Torna Il “Cantautore Operaio” Dalla Voce Baritonale! Sean Rowe – New Lore

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Sean Rowe – New Lore – Three Rivers Records /Anti – Self

Il nome di Sean Rowe, per una cerchia ristretta di conoscitori (e i lettori di questo blog sono compresi) è sicuramente sinonimo di garanzia, e questo suo quarto lavoro, dopo ill disco Magic (in tutti i sensi) del 2011 http://discoclub.myblog.it/2011/01/21/con-un-leggero-anticipo-o-in-clamoroso-ritardo-comunque-un-g/ , il successivo bellissimo The Salesman & The Shark (12), passando per le atmosfere soul e blues del penultimo Madman (14) http://discoclub.myblog.it/2014/09/26/il-difficile-terzo-album-barbuto-indie-rocker-gran-talento-sean-rowe-madman/ , conferma il barbuto Sean un cantautore atipico nel nuovo panorama musicale americano. Come al solito (e sempre più frequentemente accade), anche questo New Lore vede la luce attraverso la raccolta fondi “Kickstarter”, e il fatto che il disco, sotto la valida produzione di Matt Ross-Spang (vincitore di un “Grammy” con Jason Isbell) sia stato registrato nei mitici e leggendari Sun Studios di Memphis, mi fa pensare che la sottoscrizione sia andata benissimo.

Con le pareti piene di ricordi di Elvis Presley, Johnny Cash, Carl Perkins, Jerry Lee Lewis, e di tanti altri che volutamente evito di citare, Sean Rowe, voce, armonica e fisarmonica, si avvale come al solito di validi musicisti tra cui Ken Coomer alla batteria e percussioni, Richard Ford alla pedal steel, David Cousar alle chitarre elettriche, Dave Smith al basso, Rick Steff alle tastiere e piano, senza dimenticare la forte presenza di una sezione d’archi composta dal cello di Elen Wroten, dal violino di Gaylon Patterson e dalla viola di Neal Shaffer, il tutto “ingentilito” ai cori dalle voci di Reba Russell, e della bravissima Susan Marshall (mitica cantante dei Mother Station).

La voce è quella solita, pastosa e baritonale, e l’iniziale Gas Station Rose e la sua perfetta fusione tra chitarra acustica e pianoforte è una buona partenza, cui fanno seguito i cori e il violino di una intrigante The Salmon, una ballata pianistica come Promise Of You (dai cori leggermente gospel), e il doloroso lamento di I’ll Follow Your Trail, sugli scarni arpeggi di una chitarra acustica. Il flusso di emozioni che si respira nelle canzoni di Rowe, si manifesta nel songwriting di una ispirata The Wine,  per poi passare al soul-blues con coretti di Newton’s Cradle  (uno dei brani meno riusciti del disco), mentre le cose vanno decisamente meglio con una ballata alla Van Morrison (anche nel lungo titolo) come I Can’t  Make A Living From Holding You, e con i toni sofferti e romantici di un’altra “kilometrica” It’s Not Hard To Say Goodbye Sometimes. La parte finale è affidata al blues scarno e polveroso di You Keep Coming Alive, e all’armonica che accompagna le note acustiche di una dolente The Very First Snow, degna conclusione di un lavoro che racconta storie di solitudine e speranza.

Questo barbuto e corpulento signore probabilmente non sarebbe fuori luogo ad un raduno della mitica  Harley-Davidson, è un comunque un cantautore, a parere di  chi scrive, che sembra condensare tutti i grandi nomi della tradizione  dei “songwriters” classici americani, merito certamente della sua voce assolutamente unica (tra le la più calde dell’attuale cantautorato americano), ma anche del suo tocco chitarristico esclusivamente in stile “picking”, con una scrittura mai banale che dispensa canzoni dolci e disperate, che narrano di storie vere e di passioni, cantate tra bottiglie di Jack Daniel’s ormai vuote. In conclusione, se il valore di un artista viene giudicato esclusivamente sulla base del successo commerciale ottenuto, il buon Sean avrebbe dovuto cambiare mestiere da tempo, ma chi crede nella musica che proviene dal cuore e dal profondo dell’anima, in questo ultimo New Lore (anche se non raggiunge i livelli dei primi due dischi), e in Sean Rowe, può trovare un’artista genuino e coerente, che potrà riservare piacevoli sorprese anche in futuro.

NDT: Leggo in questi giorni recensioni abbastanza contrastanti su questo disco, ma per chi ancora non lo conosce, rimane assolutamente da scoprire, magari partendo dai citati primi album.!

Tino Montanari

Il “Difficile Terzo Album” Per Un Barbuto Indie-Rocker Di Gran Talento! Sean Rowe – Madman

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Sean Rowe – Madman – Anti/Self Records

Uno dei primi a scoprire Sean Rowe (se non il primo http://discoclub.myblog.it/tag/magic/ ) è stato il titolare di questo blog, in occasione dell’uscita dell’ottimo Magic (11): un songwriter dall’indiscutibile talento con una gran voce dai toni baritonali, molto vicina a quelle di Nick Cave, Mark Lanegan e direi anche Matt Berninger (il leader e cantante dei National).

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Rowe, trentanovenne folk singer di Troy, New York con sangue irlandese e italiano nelle vene, per trovare l’ispirazione, dopo l’esordio da indipendente con lo sconosciuto album 27 (04,) si rifugia per qualche tempo sui monti Adirondacks (al confine fra Stati Uniti e Canada), e, nella quiete di boschi e ruscelli prese forma il citato Magic, a cui fece seguire un altro ottimo lavoro come The Salesman And The Shark (12), e ora torna con questo nuovo Madman, costruito in buona parte durante un tour di concerti in giro per gli States. Ad accompagnare il barbuto Sean troviamo, come sempre, ottimi musicisti tra i quali Chris Kyle alle chitarre, Ben Campbell al basso, Chris Carey alla batteria e percussioni, Chris Weatherly alla tromba, Jeff Nania al sax, il polistrumentista e anche co-produttore con Rowe,Troy Pohl, oltre alle vocalist aggiunte Cara May Corman e Sarah Pedinotti.

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Pur forse non raggiungendo i livelli di Magic ( però i pareri sono difformi, per alcuni è addirittura superiore), il buon Sean, con questo Madman, prosegue la sua parabola attraverso un suono alt-country, a partire dalla title track https://www.youtube.com/watch?v=ess11y1oFiE , un brano dalle tinte noir impresso dal vocione di Sean, poi il blues pulsante e selvaggio di Shine My Diamond Ring https://www.youtube.com/watch?v=pZQYML9Wf6k , passando per il R & B funky di Desiree, una The Game https://www.youtube.com/watch?v=Eud2Aul4gi8  che nello sviluppo mi ricorda una grande band australiana (da riscoprire) come i Triffids, mentre The Drive e Spiritual Leather sono due struggenti folk-ballads. Con Done Calling You si ritorna a respirare il blues del delta, canzone seguita dai ritmi sghembi e incalzanti di The Real Thing, che paiono usciti dai solchi di Swordfishtrombones di Tom Waits, per poi ritornare alle dolenti atmosfere (ma è la perla del disco) di una strepitosa Razor Of Love https://www.youtube.com/watch?v=YnxPdSq6yg4 , l’ode commovente al figlio di My Little Man https://www.youtube.com/watch?v=sQAlUi2E7IE , per chiudere infine con le percussioni maniacali di Looking For The Master, e il lamento finale e spirituale di una It Won’t Belong, cantata con anima e voce baritonale da Rowe https://www.youtube.com/watch?v=sQAlUi2E7IE .

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La voce autorevole di Sean Rowe è sicuramente il tratto prominente in Madman, e si fonde bene con una varietà di stili e influenze che vanno da Johnny Cash a Tom Waits, passando per JJ Cale e John Lee Hooker e direi anche Leonard Cohen in Razor Of Love (*NDB. E Greg Brown dove lo mettiamo?), e anche se, ripeto, forse, non è il miglior album della “triade”, per chi scrive Rowe è un artista dal potenziale illimitato che deve solo essere conosciuto e apprezzato, magari seduti davanti ad un bancone di un locale, con una cassa di birra ghiacciata.

Tino Montanari

Novità Di Agosto Parte V. Sean Rowe, Amy Cook, Albert Cummings, Caroline Herring, Vanessa Lively, Gordie Tentrees, Art Garfunkel

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Ormai questa uscita antologica doppia di Art Garfunkel The Singer è diventata un tormentone. Più volte annunciato, è confermata l’uscita il 28 agosto, ma solo per il mercato statunitense, in Europa uscirà il 9 ottobre.

Sempre per il 28 agosto, a parte i titoli annunciati in tutti i Post di agosto, usciranno anche alcuni nomi “minori” ma  molto validi.

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Per esempio esce per la Anti il nuovo album di Sean Rowe, The Salesman And The Shark, dopo che il precedente Magic aveva colpito l’immaginario di molti, compreso il sottoscritto che l’aveva inserito nella “lista ampia” dei migliori del 2011 magic. Di questo nuovo album ho letto recensioni contrastanti, c’è già chi lo scarica come tipo da One Shot e chi ne parla bene, vedrò di ascoltarlo per applicare il mio infallibile metodo San Tommaso “provare per credere”, poi vi saprò dire! 

Un’altra voce, femminile in questo caso, Amy Cook, che mi aveva colpito favorevolmente con il precedente Let The Light In del 2010, prodotto da Alejandro Escovedo (credo l’unica produzione di un disco non suo) e anche con la partecipazione al disco di Nathan Hamilton, Beauty Wit And Speed. Questo nuovo Summer Skin pubblicato dalla Roothouse Records (?!?) mi sembra ancora migliore: intanto ha una band fantastica che suona con lei, David Garza alla chitarra, cantautore texano di gran pregio, Meshell Ndegeocello al basso e Jonathan Wilson alla batteria, tra gli altri. A duettare con lei ci sono anche Robert Plant in It’s Gonna Rain e lo stesso Plant e Patty Griffin in Airplane Driver. Ben Kweller ha scritto e canta le armonie vocali in Getting To You. A completare il tutto la produzione è affidata all’ottimo Craig Street. Risultato eccellente, consigliato!

Albert Cummings è un formidabile chitarrista e cantante blues di cui mi sono occupato in passato per il Buscadero. L’ultimo disco era uscito per la Blind Pig nel 2008, Feel So Good, un eccellente disco dal vivo. Considerato un epigono di Stevie Ray Vaughan, nel disco del 2004 True To Yourself e in From The Heart appaiono anche i Double Trouble. Un carpentiere-costruttore prestato alla musica si conferma anche con il nuovo No regrets che esce per la indipendente Oarfin Records. Se vi piace il rock-blues tosto e chitarristico qui c’è trippa per gatti.

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Tre nuovi titoli in uscita per la Crs, Continental Record Service, l’etichetta olandese distribuita per il mercato italiano dalla IRD.

Il primo è il nuovo disco della brava Caroline Herring Camilla, in America pubblicato dalla Signature Sounds. La Herring dopo gli ottimi Lantana e Golden Apples Of The Sun si conferma una delle più interessanti voci del folk indipendente made in USA. Spesso paragonata come stile a Joan Baez, Lucinda Williams e Steve Earle (mica male!) in questo disco si avvale oltre che di una ottima band, di alcuni colleghi e colleghe impegnate alle armonie vocali: Aoife O’Donovan dai Crooked Still, Mary Chapin Carpenter, Claire Holley e dall’Inghilterra Jackie Oates e Kathryn Roberts. Tra i musicisti ci sono Fats Kaplin e Bryn Davies che suonano anche nell’ultimo Blunderbluss di Jack White. Questa è un’altra di quelle brave, prendere nota!

Devo ammettere che fino a pochi giorni fa ignoravo l’esistenza di Vanessa Lively (non si può conoscere tutto), ma la cantante, texana d’adozione è al suo quarto album, questo Uncovering Stones, che era già stato distribuito a livello indipendente negli Stati Uniti, lo scorso anno. La CRS è una etichetta europea che va alla ricerca di materiale e artisti poco conosciuti americani e li distribuisce poi in Europa. Sono quelli che hanno fatto conoscere Israel Nash Gripka, scusate se è poco.

Anche questo Gordie Tentrees, magari non a livello si Gripka, mi sembra un nome da tenere d’occhio. Non è un novellino neppure lui, North Country Heart è il quinto album per il cantautore canadese, dicono che sia il suo migliore e da quello che ho potuto ascoltare mi sembra molto buono. Tra l’altro a questo link http://continentalrecordservices.bandcamp.com/, potete ascoltare alcuni brani di tutti e tre gli album, oltre ad altre novità dal catalogo Continental Record Service, basta cliccare sulla copertina del disco e vi si apre tutto un mondo.

C’è ancora buona musica in giro per il mondo basta trovarla, quindi, come al solito, la ricerca continua!

Alla prossima.

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2011! Un Anno Di Musica, Bis

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La prima lista dei migliori del 2011, quella “ufficiale” dei canonici 10 che poi apparirà anche sul Buscadero l’ho pubblicata i-migliori-dischi-del-2011-un-anno-di-musica.html, ma come promesso o minacciato mi ero riservato di ampliarla con tutto il resto che mi è piaciuto musicalmente in questo anno che sta per finire. Dopo aver partorito quella lista in seguito a lunghe “agonie” subito me ne sono venuti in mente a decine altri che avrebbero meritato (aiutato dal mio “collega” che vedete ad inizio Post) e in qualità di “duce unico”, amministratore e compilatore del Blog ve le sparo giù, magari a rate, tenendo a parte le categorie Box, Ristampe e Outsiders, e senza dimenticarmi della promessa di pubblicare il meglio delle varie riviste di settore. L’avvertenza è anche quella di non fare dei Post troppo lunghi (per quanto graditi da chi legge) e di non caricare troppi video e immagini che rendono la pagina “pesante” per chi non ha una buona connesione Internet, quindi cerco di dividere il “Best Of the Rest” magari in ordine cronologico come si è presentato durante l’anno, partiamo. Ah, dimenticavo, ringrazio e apprezzo complimenti ma anche eventuali critiche che appaiono nei Commenti, leggo tutto anche se non sempre rispondo e vi rinnovo l’offerta se volete pubblicare i vostri “migliori dell’anno” nell’ambito musicale.

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Il primo disco molto bello dell’anno, e che avrei inserito tra i Top 10, è stato quello degli Over The Rhine The Long Surrender… 

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Gregg Allman – Low Country Blues

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Sean Rowe – Magic

 

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North Mississippi Allstars – Keys To Kingdom

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Amos Lee – Mission Bell

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Brandi Carlile – Live At Benaroya Hall

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Paul Simon – So Beautiful Or So What (Collector’s Edition), così ne approfitto per ricordarvi questa ulteriore versione doppia, dopo la normale e la Deluxe uscite ad Aprile, a metà Novembre è uscita un ulteriore versione con un DVD con 5 brani registrati dal vivo alla Webster Hall di New York con So Beautiful or So What,” “Dazzing Blue,” “The Afterlife,” “Mother and Child Reunion,” e “Slip Slidin’ Away.” E che caspita!, non si può comprare 18 volte lo stesso disco! O sì?

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David Bromberg – Use Me

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Dave Alvin – Eleven Eleven

 

Questo però nei migliori dieci lo dovevo mettere! Se volete potete considerare questo Post anche come un “consiglio per gli acquisti natalizi” o come quelle compilations che una volta si facevano in cassetta e poi in CD e ora sull’Ipod, il piacere di consigliare agli amici!

Fine della prima rata, a seguire…

Bruno Conti

Con Un Leggero Anticipo O In Clamoroso Ritardo. Comunque un Gran Disco! Sean Rowe – Magic

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Sean Rowe – Magic – Collar City 2009 – Anti Records 22-2-2011

Devo dire che più lo sento più mi piace, sono ormai diversi giorni che mi sto coccolando questo album di Sean Rowe con una serie continua di ascolti e non mi sono ancora stancato.

Qualche giorno fa un mio amico mi ha segnalato questo disco dicendomi che avrebbe potuto essere interessante parlarne sul mio Blog. Il nome Sean Rowe e il nome Magic in effetti qualcosa mi dicevano e allora ho approfondito e mi sono ricordato che un paio di anni fa mi avevano dato una copia di questo Cd acquistata in America e ascoltato distrattamente mi era parso interessante ma non avendo ancora il Blog era rimasto lì tra coloro che son sospesi.

Riascoltato oggi e alla luce della prossima pubblicazione, il 22 febbraio, di questo album da parte della Anti sono andato in rete a fare qualche ricerca e sono venute fuori alcune cose interessanti. Intanto a differenza di quello che dicono molti siti questo non è il disco di esordio di Rowe (ne aveva già pubblicato uno nel 2003 intitolato 27) ma non è neppure il secondo perché scavando ancora ne è saltato fuori un altro uscito in precedenza.

Ma concentriamoci su questo disco: sono stati fatti paragoni con Van Morrison, Leonard Cohen, perfino Bruce Springsteen, Al Green, Gil Scott-Heron non si vola mica bassi ma uno non è comunque preparato a quello che ascolterà quando parte la prima canzone, Surprise (titolo profetico, come quello dell’album), un inizio lento, in sordina, con gli strumenti che entrano di volta in volta e poi si materializza questa Voce incredibile, dai toni baritonali, bassa, profonda e risonante che intona i primi versi “You were nothing but the fragrance of an old dream/that was just time playing tricks with my mind…” e ti ritrovi scaraventato in un un mondo musicale che è attiguo a quello del Van Morrison di Astral Weeks per il tipo di testi che parlano per immagini e non seguono delle storie precise, a quello di Leonard Cohen per queste atmosfere rarefatte e sospese, a quello di Greg Brown aggiungo io (altro grandissimo cantautore nativo della Iowa, con una discografia impressionante per qualità e quantità che, se già non conoscete, vi invito caldamente a visitare) la cui voce glabra ed espressiva in grado di spaziare dal folk, al blues, al rock con una duttilità magica e dalle tonalità particolari che salgono ma soprattutto scendono in profondità e si avvicinano a quelle di Sean Rowe, o così mi è parso di cogliere in vari momenti.

Tornando a Surprise, il brano di apertura di questo album, è una delle tre canzoni presenti che si basa su una strumentazione chiamiamola tradizionale, preferite elettrica, rock diciamo: chitarra, basso, batteria, delle tastiere discrete ma quello che balza subito all’occhio o all’orecchio è la voce che è la vera protagonista di tutto l’album, espressiva e coinvolgente, partecipe e magica, appunto. Già il primo brano varrebbe il prezzo di ammissione ma nei dieci brani che lo compongono il disco non ha episodi minori. Sia nelle atmosfere soffici e rarefatte (ma non siamo in un ambito folk tradizionale) della dolce Time To Think dove la voce di Rowe è supportata dalle armonie di Cara-May Gorman che unite all’acustica arpeggiata, ad un cello insinuante e alle tastiere creano un sound che richiama anche la malinconia di Nick Drake, sia in episodi notturni e sospesi come la bellissima Night dove l’acustica pizzicata e una chitarra elettrica che incombe nel sottofondo donano aspetti quasi misteriosi alla voce ancora magnifica del nostro amico.

Ma anche in un brano come Jonathan dalla struttura rock tradizionale che dopo il solito inizio interlocutorio e sospeso si trasforma in un pezzo dal drive aggressivo quasi alla Dire Straits, con un ritornello quasi orecchiabile (doppio quasi anche se non ci sarebbe nulla di male) e attimi di furore vocale che ti colpiscono per la straordinaria intensità che li percorre.

Old Black Dodge è il brano che più mi ha ricordato stilisticamente il Greg Brown citato prima, ancora una voce femminile di supporto a quella di Sean che ora sussurra ora apre la voce in modo quasi doloroso solo con l’accompagnamento folk minimale di una chitarra acustica e qualche effetto sonoro di sottofondo e i suoi vocalizzi particolari nel finale. Wet se possibile è ancora più scarna, solo una chitarra elettrica arpeggiata e questa voce quasi dolorosa che sale e scende e ti cattura fino all’esplosione finale dove entrano degli archi, piano, basso e batteria, ancora un cello e Rowe libera la voce verso vette quasi Morrisoniane, ricercate ed immediate al tempo stesso, in un modo che fa godere l’ascoltatore o almeno questo è l’effetto che ha avuto sul sottoscritto.

The Walker ancora con quelle stupende armonie vocali che completano in modo quasi telepatico il canto sommesso di Sean Rowe è un altro momento di dolce malinconia sottolineata da un pianoforte discreto e appena accennato. American è il brano che più mi ha ricordato Leonard Cohen una meravigliosa ballata che è difficile descrivere tanto è bella, si può solo ascoltare e godere delle sue immagini sonore ancora una volta nobilitate da questa voce meravigliosa. Wrong Side of The Bed con un inizio quasi alla Taxman è il terzo pezzo chiamiamolo “rock” che non ha nulla da invidiare alle atmosfere più sospese del resto del disco, anche quando i tempi si animano, i ritmi si fanno più serrati la musica non perde quella sorta di vago misticismo tra folk e gospel che pervade i solchi di questo album (se ci fossero ancora e perché le ambientazioni ricordano quelle dei grandi dischi in vinile del passato), inconsueta e particolare ma sempre rock!

Si finisce con The Long Haul un altro brano che mette in evidenza le grandi virtù interpretative della voce di questo signore che potrebbe essere una delle più gradite sorprese musicali di questo 2011 che sta iniziando e che vi segnalo come avevo fatto (in altri ambiti sonori) per Otis Gibbs, un altro sicuro talento e uno strano personaggio anche nella vita privata Sean_Rowe.

Vorrei citare anche Troy Pohl che suona tutto (meno il campanello di casa): Chitarre elettriche ed acustiche, basso, piano, organo, synth e contribuisce in modo fondamentale al sound del disco anche come produttore!

Il disco ufficialmente esce per la Anti/Epitaph il 22 febbraio ma girando in rete si trovano ancora delle copie della versione pubblicata a livello indipendente. Se volete ulteriormente approfondire la conoscenza di questo artista di Albany, NY questo è il suo sito index.html.

Senti che voce e ricordate dove ne avete letto le gesta per la prima volta (almeno in Italia)!

Bruno Conti