Uno Dei “Maghi Bianchi” Delle Tastiere Blues E Dintorni Colpisce Ancora. Barry Goldberg – In The Groove

barry goldberg in the groove

Barry Goldberg – In The Groove – Great American Music/Sunset Boulevard Records

Barry Goldberg, 75 anni da Chicago e una carriera che ormai supera le sei decadi, non ha ancora deciso di appendere il suo strumento al chiodo: anche perché essendo un pianista/organista sarebbe piuttosto pericoloso farlo, e quindi prosegue con moderazione a pubblicare nuovi dischi. A volere essere onesti era almeno una dozzina di anni, da Chicago Blues Union del 2006, che non ne usciva uno a nome suo, vecchie registrazioni d’archivio degli anni ’60, per cui l’ultimo vero album deve essere considerato Stoned Again, pubblicato dalla Antone’s nel 2002. Nel frattempo Goldberg ha partecipato al progetto dei Rides, con Stephen Stills e Kenny Wayne Shepherd, autori di due ottimi album tra il 2013 e il 2016 https://discoclub.myblog.it/2016/05/12/ci-hanno-preso-gustoe-pure-noi-the-rides-pierced-arrow/ .Tornando al disco del 2002, era prodotto da Carla Olson, con la partecipazione di alcuni ottimi musicisti, tra cui Don Heffington alla batteria e Denny Freeman alla solista, che ritroviamo anche in questo nuovo In The Groove (titolo quanto mai esplicativo), insieme ad una pattuglia di nuovi ospiti, tra cui il grande Les McCann che firma con Goldberg l’iniziale Guess I Had Enough Of You, l’unico brano che prevede la presenza della voce, dello stesso MCann, che gigioneggia esortando il nostro Barry e gli altri musicisti a “funkeggiare” alla grande, con Rob Stone all’armonica e Victor Bisetti alle percussioni.

Altra differenza evidente con il disco del 2002, sempre rigorosamente strumentale, esclusa la prima traccia anche in quel caso, era che allora si trattava interamente di cover legate al repertorio degli Stones, mentre in questo caso Il buon Barry ha scritto alcuni brani per l’occasione, per il resto andando a pescare in una serie di oscuri strumentali  degli anni ’50 e ’60, molto groove appunto, easy jazz, rock (and roll) delle origini, qualche botta di jump, di blues, in ogni caso music for fun, per divertirsi tra loro e per regalare all’ascoltatore buone vibrazioni. Per fare ciò, il musicista di Chicago e la Olson hanno chiamato alla bisogna una notevole serie di ospiti: oltre a Tony Marsico al basso, che completa la band fissa dell’album, Joe Sublett e Darrell Leonard ai fiati, James Intveld, Jerry Lee Schell alle chitarre aggiunte e Reggie McBride al basso, nel pezzo più funky-jazz e raffinato del CD, In The Groove appunto, dove Goldberg carezza la tastiera del suo organo Hammond B3, ben sostenuto dai fiati e dal vibrafono di Craig Fundyga. Lo stile del pezzo , e di tutto il CD, è proprio quello dei dischi di Les McCann, intervenuto all’inizio per dare la propria benedizione, ma ci sono anche momenti decisamente più blues, che rimandano ai suoi dischi anni ’60, tipo Two Jews Blues https://www.youtube.com/watch?v=CWPRqsLEi_0  o Barry Goldberg And Friends, ma pure le sue collaborazioni con gli Electric Flag insieme a Mike Bloomfield, suono felpato e bluesy come in Mighty Low o nella breve cover finale di Alberta di Lead Belly, dove il nostro passa al piano.

Altrove, per esempio in Mighty Mezz, il sound è più vorticoso tra jazz e R&B, o carezzevole come in Westside Girl dove le tastiere di Goldberg interagiscono ancora con fiati e vibrafono. Dumplin’s è più leggera e scanzonata, assolo di sax di Sublett incluso, e rimanda al suono pre-rock di moda in quello squarcio temporale; Ghosts In My Basement, con tutti quei chitarristi a disposizione nelle sessioni di registrazione, è il classico slow blues tirato e lancinante, con Rob Stone all’armonica, come quelli dei tempi con Bloomfield https://www.youtube.com/watch?v=N15HwO76jb8  , per poi tornare a cazzeggiare a tempo di boogie in Bullwhip Rock, con il piano che va a manetta insieme alla chitarra di Intveld. Lazy ha qualche tocco twangy, ma l’organo va sempre alla grande e pure Tall Cool One conserva l’aria spensierata di questo album, che se come obiettivo aveva quello di divertire, ci è riuscito, come conferma anche Slow Walk. Niente per cui stracciarsi le vesti, ma l’occasione di ascoltare ancora una volta un tastierista sopraffino, e i suoi amici, in azione.

Bruno Conti

Torna Uno Dei Migliori Rocker In Circolazione, Nuovo Album E Concerto. Kenny Wayne Shepherd Band – Lay It On Down

kenny wayne shepherd band lay it on down

Kenny Wayne Shepherd  – Lay It On Down – Mascot/Provogue – 21-07-2017

Kenny Wayne Shepherd (nato Brobst a Shreveport, Louisiana, esattamente 40 anni fa, ma poi diventato “pastore”, almeno di cognome, per ragioni artistiche) da una decina di anni sembra non sbagliare più un disco: era partito come una delle “Grandi Speranze Bianche Del Blues” ( e della chitarra) quando era un ragazzino (insieme a Bonamassa, Jonny Lang e John Mayer, per citare i più famosi), poi si era perso un po’ per strada, l’album del 2004 The Place You’re In era veramente bruttino, con un suono hard rock da FM, ed ha venduto pure poco. Poi dal 2006 tutto è cambiato, Shepherd si è sposato con la figlia di Mel Gibson, dalla quale ha avuto cinque figli (lui e Johnny Lang fanno a gara per chi ne ha di più, per ora sono alla pari) e, cosa che più ci interessa, ha deciso di tornare al blues(rock), prima con 10 Days Out, dove ripercorreva la strada delle 12 battute, insieme ad alcuni dei grandi “vecchi” del genere, poi l’ottimo Live In Chicago http://discoclub.myblog.it/2010/10/12/forse-e-la-volta-buona-kenny-wayne-sheperd-live-in-chicago1/ . Con How I Go ha proseguito nella strada della qualità, culminata nell’eccellente Goin’ Home del 2014, dove apparivano come ospiti Warren Haynes, Joe Walsh, Ringo Starr, Robert Randolph, Keb’ Mo’, Kim Wilson, e la Rebirth Brass Band; nel frattempo, insieme a Stephen Stills e Barry Goldberg, ha dato vita ai Rides, gruppo autore di due notevoli dischi nel 2013 e 2015.

Proprio la sezione ritmica dei Rides, Chris Layton alla batteria e Kevin McCormick al basso è stata utilizzata da Kenny Wayne per registrare questo nuovo Lay It On Down, concepito non a caso nella città natale di Shreveport, con l’abituale produttore Marshall Altman e con l’aiuto del tastierista Jimmy McGorman e la presenza del suo pard abituale, il bravissimo cantante Noah Hunt. Il disco è stato registrato a gennaio di quest’anno, praticamente live in studio, e si sente, il suono è fresco e vibrante, con la chitarra di Shepherd sempre in evidenza e una serie di dieci canzoni (con la title track ripresa anche in versione acustica) tutte di buone fattura e firmate insieme ad alcuni dei suoi co-autori abituali, Mark Selby e Tia Sillers, in primis, ma anche nuovi arrivi come Danny Myrick, Dylan Altman e Keith Stegall, oltre al produttore Marshall Altman. Al solito sto scrivendo la recensione più di un mese prima dell’uscita (esce il 21 luglio), per cui vado anche a sensazioni: Baby Got Gone è un bel brano rock, per entrare subito nel mood dell’album, suono anche un filo radiofonico, ma nulla di scandaloso, chitarre a tutto riff, organo “scivolante” e la voce di Hunt in grande spolvero, al resto ci pensa la chitarra di Shepherd; Diamonds Got Gold aggiunge anche una sezione fiati, il suono è più funky e rotondo, forse più “lavorato” rispetto alle precedenti uscite, Kenny Wayne scalda comunque il wah-wah anche se il sound rimane forse fin troppo radiofonico e “commerciale”, ma sarebbero radio che ci piacerebbe ascoltare rispetto a quello che passa il convento del rock mainstream. Insomma parrebbe che Shepherd si sia messo in concorrenza con Jonny Lang e John Mayer, per quanto con migliori risultati.

Nothing But The Night ha un retrogusto quasi errebì, anche se la realizzazione è forse fin troppo “leccata”, manca per il momento il blues dei dischi precedenti, ma la chitarra scorre sempre fluida e ricca di inventiva; Lay It  OnDown finalmente risente dello spirito della Louisiana, una delicata ballata elettroacustica con deliziose armonie vocali e quell’umore sudista unito ad una bella melodia, un pizzico di zucchero di troppo, ma con una solista acustica che sostituisce l’elettrica. She’s $$$ è un gagliardo shuffle rock-blues con chitarre e organo assai indaffarati, più vicino allo stile abituale di Shepherd, e la qualità continua a salire anche nella successiva Hard Lessons Learned una sontuosa ed avvolgente ballata country-gospel con uso di pedal steel, veramente splendida e con un lirico assolo di chitarra del nostro. Down For Love è un altro pezzo rock di quelli tosti, un Texas Blues quasi alla Stevie Ray Vaughan, tirato e grintoso il giusto e con la chitarra incattivita di brutto, fluida e torrenziale; How Long Can You Go vira verso territori tra soul e rock sempre con la massima intensità, con la band che macina ritmo dietro le evoluzioni della solista di Kenny Wayne. Louisiana Rain è un’altra malinconica ballata dedicata al suo stato natale, eseguita con impeto e classe da Shepherd e compagni, veramente affiatati in questo album, inutile dire che l’assolo, al solito, è di grande qualità. Con Ride Of Your Life si torna al blues-rock duro e puro, a questo punto la band ha aggiustato il tiro e il brano  ricorda certe cose del miglior Bonamassa, quando l’ispirazione non fa cilecca. A chiudere il CD manca la versione “acustica” di Lay It On Down, pure questa decisamente bella. Quindi, se sorvoliamo sui piccoli cedimenti iniziali, un altro eccellente album per Kenny Wayne Shepherd,  a conferma del suo attuale status come uno dei migliori rocker americani in circolazione.

Bruno Conti

P.S.

KWS

Se volete vederlo dal vivo, Kenny Wayne Shepherd e la sua band saranno in concerto a Milano, anzi al Carroponte di Sesto San Giovanni la prossima domenica 23 luglio. Un evento da non perdere, sia per la KWS Band (se leggete i nomi e guardate pure il video qui sopra, capirete perché) che dal vivo è veramente strepitosa e anche per il musicista di supporto, il bravissimo cantante e chitarrista inglese Laurence Jones, più volte “”magnificato” su questo Blog http://discoclub.myblog.it/2015/05/05/lo-shakespeare-del-blues-magari-laurence-jones-whats-it-gonna-be/.

Ci Hanno Preso Gusto…E Pure Noi! The Rides – Pierced Arrow

rides pierced arrow

The Rides – Pierced Arrow – Provogue CD

Quando tre anni fa è uscito Can’t Get Enough, il CD di debutto del supergruppo The Rides (formato da Stephen Stills con Kenny Wayne Shepherd ed il grandissimo pianista/organista Barry Goldberg, uno dei sessionmen più richiesti della storia e, tra le altre cose, membro fondatore degli Electric Flag), sinceramente pensavo che si trattasse di uno sforzo isolato, ma, vuoi per l’ottimo successo di vendite ottenuto, vuoi perché era davvero un grande disco (per quel che può valere, era anche nella mia Top Ten annuale), i tre ci riprovano ora con Pierced Arrow, contravvenendo tra l’altro alle normali abitudini di Stills, abituato ad incidere con cadenze molto più blande. Can’t Get Enough era davvero bello, un disco potente di rock-blues come si faceva una volta, con una serie di canzoni originali di ottimo livello a qualche cover scelta con cura, dove i due chitarristi della band (due generazioni a confronto) si intendevano a meraviglia, e Goldberg ricamava in sottofondo con la consueta maestria. Ebbene, dopo un paio di ascolti di Pierced Arrow, posso affermare senza dubbi che ci troviamo di fronte ad un album che, se non è addirittura superiore al precedente, è almeno sullo stesso livello: canzoni superbe, un paio di cover (nella versione “normale”, quattro in quella deluxe) di cui una assolutamente galattica, assoli chitarristici come se piovesse e feeling a palate. Forse qui c’è più rock ed un po’ meno blues, ma alla fine è il risultato quello che conta, e devo dire che qualche anno fa non avrei mai pensato di ritrovarmi ancora di fronte ad uno Stills così in forma (nel 2005 lo avevo visto con Crosby & Nash al Beacon Theatre di New York, ed era in uno stato pietoso, completamente senza voce e più grosso di Crosby), mentre Shepherd è forse meno esposto di uno come Bonamassa, che fa un disco a settimana, ma di certo a talento siamo lì.

La sezione ritmica è la stessa del primo disco, con Kevin McCormick al basso (già con John Mayall, Jackson Browne, CSN e Crosby solista) e Chris Layton alla batteria, ex Double Trouble di Stevie Ray Vaughan ed attuale drummer di Shepherd; in più, abbiamo le armonie vocali che danno un tocco quasi gospel ad opera di Raven Johnson e Stephanie Spruill, e come ospite speciale all’armonica in un paio di pezzi Kim Wilson, leader dei Fabulous Thunderbirds. La produzione è nelle mani dei Rides stessi insieme a McCormick. Grande inizio con Kick Out Of It, un brano di puro rock alla Stills (e la voce di Stephen è in buono stato), gran ritmo, chitarre poderose ed il piano di Goldberg che si fa sentire, e poi iniziano i duelli a suon di assoli, insomma un godimento assoluto. Riva Diva è puro rock’n’roll, travolgente come pochi, con Kenny voce solista (non è Stills, ma se la cava egregiamente), grande performance di Goldberg e solite chitarre fiammeggianti; Virtual World l’avevo già sentita dal vivo con CSN lo scorso autunno a Milano, l’atmosfera è più soffusa, ma il ritmo è sempre presente, e con una chitarra ed un mood quasi alla Neil Young, gran bella canzone e classe da vendere. By My Side (canta Kenny), ancora energica, è un gospel-rock di grande potenza emotiva, con elementi swamp nel suono, un motivo che entra sottopelle ed un crescendo notevole, splendida canzone; Mr. Policeman è ancora molto spedita, anche se dal punto di vista compositivo inferiore alle precedenti, ma comunque un ottimo showcase per la chitarra di Stills, mentre I’ve Got To Use My Imagination è proprio il successo di Gladys Knight (ma l’autore è Goldberg, insieme all’ex marito di Carole King, Gerry Goffin), e la versione dei Rides è un soul-blues molto ricco dal punto di vista sonoro, con un bel botta e risposta voce-coro nel ritornello ed assoli superbi dei due leader e di Barry all’organo: una delle cover dell’anno, da sentire fino alla nausea.

La cadenzata Game On è la più blues finora, con Kim Wilson che “armonicizza” da par suo, un altro pezzo decisamente vigoroso ma grondante feeling, e poi le chitarre sono una goduria nella goduria; I Need Your Lovin’ è ancora rock’n’roll, con la solita superba prestazione da parte di tutti (specialmente Goldberg, un fenomeno…ma vogliamo parlare delle chitarre?) e la quasi impossibilità per il sottoscritto di stare fermo. There Was A Place è uno slow-blues di gran classe, e sebbene Stills non abbia più la voce di un tempo sopperisce con il resto: un brano caldo e vibrante, molto anni settanta; la versione regolare del CD si chiude con My Babe, noto successo di Little Walter (scritta da sua maestà Willie Dixon), rilasciata dai nostri con buona aderenza all’originale, gran lavoro di Barry e performance nel complesso molto sciolta e rilassata. L’edizione deluxe aggiunge tre brani, a partire da Same Old Dog, un rock-blues potente e tonico, un pretesto per far cantare le chitarre dato che come canzone è più canonica; chiudono due cover, Born In Chicago, scritta da Nick Gravenites e presente sul disco d’esordio della Paul Butterfield Blues Band, spedita e fluida, con Wilson nei panni di Butterfield ed il binomio Stills-Shepherd che tenta di emulare Mike Bloomfield Elvin Bishop (mentre Goldberg non ha paura di Mark Naftalin), e la nota Take Out Some Insurance di Jimmy Reed (ma incisa anche dai primi Beatles con Tony Sheridan), un bluesaccio sporco e sudato, che Stephen canta con voce un po’ impastata ma suona, eccome se suona.

Che altro dire? Che molto probabilmente anche per il 2016 nei dieci migliori dischi di fine anno i posti a disposizione sono solo più nove…

Marco Verdi

Novità Di Agosto Parte IIIa. The Rides, (Stills, Shepherd & Goldberg), Franz Ferdinand, Belle And Sebastian, Steve Marriott, Alabama, Jim Croce

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Siamo arrivati all’ultima lista delle uscite del mese di agosto, quella relativa al 27 agosto, come di solito ultimamente, divisa in due parti. Sarebbe la fine dell’estate ma dal numero di uscite si direbbe il periodo natalizio. Come avete letto a parte sul Blog, a cura di Marco Verdi, domani escono anche le varie edizioni dedicate al Bootleg Series 10 di Bob Dylan, nonché, come potrete verificare andando a ritroso nei Post del Blog, se ve li siete persi, pure i cofanetti di Sly & Family Stone, Beach Boys, BBC di Marc Bolan, le varie ristampe in twofer della discografia di Robert Palmer, compreso il doppio con i due dischi registrati con Meters, Lowell George e Little Feat, le edizioni europee di Edward Sharpe, Tedeschi Trucks Band e Blue October, più altri che al momento mi sfuggono. E tutti gli altri che andiamo a vedere, cominciando da questo terzetto.

Della collaborazione tra Stephen Stills e Kenny Shepherd avevo iniziato a parlarvi già dalla pubblicazione del box dedicato a Stills. Nel frattempo è diventato un “super gruppo”, con l’aggiunta di Barry Goldberg alle tastiere, si chiamano The Rides e il disco Can’t Get Enough, pubblicato dalla Provogue/Edel, è una sorta di edizione riveduta e corretta per i giorni nostri della Super Session di Bloomfield, Kooper & Stills. Goldberg, oltre a Stills, era presente nel disco originario, ma solo in un paio di brani, al piano elettrico, visto che il tastierista era Al Kooper e comunque il musicista di Chicago era presente anche nel 1° disco degli Electric Flag (con Mike Bloomfield, qui degnamente sostituito da Kenny Wayne Shepherd), oltre ad avere registrato nel corso degli anni vari dischi assai interessanti, a cavallo tra blues e rock (sempre con friends a go-go), tra cui ricordo gli ottimi Blowing My Mind, con Butterfield & Bloomfield, Two Jews Blues, di nuovo con Bloomfield, Duane Allman e Harvey Mandel, che in CD si trova come Barry Goldberg & Friends (ci sono anche Musselwhite e Hinton), Ivar Avenue Reunion ancora con Musselwhite e la grande Lynn Carey, alias Mama Lion, una voce rock incredibile degna di Janis Joplin. E anche l’omomino Barry Goldberg del 1974, prodotto da Dylan che ci canta e ci suona, oltre a produrlo, con la partecipazione dei musicisti dei Muscle Shoals Studios. Dato a Goldberg quel che è di Goldberg (e se scorrete la sua discografia lo trovate in anni recenti con Carla Olson, Mick Taylor e Jeff Healey), ottimo il lavoro di Stills, che per l’occasione ha ritrovato anche la voce, oltre a duettare alla chitarra con Kenny Wayne Shepherd, uno dei pochi “eredi” di Stevie Ray Vaughan, che a differenza di John Mayer e Jonny Lang, non si è “perso” per strada, rimanendo fedele al blues (rock). Bel disco, come recensito sullo scorso numero del Buscadero.

Per gli amanti dell’alternative indie-rock inglese esce il nuovo disco dei Franz Ferdinand, Rights Thoughts, Right Words, Right Action, che è solo il quinto in dieci anni di carriera, compreso un Live. Esce domani per la Domino Records, anche nella immancabile versione Deluxe doppia, con un secondo CD con ben tredici tracce dal vivo, registrati ai Konk Studios di Londra, che, come lascia intendere il nome, sono quelli di proprietà dei Kinks.

Sempre dall’Inghilterra ennesima antologia di B-sides, remixes (mah?) e rarità dei Belle And Sebastian, si chiama The Third Eye Centre ed esce per la Rough Trade. Quindi non è un disco nuovo del gruppo riunito.

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Altre tre uscite interessanti ed eclettiche.

In attesa dell’uscita del Box dedicato ai concerti al Fillmore degli Humble Pie, esce a cura degli eredi e della famiglia, una doppia antologia dedicata s Steve Marriott, I Need Your Love (Like A Fish Needs A Raincoat) 1962-1991, etichetta Wapping Wharf, contiene materiale raro e inedito, dalle origini, pre Small Faces del 1962, fino alle ultimissime registrazioni con Peter Frampton, effettuate nel 1991, anno della sua morte avvenuta in tragiche circostanze, per l’incendio della sua casa. Questo è il materiale contenuto:

Disc One 

1.LOUISIANA BLUES 1975  

2.NOBODY BUT YOU   1975

3.YOU’RE A HEARTBREAKER  1975

4.STREET RAT      1976

5.BLUEGRASS INTERVAL  1976

6.SIGNED SEALED   1976

7.SAYLARVEE  1977

8.BROWN MAN DO  1978

9.WOSSNAME    1979

10.MY LOVERS PRAYER  1980 

11.BABY DON’T DO IT  1980

12.RESTLESS BLOOD  1981

13.TIN SOLDIER  1981

14.YOU SPENT IT  1981

15.LAW OF THE JUNGLE  1984

16.I JUST WANNA MAKE LOVE TO YOU  1986  

17.I NEED YOUR LOVE (LIKE A FISH NEEDS A RAINCOAT)1987 

18.GYPSY WOMAN  1989

19.OUT OF THE BLUE 1991  w. Peter Frampton

20.BIGGER THEY COME HARDER THEY FALL 1991 w. Peter Frampton


Bonus Disc: RARE: Pre Small Faces Recordings 

 

1.Give All She’s Got        Demo October 1964 

2.Imaginary Love (Alt. Version ) as Steve Marriott  1963 UK 7” 

3.Give Her My Regards     as Steve Marriott                1963 UK 7”     

4.Blue Morning         with The Moments 1964

5.You Really Got Me  with The Moments  1964 U.S  7” only

6.Money Money       with The Moments  1964 U.S  7” only 

7.You’ll Never Get Away From Me  with The Moments 1964

8.Imaginary Love     with The Moonlights  1962 Demo

9.What’d I Say          with The Moonlights  1962 Demo

Probabilmente è tutto materiale che è già uscito nel corso degli anni, però riunito tutto insieme in un doppio CD fa sempre la sua bella figura, per ricordare una delle più grandi voci (e chitarre) della musica inglese.

Gli Alabama si autotributano per i loro 40 anni di carriera con un disco intitolato Alabama & Friends, un CD dove molti dei nomi più noti della musica country si uniscono al gruppo per registrare nuove versioni dei loro classici. Anche loro sono diventati “indipendenti”, etichetta Show Dog Nashville/10 Dog. Ecco la lista dei brani e musicisti ospiti:

1. Tennessee River – Jason Aldean (Produced by Michael Knox)

2. Love In The First Degree – Luke Bryan (Produced by Jeff Stevens)

3. Old Flame – Rascal Flatts (Produced by Jay DeMarcus

4. Lady Down On Love – Kenny Chesney (produced by Biddy Cannon)

5. The Closer You Get – Eli Young Band (Produced by Michael Knox)

6.Forever’s As Far As I’ll Go – Trisha Yearwood (Produced by Garth Fundis)

7. She & I – Toby Keith (Produced by Toby Keith)

8. I’m I A Hurry (And Don’t Know Why) – Florida Georgia Line (Produced by Joey Moi)

9. That’s How I Was Raised – Alabama 

10. All American – Alabama

11. My Home’s In Alabama  – Jamey Johnson (Produced by Jamey Johnson)

Come vedete non hanno scelto neppure il “peggio” del country americano, ci sono molti nomi validi ed interessanti, oltre a due brani nuovi, scritti per l’occasione, i primi da dieci anni a questa parte.

Sempre nell’ambito dei dischi di materiale raro ed inedito di artisti che ormai non sono più con noi da lungo tempo, nel caso di Jim Croce il 20 settembre saranno 40 anni dalla data della morte, esce questo The Lost Recordings, pubblicato dalla Sony Music sul mercato americano (direi che praticamente tutte le case discografiche dell’universo hanno pubblicato o ripubblicato materiale di Croce, questa volta tocca a loro). Sono tutte versioni alternative di molti suoi classici, dal vivo o registrazioni casalinghe. Non vi so dire la qualità delle registrazioni, si può solo sperare per il meglio, ma le canzoni sono sicuramente belle, un cantautore che varrebbe la pena di (ri)scoprire:

 

1. You Don’t Mess Around With Jim (Final Tour, 1973 Previously Released)
2. Operator (Recorded at Harper College, 2/5/73 Previously Unreleased)
3. Careful Man (Recorded at Harper College, 2/5/73 Previously Unreleased)
4. Rapid Roy (Recorded at Harper College, 2/5/73 Previously Unreleased)
5. It Doesn’t Have To Be That Way (Recorded at Harper College, 2/5/73 Previously Unreleased)
6. Box #10 (Recorded at Harper College, 2/5/73 Previously Unreleased)
7. Speedball Tucker (Recorded at Harper College, 2/5/73 Previously Unreleased)
8. Tomorrow’s Gonna Be A Brighter Day (Lost Home Recordings; demos made between 1970 and 1972. Previously Unreleased)
9. Bad, Bad Leroy Brown (Lost Home Recordings; demos made between 1970 and 1972. Previously Unreleased)
10. These Dreams (Lost Home Recordings; demos made between 1970 and 1972. Previously Unreleased)
11. New York’s Not My Home (Lost Home Recordings; demos made between 1970 and 1972. Previously Unreleased)
12. Time In A Bottle (Lost Home Recordings; demos made between 1970 and 1972. Previously Unreleased)

Domani le altre uscite.

Bruno Conti