Un Ulteriore Fantastico Omaggio Al Blues Al Femminile! Rory Block – Prove It On Me Power Women Of The Blues Vol.2

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Rory Block – Prove It On Me Power Women Of The Blues Vol.2 – Stony Plain Records

Prosegue inesausto ed infaticabile il lavoro di “archivista” del Blues di Rory Block. Con questa serie di album dedicati alle leggende delle 12 battute: la avevamo lasciata nel 2018 alle prese con A Woman’s Soul, il tributo a Bessie Smith https://discoclub.myblog.it/2018/08/12/dopo-il-tributo-ai-padri-fondatori-del-blues-ora-tocca-alle-eroine-del-genere-rory-block-a-womans-soul-a-tribute-to-bessie-smith/ , questa volta con Prove It On Me, sottotitolo Power Women Of The Blues Vol.2 affronta il repertorio di alcune eroine delle origini di questa musica, di cui alcune, lo ammetto, neppure io, che cerco di seguire con continuità il genere, avevo mai sentito nominare, o solo di sfuggita. Personaggi come Arizona Dranes, Elvie Thomas, Merline Johnson, Madlyn Davis, Helem Humes, Rosetta Howard, Lottie Kimbrough e le “celebri” Gertrude “Ma” Rainey e Memphis Minnie, che comunque una musicista come la Block, che è anche diventata una sorta di filologa del genere, ha saputo riscoprire e valorizzare con il suo approccio rigoroso ma comunque variegato, grazie anche al fatto che la stessa Rory, in questo disco, come nei precedenti, suona anche guitar banjo, batteria e percussioni, oltre alla “canonica” chitarra acustica, il tutto al servizio della sua bella voce, sempre in grado di emozionare.

Come mi è capitato di dire, recensendo altri album di questa serie, i dischi sono tutto meno che “pallosi”, rigorosamente acustici è vero, ma con degli arrangiamenti spesso complessi e raffinati, come conferma subito una mossa e brillante He May Be Your Man  (con un divertente che vedete qui sopra), dove la voce di Rory mi ha ricordato addirittura il timbro della compianta Phoebe Snow, secondo me una delle vocalist più straordinarie della musica americana, e anche a livello strumentale non si scherza, con acustiche sferzate anche in modalità slide, percussioni e batteria presenti e vivaci in questa cover di Helen Humes, che ai più potrebbe risultare sconosciuta, ma era la cantante delle orchestre di Harry James e Count Basie. It’s Red Hot di Madlyn Davis viene dai primi anni ‘20, sempre con la Block al botteneck, battito di mani e alla batteria, ed è un pezzo blues che mostra già, in questa versione, i prodromi della futura svolta elettrica delle 12 battute, con Rory che utilizza anche il multitracking per moltiplicare la sua voce, mentre per If You’re A Viper di Rosetta Howard, attiva negli anni ‘30 e ‘40, la nostra amica utilizza un approccio vocale più sexy e quasi da gattona, con retrogusti jazzy e raffinati, con un accenno di scat, senza dimenticare la sua prodigiosa tecnica alla slide acustica.

La title track Prove It On Me viene dal repertorio di Ma Rainey, una delle grandi sacerdotesse del primo blues, già attiva dagli anni ‘10 del secolo scorso, un pezzo solenne e ieratico, quasi danzante e di nuovo con lo scat di Rory, eccellente anche alla batteria, ad impreziosirlo; I Shall Wear A Crown è un traditional che faceva parte del repertorio di Arizona Dranes, con accenti gospel, sempre con la moltiplicazione delle voci della Block, che all’inizio del brano impiega una vocina quasi al limite del falsetto, segue Eagles l’unico brano originale che porta proprio la firma di Rory Block, qui alle prese con uno splendido brano folk-blues, quasi da cantautrice, una melodia intensa interpretata con grande trasporto vocale. Wayward Girl Blues è un pezzo di Lottie Kimbrough, una cantante la cui carriera si svolse solo negli ultimi anni ‘20, ma a giudicare dalla canzone avrebbe meritato maggiore fortuna, brano che gode una volta di più di una interpretazione sontuosa di Rory, che a tratti mi ha ricordato Joan Armatrading, prima di rilasciare un grande solo al bottleneck.

Di In My Girlish Days, la canzone di Memphis Minnie, ricordo una versione fantastica della appena citata Phoebe Snow, dove la voce della cantante newyorchese quasi galleggiava sulle note del brano, ma anche nella rilettura di Rory, sempre magnifica alla slide, si gode della vocalità superba di questa signora di 70 anni ancora in possesso di un timbro impeccabile. Un po’ di ragtime non poteva mancare, ed ecco per la bisogna Milk Man Blues, un pezzo di Merline Johnson, che inevitabilmente gioca sui doppi sensi tipici nella musica blues, sempre interpretato splendidamente dalla Block che per il congedo si affida ad una Motherless Child, rivista dal songbook di Elvie Thomas, e che rimane uno dei brani tradizionali più celebri della grande tradizione popolare della musica americana, con Rory che utilizza un timbro vocale più basso ed impegnativo da cui esce ancora una volta alla grande con una prestazione vocale superba che conferma, ancora una volta, l’elevato valore della serie, una “lezione” non noiosa sulle 12 battute, consigliata caldamente a tutti gli amanti del genere.

Bruno Conti

Dopo Il Tributo Ai Padri Fondatori Del Blues Ora Tocca Alle “Eroine” Del Genere. Rory Block – A Woman’s Soul: A Tribute To Bessie Smith

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Rory Block – A Woman’s Soul: Tribute To Bessie Smith – Stony Plain  

Circa un anno fa l’avevamo lasciata alle prese con Keepin’ Outta Trouble: A Tribute To Bukka White, che era il sesto capitolo della serie dedicata ai “Padri Fondatori Del Blues ”https://discoclub.myblog.it/2017/01/10/una-delle-signore-del-blues-bianco-rory-block-keepin-outta-trouble-a-tribute-to-bukka-white/ ,  ed ora la ritroviamo lanciata in una nuova avventura, questa volta  nel primo disco della nuova serie “Power Women Of The Blues”, A Woman’s Soul dedicato a Bessie Smith, The Empress Of Blues, una delle figure più importanti della musica americana degli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, quando, come ricorda la stessa Rory Block, non era facile per una donna dedicarsi solo alla musica, girando con il suo spettacolo per gli Stati Uniti, prima con enorme successo e poi a fatica nel pieno del periodo della Grande Depressione, con in più “l’aggravante”  di essere una donna di colore. Ma La Smith era una tipa tosta, e nella sua vita ha lasciato un segno indelebile nella storia del Blues, influenzando intere generazioni di cantanti, che ancora oggi interpretano le sue canzoni e ne riconoscono l’influenza: da Billie Holiday e Ella Fitzgerald, passando per Mahalia Jackson, sino ad arrivare a Janis Joplin e Norah Jones, ma anche Beth Hart ed altre hanno reso omaggio alla sua musica.

Rory Block, come di consueto negli ultimi album, preferisce farlo in solitaria, adattando la musica di Bessie che prevedeva l’uso di un gruppo, se non di una piccola orchestra: la nostra amica negli Aurora Studios di Chatham, New York, ha inciso prima tutte le parti vocali, la chitarra e il basso, poi ha aggiunto delle piccole percussioni, anche inconsuete e a tratti complesse, ed ha inciso dieci brani della Smith che vogliono perpetrarne l’influenza sulle generazioni attuali, come avevano fatto cantanti come la scomparsa Jo Ann Kelly, Maria Muldaur e Bonnie Raitt. Il risultato come di consueto è di notevole fattura, anche se personalmente avrei preferito magari un approccio per una volta più ricco e composito, benché difficilmente questa musica si possa definire noiosa, richiede comunque una attenzione e una predisposizione d’animo adatta all’ascolto, forse destinata soprattutto agli stretti praticanti del genere, ma potrebbe essere anche propedeutica alla scoperta della musica della Smith. Detto questo, il disco è comunque suonato e cantato con grande passione e perizia, la Block è chitarrista della tecnica finissima e vocalist duttile e di notevole espressività, come mette subito in luce la brillante Do Your Duty dove Rory dà un saggio anche della sua bravura con il bottleneck, per un brano sapido e gustoso, uno dei tanti dove i doppi sensi e la salacità delle canzoni originali rivive in modo vivido, come pure nella successiva Kitchen Man, dove la Block cerca di ricreare una vocalità quasi da gattina innamorata, molto sexy ed ammiccante, mentre bisogna ammettere che il lavoro brillante delle percussioni è veramente delizioso, in Jazzbo Brown From Memphis Town il lavoro chitarristico sfiora la bravura di un Ry Cooder e il blues scorre con grande fluidità.

Con Gimme A Pigfoot And A Bottle Of Beer ci offre un’altra testimonianza della sua versatilità, sia strumentale che vocale, con arditi cambi di tonalità, per poi tuffarci in uno dei brani più noti, Need A Little Sugar In My Bowl, altro contenitore di doppi sensi molto espliciti, che poi Nina Simone ha riadattato e reso più romantica dell’originale. I’m Down In The Dumps non fa parte delle canzoni ‘naughty, bawdy, and blue’, quelle più ribalde, viceversa mette in evidenza l’anima più intensa e romantica della musica di Bessie Smith, come pure e ancor di più la delicata Weeeping Willow Blues, dove Rory Block ci mette molto del suo con eccellenti risultati. Black Mountain è più intricata ed oscura, quasi minacciosa, mentre On Revival Day con la sua andatura ondeggiante potrebbe quasi suggerire gli Zeppelin più bucolici del terzo album, e la moltiplicazione gospel delle voci, tutte sovraincise da Rory è quasi geniale. Posta in chiusura Empty Bed Blues rivela il lato più vulnerabile ed intimo di questa musica che non sente lo scorrere del tempo e rimane sempre ricca di fascino, anche nella interpretazione di gran classe della Block.

Bruno Conti

Una Delle “Signore” Del Blues Bianco. Rory Block – Keepin’ Outta Trouble: A Tribute To Bukka White

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Rory Block – Keepin’ Outta Trouble: A Tribute To Bukka White — Stony Plain/Ird                          

Rory Block è certamente una delle “signore” del Blues bianco, ma è anche una delle più rigorose e fervide portatrici della tradizione delle 12 battute, tra coloro che più si battono per preservarne la memoria tra gli ascoltatori e gli appassionati. Ormai non più giovanissima (come Springsteen è del 1949), ma dalla foto di copertina i suoi 67 anni li porta veramente bene, ciò non di meno è sulle scene dal 1965 circa, quando poco più che quindicenne decise che quella sarebbe stata la sua musica: prima frequentando i locali dove si esibivano gli ultimi giganti del folk blues acustico, gente come Mississippi John Hurt, Reverend Gary Davis, Son House, Skip James, Mississippi Fred McDowell,  a cui ha dedicato i suoi album della cosiddetta “Mentor Series”, incentrata su questi grandi e che ora si arricchisce di un nuovo capitolo, sempre pubblicato dalla Stony Plain, ma in precedenza la Block aveva inciso The Lady And Mr. Johnson, dedicato a Robert Johnson. Come al solito questo Keepin’ Outta Trouble è registrato in solitaria da Rory Block, voce e chitarra acustica (e qualche percussione sparsa), caratteristica che è il grande pregio di tutta la serie, rigorosa e filologica, ma in parte ne è anche il “piccolo” difetto, se uno non è un grande fan del Country Blues, alla fine potrebbe trovare i vari volumi ripetitivi e un filo noiosi.

Potrebbe, ma non è detto, perché comunque la nostra amica è in possesso di una bella voce (temprata da oltre 50 anni di dischi, il primo uscito nel lontano 1967) e a fianco dei vari brani pescati dal repertorio di questi grandi bluesmen, inserisce sempre qualche canzone scritta da lei e ispirata dalle storie di questi musicisti. Nel caso di Bukka White, forse uno dei meno conosciuti tra quelli citati finora, sono le prime due tracce, una sorta di preludio alle canzoni originali: Keepin’ Outta Trouble e Bukka’s Day sono delle piccole biografie in musica, su cui poi si innestano Parchman Farm Blues e Fixin’ To Die, quest’ultima riscoperta da Bob Dylan nel suo primo album (sia pure come sempre riadattata a modo suo) e poi ripresa, sotto varie forme, dai Led Zeppelin, da Plant come solista, dagli Avett Brothers in una collaborazione con G Love, e da altri. Tra i brani celebri mancano Shake ‘Em On Down, che nell’interpretazione di Eddie Taylor diventerà Ride ‘Em On Down, e appare anche nel nuovo degli Stones, come pure Po’ Boy, che con il titolo Poor Boy  e similari, è stata incisa in decine di versioni, prima e dopo quella di White. Rory Block si conferma chitarrista sopraffina, anche nell’uso della slide acustica, come nell’iniziale Keepin’ Outta Trouble, oltre che vocalist superba, una voce temprata dal tempo, ma sempre limpida e fresca come quella di una ragazzina, ottima narratrice di storie, in grado di arrangiare i suoi brani in solitaria, con un tocco di modernità, anche grazie al multitracking di sé stessa. Voce che tocca anche falsetti deliziosi, quasi di stampo gospel o soul, come nella successiva Bukka’s Day.

Dopo i due brani composti per l’occasione dalla nostra amica si passa a Aberdeen Mississippi Blues il primo dei classici di Bukka White (che forse molti non sanno, era cugino di B.B. King), dedicato alla sua città natale, un classico country blues rurale incalzante e ricco di variazioni chitarristiche, a seguire Fixin’ To Die Blues, il brano che più di tutti rimane legato al mito di Booker White, un complesso, elegante ed intenso brano, classico Delta blues, con le percussioni, suonate dalla stessa Block che fanno le veci del washboard, mentre Rory la canta con grande forza ed intensità, sempre con eccellente uso della slide acustica (che nell’originale del 1940 era quella presa in prestito da Big Bill Broonzy). Ottima versione anche del talkin’ blues Panama Limited, mentre Parchman Farm Blues narra della detenzione di Bukka nel famoso (e famigerato) penitenziario dello Stato del Mississippi, dove il nostro passò circa due anni e mezzo, prima di essere rilasciato, proprio nel 1940, in occasione delle sue registrazioni a Chicago di quell’anno. La versione della Block è una delle più vivide ed intense del disco, sempre con lo splendido dualismo tra voce e slide acustica, come pure per la successiva tambureggiante Spooky Rhythm. New Frisco Train è tra le prime registrazioni del bluesman nero, viene dalle incisioni per la RCA Victor del 1930, quindi molto prima di Robert Johnson, e la versione della musicista di NY è sempre rigorosa, ma comunque ricca di variazioni e vitale. Anche le ultime due tracce, Gonna Be Some Walkin’ Done e soprattutto Back To Memphis, confermano il valore e la bravura di questa paladina del country blues che si è presa, come dice lei stessa nelle note, l’impegno di diffondere l’eredità di questa musica che è in parte cantare, in parte “parlare”, ma anche testimoniare e danzare. E forse, a dispetto di quanto detto da chi scrive, meriterebbe un giudizio ancora più favorevole, per quanto  limitato agli “adepti”. Tanto di cappello!

Bruno Conti         

Sono Solo In Due Ma… Ann Rabson With Bob Margolin – Not Alone

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Ann Rabson W/Bob Margolin – Not Alone – Vizztone

Il nome forse non è conosciuto da moltissimi, ma Ann Rabson è una veterana della scena Blues, dal 1987 leader e fondatrice della band Saffire – the Uppity Blues Women, un trio acustico di musiciste nere dell’area di Washington, DC che poi furono messe sotto contratto dall’Alligator nel 1990 e per una decina di anni sono state una delle formazioni più interessanti nell’ambito del blues tradizionale, con un ultimo album, Havin’ The Last Word, pubblicato nel 2009, dopo una pausa discografica di una decina di anni, e che ha segnato lo scioglimento definitivo del gruppo. Non casualmente, la prima uscita delle Saffire, una cassetta autogestita uscita nel 1987, si chiamava Middle Age Blues, in quanto Ann Rabson all’epoca dell’esordio aveva 42 anni (una cosa comunissima per i bluesmen neri in generale). Lo stile del gruppo ha sempre conglobato blues ma anche barrelhouse, perché la Rabson è un’ottima pianista(nelle Saffire,  anche chitarrista), gospel, soul e tutte le musiche collegate, con tocchi di boogie-woogie e pre-war blues, facendo avvicinare il suo stile a quello di Bonnie Raitt e soprattutto Rory Block. Ann Rabson ha registrato anche tre album solisti, nel corso degli anni 2000, e in questo nuovo Not Alone, si presenta in compagnia di Bob Margolin, altro musicista che vive a pane e Blues.

Come ci ricorda lei stessa nelle note dell’album, la gente spesso pensa che il blues sia sempre e comunque una musica triste, ma questo, secondo, il suo ragionamento, non dovrebbe essere vero in ogni caso. Però poi si incarta un po’ su sé stessa, dicendo che però, in questo disco, che doveva raccogliere materiale felice, anche cattivo (nasty) e in grado di sollevare l’animo dell’ascoltatore, ci sono molti brani che sono, in effetti, tristi. E allora, diciamolo, brani come Guess I’m A Fool di Memphis Slim, uno dei rari cantati da Margolin, ma anche la stessa Let’s Got Get Stoned, un celebre e bellissimo brano di Ashford & Simpson che hanno cantato in mille, a partire da Joe Cocker e Ray Charles, tanto per citare due “minori”, la nostra amica Ann dice che ha un testo piuttosto triste (ma la melodia è ultra accattivante). Anche How Long Blues, il classico di Leroy Carr non è allegrissima, ma al di là degli stati d’animo della musica blues, che fin dal nome non evoca tarantelle, pizze e mandolini, il disco della Rabson ci permette di gustare una cantante ancora nel pieno della sua potenza vocale, con un timbro forte e sicuro, che risalta in molti classici del genere, dal gospel blues di I’m Going To Live The Life I Sing About In My Song, più una dichiarazione d’intenti che un titolo, dove l’accoppiata del piano con la chitarra elettrica di Margolin dona uno splendore malinconico alla maestosa vocalità di Ann.

Oltre che “stoned” in Let’s Get Drunk and Truck si assaporano altre euforie, quasi a tempo di old time blues jazzato anni ’20 e nella citata How Long Blues si tocca il piano blues più classico e tradizionale, rigoroso ma di gran classe grazie alla bella voce della Rabson, Bob Margolin canta in modo adeguato il secondo verso ma non c’è paragone (con tutta la simpatia per il grande Bob, una vita nel blues), tra i due interpreti a livello vocale. In Ain’t Love Margolin si cimenta anche alla slide mentre Ann eccelle al piano e alla voce. Guess I’m A Fool è affidata a Margolin che pur essendo il “with” del disco, si ritaglia alcuni spazi solisti nell’album. Caledonia, a tempo di boogie, ci permette di apprezzare le capacità strumentali di entrambi ma soprattutto della Rabson, che come detto, oltre che notevole cantante, è una brava pianista. Uno dei due brani diciamo “contemporanei” è firmata dallo stesso Margolin che la canta anche, Let It Go, mentre No Time For The Blues è firmata da quella EG Kight, spesso ricordata su queste pagine virtuali e che fa parte di quella scuola di vocalist che oltre alla Raitt e alla Block, annovera tra le sue fila anche Kelley Hunt e la stessa Susan Tedeschi. Is You Is Or Is You Aint My Baby è un brano di uno dei re del divertimento, Louis Jordan, mentre la conclusiva River’s Invitation è una bellissima canzone di Percy Mayfield che consente a Margolin di dare un consistente contributo anche a livello vocale, oltre che con la sua slide insinuante. Rimane la divertente Anywhere You Go di Roy BookBinder e possiamo fare calare il sipario su questo piacevole Not Alone, forse indirizzato soprattutto agli”specialisti” del settore Blues, ma che ha una sua varietà di fondo che lo può fare apprezzare un po’ da tutti, insomma non è “palloso”!

Bruno Conti

Novità Di Maggio Parte IVb. Marcus Miller. Willy DeVille, Joey Ramone, Diana Ross, Clarence Carter, Steve Smith Vital Information, Ian Tyson, Pil, Rory Block, Marissa Nadler, Clarence Carter, Supremes

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Seconda parte della lista delle uscite di questo martedì 29 maggio.

Iniziamo con tre “antichità”. Prosegue la serie delle ristampe della discografia anni ’90 di Willy DeVille: la Big Beat del gruppo Ace dopo Backstreet Of Desire e In New Orleans che raccoglieva in unico CD Victory Mixture e Big Easy Fantasy, ora pubblica questo Live In Paris and New York che purtroppo non è un nuovo disco dal vivo inedito, ma il classico (Live) (proprio così, tra parentesi), quello che conteneva le sue immortali versioni di Hey Joe e Demasiado Corazon, oltre a tutti i suoi classici, registrati dal vivo appunto tra la Francia e gli Stati Uniti. All’origine era uscito su etichetta FNCA. Imperdibile, se vi manca!

Viceversa quello di Joey Ramone “…Ya Know?” è il secondo disco postumo inedito che esce dopo la sua morte. Viene pubblicato dalla BMG/Rough Trade e contiene 15 brani composti tra il 1977 e il 2000 e assemblati dai produttore Ed Stasium e Jean Beauvoir che hanno lavorato con i Ramones durante la loro carriera. C’è anche una Limited Fan Pack Edition con T-shirt e altro che dovrebbe abbondantemente superare i 50 euro.

Altra chicca è il doppio The Supremes At The Copa: Expanded Edition, che esce per la Hip-o-Select/Universal e al vecchio album con 15 brani aggiunge 10 canzoni nel primo CD e altre 21 nel secondo. Si tratta del famoso concerto del 1965 della famosa formazione di Diana Ross. Per essere onesti la legenda dei contenuti recita così:

Disc 1 Tracks 1-15: Original Stereo LP

Disc 1 Tracks 16-25: Alternate Mono Mixes/Previously Unreleased

Disc 2: The Complete Show/previously Unreleased

Poi vedete voi! Sembra interessante, considerando che le ristampe Hip-O-Select hanno anche succosi libretti e un ottimo suono.

 
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Visto che siamo in zona Diana Ross vi segnalo anche il famoso Live In Central Park, giù uscito il 15 maggio per la Shout Factory negli Stati Uniti e ora in uscita anche da noi come Universal. Si tratta della versione in DVD del famoso concerto gratuito del 1983 a New York il 21 luglio interrotto da un megatemporale e replicato la sera successiva. Come da lista qui sotto, nel dischetto ci sono entrambi i concerti e qualche extra per un totale di 160 minuti:

1. I’m Coming Out
2. Home
3. Family
4. It’s My House
5. Let’s Go Up
6. Reach Out And Touch (Somebody’s Hand)
7. Supremes Medley: Reflections/Baby Love/Stop! In The Name Of Love/Love Is Like An Itching In My Heart
8. God Bless The Child
9. Mirror, Mirror
10. Maniac
11. You Can’t Hurry Love
12. Upside Down
13. So Close
14. Why Do Fools Fall In Love
15. Ribbon In The Sky
16. Beat It
17. Muscles
18. Endless Love
19. Theme From Mahogany (Do You Know Where You’re Going To)
20. Ain’t No Mountain High Enough
21. All For One
22. BONUS: Complete Shortened Concert From Day 1

Sempre per gli amanti del soul la Ace/Kent pubblica un nuovo capitolo dedicato al materiale “Fame”, questa volta non una compilation ma per un singolo artista, Clarence Carter, meno conosciuto di altri colleghi ma altrettanto valido ed importante (è ancora in pista), è quello di Slip Away, un brano che magari non dice nel titolo ma all’ascolto della canzone. Il CD si intitola The Fame Singles Volume 1 1966-1970.

Ulteriore capitolo della serie delle ristampe della Floating World con materiale “inedito” degli Spirit, si chiama Two Sides Of A Rainbow e riporta in un doppio CD il concerto della band di Randy California in versone power trio, registrato al Rainbow di Londra nel 1978.

 

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Nuovo album per il grande bassista Marcus Miller, pubblicato come di consueto dalla francese Dreyfus. Il titolo è Renaissance e vede ospiti la coppia Gretchen Parlato e Rubén Blades nel brano Setembro (Brazilian Wedding Song) e Dr.John in una cover di Tightrope.

Doppio album dal vivo (CD+DVD) per il batterista Steve Smith con i suoi Vital Information. In formazione il vecchio tastierista dei Santana, Tom Coster. L’etichetta è la Varese Sarabande.

La Stony Plain ci regala un nuovo capitolo della lunga saga di album dedicati al Blues dalla bravissima cantante e chitarrista Rory Block, il titolo è I’m In The Band e questa volta l’artista cui viene reso omaggio è il Rev. Gary Davis.

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Sempre su etichetta Stony Plain esce l’ennesimo album di Ian Tyson, si chiama Raven Singer e come ha dichiarato lo stesso “cowboy canadese”, 78 anni compiuti, è ispirato da due libri, la sua autobiografia e la biografia di Ian & Sylvia.

Marissa Nadler è una delle cantautrici indie americane più interessanti, il nuovo album si chiama Sister perché è il seguito, una sorta di secondo capitolo, dell’album omonimo che aveva pubblicato lo scorso anno sempre per la propria etichetta, la Box Of Cedar. Diciamo di non facilissima reperibilità ma lei è veramente brava, con una voce molto evocativa.

E “last but not least” il nostro amico John Lydon dopo i Sex Pistols riunisce anche i Pil. Riunisce è una parola una po’ forte visto che non c’è nessun musicista della formazione originale, ma This Is Pil dei Public Image Limited per dargli il nome che gli compete esce (dopo molte vicissitudini) per la Pil Official e se aspettate una settimana, a causa di ritardi nella preparazione della confezione, ci sarà anche la quasi immancabile confezione limitata CD+DVD con un concerto registrato all’Heaven Nightclub, con 16 brani, in pratica un concerto intero e dovrebbe costare come un singolo CD.

Bruno Conti