saranno future uscite, ecco

jimi hendrix Freedom_Atlanta_Pop_Festival_album_cover

Freedom: Atlanta Pop Festival – 2015 2 CD Sony Legacy **** registrato a metà del Cry Of Love Tour il 4 Agosto del 1970: si tratta dello spettacolo con la più alta affluenza di pubblico in terra americana, tra le 200 e le 400.000 persone (E Woodstock dirà qualcuno? Il problema è che Hendrix in quella occasione fu l’ultimo ad esibirsi, in pratica alla mattina del quarto giorno e non era rimasta ad assistere, peggio per loro, molta gente). Pochi mesi dopo il CD fu pubblicato in DVD e Blu-Ray il documentario Jimi Hendrix: Electric Church che comprende anche il concerto https://www.youtube.com/watch?v=uNK5-tZ_OgA . Manca nella tracklist Hey Baby (New Rising Sun), omessa pare per problemi di accordatura della chitarra (ma non c’era il cinema verité?), comunque troviamo eccellenti versioni della rara All Along The Watchtower, Red House, Voodoo Child (Slight Return) e una scoppiettante Hear My Train A-Comin’ , con quello che viene considerato uno degli assoli più belli della sua carriera, e qualcuno nel tempo lo ha pur fatto!

Per dovere di cronaca e completezza vi cito un paio di cofanetti che riportano ancora altro materiale del vivo, ma che sono comunque interessanti per chi vuole avvicinare la musica di Jimi Hendrix, allora, prima di tutto

Jimi_Hendrix_Experience_(Box_set)_cover

The Jimi Hendrix Experience – 4 CD 2000/2015 Hendrix Experience Sony ****1/2 Conosciuto anche come il “vellutino”, perché nella prima edizione, pubblicata dalla MCA nel 2000, il frontespizio al tatto dava l’impressione di toccare del velluto crespo, non so dirvi se l’edizione ristampata dalla Sony abbia la stessa consistenza di materiale, comunque magari cercando si trova ancora la vecchia edizione, anche se la nuova è a prezzo speciale. 60 brani in tutto, di cui 21 dal vivo, tutti più o meno usciti nelle ristampe di cui abbiamo parlato finora, anche se a memoria ricordo una Burning Of The Midnight Lamp dell’agosto 1967 al Dee Time di Londra, Fire alla Clark University di Worcester, marzo 1968, e i quattro brani dal 7 al 10 del terzo CD che erano quelli apparsi su In The West e di cui abbiamo parlato https://www.youtube.com/watch?v=1kSYVZXJ85M . Altro Box fantastico è

Jimi Hendrix_Anthology West coast seattle

West Coast Seattle Boy: The Jimi Hendrix Anthology4 CD Sony Legacy 2010****1/2 qui i brani dal vivo sono meno di una decina, ma è molto interessante il contenuto in studio, sia quello degli anni pre-fama, che i moltissimi inediti e versioni alternative.

Questa è la “storia” di Jimi Hendrix, quattro anni vissuti intensamente e poi 50 anni di grande musica dal vivo per uno dei più grandi di sempre, e non è ancora finita.

Bruno Conti

Correva L’Anno 1968 2. Jimi Hendrix Experience – Electric Ladyland Deluxe Edition 50th Anniversary Box

jimi hendrix electric ladyland box front

Jimi Hendrix Experience – Electric Ladyland Deluxe Edition 50th Anniversary- Sony Legacy 3CD/Blu-ray – 6 LP/Blu-ray

Come ricordavo nel Post sul box del White Album dei Beatles, Electric Ladyland di Jimi Hendrix occupa “soltanto” il 55° posto nella classifica dei migliori dischi di tutti i tempi stilata dalla rivista Rolling Stone (nella stessa classifica Are You Experienced è nella Top 10) ma è sicuramente uno dei classici album da 5 stellette, un altro disco doppio come quello dei Beatles, l’ultimo disco di studio a venire pubblicato durante la vita di Jimi: Band Of Gypsys era un live e Cry Of Love uscirà postumo. La storia del disco fu tribolata sin dalla scelta della copertina che Hendrix voleva fosse questo scatto di Linda Eastman, non ancora McCartney, di alcuni bambini seduti insieme agli Experience sotto la statua di Alice Nel Paese delle Meraviglie nel Central Park di New York. L’etichetta americana però la rifiutò pubblicando uno scatto della testa dell’artista in primo piano durante in concerto, virata in giallo e rosso, mentre la Track inglese optò, con grande smacco di Hendrix, per una foto che ritraeva 19 ragazze completamente nude nella copertina apribile, e che fu rifiutata da molti negozi britannici che non vollero esporla.

Electric_ladyland_nude_front_and_back

Jimi_Hendrix_-_Electric_Ladyland

Il disco, uscito negli USA e in Gran Bretagna il 16 ottobre del 1968, fu comunque un grande successo: 1° posto negli Stati Uniti con 2 milioni di copie vendute, e solo 6° posto con appena 100.000 copie nel Regno Unito, ma a livello critico fu al tempo (quasi) unanimemente considerato uno dei capolavori assoluti, e da allora molti lo hanno ancor più rivalutato. Sedici brani per poco più di 75 minuti di musica, con almeno quattro/cinque brani destinati a diventare immortali, come Crosstown Traffic, le due versioni “spaziali” di Voodoo Chile Voodoo Child (Slight Return), Burning Of The Midnight Lamp e soprattutto la cover di All Allong The Watchtower di Bob Dylan (a mio modesto parere, nella discografia di Hendrix, insieme a Little Wing, uno dei dieci brani più belli della storia del rock), uno dei rarissimi casi, forse unico, in cui una rilettura di un artista diverso dell’autore, di quelli “importanti”, ha superato l’originale, tanto che lo stesso Dylan ha adottato, a modo suo e nel corso degli anni, quella di Jimi come la stesura definitiva di questa canzone. E nell’album ci sono comunque altre tracce da tesaurizzare e le vediamo tra un attimo.

jimi hendrix electric ladyland box

Nella nuova versione, per il 50° Anniversario, la Sony Legacy ha proposto questa edizione quadrupla, dove al disco originale, in una nuova masterizzazione di Eddie Kramer, l’ingegnere del suono che curò anche la prima edizione in LP, sono stati aggiunti un secondo dischetto con le Early Takes, ovvero 20 brani tra demos e studio outtakes registrati tra marzo e giugno del 1968, oltre ad un concerto tenuto alla Hollywood Bowl di Los Angeles il 14 settembre del 1968, mentre nel Blu-ray c’è il documentario The Making Of Electric Ladyland, già edito, ma qui integrato con del materiale aggiuntivo, oltre a tre differenti versioni per audiofili del disco originale, tra cui quella in 5.1 Dolby surround, che da quello che ho letto in giro qui e là per siti e forum, sono state accolte in modo ondivago, bene per alcuni, non in maniera del tutto positiva per altri, ma questo non dovrebbe inficiare la validità del cofanetto (anche se…), che è anche corredato da un librettone di 48 pagine, con la duplicazione dei testi scritti a mano da Hendrix, alcuni poemi, le sue istruzioni per la casa discografica e molte foto inedite delle sessions per l’album.

Veniamo quindi ad esaminare i contenuti. Il primo disco lo conosciamo tutti, ma è sempre un piacere andarlo a riascoltare: l’apertura, grazie all’uso delle tecnologie già disponibili all’epoca, è il suono di un extraterrestre o degli Dei che scendono sulla terra, grazie ai primitivi ma eccitanti suoni di …And The Gods Made Love, che nel 1968 erano assolutamente innovativi e quasi impensabili, subito seguiti da una sorta di delicata e melliflua ballata soul futuribile come Have You Ever Been (To Electric Ladyland), che anticipa il sound che avrebbe preso la musica nera da lì a poco, tra falsetti ed effetti speciali, con la chitarra di Jimi già unica e subito riconoscibile, mentre il basso, come in quasi tutto il disco, con la progressiva distanza per dissapori vari con Noel Redding, è affidato sempre a Hendrix. Crosstown Traffic, con la formazione degli Experience al completo e Dave Mason dei Traffic alle armonie vocali, fu il secondo singolo ad uscire ed è uno dei classici pezzi rock del gruppo, un riff fantastico, la batteria di Mitch Mitchell che impazza, un kazoo usato insieme alla chitarra alla ricerca di soluzioni sonore inconsuet,e ma semplici e il tocco inconfondibile della sua solista. Che viene subito spinta verso vette inarrivabili per tutti i chitarristi di allora (e anche di oggi) nel tripudio orgiastico degli oltre 15 minuti di Voodoo Chile, un blues elettrico all’ennesima potenza, con Jack Casady dei Jefferson Airplane al basso e Steve Winwood all’organo: si parte da Rollin’ Stone di Muddy Waters, e passando per John Lee Hooker B.B. King in pochi istanti siamo nella stratosfera del rock, in un brano che rilancia e rilancia di continuo l’improvvisazione pura in modo sontuoso ed imprevedibile, che dire, goduria sonora allo stato primordiale, una vera meraviglia, con Casady e Winwood che non sono solo comprimari ma parte attiva di un momento magico di quella notte del 2 maggio del 1968.

La seconda facciata, meno esplosiva, si apre con Little Miss Strange, un brano scritto e cantato da Noel Redding, un brano rock piacevole ma non particolarmente memorabile, anche se ulteriori sprazzi delle genialità di Hendrix sono percepibili anche in questo pezzo più leggero, dove comunque la chitarra è sempre alla ricerca di suoni ed effetti accostabili alla imperante psichedelia, Long Hot Summer Night è una collaborazione con Al Kooper, altro grande tastierista in auge in quel periodo, qui impegnato al piano, sempre in bilico tra blues, soul e il rock innovativo che fluiva a getto continuo dalla fertile immaginazione di Hendrix, che poi si reinventa un classico jump blues di New Orleans come Let The Good Times Roll di Earl King,  che fu un successo per Louis Jordan, qui rivoltato come un calzino e trasformato in una scintillante e travolgente Come On (Part I), dove Jimi aggiunge un nuovo testo e soprattutto ben quattro diversi assolo di chitarra nei quattro minuti del brano, con Noel Redding e Mitch Mitchell che propongono un ritmo travolgente per le improvvisazioni che iniziano a pigiare a fondo sul pedale del wah-wah. Che viene nuovamente utilizzato in maniera magistrale in Gypsy Eyes, lato B di Crosstown Traffic, batteria con compressione e in grande spolvero, suono che fluttua da un canale all’altro dello stereo ed effetti sonori sempre diversi creati dalla maestria del mancino del Seattle, in pieno trip creativo, che continua anche nella magnifica, malinconica e sognante Burning Of The Midnight Lamp, un brano registrato nel 1967 ancora con la produzione di Chas Chandler, con Hendrix che oltre ad impazzare con il suo wah-wah, suona anche un inconsueto clavicembalo e si affida ai cori delle Sweet Inspirations.

La terza facciata (ma è tutto su un CD, ragiono solo ricordando gli ascolti del vecchio LP doppio), è quella più sperimentale, dedicata alle jam sessions in libertà, dove si esplorano altri aspetti dello straordinario talento chitarristico di Hendrix, in grado di variare in modo incredibile il proprio menu sonoro, con dei mezzi che erano lontanissimi dalle possibilità fornite dall’attuale tecnologia: proprio Mike Finnigan, l’organista che suona nei primi due brani di questo terzo lato dell’album, racconta che quando venne chiamato da Jimi, di cui aveva ascoltato i primi due album, era in soggezione all’idea di incontrare questo grande innovatore, e pensava di trovare cataste di potenti amplificatori e aggeggi elettronici che permettevano di creare quel sound incredibile, trovandosi invece, con enorme stupore, davanti a un musicista che usava solo un piccolo amplificatore Fender Showman da 30 watt, da cui usciva tutto un mondo di suoni. In Rainy Day, Dream Away, una breve jam di neanche 4 minuti, che inizia con l’organo di Finnigan e un colpo di tosse, la chitarra di Hendrix è affiancata dal corno di Freddie Smith, mentre alla batteria siede Buddy Miles, nel finale Jimi fa letteralmente “parlare” la chitarra, con una improvvisazione al wah-wah, dove il suo cry baby assume veramente tonalità quasi da voce umana. Il secondo brano è anche meglio: la lunga 1983… (A Merman I Should Turn to Be) dove il musicista americano, sfruttando appieno le possibilità dello studio di registrazione, crea quasi una sinfonia rock di oltre 13 minuti, abilmente aiutato dal flauto di Chris Wood dei Traffic,  e sulle ali di un testo con accenni di fantascienza futuribile, immagina universi sonori impensabili per qualsiasi altro musicista dell’epoca, e  suoni che probabilmente avrebbero influenzato anche l’imminente svolta elettrica del Miles Davis di Bitches Brew, grazie ad una fantasia e ad una perizia tecnica veramente ammirevoli, Moon, Turn the Tides… Gently, Gently Away, è solo una breve coda basata su effetti sonori creati ad hoc, per chiudere questo onirico e visionario tuffo nel futuro.

La quarta facciata si apre con Still Raining, Still Dreaming che riprende il tema musicale che stava sfumando in Rainy Day…, con Buddy Miles di nuovo alla batteria, Larry Faucette alle percussioni, Freddie Smith ancora al corno e Finnigan all’organo, e Hendrix nuovamente impegnato a creare sonorità esaltanti con il suo wah-wah parlante quasi preternaturale. House Burning Down è un brano che neppure troppo velatamente fa riferimento alle tensioni razziali in corso in America in quel periodo  «Look at the sky turn a hell fire red, somebody’s house is burnin’ down down, down down», e nel quale la chitarra di Jimi riproduce nel finale il suono di una casa che sta crollando, mentre prima le continue stilettate della sua solista sono sempre al servizio del suo funky-rock-blues , come dire, “hendrixiano”! Se tutto il resto del disco non fosse già straordinario, a questo punto arriva All Along The Watchtower, dove la re-immaginazione di un brano già molto bello di suo, raggiunge vertici sublimi quasi ai limiti dell’impensabile, come ha dichiarato lo stesso Bob Dylan, una canzone che non si può descrivere, si può solo ascoltare in totale riverenza per un talento assoluto che in soli tre anni ha cambiato la storia del rock. E il disco finisce in gloria con un’altra orgia di wah-wah e rock allo stato puro, come Voodoo Child (Slight Return), un brano di una potenza devastante dove gli Experience originali, Noel Redding Mitch Mitchell danno una mano a Hendrix per un tuffo nelle profondità più buie del rock-blues contemporaneo.

Il secondo CD contiene gli Early Demos, ovvero per dargli il suo titolo completo, At Last…The Beginning: The Making Of Electric Ladyland, The Early Years:prima la genesi di come fu creato questo album, attraverso una serie di  diverse registrazioni in solitaria di Jimi Hendrix al Drake Hotel di New York, dove risiedeva a quell’epoca e sul suo Teac registrava le idee e le sensazioni di come avrebbe voluto sviluppare le sue canzoni. Alcune finiranno sul disco finito, altre verranno completate ed usate negli anni successivi, altre ancora usciranno solo postume. Ecco quindi scorrere, solo voce e chitarra elettrica, alcune delle prime scheletriche stesure di brani come 1983…(A Merman I Should Turn To Be), Angel, lo strumentale Cherokee Mist, una brevissima Hear My Train A Comin’, Voodoo Chile, già quasi completa nei suoi oltre dieci minuti, anche se il testo è diverso, incompleto e Hendrix prova diverse soluzioni, anche Gypsy Eyes è solo una sketch embrionale, come pure Somewhere, dove appare anche una armonica ad evidenziarne lo spirito blues, ma la voce è solo una traccia guida e Jimi suona la chitarra acustica. Long Hot Summer Night appare in tre versioni diverse, nessuna particolarmente memorabile corre l’obbligo di dire, anche la brevissima Snowballs At My Window appare particolarmente trascurabile e My Friend è un altro blues acustico destinato probabilmente solo ai fanatici hendrixiani. And The Gods Made Love (At Last…The Beginning) è il primo provino di studio. Da qui in avanti le cose si fanno più interessanti:Angel Caterina, una variazione su una parte del tema di 1983 Little Miss Strange, entrambe prevedono la presenza di Buddy Miles alla batteria e Stephen Stills che appare al basso solo nella seconda, vengono da una seduta di registrazione ai Sound Studios di New York del marzo 1968, e sono canzoni ben delineate ed affascinanti, anche se finiscono od iniziano alquanto brutalmente.

Le due takes di Long Summer Night, solo la chitarra di Hendrix e il piano di Al Kooper la prima, e più definita benché strumentale la seconda, arrivano da una seduta ai Record Plant Studios. Rainy Day, Dream Away Rainy Day Shuffle, sono due registrazioni diverse di giugno del 1968, complete, ma ancora senza la parte magica della chitarra con wah-wah parlante della stesura definitiva, Finnigan e Freddie Smith sono presenti a rendere interessanti ma non definitive le versioni. Viceversa molto bella una lunga take in libertà, di pura improvvisazione, solo Jimi Hendrix e Mitch Mitchell a provare la parte strumentale di 1983…(A Merman I Should Turn To Be). Il terzo CD comprende il concerto Live At The Hollywood Bowl del 14 settembre 1968, uscito come bootleg ufficiale per la Dagger Records, l’etichetta della famiglia Hendrix che pubblica le registrazioni live postume dell’artista di Seattle. Il concerto è bello ed interessante, e con la Jimi Hendrix Experience non poteva essere diversamente, ma la qualità della registrazione è decisamente scarsa, a voler essere generosi e per usare un eufemismo, non particolarmente memorabile. Il repertorio viene da tutti i tre album del trio: Voodoo Child (Slight Return) è nella versione monstre da oltre dieci minuti, che è poi un composito delle due, Red House è sempre uno dei blues elettrici più belli di sempre, Hey Joe non delude, c’è anche una cover di Sunshine Of Your Love dei Cream, oltre a Foxey Lady,una ferocissima Fire, I Don’t Live Today, ma la voce e gli strumenti spesso vanno in saturazione. Purtroppo anche quella che pareva una notevole versione di Little Wing, che pure viene stoppata per problemi tecnici e a causa di un pubblico irrequieto, quasi non si sente a causa della registrazione scadente. A chiudere, l’inno Star Spangled Banner e una Purple Haze sempre molto pasticciata a livello sonoro. Del Blu-ray abbiamo ricordato i contenuti, ma per concludere diciamo che se questo è sicuramente un capolavoro assoluto nel primo disco e non si discute, per il resto si poteva fare molto meglio, visti i 50 euro e passa che ti chiedono per il cofanetto. 

Burno Conti

L’Originale Non C’è Più, Ecco Una Buona “Copia” di Jimi Hendrix! Randy Hansen – Funtown

randy hansen funtown

Randy Hansen – Funtown – Jazzhaus Records/Ird 

Come si usa dire, se non possiamo avere “l’originale” accontentiamoci di una copia. L’originale ovviamente è Jimi Hendrix, che comunque anche post mortem continua ad avere una cospicua produzione discografica, mentre la copia, nel caso specifico, è tale Randy Hansen, nato non a caso a Seattle, sempre non a caso mancino e chitarrista, nonché grande fan, “impersonificatore” (anche nei tratti del volto) e, proprio volendo molto allargarsi, erede di Hendrix. Ruolo che spetta sicuramente più a Robin Trower, a Stevie Ray Vaughan, in parte a Frank Marino (che comunque ha avuto belle parole per Hansen, che nella sua smania di tributi ne ha dedicato uno anche al chitarrista dei Mahogany Rush).

Forse non tutti sanno che la carriera di Randy era partita col botto quando Francis Ford Coppola, avendo sentito delle mirabolanti capacità tecniche chitarristiche di Hansen gli affidò parte degli effetti sonori che si sentono in Apocalypse Now, sedici minuti dove il nostro con chitarra e basso riproduceva scoppi di bombe, colpi di cannoni, raffiche di fucili, poi incorporati nella colonna sonora del film. Come conseguenza la Capitol gli offrì un contratto discografico che sfociò nella pubblicazione del suo primo omonimo album di esordio nel 1980, seguito poi da una lunga sequenza di dischi che nel corso degli anni lo avrebbero portato a suonare anche con Buddy Miles e poi con Noel Redding: molti di queste uscite discografiche vertevano naturalmente sulla musica e le canzoni di Jimi Hendrix, ma non solo, Hansen, oltre a Marino, ha “omaggiato” anche altri artisti, nel suo ultimo disco in studio del 2004 Alter Ego, riprendeva anche brani dei Traffic e dei Led Zeppelin, in un ambito prettamente acustico. Ma la passione per Hendrix, estrinsecata in una copiosissima serie di CD e DVD, per lo più dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=0EyIrDgYn8E , ritorna sempre a galla: anche quando Randy non suona brani del suo idolo lo stile è comunque sempre quello, chitarra molto effettata, spesso con wah-wah innestato, dal vivo suonata, manco a dirlo, anche dietro la schiena e con i denti, e i risultati, anche se sfiorano spesso e volentieri il plagio, non sono poi malvagi; si sente che quella del nostro è una passione unica ed irrefrenabile, ma ricca di rispetto e amore per l’oggetto del suo amore.

Mi pare di avere recensito dei suoi dischi nei tempi che furono (passano gli anni) ma lo stile è sempre stato quello che ora viene ripreso anche in questo Funtown che rompe undici anni di silenzio discografico e (ri)parte subito con una title-track che sembra provenire dai solchi di Electric Ladyland, oltre 8 minuti, spesso in modalità wah-wah (ma Hansen nel disco suona tutti gli strumenti, esclusa la batteria affidata al figlio Desmond nel brano The Pain) per una musica che non nasconde le sue origini e le sue derivazioni dichiarate e quindi alla fine non dispiace, perché questo signore la chitarra la sa suonare, come si sente anche nel rock-blues alla Spirit di Randy California (altro grande epigono hendrixiano) di Save America, o nel breve strumentale Odd Ball.

Ogni tanto si esagera senza costrutto come in Mind Controller, ma altrove, per esempio nel simil blues tanto caro a Jimi di una Paramount, il lavoro di chitarra è persino raffinato e ricco di tecnica. Senza ricordarle tutte, ce ne sono ben 15 per oltre 75 minuti di musica, citiamo la futuristica Izaiah, la ballata Two Wonderful Butterflies, la lunghissima elettroacustica Underwater Lazarium, forse un po’ prolissa e che si rianima nel finale, o la citata The Pain. In altri momenti l’effetto Jimi è troppo esagerato e straniante, ma nell’insieme questo Funtown si lascia ascoltare, anche per la presenza di alcuni brani pastorali che possono rimandare pure a sonorità Pink Floyd, o così dice il comunicato stampa dell’etichetta che però in parte si può condividere, meno quando si parla di Frank Zappa. Ovviamente trattasi di disco soprattutto indicato per gli amanti della chitarra elettrica, qui se ne trova parecchia e ben suonata.

Bruno Conti

Un Grande Disco “Hendrixiano”. Randy California – Kapt. Kopter and The (Fabulous) Twirly Birds

 

randy california.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Randy California – Kapt. Kopter and The (Fabulous) Twirly Birds – Esoteric Recordings

Questo disco credo sia stato l’album più Hendrixiano mai uscito senza il nome di Jimi Hendrix sulla copertina del disco stesso e anche il migliore, aggiungo (forse con l’eccezione dei primi dischi di Robin Trower).

Emuli hendrixiani negli anni a seguire ce ne sono stati a bizzeffe ma nessuno ha raggiunto l’intensità e la “precisione” di questo disco, forse perché Randy California aveva condiviso una parte del tragitto della carriera di Hendrix quando negli Stati Uniti si esibiva ancora come Jimmy James  and the Blue Flames prima di venire “scoperto” da Chas Chandler. California (così soprannominato da Hendrix per non confonderlo con un Randy Texas che già suonava nel gruppo) sostiene addirittura di essere stato lui a proporsi e di avere mostrato alcune tecniche bottleneck ad un interessato Jimi e non viceversa. Ma non lo sapremo mai: il fatto sicuro è che quando Hendrix si trasferì in Inghilterra per iniziare la sua carriera leggendaria Randy non lo poté seguire in quanto allora era solo un 15enne prodigio (prodigio ma troppo giovane per espatriare secondo le leggi americane) e quindi gli Experience in versione quartetto sono rimasti una chimera.

Ma il giovane Wolfe sotto l’egida del “patrigno”  Ed Cassidy (che aveva sposato la mamma di Randy ma soprattutto ero un notevolissimo batterista di stampo jazz) fonda gli Spirit, che secondo molti sono stati il più grande gruppo progressive (e psichedelico, acid-rock perfino) di quegli anni e forse di sempre, i più bravi, i più eclettici, con quella capacità di fondere l’improvvisazione del jazz con il vigore del rock. Ma saltiamo la storia degli Spirit pari pari e arriviamo all’inizio del 1972, il suo ex gruppo, senza California, ha pubblicato Feedback, che era non un grande disco per usare un eufemismo, e il nostro amico entra in studio per registrare quello che sarà il suo primo album da solista (e unico perché poi si riapproprierà del marchio Spirit). Lo spirito di Hendrix aleggia sulle operazioni anche per il bassista, tale Clit McTorius (spiritosi!) altri non era che Noel Redding che si era portato al seguito il batterista Henry Manchovitz al secolo Leslie Sampson.

Il trio registra tre brani, l’iniziale, poderosa e portentosa, hendrixiana fino al midollo ma nel miglior senso del termine, Downer, una esplosione di chitarre impazzite, voce filtrata e ritmiche spezzate che ancora oggi suona “moderna” come quasi tutta l’opera del mancino di Seattle. La somiglianza con i brani di Hendrix è impressionante, potreste presentarlo in un blind test a qualche vostro amico e spacciarlo per un inedito senza problemi di sorta, e pure di quelli belli watch?v=b0TcAs65YbYLe chitarre impazzano da un canale all’altro dello stereo, Randy California filtra la sua voce sotto tre tonnellate di eco (negli Spirit il cantante principale era Jay Ferguson) e inizia la seconda fase della sua carriera, quella della divulgazione del Credo hendrixiano che avrà il suo compimento negli Spirit riuniti che spesso riprenderanno brani di Jimi Hendrix o di Dylan, ma con spirito hendrixiano, negli anni a venire, con risultati spesso eclatanti (qualcuno ha detto Spirit of ’76?).

Devil, il secondo brano del disco, con le sue atmosfere pigre e sognanti, già indica la strada futura e qui agisce la seconda formazione che si alterna negli otto brani originali del vinile dell’epoca: Cass Strange che è lo pseudonimo scelto da Ed Cassidy e i bassisti Tim McGovern e Larry “Fuzzy” Knight, inutile dire che la qualità della musica è sempre sopraffina. I don’t Want Nobody è la prima cover, un brano di James Brown, che viene sottoposto alla cura California e pur mantenendo dei tratti “neri” nei coretti di mamma e sorella Wolfe e nel basso superfunky, a tutti gli effetti è un’altra “meraviglia” rock con vorticose chitarre ovunque. Day Tripper è la prima delle due cover dei Beatles, con il celeberrimo riff sparato a volumi incredibili mentre anche Mother and Child Reunion di Paul Simon subisce lo stesso trattamento heavy-psichedelico a metà strada tra vecchi e nuovi Spirit risultando comunque sempre godibilissima e feroce al tempo stesso. La formazione con Redding torna per le sperimentazioni ancora in salsa simil-funky futurista di Thing Yet To Come e per la seconda cover dei Beatles, quella Rain che alla sua prima apparizione (e ancora oggi) fu uno dei primi brani psichedelici e acidi della storia del rock, inutile dire che questa versione accentua gli aspetti più sperimentali del brano, li dilata, ma secondo me non li supera, pur restando una ottima versione, la conclusiva Rainbow è un altro breve sketch tipicamente californiano (nel senso di Randy) mentre le tre bonus di questa riedizione della Esoteric (che è uguale a quella fatta dalla Sony) sono i due lati del 45 giri promozionale dell’epoca: una divertente e trascinante Walkin’ The Dog e l’ennesima omaggio all’arte di Hendrix con la deliziosa Live For The Day che illustra il suo lato più black. Conclude le operazioni lo strumentale inedito Rebel registrato nel corso delle stesse sessions.

Randy California muore per annegamento nel tentativo riuscito di salvare l’allora dodicenne figlioletto Quinn, al largo delle Hawaii il 2 gennaio 1997.

Bruno Conti