Cartoline Intime Da Un Grande Poeta! Leonard Cohen – Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour

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Leonard Cohen – Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour – Sony Music

Dopo Live In London (09), Songs From The Road (10), Live In Dublin (14), questo Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour è il quarto album Live negli ultimi anni che il grande cantante e poeta dà alle stampe, contenente materiale tratto dai suoi innumerevoli tour (in questo caso Old Ideas World Tour), e si devono ringraziare i membri della band e i tecnici che collaborano con Leonard Cohen da più tempo, se questa “compilation” di brani dal vivo (assemblata utilizzando incisioni rare e inedite prese dai vari “soundchecks”  e dagli show in due anni di esibizioni nelle varie località) oggi gira nel mio lettore https://www.youtube.com/watch?v=K4qDWchwHKk . Il lavoro è costituito da dieci brani, sei classici, però poco eseguiti negli altri live, due cover d’autore e due nuove canzoni,  con il consueto apporto della sua magnifica band composta da Neil Larsen alle tastiere, Mitch Watkins alle chitarre, Alex Bublitchi al violino, il virtuoso Javier Mas ( tutti gli strumenti a corda), chitarre, mandolino, banduria, laud e archilaud, Rafael Gayol alla batteria e percussioni, Roscoe Beck al basso, e come coriste la collaboratrice storica Sharon Robinson (è uscito da poco il suo nuovo lavoro solista Caffeine), e le sempre più brave Webb Sisters, che stanno  vieppiù diventando per Leonard importanti come le storiche Jennifer Warnes, Perla Batalla e, per chi scrive, la migliore Julie Christensen.

Le cartoline spedite da Cohen ci arrivano dalla First Bank Center di Denver con il crescendo (a tempo di marcia) di una sempre meravigliosa e decadente  Field Commander Cohen, passando poi per il Rosenborg Castle di Copenhagen con una raffinata I Can’t Forget  (da I’m Your Man), sul palco della mia amata Dublino per un’incantevole Light As The Breeze (da The Future), per poi arrivare alla prima cover La Manic di Georges Dor (personaggio di spicco del Quèbec) cantata in francese da Cohen davanti al pubblico entusiasta del Colisée Center di Quèbec City, prima di approdare al Warsteiner Hockey Park di Monchengladbach per una suadente, dolce e poco conosciuta Night Comes On (da Various Positions) con il violino di Bublitchi che scalda il cuore https://www.youtube.com/watch?v=n7QFsV65D-I . I “souvenirs” giungono anche dal King’s Garden di Odense con l’inedita Never Gave Nobody Trouble, arrangiata su un tessuto blues dove spicca la voce cavernosa di Leonard, seguita da una celestiale Joan Of Arc (dal celeberrimo Songs Of Love And Hate), dove viene evidenziata la bravura delle coriste https://www.youtube.com/watch?v=drqgPNNv3K8 , per poi volare alla Vector Arena della lontana Auckland (Nuova Zelanda), per il secondo inedito con il “groove” funky di Got A Little Secret e la cover di Choices (un brano portato al successo da George Jones), introdotto da un violino “celtico” e accompagnato dai cori su dolci armonie country, concludendo il viaggio nella mitica Opera House di Sydney declamando inizialmente una Stages, che poi nello svolgimento non è altro che la famosissima Tower Of Song, per l’occasione riproposta con un nuovo arrangiamento.

Per comprendere la statura di questo artista, basti ricordare che dal 2008 al 2013 si è esibito in tutto il mondo calcando i palchi di 31 paesi, con circa 500 spettacoli a cui hanno partecipato quattro milioni di fans, con “performance” della durata di più di tre ore (un ottantenne che rivaleggia con Springsteen, che di anni ne ha quindici in meno), un poeta canadese dalla classe infinita che, oltre alle sue splendide canzoni, con la sua voce che ,anche se consumata dal tempo, è ancora tagliente come una lama di coltello, riuscendo ancora una volta a fare breccia nel cuore di molti, regalandoci  sempre degli show commoventi. Io, come sapete, sono di parte, ma la musica di Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour, diventa poesia per il cuore. Giù il cappello per Leonard!

Tino Montanari

L’Ultimo Botto Di Fine Anno ! Leonard Cohen – Live In Dublin

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Leonard Cohen – Live In Dublin – Sony Music – 3CD – 3CD/DVD –  3CD/Blu-Ray

Dopo Live In London (09) e Songs From The Road (10), questo Live In Dublin  è il terzo concerto dal vivo che il grande cantautore-poeta canadese estrae dai suoi numerosi tour Europei: sono tre ore di grande musica (e per la prima volta un concerto completo dalla prima all’ultima canzone, per i suoi numerosi “fans” (ai quali sono fiero di appartenere). Il concerto è stato registrato nel Settembre del 2013 all’Arena 02 della splendida capitale Irlandese, con Cohen che come sempre si avvale di musicisti di fama mondiale (probabilmente la sua migliore band di sempre a parte l’assenza di Dino Soldo al sax), con al basso Roscoe Beck, Neil Larsen alla fisarmonica e tastiere, Rafael Gayol alla batteria e percussioni, il virtuoso Javier Mas a suonare tutti gli strumenti a corda, Mitch Watkins alle chitarre, il violino moldavo di Alex Bublitchi , e alle armonie vocali la sua “partner” di lunga data Sharon Robinson, e le sempre soavi Webb Sisters, ancora presenti nel gruppo lo scorso anno, per una “performance” magnifica dove in un mix unico si combinano elementi blues, jazz e pop, con frammenti di stili europei e zingareschi https://www.youtube.com/watch?v=n2GAYDYGddk .

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Il primo set inizia con la consueta, scura e profonda, Dance Me To The End Of Love, a cui fanno seguito la “biblica” The Future, la sempre carismatica Bird On The Wire, qui arrangiata in versione soul-jazz, mentre la chitarra del barcellonese Javier Mas incanta in Everybody Knows (dove si nota ancora una volta la bravura delle coriste) https://www.youtube.com/watch?v=8IfmiKnZi3E , e anche nel lungo intro spagnoleggiante di una struggente Who By Fire. Con The Gypsy’s Wife la band recupera il suono tzigano dei tempi di Recent Songs (79) , a cui Cohen fa seguire un trittico di brani tratto dal recente Old Ideas (12) Darkness, Amen e la dolce e meravigliosa Come Healing, accompagnata dalle voci angeliche delle Webb Sisters https://www.youtube.com/watch?v=MUB1O2cT2gM , canzoni che reggono lo show con la stessa forza dei classici di sempre, andando a chiudere la prima parte con Lover Lover Lover dal classico New Skin For The Old Ceremony (74), e la spirituale Anthem.

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La seconda parte del set riparte con le tastiere della celebre Tower Of Song, seguita poi da una dolcissima Suzanne, trascinata dal violino e dai cori, dagli accordi acustici di Chelsea Hotel #2, il lento incedere di Waiting For Miracle, per poi approdare al momento migliore della serata con la bilingue, sofferente ed emotiva, The Partisan, in una versione da brivido, impreziosita dagli accordi di Mas durante i versi in francese, brano che si merita l’ovazione del pubblico in sala. Dopo un inchino e un saluto al pubblico, il “maestro” riparte con le note avvolgenti di In My Secret Life, lasciando il palco alla Robinson per la ballata pianistica Alexandra Leaving, e poi ritornare con la sua voce baritonale alle atmosfere retrò della nota I’m Your Man https://www.youtube.com/watch?v=YuCpTi0EtbU , che fa da preludio alla famosissima e “coverizzata” da quasi tutti Hallelujah (forse l’unica canzone di Cohen conosciuta a livello universale), recitandola come solo il suo “creatore” potrebbe fare, un brano che non ha bisogno di presentazione, il secondo set termina con la poesia di Garcia Lorca, il fascinoso valzer Take This Waltz. Sulle note finali di questa canzone la band se ne va dal palco, per poi tornare ovviamente per una serie di “encores” che iniziano con la spettacolare versione “tzigana” della bellissima So Long, Marianne https://www.youtube.com/watch?v=DgEiDc1aXr0 , seguita dai sussurri di Going Home con il violino moldavo che colpisce direttamente al cuore, il basso pulsante che introduce First We Take Manhattan, dove la voce di Leonard e l’apporto delle coriste danno al brano un tono inaspettato, mentre la dolente Famous Blue Raincoat entra nell’anima, con uno dei testi più commoventi di sempre https://www.youtube.com/watch?v=DHqqlm9yf7M . Le bellissime voci delle sorelle Webb danno corpo alla melodia sognante di If It Be Your Will, avviandosi poi al gra finale con la solita coinvolgente Closing Time, rispolverando anche il blues vellutato di I Tried To Leave You e andando a chiudere un concerto magnifico con una inaspettata cover di Save The Last Dance For Me (con un’introduzione quasi “caraibica”) dei Drifters. Applausi!

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Sono quasi cinquant’anni ormai che Leonard Cohen porta avanti la missione di poeta, romanziere e cantautore, e chi lo segue dall’inizio della sua carriera sa cosa aspettarsi da questo vecchio signore, un gentiluomo che quando sale sul palco è rispettoso del pubblico e dei suoi superbi musicisti, che ringrazia col gesto del cappello e presenta con un rispettoso inchino. Anche in questo concerto (come negli altri), il suono è perfetto, non assordante, governato dall’equilibrio e dalla misura, distribuito su canzoni immortali, riconosciute ed apprezzate, cantate con il senso della misura, che con Cohen diventa perfezione. All’inizio della carriera, il grande canadese amava dire “di voler essere solo un poeta minore”, ora (per chi scrive) rimane senza ombra di dubbio il massimo poeta che la canzone d’autore abbia saputo esprimere, non male per uno che ha intrapreso di nuovo la carriera di cantante e ricominciato a fare concerti per le note necessità economiche.

NDT: Nel DVD oltre al concerto completo, vengono proposti come bonus i video delle canzoni Show Me The Place, Anyhow e Different Sides, estratti da Old Ideas e registrati in Canada nel 2013.

Tino Montanari

C’è Sempre Qualcuno Bravo Che Sfugge! Greg Koch Band – Plays Well With Others

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Greg Koch Band – Plays Well With Others – Rhymes With Chalk Music

C’è sempre in giro qualcuno di talento da “scoprire”. Questa volta parliamo di chitarristi. Greg Koch non è un novellino, questo Plays Well With Others (finalmente un titolo di un CD che chiarisce i suoi intenti fin dal titolo, ma ci arriviamo fra un attimo) dovrebbe essere il 12° titolo pubblicato, in una carriera discografica iniziata nel lontano 1993 con Greg Koch & The Tone Controls, ma i cui risultati non sono facilmente reperibili nelle nostre lande (e un po’ ovunque per la verità). Per tornare al “chi è costui?” di Manzoniana memoria che non utilizzavo da un po’ nei miei pezzi, direi che Greg Koch è un virtuoso della chitarra, originario di Milwaukee, Wisconsin, lo stato di Les Paul, dove tuttora registra i suoi album, ma che, curiosamente, lavora come “clinician” per la concorrente Fender, è stato fatto conoscere (si fa per dire) al grande pubblico da Steve Vai, che gli ha pubblicato un disco per la sua etichetta, la Favored Nations, nel 2001. Che altro? Tom Wheeler di Guitar Player lo ha definito “a friendly Talent”, nel senso che la sua tecnica è umana e godibile, altri hanno detto che è “il segreto meglio custodito del mondo dei chitarristi”. Joe Bonamassa ha detto “Credo che Greg Koch sia oggi il miglior chitarrista del mondo”, in definitiva, tradotto in parole povere, un talento! Lui, modestamente, ma non troppo, nelle note di The Grip, il CD di cui si diceva poc’anzi, ha definito il suo stile: “Chet Hendrix che incontra i King (BB, Albert e Freddie) alla prima convention Zeppelin-Holdsworth”, arzigogolata ma efficace, come descrizione.

Venendo al nuovo album il titolo lascia intendere che il nostro suona, bene, con altri? E’ proprio così! Nei dieci brani originali, più tre bonus che ripropongono tre dei pezzi già eseguiti, ma in radio mix, che, tradotto per gli ascoltatori, vuole dire praticamente identici alle versioni “normali”, ma più corti (misteri della discografia)! Allora dicci chi c’è? Calma, se state leggendo la recensione, avete già visto la copertina del disco, che riporta i nomi degli ospiti. Comunque questo album è leggermente (o notevolmente, secondo i punti di vista) diverso dalla prove precedenti, prevalentemente strumentali, Greg Koch è uno della famiglia dei Buchanan o dei Gatton, cioè cantare “minga bun” o quasi, come si dice dalle mie parti (ma sono stato cattivo, non è proprio verissimo, c’è di peggio in giro) quindi giustamente in questo disco si è fatto aiutare da John Sieger dei Semi-Twang, che oltre ad avere scritto i dieci brani con Koch, se li canta, meno uno, con profitto. Della sua band ci sono Dylan Koch alla batteria, che immagino parente, Theo Merriweather alle tastiere e Eric Hervey al basso, più parecchi ospiti.

Nel rock-blues sinuoso, vorticoso e riffato di Simone, dopo il primo assolo molto “lavorato” della solista di Greg arriva Joe Bonamassa ed i due cominciano a scambiarsi fendenti nella migliore tradizione delle (Super)sessions, nel secondo brano, Robben Ford, il bassista Roscoe Beck e Brannen Temple alla batteria rinnovano i fasti dei vecchi Blue Line, con un blues raffinato e virtuosistico, a colpi di scale impossibilmente fluide, in Walk Before You Crawl, uno dei pezzi forti di questa raccolta. E non è finita, arriva Jon Cleary che con il suo pianino ci porta dalle parti delle paludi della Louisiana e di New Orleans, come dite, sembrano un po’ i Little Feat? Non sapete come siete nel giusto, infatti nella successiva The Whole Town Has A Broken Heart ecco Paul Barrère (che per motivi che mi sfuggono, sulla copertina, ha l’accento sull’ultima e), che con la sua slide magica tramuta questo brano in una sorta di novella People Get Ready, che ricorda molto nella melodia.

Ancora un paio di gagliarde collaborazioni, a tempo di blues, con Robben Ford e soci, nelle ottime Sho Nuff e What You Got To Lose, con scambi di timbriche e assolo felpati per la gioia degli amanti della chitarra. Whiskey Rainstorm, di nuovo con Paul Barrère, ha un che di funky e sudista nella migliore tradizione featiana, con i due che fanno i George e i Barrère della situazione, anche scambiandosi i ruoli. Down The Road è una bella slow blues ballad dove si apprezza anche la voce di John Sieger, cantante dotato ed apprezzabile, mentre Night Owl Now è l’unico brano cantato da Greg della raccolta e l’occasione per sbizzarrirsi per Barrère e Koch,  che trovato un groove alla Little Feat, aiutati dall’organo di Merriweather, lo portano alle giuste conseguenze. Conclude Hey Godzilla, ancora con Barrère, il brano più rock ed hendrixiano (un eroe della gioventù di Koch) del disco, tirato e cattivo il giusto. Bel disco e grande chitarrista(i). Se vi piacciono quelli che sanno suonare!

Track Listing:
1.) Simone (with Joe Bonamassa)
2.) Walk Before You Crawl (with Robben Ford, Roscoe Beck and Brannen Temple)
3.) Spanish Wine (with Jon Cleary)
4.) This Whole Town Has A Broken Heart (with Paul Barreré)
5.) Sho Nuff (with Robben Ford, Roscoe Beck and Brannen Temple)
6.) What You Got To Lose (with Robben Ford, Roscoe Beck and Brannen Temple)
7.) Whiskey Rainstorm (with Paul Barreré)
8.) Down The Road
9.) Night Owl Now (with Paul Barreré)
10.) Hey Godzilla (with Paul Barreré)
BONUS TRACKS
11.) Spanish Wine, radio mix
12.) What You Got To Lose, radio mix
13.) Hey Godzilla, radio mix

Bruno Conti