I “Basement Tapes” Di Un Artista Di Culto! David Wiffen – Songs From The Lost & Found

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David Wiffen – Songs From The Lost & Found – True North Records

Nei primi anni ’70 la scena canadese era in gran fermento, i vari Neil Young, Joni Mitchell,  Leonard Cohen, e, ancora agli inizi, Bruce Cockburn, erano da breve emersi come alcune delle realtà più preziose dell’intero universo musicale. David Wiffen invece, non riuscì ad affermarsi come avrebbe meritato, eppure il suo Coast To Coast Fever, prodotto da Cockburn (e ancor prima l’omonimo David Wiffen) è uno dei dischi che mi sono rimasti dentro il cuore, un album che chi lo possiede tiene stretto, chi non lo ha lo cerca ancora disperatamente (in vinile), non nel formato CD, in quanto è stato a suo tempo ristampato in digitale ed è ancora in circolazione. Coast To Coast Fever (73) è uno dei classici degli anni settanta, sconosciuto ai più, ma idolatrato da una ristretta cerchia di cultori, e il mito di David Wiffen, inglese di nascita e canadese di adozione, vive ancora grazie a quel disco. Il suo primo album è stato il live At The Bunkouse Coffeehouse Vancouver BC (65), seguito dall’omonimo David Wiffen (71), ristampato in via non ufficiale dall’Akarma (01), e recentemente dalla Water, disco che conteneva il capolavoro Driving Wheel (un brano entrato nella storia) https://www.youtube.com/watch?v=wNGnNA7gwKk  ripreso da numerosi artisti, tra i quali Tom Rush, Byrds, Greg Harris, Cowboy Junkies, Jayhawks, Roger McGuinn (per il sottoscritto la versione più bella), recentemente anche da David Bromberg nell’ultimo Only Slightly Mad e da molti altri.

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Mentre nel successivo citato “capolavoro”, Coast To Coast, alternava sue composizioni a quelle di amici cantautori del calibro di Bruce Cockburn, Willie P.Bennett e Murray McLauchlan, per esempio l’iniziale Skybound Station (un’altra delle più belle canzoni scritte da David https://www.youtube.com/watch?v=h0So5g-3F34 ), per rispuntare dopo una lunghissima pausa (causa gravi problemi personali) con South Of Somewhere (99), dove alternava nuovi brani con alcune vecchie composizioni, ma il risultato non era certamente al livello dei lavori precedenti. Inaspettatamente ora Wiffen torna con questo nuovo lavoro Songs From The Lost And Found, una nuova raccolta composta da 12 canzoni inedite, che provengono principalmente dagli anni ’70 e ’80 (il suo periodo di massimo splendore), insieme a 5 versioni alternative di brani già editi in South Of Somewhere, sempre contraddistinti dalla sua bellissima voce baritonale.

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La magia regna sovrana fin dall’iniziale California Song che trasmette subito emozioni https://www.youtube.com/watch?v=44KJbEiNf5s , come pure nelle lunghe (oltre sei minuti) Ballad Of Jacob Marlowe https://www.youtube.com/watch?v=v94jB6YSWMQ  e Sweet Angel Take Me Home https://www.youtube.com/watch?v=rFs4fwCiFtY , passando per la delicata Your Room e le atmosfere folk di Come Down To The River, le quasi recitative Ballad Of The Inland Sailors e Any Other Rainy Day Aka Distant Star, sorrette solo da pochi accordi acustici, il sincopato ritmo di Bought And Paid-For Soul, per poi tornare ai toni più confidenziali di Let Your Love Light Shine e una Rocking Chair World solo voce e chitarra acustica. Le versioni alternative  sono qui riproposte nella loro prima “stesura” (per chi scrive sono migliorative rispetto a quelle pubblicate in precedenza), a partire da una ariosa Cool Green River, passando per la bellissima malinconia di Fugitive https://www.youtube.com/watch?v=zHDxc0feUCI , il quasi funky di una Fire On The Water inconsueta https://www.youtube.com/watch?v=urm4pJ_VhF8 , mentre No Desire For Texas viene cantata da David alla Jackson Browne, e Harlequin rimane sempre una canzone splendida (in questa versione anche impreziosita da un sax). Le due cover sono la pianistica Crazy Me (della brava cantautrice canadese Lynn Miles), e una intrigante rilettura di un brano dei Rolling Stones No Expectations (lo si trova in Beggar’s Banquethttps://www.youtube.com/watch?v=uHuUBQp0Vq0 .

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David Wiffen con questo Songs From The Lost & Found ci regala altre meravigliose “perle”, 17 canzoni perse e ritrovate di questo sfortunato “songwriter” che, nonostante il suo talento, ha dovuto abbandonare la carriera e lavorare come autista per gli “handicappati”, e quindi non ha avuto la stessa fortuna di altri artisti canadesi. Oggi alla soglia dei 73 anni, per chi scrive, Wiffen con questi suoi “Basement Tapes” trova la giusta e meritata ricompensa (magari sperando che ne saltino fuori altri).  Da ascoltare in religioso silenzio!

Tino Montanari

Un Fiume Di Note Poetiche E Notturne ! Willie Nile – If I Was A River

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Willie Nile – If I Was A River – River House Records/Blue Rose Records/Ird

Avendo avuto la fortuna di vederlo dal vivo (in uno dei tanti concerti tenuti nel nostro paese), ho sempre considerato Willie Nile un piccolo folletto di altri tempi, con un’energia rock difficile da contenere in un giubbotto di pelle. Nile viene da Buffalo, ed è una delle più felici fusioni tra cultura beat, pop e letteratura, uscita dalle parti del Greenwich Village. Sicuramente a questo ha contribuito anche la musica respirata in famiglia: un nonno pianista, un vecchio zio appassionato di “boogie”, con i fratelli “malati” di Fats Domino e i Rolling Stones, hanno fatto di Willie (al secolo Robert Noonan) un songwriter che, sul finire degli anni ’70, ha avuto le carte in regola per esplodere nella scena rock dell’epoca (complice anche una infatuazione per Dylan e Springsteen).

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Ingaggiato dall’Arista, esordisce con l’omonimo Willie Nile (80), composto da undici ballate elettriche dal suono marcatamente ritmico https://www.youtube.com/watch?v=x9QJBFt9WdA , a cui ha fatto seguire a breve distanza Golden Down (81) un disco più maturo, acclamato da stampa e pubblico https://www.youtube.com/watch?v=x9QJBFt9WdA . Causa una lunga controversia e la rottura con la casa discografica, passano dieci anni prima di essere messo sotto contratto con la Columbia ed uscire con un disco di valore come Places I Have Never Been (91), ricco di energia e ballate di grande spessore come la title-track https://www.youtube.com/watch?v=-KqXgNzMIhk , Rite Of  Spring e Heaven Help The Lonely (supportate da ospiti prestigiosi, tra i quali Roger McGuinn, le sorelle Roche, Loudon Wainwright III e Richard Thompson). Eventualmente li trovate tutti qui:

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Dopo un’altra pausa arriva il primo disco dal vivo, Archive Live! Live In Central Park (97), seguito da un lavoro autoprodotto come Beautiful Wreck Of The World (99), album di buona fattura ma ormai destinato ai soli appassionati. Passano ancora sette anni prima che Nile ricompaia con l’eccellente Streets Of New York (06) e il conseguente CD+DVD Live From The Streets Of New York (08), riscoprendo una seconda carriera con un “trittico” di piccoli capolavori come House Of A Thousand Guitars (09), The Innocent Ones (10) e l’ultimo lavoro in studio American Ride (13).

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Per questo nuovo lavoro If I Was A River, il buon Willie accantona la sua amata “Stratocaster” per un pianoforte “Steinway” (lo stesso che suonava agli inizi di carriera), ed accompagnato da pochi musicisti (ma di qualità), tra cui il leggendario chitarrista Steuart Smith (Eagles, Rodney Crowell, Rosanne Cash), il multi strumentista David Mansfield (veterano di lungo corso con Bob Dylan e Johnny Cash), al mandolino e violino e Frankie Lee alle armonie vocali e coautore di alcuni brani, ci propone un disco diverso, un album di ballate solo voce e piano e poco altro. Il “fiume di note” si apre con la bellissima title track If I Was A River, una canzone d’amore cantata con la rabbia di Springsteen e suonata alla Randy Newman https://www.youtube.com/watch?v=_ikxC6mwuCI , così come le seguenti Lost e le toccanti folk-irish Song Of A Soldier e Once In A Lullaby, impreziosite dalla chitarra e dal mandolino di Smith e dal violino di Mansfield.

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Il lavoro prosegue con la dissacrante cantilena di Lullaby Loon, la solenne e maestosa Gloryland, la quasi recitativa I Can’t Do Crazy (Anymore), per poi passare alla scanzonata Goin’ To St.Louis https://www.youtube.com/watch?v=BL6P1QVcxl4 , alle delicate e struggenti note pianistiche di The One You Used To Love, e terminare il viaggio, come l’aveva iniziato, con un testo che si ricollega alla title track, un brano come Let Me Be The River suonato in punta di dita da un magnifico pianista, come ha dimostrato di essere per questo lavoro Willie Nile https://www.youtube.com/watch?v=vTpynzBbOK0 . La rinascita artistica del signor Robert Noonan non accenna a fermarsi, e questo If I Was A River (anche se è distante dal repertorio più amato dai suoi “fans”), breve ma intenso, è un disco che ti conquista, che non vorresti mai togliere dal lettore, che ti rimane dentro (da segnalare anche l’artwork  con scatti in bianco e nero), da ascoltare in queste fredde e umide serate invernali (possibilmente in dolce compagnia).!

Tino Montanari

Sconosciuti Ma Molto Bravi! – New American Farmers – Brand New Day

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New American Farmers – Brand New Day – Big Barncat CD

Anche se è targato 2013, questo è uno dei migliori dischi che ho ascoltato durante questo inizio anno.

*NDB Il disco è uscito nella primavera del 2013, ma se è bello, come vedete ultimamente sul Blog, se ne parla senza problemi. Uno “sgub” al contrario, il Tony Sales che suona la batteria nella band non è “quello” dei Tin Machine, che suonava il basso!

I New American Farmers sono un duo formato da Paul Michael Knowles e Nicole Storto, e sono la naturale evoluzione dei Mars, Arizona, un monicker sotto il quale hanno inciso ben quattro album, decisamente ardui da reperire http://www.youtube.com/watch?v=5XEIawDp0iY .

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Ma l’interesse al momento è spostato verso il lavoro di esordio dei NAF (vado di acronimo per far prima), intitolato Brand New Day, che si rivela essere un piccolo grande disco di rock californiano, strettamente imparentato con il country (o come sono stati definiti dalla stampa USA, Cosmic Americana).

Un suono che ha decisi punti di contatto con i Byrds post-Sweetheart Of The Rodeo, quelli guidati da Roger McGuinn con Clarence White come alter ego, ma anche con Tom Petty, sia per il timbro vocale di Knowles sia perché comunque Petty stesso ha sempre avuto i Byrds come influenza principale; qualche punto di contatto si trova anche con i Beatles e, se non altro perché stiamo parlando di un duo uomo-donna, come la collaborazione tra Gram Parsons ed Emmylou Harris.

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E poi ci sono le canzoni: nove brani originali più una cover (ed una bizzarria finale), brani di valore assoluto, eseguiti con grande feeling dai due, assieme ad una manciata di amici (in session c’è perfino il quasi dimenticato Gene Parsons, un altro link con i Byrds quindi); ad un ascolto distratto potrebbero sembrare derivativi, ma la materia è talmente buona che alla fine Brand New Day brilla di luce propria e non riflessa.

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E infine Knowles e la Storto sono due songwriters coi fiocchi, e lo dimostrano facendoci tornare per una manciata di minuti ai gloriosi giorni in cui la California era, musicalmente parlando, al centro del mondo.

L’album dura circa poco più di mezz’ora, ed è diviso in due come i vecchi vinili (this side e that side), un altro rimando ad un periodo davvero irripetibile.

L’iniziale Everywhere sembra proprio provenire da uno degli ultimi LP dei Byrds: un brano vivace guidato dal banjo e dalla steel, con una grande melodia e la voce di Knowles giusto a metà tra Petty e McGuinn http://www.youtube.com/watch?v=-r5_l7qILfw .

Miglior inizio non ci poteva essere.

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La limpida Brand New Day sembra una outtake di Petty con George Harrison alle spalle (l’intro di slide è da brividi lungo la schiena), con poche ma suggestive note di piano come ciliegina: un brano splendido, sentire per credere; la tenue Sad Hotel, perfettamente cantata a due voci, è invece un’intensa ballata dominata dalla steel, un pezzo a dir poco evocativo.

Una tromba introduce la fluida Don’t Wait For Me Here, che fonde mirabilmente jingle-jangle byrdsiano ed armonie beatlesiane; Can’t Get It Out Of My Head è proprio il classico del 1974 scritto da Jeff Lynne per la ELO, qui riproposta con la sola voce femminile di Nicole ed un arrangiamento cameristico per steel e quartetto d’archi, che lascia nuda la bella melodia del brano http://www.youtube.com/watch?v=2Z1lLqeqJUI .

Una versione che dimostra anche una bella dose di inventiva da parte dei due.

Con l’acustica Faking The Divine torniamo ad atmosfere californiane, una canzone di spessore che sembra uscire dall’ultimo disco dei Byrds (prima dell’estemporanea reunion dei cinque membri originali), quel Farther Along che a mio parere andrebbe assolutamente rivalutato: bello l’assolo centrale per tromba mariachi.

La bella Good And Sober ha addirittura una ritmica boom-chicka-boom di cashiana memoria http://www.youtube.com/watch?v=7bKGZ7AdCEQ , con la voce di Paul che dà profondità ad un brano già bello di suo; Open Arms è invece un ottimo slow dai toni epici, con una melodia che ha qualche punto di contatto anche con The Band, ed un assolo distorto di chitarra a metà brano che crea un contrasto intrigante con il clima classico e rilassato del brano: uno degli highlights del CD.

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Hypocrite è più roccata e diretta http://www.youtube.com/watch?v=5XEIawDp0iY , mentre la pianistica How Do We Do It? è una dolce ballata eseguita con feeling enorme: voce, piano e nient’altro, come fa ogni tanto Neil Young.

Chiude la strana Sunday Market, che più che una canzone è un collage di versi di animali, voci umane e rumori ambientali, con in sottofondo un tizio (probabilmente Knowles) che ad un certo punto intona Che Sarà di José Feliciano, e per di più in italiano!

A parte il finale bizzarro, un disco comunque di tutto rispetto, una bella sorpresa che mi sento di consigliare a chiunque.

Sentiremo ancora parlare dei New American Farmers, o almeno lo spero.

Marco Verdi