Una Band Durata Troppo Poco, Ma Che Varrebbe La Pena Riscoprire. Trees – Trees

trees box 4 cd 50th anniversary edition

Trees – Trees – Earth 4CD Box Set

(NDM: questa recensione è dedicata a Celia Humphris, bravissima e bellissima cantante del gruppo scomparsa lo scorso 11 gennaio). https://www.youtube.com/watch?v=h6apTudTFLc&feature=emb_logo 

A parte Fairport Convention e Pentangle (e Steeleye Span, Strawbs, Lindisfarne ed altri gruppi che hanno goduto di una certa popolarità), il sottobosco del folk inglese a cavallo tra gli anni 60 e 70 ha prodotto una lunga serie di band che, pur essendo musicalmente più che valide, non sono mai andate oltre un dignitoso status di culto. Tra di esse ci sono i Trees, quintetto londinese formatosi a Londra nel 1969 e scioltosi nel 1973 dopo due soli album e diverse esibizioni dal vivo, che negli anni seguenti è diventato una mezza leggenda in quanto i suoi ex componenti non si sono certo distinti per luminose carriere nel mondo della musica, e quindi intorno al gruppo è sempre rimasto un certo alone di mistero. I leader erano il chitarrista acustico David Costa ed il bassista/tastierista Bias Boshell (che era anche il principale compositore), completati dalla chitarra solista di Barry Clarke, dalla batteria di Unwin Brown e dalla splendida voce angelica della Humphris, che oltretutto era dotata di una presenza scenica incantevole. I cinque, dopo aver firmato per la CBS, diedero alle stampe due album abbastanza ravvicinati tra loro, The Garden Of Jane Delawney (aprile 1970) e On The Shore (gennaio 1971), due lavori di ottimo livello in cui i nostri mischiavano abilmente brani originali e pezzi della tradizione folk rivisitati con un piglio rock a volte quasi psichedelico.

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Nonostante le critiche positive e gli apprezzati concerti dal vivo i due album non ebbero successo, forse anche a causa dei continui paragoni con i Fairport che non aiutarono di certo Costa e compagni, e di fatto il nucleo originale si sciolse nel corso del 1971. Una seconda incarnazione dei Trees con la Humphris, Clarke e tre rimpiazzi continuò ad esibirsi fino al 1973, ma l’indifferenza pressoché generale che li circondava costrinse anche loro a dire basta. Da lì in poi il più attivo in campo musicale fu Boshell, che collaborò con Kiki Dee, Barclay James Harvest ed i Moody Blues per poi riunirsi a Costa nel 2018 come On The Shore Band per riproporre dal vivo le canzoni dei Trees; Urwin intraprese la carriera di insegnante fino alla sua morte prematura avvenuta nel 2008, Clarke entrò nel business della gioielleria e la Humphris si ritirò praticamente a vita privata prestando molto saltuariamente la sua voce come ospite su dischi di altri artisti (fra i quali Judy Dyble) e, piccola curiosità, registrando la frase “mind the gap” che si sente ancora oggi sulle linee Northern e Jubilee della metropolitana di Londra. (NDM2: a dire il vero un tentativo di reunion ci fu nel 2007 nell’occasione dei remix dei due album originali, ma non si andò oltre un paio di brani nuovi, anche a causa dello stato di salute già compromesso di Urwin).

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Per ricordare i Trees sul finire dello scorso anno la Earth, etichetta responsabile tra le altre cose dei recenti cofanetti retrospettivi di Bert Jansch, ha dato alle stampe Trees, un bellissimo box quadruplo che ripercorre la carriera del quintetto affiancando ai due album di studio opportunamente rimasterizzati una serie di demo, mix alternativi, outtakes e rarità dal vivo, che lo rendono un acquisto praticamente obbligato per gli amanti del folk-rock britannico dell’epoca classica, sia per la ricchezza della proposta che per la bontà dei contenuti musicali (a meno che non possediate le già citate ristampe del 2007, rispetto alle quali il cofanetto propone solo sei inediti). Prodotto come il suo successore da Tony Cox, che si era fatto già un nome in cabina di regia con i Caravan, The Garden Of Jane Delawney è ancora oggi un disco bellissimo, un vero tesoro nascosto del folk-rock britannico dell’epoca, tra brani originali e traditionals reinventati. L’iniziale Nothing Special è un pezzo elettrico, vibrante e decisamente rock, dominato dalla chitarra di Clarke che giganteggia per tutta la durata, e Celia dà un assaggio della sua voce sognante https://www.youtube.com/watch?v=QRh68muODfY  ; segue la bella The Great Silkie, cristallina rilettura di un brano tradizionale che in questo caso caso avvicina abbastanza i nostri ai Fairport, almeno nei primi tre minuti in quanto dopo la canzone prende un’altra direzione e diventa un rock psichedelico con la giusta punta di acidità, in cui i cinque (anzi quattro, visto che Celia non suona) jammano che è un piacere https://www.youtube.com/watch?v=nIerYC_JURU .

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L’album prosegue in maniera decisamente creativa con la bucolica title track, delicata, emozionante e con la voce della Humphris accompagnata da una strumentazione acustica con aggiunta di clavicembalo e flauto, a cui seguono tre traditionals consecutivi https://www.youtube.com/watch?v=hF2GHHCLFTM : i sette minuti di Lady Margaret, puro acid folk con godurioso assolo di Clarke https://www.youtube.com/watch?v=RAJOcq9is3Q , la saltellante Glasgerion, suonata alla grande, ed una tesa e drammatica versione della classica She Moved Thro’ The Fair, altri otto minuti molto intensi in cui si invade quasi il territorio dei Led Zeppelin. Chiusura con la spedita e rockeggiante Road, con un duetto vocale tra Celia e Boshell, la suggestiva Epitaph, stavolta puro folk, e la bella e limpida Snail’s Lament https://www.youtube.com/watch?v=I-sdufQjoTM . On The Shore è forse un gradino sotto il suo predecessore ma sempre validissimo, e si apre con Soldiers Three, gradevole folk-rock quasi sotto forma di filastrocca, per proseguire con la folk ballad Murdoch, complessa ma coinvolgente https://www.youtube.com/watch?v=6-lUwcjXqgA , e con i due pezzi centrali del lavoro: i sette minuti e mezzo di Streets Of Derry, in cui il suono tagliente contrasta con la voce eterea della Humphris https://www.youtube.com/watch?v=vSKF1Dg6yCQ , ed i dieci minuti di Sally Free And Easy, che dopo una bella introduzione pianistica si apre a poco a poco con sonorità ipnotiche ed un notevole crescendo https://www.youtube.com/watch?v=kr6_EWt9cTA  .

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Altri momenti salienti cono due splendide riletture del noto traditional scozzese Geordie (che da noi ha inciso anche De André) https://www.youtube.com/watch?v=V69A96sMDCI  e di Polly On The Shore, che invece i Fairport rileggeranno nel 1973 sull’album Nine https://www.youtube.com/watch?v=_-BbyyLmrNw , oltre allo psych-folk Fool, quasi californiana, ed una vivace ripresa del folk tune Little Sadie, che Bob Dylan aveva rifatto l’anno prima sul bistrattato Self Portrait. Il terzo CD presenta sei remix del 2007 di brani di On The Shore a cura di Costa e Boshell (gli stessi pubblicati nell’edizione deluxe dello stesso anno), in cui i due ex membri hanno tolto la patina di antico che gli originali potevano avere risuonando anche alcuni passaggi strumentali (cosa abbastanza evidente in Murdoch); in aggiunta due demo inediti del 1970 di Polly On The Shore e Streets Of Derry, entrambe non perfettamente rifinite ma già molto interessanti. Il quarto dischetto presenta brani di varia provenienza anche diversi da quelli poi finiti sui due LP originali, a partire da tre demo del 1969 con una She Moved Thro’ The Fair più corta ma ugualmente bella, e due outtakes: il traditional piuttosto noto Pretty Polly, che inizia con un arrangiamento da folk tune appalachiano con banjo in evidenza per poi trasformarsi in una rock song degna della Summer Of Love https://www.youtube.com/watch?v=24SsipdFLJA , e la breve ballata pianistica Little Black Cloud.

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Poi abbiamo tre BBC sessions del 1970 (di cui due inedite): una cupa The Great Silkie, sette minuti di pura psichedelia in cui gli unici elementi folk sono la melodia e la voce (sentite il finale chitarristico) https://www.youtube.com/watch?v=IN2usssvsqI , una guizzante Soldiers Three e Forest Fire, sontuosa rock ballad eseguita in maniera superba che avrei visto bene su uno dei due album dell’epoca. Tra le chicche del box ci sono poi due ottime e riuscitissime riletture, ovviamente inedite, di She Moved Thro’ The Fair e Murdoch registrate nel 2018 al Café Oto di Londra da parte della On The Shore Band, con Costa e Boshell circondati da una corposa band che comprende quattro chitarristi, la sezione ritmica, violino, fisarmonica, flauto e due voci femminili https://www.youtube.com/watch?v=8vNrySgIq9s . Infine, i due inediti della mancata reunion del 2007, con la bella e sognante Black Widow (la voce di Celia era ancora bellissima) https://www.youtube.com/watch?v=e1kXvm_Mf0k  ed il discreto strumentale Little Black Cloud Suite. Trees è un cofanetto di cui non si è parlato molto in quanto celebra una band di cui oggi si ricordano in pochi, ma che visto il livello del suo contenuto musicale sarebbe colpevole ignorare (*NDB Purtroppo però sembra che il Box non sia più disponibile, Out Of Stock o il più netto Sold Out, con l’eccezione, forse, degli USA dove però risulta soggetto a ulteriori tasse e diritti doganali).

Marco Verdi

I Migliori Dischi Dal Vivo Dell’Anno 2. Fairport Convention – What We Did On Our Saturday

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Fairport Convention – What We Did On Our Saturday – 2 CD Matty Groves

In questi ultimi anni c’è tutto un florilegio di anniversari, perché molte band, importanti e meno, nate nei “mitici anni ‘60”, come li chiamerebbe gianniminà, stanno comunque arrivando a questo notevole traguardo. Nel caso particolare dei Fairport Convention, in effetti i festeggiamenti, con relativi eventi e ristampe varie, sono peraltro in corso da qualche tempo: cofanetti celebrativi https://discoclub.myblog.it/2017/08/06/supplemento-della-domenica-ma-quanto-sono-grandi-i-loro-archivi-fairport-convention-come-all-ye-the-first-ten-years/ , ma anche nuovi album, come ad esempio il buon 50:50@50, registrato dall’ultima formazione della band in attività https://discoclub.myblog.it/2017/01/30/il-mezzo-secolo-di-una-band-leggendaria-fairport-convention-505050/ . Formazione che tutti gli anni si ritrova a Cropredy per i loro leggendari fine settimana in cui viene rinverdita l’eredità di una delle più grandi band del cosiddetto folk-rock britannico. In ogni edizione di Cropredy gli ospiti importanti si sono sempre sprecati (quest’anno, se vi capita di essere da quelle parti, ci sarà Brian Wilson), ma lo scorso anno, come si diceva, si festeggiava il cinquantenario della fondazione, anche se le date sono spesso degli optionals, visto che il primo omonimo disco, registrato nel novembre del  1967, sarebbe uscito solo a giugno del 1968: però, per questa ricorrenza speciale, si è ritrovata sul palco la prima leggendaria formazione, quelli ancora vivi ovviamente, Iain Matthews, Ashley Hutchings, Simon Nicol, Judy Dyble, Richard Thompson e Dave Mattacks, che sostituiva lo scomparso Martin Lamble. E vi assicuro che è veramente un bel sentire.

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La band suona in modo splendido, Iain Matthews, di recente all’opera con i riformati Matthews Southern Comfort https://discoclub.myblog.it/2018/04/04/erano-la-seconda-band-ora-riformata-di-iain-matthews-dopo-i-fairport-convention-sempre-ottima-musica-matthews-southern-comfort-like-a-radio/ , canta in modo splendido tre delle canzoni più belle di quel seminale album, tre cover di cantanti americani, che furono tra le prime influenze dei FC, Time Will Show The Wiser di Emitt Rhodes è bellissima, con la band in forma strepitosa, il suono è fresco e pimpante, come se non fossero trascorsi 50 anni da allora https://www.youtube.com/watch?v=EnbKzGZblrA , e Richard Thompson è in modalità deluxe (come sempre) con la sua chitarra magica a ricamare assoli incredibili sugli intrecci vocali inconfondibili della band. Reno Nevada, se possibile, è ancora più rilucente, il brano di Richard Farina riceve il classico trattamento folk-rock della band, con Thompson sempre più impegnato nei suoi florilegi chitarristici di una classe cristallina, con un assolo di una complessità superlativa https://www.youtube.com/watch?v=tk-ZvEocQ2k , e anche la versione di Suzanne di Leonard Cohen non è da meno, la melodia del canadese viene arricchita dalla interpretazione vocale maiuscola di Matthews, ben sostenuto dall’apporto vocale di Chris While, che aggiunge ulteriore fascino a questa rilettura meravigliosa del classico di Cohen, con la ciliegina del lavoro di fino di Thompson alla solista, da brividi https://www.youtube.com/watch?v=eoCV-XUBC_o .

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Ed è solo l’inizio: cambio di formazione e a fianco di Nicol e Mattacks arrivano Dave Pegg, Chris Leslie, poi al violino anche in molti brani successiv , nel ruolo che fu di Swarbrick, in alternativa a Ric Sanders, prima per una struggente Farewell, Farewell da Liege And Lief, scritta da Thompson, che non appare, anche se nel corso del concerto la sua presenza sarà ancora massiccia, poi Crazy Man Michael, dell’accoppiata Thompson/Swarbrick, con Gerry Conway alla batteria, prosegue in questo segmento acustico del concerto, altro brano magnifico da Liege And Lief (eseguito al completo nel concerto, meno un brano), di cui viene ripresa anche Come All Ye, con Hutchings, autore del brano con Sandy Denny, che ritorna sul palco con Thompson, mentre Chris While la canta meravigliosamente.  E pure The Deserter viene da quell’album seminale, altra versione sfarzosa, come pure quella del medley di The Lark In The Morning, sempre con la While e Thompson superbi, per non dire di una travolgente Tam Lin. Walk Awhile invece era su Full House, ma non è meno bella, il gruppo è in serata di grazia, soprattutto Richard Thompson, che canta Poor Will And The Jolly Hangman magistralmente, prima di dare corpo ad una versione sfavillante di Sloth con duetto violino-chitarra insieme a Chris Leslie https://www.youtube.com/watch?v=JfiFJsjNpIM .

(photo by Matt Condon / @arcane93)

(photo by Matt Condon / @arcane93)

Il secondo CD si apre con Now Be Thankful, ancora  di Thompson, all’epoca uscita come singolo, splendida anziché no pure questa https://www.youtube.com/watch?v=xdCQiGfkHw0 ; Fotheringay di Sandy Denny la canta Simon Nicol https://www.youtube.com/watch?v=C-rhf3P9b8Q , mentre a questo punto del concerto come voce femminile arriva la bravissima Sally Barker che canta Ned Kelly con PJ Wright, Martin Allcock è alla chitarra, e poi Rising For The Moon da sola. Anche Ralph McTell  è della partita con la sua White Dress, mentre Allcock si presenta come musicista di razza in A Surfeit Of Lampreys, una bella giga e The Hiring Fair è una perla nascosta dei Fairport acustici. I due CD, come si sara capitò, non seguono la stessa cronologia del concerto, ma in fondo chi se ne frega, visto che tutto l’insieme è godibilissimo comunque, come confermano la scatenata The Hexhamshire Lass e una emozionante Who Knows Where The Time Goes, ancora in omaggio a Sandy Denny, cantata con grande trasporto da Simon Nicol e Chris While, canzone magnifica anche in veste acustica  . Our Bus Rolls On di Chris Leslie è forse l’unico brano “normale” del concerto, mentre il gran finale con la travolgente Dirry LInen, una intensa Matty Groves https://www.youtube.com/watch?v=TIAXM1WhgNs  e la corale Meet On The Ledge con tutti insieme sul palco, è ancora da brividi e conclude degnamente un concerto che forse, anzi sicuramente, è tra i più belli mai apparsi nella discografia dei Fairport Convention https://www.youtube.com/watch?v=47RrQ9WCTv4 , imperdibile, a questo punto aspettiamo il video, visto che il concerto è stato ripreso magnificante, come potete vedere cliccando in tutti i link che trovate disseminati nel Post. Ovviamente tra i migliori dischi dal vivo del 2018

Bruno Conti