The Best Of 2017, Il Meglio Delle Riviste Internazionali: Mojo, Q Magazine E Uncut

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Anche quest’anno, sia pure un po’ in ritardo rispetto al 2016, facciamo un giro nelle proposte di fine anno sui dischi migliori usciti nel corso del 2017, attraverso alcuni post che raggrupperanno diverse delle principali riviste e siti musicali. Devo dire che ormai sempre più spesso mi ritrovo a condividere poco o nulla di queste classifiche (oltre a tutto molto simili tra loro), tanto che la coincidenza tra gli album segnalati sul Blog e quelli che appaiono in queste liste è diventata veramente scarsa. Comunque per tradizione continuo a proporvi le loro scelte, sperando sempre di trovare magari qualche chicca che è sfuggita alle nostre orecchie e che possa essere interessante da approfondire per chi è alla ricerca di prodotti validi e intriganti per i propri ascolti (a quello scopo ho inserito qualche video per i nomi che mi sono sembrati validi o tra i meno peggio), nascosti tra miriadi di rap, hip-hop, dance, musica elettronica, pop vario, coniugato in improbabili nuove definizioni (che cacchio di genere è il “footwork”? Lo so, ma siamo quasi alla follia) e miriadi di “alternative”, rock, indie, folk, R&B, eccetera. Anche la rivista Mojo si è aggregata a questo andazzo e quindi da qualche tempo ho smesso di leggerla con frequenza, giusto qualche capatina di tanto in tanto (infatti solo un titolo di questa classifica ha avuto un Post sul Blog). In ogni caso partiamo con loro: sono i primi 15 dell lista della rivista  su 50 titoli indicati, andando a ritroso fino al primo posto.

MOJO’s Top 15 Albums of 2017

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15. Sparks – Hippopotamus

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14. This Is The Kit – Moonshine Freeze

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13. Ghostpoet – Dark Days + Canapés

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Gli unici di cui abbiamo parlato della lista di Mojo http://discoclub.myblog.it/2017/09/07/musica-indie-di-classe-per-orecchie-mature-the-national-sleep-well-beast/ .
12. The National – Sleep Well Beast

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11. The Moonlandingz – Interplanetary Class Classics

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10. Aldous Harding – Party

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9. Sleaford Mods – English Tapas

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8. Hurray For The Riff Raff – The Navigator

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7. Kendrick Lamar – DAMN.

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6. St. Vincent – MASSEDUCTION

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5. Jane Weaver – Modern Kosmology

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4. A Tribe Called Quest – We got it from Here… Thank You 4 Your service E questo è pure uscito a novembre del 2016

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3. Queens of the Stone Age – Villains

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2. Nadia Reid – Preservation Questa signora mi sembra veramente brava

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1. LCD Soundsystem – American Dream

 

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Q MAGAZINE’S TOP 15 LPS OF 2017

 

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15. Liam Gallagher – As You Were

 

14. Sampha – Process

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13. The Horrors – V
12. Sleaford Mods – English Tapas

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11. Stormzy – Gang Signs & Prayer
10. The National – Sleep Well Beast
9. Queens of the Stone Age – Villains

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8. Baxter Dury – Prince of Tears

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7. Father John Misty – Pure Comedy

6. St. Vincent – MASSEDUCTION

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5. Gorillaz – Humanz

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4. Lorde – Melodrama

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3. Wolf Alice – Visions of a Life

2. LCD Soundsystem – American Dream

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1. Kendrick Lamar – DAMN.

 

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Uncut’s Top 15 Albums of 2017

E nella classifica di Uncut devo ammettere che ne ho trovati parecchi di album validi, magari non i miei preferiti assoluti ma insomma ci può stare, in parte.

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15. Joshua Abrams & Natural Information Society – Simultonality

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14. Julie Byrne – Not Even Happiness

13. Father John Misty – Pure Comedy

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12. Peter Perrett – How The West Was Won Al sottoscritto questo è piaciuto moltissimo http://discoclub.myblog.it/2017/08/25/un-brillante-ritorno-a-sorpresa-inatteso-e-gradito-peter-perrett-how-the-west-was-won/ .

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11. Slowdive – Slowdive
10. Hurray For The Riff Raff – The Navigator
9. St. Vincent – MASSEDUCTION

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8. Courtney Barnett & Kurt Vile – Lotta Sea Lice Bella canzone e bellissimo video.

7. The National – Sleep Well Beast

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6. Richard Dawson – Peasant

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5. Joan Shelley – Joan Shelley

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4. The Weather Station – The Weather Station veramente un bel disco http://discoclub.myblog.it/2017/11/10/una-sorta-di-novella-joni-mitchell-2-0-weather-station-weather-station/

3. Kendrick Lamar – DAMN.

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2. The War on Drugs – A Deeper Understanding

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1. LCD Soundsystem – American Dream

Per oggi è tutto, nei prossimi giorni altre liste.

Bruno Conti

Una Sorta Di Novella Joni Mitchell 2.0? Weather Station – Weather Station

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Weather Station – Weather Station – Paradise Of Bachelors

I Weather Station sono una “band” di Toronto, fondata dalla brava cantautrice canadese Tamara Lindeman, band che nel corso degli anni ha subito vari cambi di formazione, fino ad arrivare a questa ultima “line-up”: un trio composto oltre che da Tamara, chitarra, banjo e voce, da Ben Whiteley al basso (Basia Bulat), e Don Kerr alla batteria, con il contributo di musicisti del valore di Ben Boye alle tastiere (Ryley Walker), il chitarrista Nathan Salsburg, e dei colleghi cantautori Daniel Martin Moore, e Alfie Jurvanen in arte Bahamas, oltre all’intrigante musicalità di un quartetto d’archi.  L’album di debutto risale al teatrale The Line (09), a cui fanno seguito il più maturo ed emotivo All Of It Was Mine, un lungo EP What I Am Going To Do With Everything I Know (14), con sonorità e atmosfere più distese, per poi trasferirsi nella bella Parigi per registrare Loyally (15), il loro disco più intenso e ambizioso, prima di arrivare a questo lavoro omonimo, registrato nuovamente in patria negli studi Hotel2Tango di Montreal, disco che assembla undici brani in forma letteraria e poetica, su un bel tessuto musicale di nuovo molto ambizioso e in parte anche“cinematico”.

Le “previsioni meteorologiche” di Tamara e dei suoi aiutanti iniziano con il folk elettrico di Free https://www.youtube.com/watch?v=4H38qeiD70U , a cui fanno seguito la solare armonia di una “agreste” Thirty, e poi una sontuosa ballata orchestrale (quasi barocca) come You And I (On The Other Side Of The World), per poi cambiare in parte ritmo con una nervosa Kept It All To Myself, con un bel lavoro della sezione ritmica e delle chitarre https://www.youtube.com/watch?v=liDW1ZIrP6g . Non c’è spazio per un calo di tensione in questo lavoro, e la dimostrazione è nell’incedere tambureggiante della seguente Impossible, passando poi al sussurrato “talking blues” di Power, cantata con soave grazia da Tamara, arrivando quasi a rasentare la psichedelia con l’intrigante Complicit https://www.youtube.com/watch?v=T7FcWBZTZlM , e sbalordirci con il moderno valzer di Black Flies, percorso dalla dolci spire di un flauto. Le previsioni ormai volgono al meglio, e lo dimostrano la pianistica, tenue e lievemente “jazzata” Don’t Know What To Say. in cui sembra di sentire l’eleganza sonora di Suzanne Vega, i “gioiosi” arpeggi di ampio respiro di In An Hour, e chiudere alfine le previsioni meteo con il piano e i soavi archi di una “mitchelliana” The Most Dangerous Thing About, che non fa che confermare la classe e la bravura di questa cantautrice di Toronto (e la sua ragione sociale The Weather Station).

Ho letto su varie riviste di settore che Tamara Lindeman viene accostata, di volta in volta, per affinità musicali e vocali a cantautrici quali Linda Perhacs, Suzanne Vega, Aimee Mann, ma, non c’erano dubbi a proposito, soprattutto alla grande Joni Mitchell (ed è quello che pensa anche chi scrive, con i dovuti distinguo sulla classe immane della Mitchell), e anche se per ora il nome di questa “signorina” non è troppo conosciuto dalle nostre parti, presumo che si sentirà parlare parecchio di lei nei prossimi anni, in quanto questo ultimo lavoro non è un semplice album di mere canzoni, ma una narrazione letteraria che si fonde con la forza comunicativa della sua musica. Devo ammettere che non conoscevo bene la sua musica, ma alla fine di questo percorso recensorio e dell’ascolto anche dei suoi primi dischi, mi sbilancio a dire che siamo di fronte ad uno dei talenti più cristallini del nuovo cantautorato femminile americano (canadese) in circolazione.

Tino Montanari