Dagli Archivi Senza Fine A Luglio Un Nuovo Capitolo Della Saga. Rolling Stones – From The Vault: No Security – San Jose ’99

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Rolling Stones – From The Vault: No Security San Jose ’99 – 2CD + DVD Eagle Rock/Universal 13-07-2018

Arriva l’estate e arrivano i soliti dischi di archivio dei Rolling Stones: questo dovrebbe essere il settimo capitolo della serie From The Vault, dopo quello dello scorso anno https://discoclub.myblog.it/2017/10/13/un-altro-live-degli-stones-ebbene-si-e-anche-questo-e-imperdibile-the-rolling-stones-sticky-fingers-live-at-fonda-theatre-2015/ uscito a settembre. Il formato è il solito, 2 CD + DVD, ma c’è anche il triplo vinile e il combo Blu-ray + 2 CD, disponibile solo per il mercato americano. Come ci ricorda il titolo, siamo nel 1999, durante il No Security Tour, che durò “solo” da gennaio a giugno, e la cui parte americana si concluse proprio con la tappa di San Jose in California. Il tour serviva per promuovere il doppio CD No Security, uscito a novembre 1998 che, per confondere le idee, conteneva registrazioni del Bridges To Babylon Tour del 1997/1998. La formazione allargata degli Stones, per la data immortalata in questo live, prevedeva accanto agli inossidabili Mick Jagger (vocals, guitar, harmonica); Keith Richards (guitar, vocals); Charlie Watts (drums); Ronnie Wood (guitar)
come membri onorari aggiunti Darryl Jones (bass, backing vocals); Chuck Leavell (keyboards, backing vocals); Bobby Keys (saxophone); Tim Ries (saxophone, keyboards); Michael Davis (trombone); Kent Smith (trumpet); Lisa Fischer (backing vocals); Bernard Fowler (backing vocals, percussion); Blondie Chaplin (backing vocals, percussion, acoustic guitar).

Ecco la tracking list completa dei contenuti:

DVD Track Listing
(CD 1)
1. Jumpin’ Jack Flash
2. Bitch
3. You Got Me Rocking
4. Respectable
5. Honky Tonk Women
6. I Got The Blues
7. Saint Of Me
8. Some Girls
9. Paint It Black
10. You Got The Silver
11. Before They Make Me Run
(CD 2)
12. Out Of Control
13. Route 66
14. Get Off Of My Cloud
15. Midnight Rambler
16. Tumbling Dice
17. It’s Only Rock ‘n’ Roll (But I Like It)
18. Start Me Up
19. Brown Sugar
20. Sympathy For The Devil

Inutile dire che gli Stones in quel periodo erano in gran forma: ma quando non lo sono stati nei tour degli ultimi venticinque anni? Al solito, recensione a luglio quando verrà pubblicato il concerto.

Bruno Conti

Buone Azioni Natalizie: Il CD Dal Vivo Di Paolo Bonfanti Back Home Alive Potrebbe Diventare Un Doppio Vinile. Sta A Voi!

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Qualche mese fa è uscito un eccellente CD dal vivo di Paolo Bonfanti con la sua band, intitolato Back Home Alive, di cui vi avevo parlato in termini più che lusinghieri sia sul Buscadero che sul Blog http://discoclub.myblog.it/2015/09/07/la-via-italiana-al-blues-1-paolo-bonfanti-back-home-alive/. Ora Paolo ( a sua volta sollecitato da fans e fedelissimi del vinile) mi sollecita a parlarvi di una iniziativa di crowdfunding (mi raccomando la d!) che vorrebbe intraprendere per pubblicare anche in doppio vinile il resoconto della serata in quel di Casale Monferrato il 28 febbraio scorso. Ovviamente la procedura per stampare il disco costa e queste iniziative di autofinanziamento hanno comunque delle regole temporali da seguire: per cui il 15 novembre, giorno del suo 55° compleanno (gli anni passano per tutti, mio caro!) il nostro buon Paolo Bonfanti lancia attraverso il suo Fans Club la campagna di raccolta fondi, o come dice lui da buon ligure “a culetta”!

Come ci viene ricordato, nel lontano 1989 i Big Fat Mama, la sua band di allora, pubblicava il suo terzo ed ultimo LP: un vinile doppio dal vivo. Ora si vorrebbe ripetere quella esperienza attraverso questo doppio vinile, alta qualità 180 grammi e con due bonus tracks rispetto alla versione in CD, Exile on Backstreets e You Got to Lose. Il tutto viene affidato alla piattaforma digitale Be Crowdy, la stessa che avevano usato i Gang per il loro Sangue E Cenere. Come ricorda il comunicato stampa che mi è stato gentilmente fornito: per tutte le donazioni, (dai 5,00€ in su),  sono previste ricompense di vario genere e valore, dal semplice “grazie” all’house concert, dalle magliette al diventare veri e propri sponsor, con tanto di logo sulla confezione.

paolo bonfanti back home alive 1

Quindi se volete aderire all’iniziativa non vi resta che cliccare su questo link https://www.becrowdy.com/back-home-alive e leggere come fare a partecipare alla raccolta fondi. L’obiettivo è raggiungere gli 8.000 euro, nel momento in cui scrivo (la data la vedete ad inizio Post) sono arrivati a 1.555 euro, e mancano 39 giorni. Quindi se siete nell’ordine, amanti della buona musica (e qui ce n’è tanta), più nello specifico del Blues (ma non solo) e ancora di più di Paolo Bonfanti e del vecchio vinile, non devo dirvi altro. Se il vinile non fa più per voi, e non l’avete già fatto, potete comunque comprarvi il CD, che rimane sempre un gran bel dischetto. Il mio “dovere” di divulgare l’ho fatto ora sta a voi!

Bruno Conti

Ritorno Sul “Luogo Del Delitto”, Nel Tempio Della Musica Londinese! Eels – Royal Albert Hall

eels royal albert hall

Eels – Royal Albert Hall – E Works / Pias Cooperative – 2 CD + DVD

Finalmente (con colpevole ritardo) parliamo anche di questo concerto di Mark Oliver Everett in compagnia dei suoi Eels, registrato e filmato il 30 Giugno del 2014 sul leggendario palco della Royal Albert Hall di Londra, nell’ambito di un tour molto ambizioso a livello mondiale, composto da ben 53 serate che hanno toccato le città più belle e le sale da concerto più importanti. Il concerto in questione (ripreso da ben nove telecamere) vede Mr. “E” e i suoi quattro soci, Jeff Lyster alle chitarre e pedal steel, Mike Sawitzke alla tromba, Allen Hunter al contrabbasso e Darek Brown alla batteria e percussioni, presentare al pubblico le canzoni dell’ultimo lavoro The Cautionary Tales Of Mark Oliver Everett, riproporre alcuni classici dal loro repertorio, senza tralasciare alcune belle sorprese, per un set di 28 canzoni e 90 minuti di eccellente musica (che data la solennità dell’evento e del luogo), li vede salire sul palco “vestiti a puntino” da veri gentlemen londinesi.

La prima parte ripercorre i “sentieri” dell’ultimo lavoro, e non si può non rimanere affascinati dalle note pianistiche e dalla tromba dell’iniziale Where I’m At, dalla sussurrata When You Wish Upon A Star, dall’incedere del pianoforte nella delicata The Morning, il soffio dolente di una Parallels, per poi iniziare un “trittico” melodico composto da My Timing Is Off, seguito dalla pianistica A Line In The Dirt , con un dolce soffio di tromba, e il ritmo leggermente più marcato di Where I’m From. Le note dolenti di It’s A Motherfucker e Lockdown Hurricane appartengono al passato, cosi come la “jazzata” A Daisy Through Concrete, la tromba maliziosa che accompagna una sempre sognante Grace Kelly’s Blues, e chiudere la prima parte con il delizioso ritmo di Fresh Feeling. Dopo una breve e meritata pausa la seconda parte del concerto riprende rispolverando vecchi brani come I Like Birds https://www.youtube.com/watch?v=HJnbmUnNNYo , l’immancabile My Beloved Monster, stavolta rivisitata in stile “old-fashioned”, per poi passare alla sofferta e quasi recitativa Gentelmen’s Choice, un’ariosa Mistakes Of  My Youth/Wonderful Glorious, e tornare alle rarefatte note della pianistica Where I’m Going. Giù il sipario! Richiamati da un pubblico caloroso, gli Eels tornano sul palco per un’altra serie di brani, e  colpiscono al cuore con le meravigliose I Like The Way This Is Going https://www.youtube.com/watch?v=IUwIMJfghmM  , Binking Lights (For Me), Last Stop: This Town e una dolcissima The Beginning che fa venire qualche “lacrimuccia” al composto pubblico in sala. Le sorprese sono due inaspettate “covers”, la mitica Can’t Help Falling In Love portata al successo da Elvis Presley, e un brano (che non conoscevo) di Harry Nilsson Turn On Your Radio, in linea con tutta la serata. Il sipario si richiude, ma solo in apparenza: Everett si ripresenta sul palco vestito da Dracula e con una risata sinistra finalmente corona il suo sogno (fanciullesco), di suonare l’imponente organo a canne della Royal Albert Hall, facendo risuonare in sala le maestose note di Flyswatter e The Sound Of Fear https://www.youtube.com/watch?v=BZY8avt3FKY . Questa volta (purtroppo) il sipario si chiude definitivamente. Comunque, giù il cappello.!

Come l’assassino che torna sempre sul luogo del delitto, anche gli Eels sono tornati alla Royal Albert Hall di Londra, quasi dieci anni dopo il tour Eels With Strings, ma se quello era un concerto “da camera” con l’apporto di un quartetto d’archi, in questo caso il gruppo ha fatto leva sulle sue risorse per dare alle canzoni nuova linfa con un suono più personale e intimo, ben consapevoli che su questo palco (salvo rare eccezioni), hanno suonato e cantato musicisti straordinari, e gli Eels di Mark Everett certamente lo sono. Un concerto da sentire e da vedere.!

Tino Montanari

Correva L’Anno 1972, Ottima Annata! B.B. King – United Western Recorders Hollywood Los Angeles

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B.B. King – United Western Recorders Hollywood LA, October 1, 1972 – Hi Hat

Uno potrebbe pensare che in considerazione della recente scomparsa di B.B. King http://discoclub.myblog.it/2015/05/17/profeti-sventura-se-ne-andato-anche-b-b-king-1925-2015/  le pubblicazioni postume si sprechino (ma a luglio torna in circolazione il box Ladies And Gentlemen …Mr. B.B. King) e invece questo disco dal vivo, che per comodità chiameremo Live In Hollywood, era già uscito un mesetto prima della morte di King, inserito in quella ormai inesauribile messe di Broadcast radiofonici che sta invadendo il mercato discografico. Spesso e volentieri sia la qualità sonora che quella dei concerti è eccellente, l’unica avvertenza è quella di leggere bene le note, perché capita abbastanza di frequente che gli stessi concerti vengano pubblicati con diverse copertine e titoli, ma identico contenuto. Non è il caso di questo Live del grande Riley Blues Boy, forse l’unico vero Re del Blues (per quanto Freddie, Albert e tutti gli altri King della storia di questa musica meritino rispetto)! Lui e Lucille sono stati due vere icone della storia delle 12 battute, come procede a raccontarci lo stesso B.B King nella introduzione al brano conclusivo della serata, una Guess Who, che allora nel 1972 era una novità. Il grande musicista nero racconta di come per lui è sempre stato importante dimostrare al suo pubblico quando tenesse a loro, dal 1° gennaio al 31 dicembre, ininterrottamente e nel corso degli anni.

Non so se vi sia mai capitato di assistere ad un concerto dell’omone nero, ma il rapporto con il pubblico, cementato da anni di vita on the road, è sempre stato eccezionale, con questi spettacoli ricchi e sfarzosi, accompagnato dalla sua orchestra, con un M.C. (Master Of Ceremonies) impegnato a urlare a ogni piè sospinto per ricordare a tutti chi era “The King Of The Blues” in enfatici annunci rivaleggiati probabilmente solo da quelli dedicati a James Brown. Ribadendo l’importanza di B.B. King,  questo concerto dell’ottobre 1972 si inserisce sicuramente nella lista di quelli da avere. Ovviamente il Live At The Regal è il capostipite di tutti, ma pure il Live In Cook County Jail, uscito pochi mesi prima di questo concerto, un grande successo commerciale del chitarrista, dopo anni nelle classifiche di settore, King dominava anche in quelle generali: per inserirlo in un contesto temporale, il nostro avrebbe partecipato, nel 1974, al “Rumble in The Jungle” (quello di Ali-Frazier in Zaire), immortalato nel film Soul Power e nel DVD postumo BB King Live In Africa. Sempre a proposito di concerti, in quell’anno esce anche il leggendario doppio dal vivo con Bobby Bland, e tra i “must have” ricorderei anche il Live In Japan, uscito in CD solo nel 1999, ma relativo ad un concerto del 1971. In quegli anni BB, proponeva uno stile che gli americani, con termine infelice, definiscono crossover, una misto dei suoi blues lenti, incredibili, soffertissimi, musica soul con fiati, R&B più ritmato, un pizzico di gospel, il tutto condito dalla voce potente ed espressiva e dalle evoluzioni della sua chitarra Lucille, suoni lunghi, sinuosi, caldissimi, dalle timbriche uniche, che lo hanno fatto diventare uno dei 10 chitarristi più importanti All Time (nell’ultima lista di Billboard era ancora al n°6).

Tutti questi elementi sono presenti in questo concerto registrato in uno studio di Hollywood, di fronte ad un pubblico ad inviti, e trasmesso dall’emittente radiofonica KMET-FM con eccellente qualità sonora. Oddio, ogni tanto, per esempio nel primo brano, Everyday I Have The Blues, la chitarra ritmica è un po’ alta nel mix, a tratti la voce sparisce sommersa dagli altri strumenti e la batteria è in primissimo piano, ma sono brevi inconvenienti tecnici che non inficiano la qualità della serata che prevede molti classici del repertorio di King ma anche brani ripresi dagli album del periodo: l’appena citata Everyday Day I Have The Blues, in versione veloce, apre alla grande il concerto, con la chitarra che ti stende subito, How Blue Can You Get?, uno dei suoi slow intensi e raffinati, Just A Little Love, un peana all’amore, a tempo di funky-swing, I Got Some Outside Help I Don’t Need,  altro lento sontuoso, Ghetto Woman, un soul-blues della scuola di The Thrill Is Gone che poi arriverà a fine concerto, un medley di Nobody Loves Me But My Mother e Don’t Answer The Door, con i trilli di Lucille a titillare i presenti, Rock Me Baby, la quintessenza del Blues, bella versione, ma non memorabile; e poi ancora il R&R fiatistico di Ain’t That Just Like A Woman e Hummingbird, un brano di Leon Russell che era uno dei successi del momento di King, un solido R&B. Senza ricordarle tutte, a chiudere, la sua signature song, The Thrill Is Gone, un eccellente strumentale senza titolo, lento ed improvvisato e la citata Guess Who, che sarebbe diventata un successo da lì a poco, un grande brano, melodico e ricco di pathos, con la voce e la chitarra di Mr. B.B. King padrone assolute della scena. Questo è (stato) il Blues!

Bruno Conti

Cartoline Intime Da Un Grande Poeta! Leonard Cohen – Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour

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Leonard Cohen – Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour – Sony Music

Dopo Live In London (09), Songs From The Road (10), Live In Dublin (14), questo Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour è il quarto album Live negli ultimi anni che il grande cantante e poeta dà alle stampe, contenente materiale tratto dai suoi innumerevoli tour (in questo caso Old Ideas World Tour), e si devono ringraziare i membri della band e i tecnici che collaborano con Leonard Cohen da più tempo, se questa “compilation” di brani dal vivo (assemblata utilizzando incisioni rare e inedite prese dai vari “soundchecks”  e dagli show in due anni di esibizioni nelle varie località) oggi gira nel mio lettore https://www.youtube.com/watch?v=K4qDWchwHKk . Il lavoro è costituito da dieci brani, sei classici, però poco eseguiti negli altri live, due cover d’autore e due nuove canzoni,  con il consueto apporto della sua magnifica band composta da Neil Larsen alle tastiere, Mitch Watkins alle chitarre, Alex Bublitchi al violino, il virtuoso Javier Mas ( tutti gli strumenti a corda), chitarre, mandolino, banduria, laud e archilaud, Rafael Gayol alla batteria e percussioni, Roscoe Beck al basso, e come coriste la collaboratrice storica Sharon Robinson (è uscito da poco il suo nuovo lavoro solista Caffeine), e le sempre più brave Webb Sisters, che stanno  vieppiù diventando per Leonard importanti come le storiche Jennifer Warnes, Perla Batalla e, per chi scrive, la migliore Julie Christensen.

Le cartoline spedite da Cohen ci arrivano dalla First Bank Center di Denver con il crescendo (a tempo di marcia) di una sempre meravigliosa e decadente  Field Commander Cohen, passando poi per il Rosenborg Castle di Copenhagen con una raffinata I Can’t Forget  (da I’m Your Man), sul palco della mia amata Dublino per un’incantevole Light As The Breeze (da The Future), per poi arrivare alla prima cover La Manic di Georges Dor (personaggio di spicco del Quèbec) cantata in francese da Cohen davanti al pubblico entusiasta del Colisée Center di Quèbec City, prima di approdare al Warsteiner Hockey Park di Monchengladbach per una suadente, dolce e poco conosciuta Night Comes On (da Various Positions) con il violino di Bublitchi che scalda il cuore https://www.youtube.com/watch?v=n7QFsV65D-I . I “souvenirs” giungono anche dal King’s Garden di Odense con l’inedita Never Gave Nobody Trouble, arrangiata su un tessuto blues dove spicca la voce cavernosa di Leonard, seguita da una celestiale Joan Of Arc (dal celeberrimo Songs Of Love And Hate), dove viene evidenziata la bravura delle coriste https://www.youtube.com/watch?v=drqgPNNv3K8 , per poi volare alla Vector Arena della lontana Auckland (Nuova Zelanda), per il secondo inedito con il “groove” funky di Got A Little Secret e la cover di Choices (un brano portato al successo da George Jones), introdotto da un violino “celtico” e accompagnato dai cori su dolci armonie country, concludendo il viaggio nella mitica Opera House di Sydney declamando inizialmente una Stages, che poi nello svolgimento non è altro che la famosissima Tower Of Song, per l’occasione riproposta con un nuovo arrangiamento.

Per comprendere la statura di questo artista, basti ricordare che dal 2008 al 2013 si è esibito in tutto il mondo calcando i palchi di 31 paesi, con circa 500 spettacoli a cui hanno partecipato quattro milioni di fans, con “performance” della durata di più di tre ore (un ottantenne che rivaleggia con Springsteen, che di anni ne ha quindici in meno), un poeta canadese dalla classe infinita che, oltre alle sue splendide canzoni, con la sua voce che ,anche se consumata dal tempo, è ancora tagliente come una lama di coltello, riuscendo ancora una volta a fare breccia nel cuore di molti, regalandoci  sempre degli show commoventi. Io, come sapete, sono di parte, ma la musica di Can’t Forget: A Souvenir Of The Grand Tour, diventa poesia per il cuore. Giù il cappello per Leonard!

Tino Montanari

Prossimamente Concerto E Nuovo Disco Live! Paolo Bonfanti Band – Back Home Alive

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Come vedete dal manifesto riproposto qui sopra, sabato 28 febbraio in quel di Casale Monferrato al Teatro Municipale ci sarà un concerto della Paolo Bonfanti Band, questa è la notizia: quella buona è che la serata verrà registrata e diventerà un CD dal vivo, Back Home Alive, il primo dal lontano 1995 (cos’ mi ha detto Paolo, ma a me pareva fosse del 1996) quando uscì Tryn’to keep the whole thing rockin’ per la Club De Musique, l’ultimo Live dell’artista genovese (prima ce ne era stato uno con i Big Fat Mama e, per essere precisi, The Chosen Few del 2006 conteneva un DVD dal vivo con 5 brani). La notizia meno buona (di certo non “cattiva” per loro) è che il concerto è sold out, quindi non credo valga la pena di sobbarcarsi un viaggio fin laggiù o lassù, con il rischio molto concreto di rimanere fuori, ma se volete provare…

In nome del rapporto di amicizia epistolare via mail instaurato con Paolo mi permetto di segnalarvi la notizia anche in virtù del fatto che poi uscirà questo Live che, già a prescindere, si presume sarà ottimo, soprattutto dopo gli eccellenti risultati qualitativi degli ultimi due dischi di Bonfanti: Exile On Backstreets di fine 2013 http://discoclub.myblog.it/2013/10/16/italiani-per-caso-da-genova-paolo-5731139/ e quello acustico con Martino Coppo Friend Of A friend http://discoclub.myblog.it/2014/06/27/italiani-paolo-bonfanti-martino-coppo-friend-of-friend/, che vi ricordo nel caso ve li siate persi, visto che trattasi di ottimi dischi, schiacciate i link qui sopra e leggete perché!

Naturalmente quando verrà pubblicato l’album sarà mia cura tenervi informati e recensirlo con il giusto spazio che merita questo artista, italiano di nascita, ma internazionale per estrazione musicale. D’altronde anche il Concerto di Capodanno da Vienna viene pubblicizzato discograficamente già da prima che venga registrato, quindi perché non farlo anche in questa occasione: con Paolo Bonfanti, chitarra e voce saranno sul palco Roberto Bongianino (fisarmonica  e chitarra), Nicola Bruno (basso) e Alessandro Pelle (batteria) e non si escludono ospiti a sorpresa, annuncia il comunicato stampa. In ogni caso sarà un’otttima serata di rock e blues, garantisco! Intanto godetevi i tre video preparativi dell’evento che trovate sopra.

Bruno Conti

Un Altro Live Non Ufficiale, Forse Il Più Bello! James Taylor – Carnegie

james taylor carnegie

James Taylor – Carnegie – 2 CD F.M.I.C.

Una volta esistevano i bootleg, dischi pirata di materiale inedito che nell’era del vinile erano preziosissimi reperti destinati ad ampliare le discografie di artisti spesso restii a pubblicare musica che veniva considerata non degna di essere portata a conoscenza del grande pubblico: spesso erano anche incisi piuttosto male, con mezzi di fortuna, ma nell’immenso mercato alternativo c’erano spesso delle chicche destinate alla gioia dei fans. Poi, nell’era digitale dei CD, c’è stato un breve periodo durante il quale, per una falla nelle leggi sul copyright, questi album sono usciti a livello quasi ufficiale, e qualche artista, vedi Dylan e Winter, per citarne un paio, continua a farlo. Negli ultimi anni, soprattutto in Inghilterra, stanno uscendo molti compact relativi a broadcast radiofonici, quindi incisi molto bene, in quanto provenienti da registrazioni soundboard, che ripropongono questi vecchi bootleg in una veste semiufficiale.

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James Taylor è stato uno dei più saccheggiati, negli ultimi due anni sono usciti almeno quattro o cinque di questi prodotti http://discoclub.myblog.it/2014/10/18/vecchi-buoni-james-taylor-feel-the-moonshine-georgia-on-my-mind/ , quasi sempre in versione singola (e questo è uno dei difetti di questi prodotti, in quanto raramente, con qualche eccezione, penso ai bellissimi tripli di Springsteen, i concerti promozionali da cui sono tratti vengono editii nella loro interezza, ma solo la parte andata in onda nelle trasmissioni radiofoniche). Pensavo che questo Carnegie fosse una eccezione, in quanto si tratta di un doppio CD, ma purtroppo è un finto doppio, una mezz’ora il primo dischetto e circa 40 minuti il secondo, quindi ci stava comodamente in un singolo, e il concerto, registrato alla Carnegie Hall di New York il 27 maggio del 1974, la seconda di due serate consecutive mandate in onda dal famoso King Biscuit Flower Hour, un network di radio consociate, non è completo.

Sono i 21 brani mandati in onda, quindi ne mancano cinque dal concerto originale: però la qualità sonora e quella della esibizione lo rendono uno dei migliori concerti di James Taylor dell’epoca e uno dei migliori di sempre. Il tour era nato per fare promozione a Walking Man, disco che sarebbe uscito per la Warner il successivo 1° giugno https://www.youtube.com/watch?v=nNCmp7yYW6o , ma contiene materiale tratto da tutta la discografia di Taylor, alcune cover notevoli e un paio di sorprese nel finale.

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La qualità delle esecuzioni è sublime, anche grazie alla band che lo accompagna, Hugh McCracken e David Spinozza alle chitarre, Rick Marotta alla batteria, i tre newyorkesi, come pure Don Grolnick alle tastiere, più Andy Muson al basso, e in alcuni brani una sostanziosa sezione fiati composta da Jon Faddis, Alan Rubin, Barry Rogers, George Young, Frank Vacari, Kenny Berger e Howard Johnson. James, in gran forma, come al solito chiacchiera argutamente con il pubblico e sciorina il repertorio della serata con classe e nonchalance: a partire dalla sezione acustica in solitaria che apre il concerto con delle deliziose You Can Close Your Eyes, Riding On A Railroad e Blossom, tratte dai suoi primi tre album (peccato per Something In The Way She Moves che era nel bootleg), segue una parte dove Taylor è accompagnato solo da Marotta alle percussioni, Grolnick e Muson, con versioni perfette di Long Ago And Far Away e Sunshine Sunshine, una canzone dedicata alla sorella, a questo punto dal broadcast salta Night Owl. Quando torniamo tutta la band è salita sul palco e parte una versione fantastica di Me And My Guitar, che anticipa con i suoi ritmi funky il nuovo album, eccellenti gli intermezzi chitarristici di Spinozza e McCracken e l’armonica dello stesso James. Bellissime anche Country Road e la versione Tayloriana del classico di Carole King You’ve Got A Friend, oltre a una versione notevole e tiratissima del classico di Chuck Berry Promised Land che conclude la prima parte. Mancano altri due brani presenti nel broadcast, Carolina On My Mind e Never Never Land, ma versioni eccellentii di Migration e Let It All Fall Down dal nuovo album compensano abbondantemente, seguite dalle poche note, ma sempre belle, Brighten Your Night With My Day e Anywhere Like Heaven, con in mezzo One Man Parade e Knocking Round The Zoo, l’ultima che manca all’appello dal broadcast.

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Nell’ultima parte del concerto  viene utilizzata la sezione fiati con risultati vincenti, ma non prima di una struggente Don’t Let Me Be Lonely Tonight e come primo bis una magnifica Fire And Rain, la cover di un blues come You’re The One (That I Adore) dal repertorio di Bobby Blue Bland e dove pare quasi di sentire la Band, seguita da Rock’n’Roll Is Music Now che sono il preludio all’apparizione sul palco di Mrs.Carly Simon per una trascinante Mockingbird https://www.youtube.com/watch?v=EeOqD3uMIRs  e una dolcissima Ain’t Song , conclude tutto in gloria una grandiosa Sweet Baby James. Avrebbe potuto essere un fantastico disco dal vivo ufficiale, ma anche così vi assicuro che merita!

Bruno Conti

In Due Parole: Era Ora! John Mellencamp – Performs Trouble No More Live At Town Hall

john mellencamp trouble no more live at town hall

John Mellencamp – Performs Trouble No More Live At Town Hall – Mercury/Universal CD USA 08/07/2014 EUR/ITA 22/07/2014

Di tutti i cosiddetti “big” della musica internazionale, John Mellencamp era l’unico che non aveva ancora pubblicato un vero e proprio album dal vivo, a parte qualche bonus track sparsa qua e là nei singoli ed un EP (Life, Death, Live And Freedom), che però riprendeva soltanto una manciata di brani tratti dal suo disco del momento (il quasi omonimo Life, Death, Love And Freedom). Tra l’altro stiamo parlando di uno di quei musicisti che trova sul palco la sua dimensione ideale, uno che negli anni ottanta riempiva le arene e si rimpallava con Springsteen e Petty il ruolo di rocker numero uno in America (Bob Seger aveva perso un po’ di terreno negli eighties), quindi l’assenza di live albums nella sua discografia gridava ancor più vendetta. Ora finalmente anche il nostro ripara a questa grave mancanza, ma lo fa a modo suo: Trouble No More Live At Town Hall non è un live canonico, in quanto palesemente (ed anche il titolo lo indica) sbilanciato verso quello che comunque è obiettivamente uno dei migliori lavori della seconda parte della carriera dell’ex Puma, Trouble No More.

john mellencamp trouble no more

Pubblicato nel 2003, l’album era una sorta di ripasso da parte di Mellencamp delle sue radici, un disco di pura roots-Americana che, con un feeling formato famiglia, presentava una serie di covers prese a piene mani dal ricco songbook a stelle e strisce . Brani tradizionali, cover di canzoni blues, riletture di vecchi folk tunes (ed un solo brano contemporaneo): un disco che lasciava un po’ indietro il Mellencamp rocker e ci presentava il Mellencamp musicista a tutto tondo, che proseguì con i seguenti dischi il suo discorso di brani che, anche se autografi, erano profondamente legati alla tradizione dei songwriters blues e folk più classici https://www.youtube.com/watch?v=xi3w9eduwXI .

john mellencamp trouble no more making

Trouble No More Live At Town Hall riprende (quasi) interamente quel disco, aggiungendo un omaggio a Bob Dylan e, solo nel finale, tre classici di John: registrato nel 2003 a New York con la sua touring band dell’epoca (Mike Wanchic ed Andy York alle chitarre, Miriam Sturm al violino, John Gunnell al basso, Dane Clark alla batteria e Michael Ramos alle tastiere e fisa), davanti a 1.500 persone, tra le quali anche membri della famiglia di Woody Guthrie.

Il disco è, manco a dirlo, bellissimo (mi sembra di essere il Mollicone nazionale): Mellencamp dimostra di essere un fuoriclasse sul palco, la band dietro di lui va come un treno, dipingendo le canzoni con tinte rock che le loro versioni di studio non avevano, ed i brani, va da sé, sono straordinari. L’unica piccola pecca è l’aver lasciato fuori due canzoni che quella sera (era il 31 Luglio) John suonò, e se all’assenza di The End Of The World possiamo sopravvivere. *NDB Però… https://www.youtube.com/watch?v=8GpxR2H241g , mi sarebbe invece piaciuto parecchio ascoltare la versione di Mellencamp dell’ultraclassico House Of The Risin’ Sun (non presente peraltro sul Trouble No More di studio).

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1. Stones In My Passway (Robert Johnson)

2. Death Letter (Son House)

3. To Washington (John Mellencamp/Traditional)

4. Highway 61 Revisited (Bob Dylan)

5. Baltimore Oriole (Hoagy Carmichael/Paul Francis Webster)

6. Joliet Bound (Kansas Joe McCoy)

7. Down In The Bottom (Willie Dixon)

8. Johnny Hart (Woody Guthrie)

9. Diamond Joe (John Mellencamp/Traditional)

10. John The Revelator (Traditional)

11. Small Town (John Mellencamp)

12. Lafayette (Lucinda Williams)

13. Teardrops Will Fall (Marion Smith)

14. Paper In Fire (John Mellencamp)

15. Pink Houses (John Mellencamp)

Apre Stones In My Passway, di Robert Johnson, con Wanchic (o è York?) scatenato alla slide ed il nostro subito in partita; Death Letter (Son House), ancora blues, senza un momento di respiro, ancora la slide a dominare e John che canta alla grande https://www.youtube.com/watch?v=vN2AMvDdOAk . To Washington è splendida, una folk song tradizionale alla quale John ha aggiunto delle parole nuove, non proprio carine verso l’allora presidente George W. Bush: accompagnamento rootsy, con chitarre acustiche, violino e slide, una vera goduria. Highway 61 Revisited è il già citato omaggio a Dylan, nel quale viene fuori il Mellencamp rocker: solito grande lavoro di slide (una costante per tutto il CD) ed il violino che le dà un sapore meno urbano, facendola sembrare una outtake del grande The Lonesome Jubilee (per chi scrive il miglior disco di Mellencamp).

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Baltimore Oriole è il più celebre brano scritto da Hoagy Carmichael: la versione di John è bluesata, quasi tribale, profonda, suggestiva, con strumentazione scarna ma tanta anima (il duetto tra fisarmonica e violino è da brividi). Il pubblico ascolta in rigoroso silenzio per poi esplodere in un fragoroso applauso nel finale. Joliet Bound è un antico brano reso noto da Memphis Minnie: versione frenetica, dalla ritmica spezzata, sempre con il giusto bilanciamento tra folk, blues e roots; Down In The Bottom vede Mellencamp alle prese con Howlin’ Wolf, una trascinante resa tra rock, blues ed un pizzico di swamp, tanto che non sarebbe dispiaciuta a John Fogerty: ritmo alto e solita grande slide. E’ la volta di Guthrie a venire omaggiato: Johnny Hart mantiene intatto lo spirito dell’originale, una versione splendida per purezza e sentimento, il miglior ricordo che John poteva tributare a Woody.

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Diamond Joe è un traditional rifatto da un sacco di gente (anche da Dylan): John la personalizza parecchio, suonandola full band, elettrica, ritmando e roccando, e facendola sembrare sua. Un capolavoro rifatto alla grande, uno dei momenti salienti del CD. John The Revelator è un gospel che hanno cantato in mille: ancora un intro swamp e John che si traveste da predicatore, versione intensa come al solito, manca solo il coro alle spalle. Ci avviamo alla conclusione: Small Town è uno dei tre classici di John presenti, una delle canzoni rock con il più bel riff in assoluto, anche se qui viene stravolta ed adeguata al mood della serata (tanto che il pubblico la riconosce solo quando John inizia a cantare).

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Lafayette, di Lucinda Williams, era l’unico brano contemporaneo presente su Trouble No More, e siccome io non sono un fan della Williams performer, ho gioco facile ad affermare che la versione di John è di gran lunga superiore; Teardrops Will Fall l’hanno incisa da Wilson Pickett a Ry Cooder, e Mellencamp la personalizza, grazie anche alla sua band coi fiocchi, e la fa sembrare anch’essa sua (cosa non facile quando su un brano ci ha già messo le mani Cooder) https://www.youtube.com/watch?v=JOk8kv_Tecc . La serata si chiude in crescendo con le straordinarie Paper In Fire, il pezzo che apriva col botto The Lonesome Jubilee (e qui la resa è molto più aderente all’originale, anche se manca la batteria esplosiva di Kenny Aronoff), e con Pink Houses, un manifesto roots-rock, scritta quando il movimento roots era di là da venire: leggermente più blues della versione apparsa all’epoca su Uh-Huh, resta comunque un capolavoro https://www.youtube.com/watch?v=-fDZmEW4TMs .

Grande disco questo “esordio” dal vivo di Mellencamp (anche se comunque prima o poi ci vorrà anche un live, diciamo, career-spanning): esce l’8 Luglio in America ed il 22 in Europa (anche in vinile, ma con solo 10 canzoni contro le 15 del CD).

Non lasciatevelo sfuggire.

Marco Verdi

Da Pavia A Milano, Per Registrare Il Loro Primo Live! Lowlands In Concerto, 5 Aprile 2014 Spazio Teatro 89

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Sulla locandina ci sono data ed orario ed il nome della location per il concerto dei Lowlands (siamo a due passi da San Siro, dove ha suonato a gennaio Carolyne Mas e recentemente anche i Sugar Ray Dogs), Spazio Teatro 89 è un piccolo teatrino, circa 250 posti, molto carino e con una buona acustica, quindi il luogo ideale per registrarci un disco dal vivo, più fruibile della loro “tana” a Spazio Musica di Pavia, ma pur sempre una “trasferta” in terre ignote.

Lowlands

Scatta lo “spottone”, se potete, intervenite numerosi, qui trovate tutte le coordinate http://vivaticket.com/index.php?nvpg[evento]&id_evento=1230531 e se ci cliccate sopra maggiori dettagli su tutto quello che c’è da sapere sulla band, sugli ospiti, sulla loro storia e su quello che hanno detto di loro. Il “boss” Ed Abbiati mi aveva detto che probabilmente si sarebbe trattato di un Live “Unplugged” (anche se  sono in metà di mille, ma usa così) destinato ad uscire preferibilmente in DVD più avanti nell’anno. Qui, se volete, c’è la prima parte dell’intervista che avevo fatto a Ed proprio al Teatro Spazio 89 http://discoclub.myblog.it/2013/04/17/record-store-day-2013-lowlands-left-of-the-dial-ed-abbiati-s-2/ e questo è il seguito http://discoclub.myblog.it/2013/04/18/record-store-day-2013-lowlands-left-of-the-dial-ed-abbiati-s/. Già c’erano, in nuce, alcune delle idee che si sono sviluppate nei mesi successivi, sempre finanze permettendo. La vita degli artisti indipendenti è dura, loro sono bravi, mi piace essere loro “sponsor”, quindi, ribadisco, visto che la buona musica va sempre incoraggiata, intervenite numerosi https://www.youtube.com/watch?v=us1Ie5q1h84.

Bruno Conti

Tenersi Alla Larga! Fleetwood Mac – Go Your Own Way Live 1977

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Fleetwood Mac – Go Your Own Way Live 1977 – IMV Blueline

Da un po’ di tempo a questa parte c’è stato tutto un (ri)fiorire di pubblicazioni relative a concerti dal vivo, diciamo “semiufficiali”, soprattutto l’inglese Left Field Media è stata molto attiva con una serie di CD che raccolgono materiale registrato per broadcast radiofonici (e quindi spesso di buona qualità sonora) tra gli anni ’70 e gli anni ’90: molto belli quelli di Springsteen, Allman Brothers, Ry Cooder, per citarne alcuni, ma sono tutti piuttosto buoni. Non male la serie On Air, anche se non è mai chiara la fonte da cui proviene il materiale. Stesso problema per questo Go Your Own Way, un disco dal vivo del 1977 (?!?) dei Fleetwood Mac, tratto dal tour che fece seguito al clamoroso successo americano dell’album Rumours e del quale esiste peraltro il doppio Live ufficiale della Warner del 1980, tratto da quel tour e da quello del ’79.

E quella non sarebbe una iattura, è sempre interessante ascoltare materiale differente in concerto di una band, nel momento della loro massima creatività, con Buckingham, Nicks e Christine McVie a dividersi gli spazi vocali. Tutto molto bello: se si sentisse qualcosa! Nel senso che la qualità sonora in questo CD varia dal mediocre allo scarso, tendente al peggioramento, dopo due discrete Monday Morning e Oh Well, una Rhiannon quasi ascoltabile (parliamo sempre del suono, le versioni non sarebbero neanche male) anche se spesso troncate di botto nel finale si passa a delle versioni acustiche di Never Going Back Again e Landslide da bootleg scadente, il soundboard recording è un’utopia, perché in fondo di questo stiamo parlando, camuffato da disco ufficiale ma trattasi di “pirata”!

Non sto a citarvi gli altri brani, ci siamo capiti. Se potete, tenetevi alla larga: solo per fans molto sfegatati.

Bruno Conti