Da Qui In Poi Il Mondo Del Rock Non E’ Stato Più Lo Stesso! Bob Dylan – The Bootleg Series Vol. 12 – 1965/1966: The Cutting Edge Parte II

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Bob Dylan – The Bootleg Series Vol. 12 – 1965/1966: The Cutting Edge Columbia/Sony 2CD – 3LP – Deluxe 6CD – Super Deluxe 18CD + 9 45rpm

Parte II

CD 3-8 – Highway 61 Revisited: il miglior disco di Dylan (ma Blonde On Blonde lo segue di un’attaccatura) è anche quello che regala più sorprese tra le outtakes: è incredibile notare come a distanza di pochi mesi anche lo stile di scrittura del nostro sia cambiato, molto più rock e blues che nel disco precedente, dove era ancora legato a stilemi folk. Intanto abbiamo quattro takes complete di If You Gotta Go, Go Now (la migliore è la prima), e non capisco come all’epoca sia stata pubblicata solo come lato B di un singolo uscito soltanto in Benelux (e nel 1967), ma poi ci sono diverse versioni di It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Train To Cry, tutte più veloci di quella quasi honky-tonk apparsa sull’album, anche se con arrangiamenti diversi tra loro (splendida la take 6, rock’n’roll allo stato puro, anche se purtroppo si interrompe, e niente male anche la 8, più bluesata https://www.youtube.com/watch?v=sp0AESxrPyk ). Anche la poco nota Sitting On A Barbed-Wire Fence fa la sua bella figura, specie la seconda take, con uno strepitoso Mike Bloomfield alla solista; uno dei momenti più piacevoli è la parte dedicata al singolo Positively 4th Street, dove la primissima take era già secondo me perfetta, più rilassata della versione pubblicata, mentre l’altra canzone uscita nel periodo su 45 giri, cioè Can You Please Crawl Out Your Window?, ha avuto come preferenza una delle versioni incise in seguito durante Blonde On Blonde con The Band, ma non ho problemi ad affermare che preferisco quella uscita da queste sessioni (ed una di queste takes all’epoca era stata messa per sbaglio sul lato B di alcune copie di 4th Street), più cantata e melodica, quasi un’altra canzone. Anche From A Buick 6 ha avuto una versione più veloce e roccata messa per errore sulla prima edizione di Highway 61 (ed io ne possiedo orgogliosamente una copia), e qui la troviamo; la sirena sulla title track originale non mi aveva mai convinto, molto meglio a mio parere la take 3, a tempo di boogie e con un Bloomfield spettacolare. Ma l’highlight lo troviamo sull’ottavo CD: a parte due takes incomplete di Medicine Sunday, un brano rimasto negli archivi, spicca la take 4 della grandissima Desolation Row in versione full band, una strepitosa versione mai sentita prima, una canzone indimenticabile in una veste completamente diversa (ce ne sarebbe un’altra altrettanto bella solo voce e piano, ma dura lo spazio di due minuti). Ho volutamente lasciato per ultimo il quarto CD, cioè quello interamente dedicato a Like A Rolling Stone (inserito anche nella versione sestupla), perché paradossalmente è la parte meno interessante del cofanetto, in quanto, dopo alcune prove iniziali (anche a tempo di valzer https://www.youtube.com/watch?v=fWn5fpr_IwA ) dove Dylan e la band “cercano” la melodia giusta e gli accordi adatti, abbiamo quasi subito la take 4 che è poi quella che tutti conosciamo; ebbene, secondo me si erano accorti anche loro di avere appena fatto la storia, in quanto dopo abbiamo altri nove tentativi suonati senza troppa convinzione e quasi per dovere istituzionale, ma avevano capito che la magia se n’era andata con quell’unica, magnifica take. (NDM: impagabile sentire Tom Wilson, poco prima della versione “giusta”, rivolgersi ad Al Kooper con un divertito “What are you doing out there?”, in quanto il musicista newyorkese, scritturato come chitarrista ritmico, si era seduto all’organo per provare il leggendario riff che contrassegnerà per sempre la canzone in questione e darà di fatto il via anche alla sua carriera di organista).

CD 9-17 – Blonde On Blonde: in realtà il nono dischetto prende in esame una session “spuria” di Dylan con The Band (allora ancora The Hawks e senza Levon Helm), dove vengono suonate diverse takes di I Wanna Be Your Lover, che si pensava di pubblicare come singolo ma poi è rimasta inedita fino a Biograph (non era comunque un grande brano, anche se il riff spaccava), oltre ad una interessante jam strumentale senza titolo e, soprattutto, una prima versione della splendida Visions Of Johanna (ma quella finita sul disco appartiene ad una sessione successiva incisa a Nashville con musicisti locali più Robbie Robertson), con un ritmo decisamente più sostenuto ed indubbiamente intrigante, certamente una delle perle del box (la take 5 è da urlo). Per quanto riguarda Blonde On Blonde, l’album in cui Dylan trovò quello che definì il “sottile e selvaggio sound al mercurio”, voglio limitarmi ai brani imperdibili (cosa che peraltro ho fatto finora, ma il materiale è talmente vasto), tra i quali vi è certamente una She’s Your Lover Now per voce e piano, magari formalmente imperfetta ma con un feeling da brividi: meritava assolutamente di finire sul disco, magari al posto di Pledgin’ My Time o Most Likely You Go Your Way. Poi abbiamo la costruzione passo dopo passo, frammento dopo frammento, della cristallina One Of Us Must Know, un brano letteralmente creato in studio, un’unica take dell’inedita Lunatic Princess, uno spigliato rock-blues dominato dal piano elettrico che meritava di essere approfondito, ed una deliziosa versione strumentale di I’ll Keep It With Mine senza Dylan ma con i Nashville Cats (nello specifico Charlie McCoy, Wayne Moss, Joe South e Kenny Buttrey).  Interessante poi vedere come Stuck Inside Of Mobile With The Memphis Blues Again sia diventata quella che conosciamo, e per la quale personalmente non ho mai sbavato, solo alla fine, in quanto per tutte le takes è stata suonata con un ritmo più lento ed un arrangiamento blue-eyed soul secondo me più stimolante (e addirittura nella primissima prova come country ballad nashvilliana). Il tour de force (ma un tour de force di puro godimento), si chiude con la splendida I Want You, cioè quello che più assomigliava al tentativo di Bob di scrivere un singolo pop, la cui take 1 è abbastanza diversa da quella pubblicata ma quasi altrettanto bella https://www.youtube.com/watch?v=m_5q-uqNeE4 .

CD 18: ecco la chicca assoluta del box (presente solo in questa edizione), cioè una serie di brani acustici registrati dal nostro in camere d’albergo da solo o in compagnia in tre differenti momenti: otto brani al Savoy Hotel di Londra nel 1965 con Bob Neuwirth e Joan Baez (alcuni frammenti di questa particolare session sono immortalati nel famoso documentario Don’t Look Back https://www.youtube.com/watch?v=5VvHyCy5kDs ), sei al North British Station Hotel di Glasgow nel 1966 con Robbie Robertson e, nello stesso anno, altre sette canzoni in un non meglio specificato hotel di Denver, Colorado, alla presenza del noto giornalista Robert Shelton: tutto è informale al massimo, non si pensava certo ad una pubblicazione, ed anche la qualità del suono varia. I brani del Savoy sono solo cover, e sia sound che performance sono eccellenti: Dylan qui anticipa inconsciamente i Basement Tapes, con punte come la bellissima More And More (Webb Pierce), o il medley di tre classici di Hank Williams (Weary Blues From Waitin’, un’ispirata Lost Highway ed una I’m So Lonesome I Could Cry appena accennata), ma soprattutto il traditional Wild Mountain Thyme, in cui Bob e Joan armonizzano alla grande, facendo pensare che l’avessero provata prima a nastro spento. I brani di Glasgow e Denver sono ancora più interessanti, in quanto troviamo tutte canzoni inedite che Bob non riprenderà mai più: Glasgow è più una songwriting session che altro, con Dylan e Robertson che tentano di trovare la melodia e gli accordi giusti, a volte procedendo per tentativi, e sinceramente dispiace che questi pezzi verranno poi dimenticati, in quanto in almeno due casi (la romantica I Can’t Leave Her Behind e la folkeggiante If I Was A King) c’erano i germogli della grande canzone. A Denver, oltre a due performance in solitario di Just Like A Woman e Sad-Eyed Lady Of The Lowlands e altri due inediti minori (Don’t Tell Him, Tell Me e If You Want My Love) troviamo tre takes della misteriosa Positively Van Gogh, per decenni oggetto del desiderio dei collezionisti più incalliti. Peccato però che qui la qualità di registrazione non sia proprio il massimo, per usare un eufemismo.

In definitiva un box che definire strepitoso è il minimo: facendo le debite proporzioni, è come tornare indietro di centinaia di anni ed assistere dal vivo a Leonardo Da Vinci che dipinge la Gioconda; ho però troppo rispetto per i portafogli altrui per consigliare l’acquisto di questa versione, ma almeno quella sestupla è obbligatoria.

Questa non è solo musica: è storia.

Marco Verdi

Questa E’ La Nashville Che Piace A Noi! Dylan, Cash And The Nashville Cats: A New Music City

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Artisti vari – Dylan, Cash And The Nashville Cats: A New Music City – Sony Legacy 2CD

Nella sua lunga carriera Bob Dylan è stato un innovatore ed un precursore in varie fasi e per motivi diversi (la svolta elettrica di Newport del 1965 è senz’altro la più famosa), ma uno degli episodi passati forse più sottotraccia è stato quando, su suggerimento del produttore Bob Johnston, si recò a Nashville nel 1966 per incidere il capolavoro Blonde On Blonde con l’ausilio di sessionmen locali. Fino a quel momento infatti Nashville era stata un mondo a parte, un luogo dove veniva registrata quasi tutta la musica country prodotta in America, e l’incontro con Dylan segnò una svolta importante, in quanto da quel momento i due mondi, quello del country e quello del rock, incominciarono a fondersi insieme, e sempre più artisti cominciarono a recarsi nella città del Tennessee a registrare i loro dischi. Dall’altro lato, anche uno come Johnny Cash, cioè un countryman atipico (che cantava del vecchio West, del duro lavoro e degli Indiani d’America, ed aveva un sound tutto suo) usava da anni Nashville per i suoi scopi: fu quindi inevitabile che le due icone della musica americana (che si stimavano profondamente a vicenda) si incontrassero, con Cash che scrisse le note di Nashville Skyline di Dylan, duettando anche nel rifacimento di Girl From The North Country, e Bob che ricambiò il favore intervenendo nel famoso show televisivo di Johnny, una delle sue rarissime apparizioni televisive. Quest’anno, per celebrare questo incontro (ed in generale l’incontro tra country e rock), la Country Music Hall Of Fame ha aperto al suo interno una esibizione temporanea intitolata Dylan, Cash And The Nashville Cats: A New Music City, di cui il doppio CD che mi accingo a commentare è l’ideale colonna sonora.

dylan cash nashville cats back

I Nashville Cats citati nel titolo non sono altro che quel gruppo di splendidi musicisti di stanza a Nashville che erano la costante nei vari lavori registrati nella Music City, gente che troviamo su decine e decine di album dell’epoca e che erano in grado di suonare qualunque tipo di musica (anche se il country era il loro pane quotidiano); solo per fare alcuni nomi, stiamo parlando di Charlie McCoy, Pete Drake, Lester Flatt, Earl Scruggs, Ben Keith, David Briggs, Charlie Daniels, Kenny Buttrey, Norbert Putnam, Hargus “Pig” Robbins, Mac Gayden e molti altri. Il doppio album in questione mette in fila una bella serie di brani, alcuni famosissimi, altri meno noti, altri ancora piuttosto oscuri (con un solo inedito, ma di grande interesse) incisi tra la metà degli anni sessanta e l’inizio dei settanta, con il comune denominatore di avere proprio i Nashville Cats come fiore all’occhiello al loro interno. Un’opera di grande valore, sia musicale che didattico, che, anche se va sul sicuro puntando in gran parte su brani conosciuti, si ascolta con immenso piacere.

Nel primo CD c’è parecchio Dylan, sia come interprete (Absolutely Sweet Marie e I’ll Be Your Baby Tonight) che come autore (It Ain’t Me Babe di Cash, Down In The Flood di Flatt & Scruggs, una versione molto roots di un classico minore di Bob, You Ain’t Goin’ Nowhere dal seminale Sweetheart Of The Rodeo dei Byrds ed un’intensa This Wheel’s On Fire ad opera di Ian & Sylvia); le chicche sono Harpoon Man, un vivace e ritmatissimo shuffle di Charlie McCoy & The Escorts, con Charlie strepitoso all’armonica https://www.youtube.com/watch?v=pKofxEx_b_8  (pare che Dylan, sentito questo pezzo, abbia invitato McCoy a suonare su Desolation Row…la chitarra!), la splendida Gentle On My Mind nella versione del suo autore, John Hartford (brano poi portato al successo da Glen Campbell), un uno-due di gruppi pop (The Monkees ed i Beau Brummels) in due pezzi decisamente country (Some Of Shelly’s Blues e Turn Around rispettivamente), Blowing Down That Dusty Road tratta dal bellissimo Thinking Of Woody Guthrie di Country Joe McDonald https://www.youtube.com/watch?v=5K42fjZuZrw . In più, brani notissimi quali Hickory Wind ancora dei Byrds, Bird On A Wire di Leonard Cohen, The Boxer di Simon & Garfunkel (con il Nashville Cat Fred Carter Jr. alle chitarre e dobro) e la divertente If You Don’t Like Hank Williams di Kris Kristofferson (qui in versione demo).

Il secondo dischetto (che inizia con il duetto Dylan-Cash di Girl From The North Country, non poteva mancare) si distingue per la presenza dell’unico inedito: una versione alternata di If Not For You di Dylan dominata da piano, steel e violino, molto più lenta di quella finita poi su New Morning e secondo me migliore https://www.youtube.com/watch?v=UZPUJ2MK3CM  (anche se la mia preferita è quella pubblicata sul primo volume delle Bootleg Series, con George Harrison alla chitarra). Per il resto, qui sono concentrate la maggior parte delle canzoni note, da Joan Baez con la sua versione di The Night They Drove Old Dixie Down di The Band, Steve Goodman con la sua signature song City Of New Orleans, Neil Young con Heart Of Gold (scelta un po’ scontata, speravo che Neil concedesse una sbirciatina agli archivi, ma quando mai…), Crazy Mama di J.J. Cale, Seven Bridges Road di Steve Young (una hit qualche anno dopo per gli Eagles) e la Nitty Gritty Dirt Band con l’inno Will The Circle Be Unbroken tratto dall’omonimo primo volume. Poi abbiamo i Beatles in versione solista (tranne Lennon): George con la bella Behind That Locked Door (la splendida steel è di Pete Drake), Ringo con la godibile Beaucoups Of Blues e Paul (insieme ai Wings) con la vivace, e molto country, Sally G. A completamento abbiamo la bellissima Driftin’ Way Of Life del grande Jerry Jeff Walker, la non molto nota Going To The Country della Steve Miller Band (con McCoy scatenato all’armonica), la deliziosa Silver Wings (di Merle Haggard), tratta da un album di Earl Scruggs ma cantata da Linda Ronstadt, il vivace honky-tonk di A Six Pack To Go ad opera di Hank Wilson, che altri non è che Leon Russell sotto mentite spoglie https://www.youtube.com/watch?v=1gZ_qPr1aCg . Finale travolgente con la classica Matchbox, suonata da Derek & The Dominos con Cash e Carl Perkins (il suo autore), e tratta dallo show dell’Uomo in Nero (un altro mezzo inedito, almeno su CD, in quanto viene dalla versione in DVD del meglio del Johnny Cash Show) https://www.youtube.com/watch?v=XZQX9Xtgkps .

In definitiva, un disco perfetto da ascoltare, per esempio, in macchina, ma anche un’opera indispensabile per qualsiasi neofita, anche se ci si poteva sprecare di più per quanto riguarda gli inediti.

Marco Verdi