Moderni “Fuorilegge”…In Crociera! VV.AA. – A Tribute To Outlaw Country

a tribute to outlaw country

VV.AA. – A Tribute To Outlaw Country – StarVista Live CD

Lo scorso anno avevo recensito un divertente album dal vivo di musica country intitolato A Tribute To The Bakersfield Sound Live, nel quale un manipolo di artisti più o meno noti omaggiava le canzoni di Buck Owens e Merle Haggard: la particolarità era che il concerto si era svolto a bordo della Country Music Cruise, una vera e propria crociera durante la quale si svolgevano diverse esibizioni ed iniziative a tema appunto country https://discoclub.myblog.it/2019/07/30/finche-la-barca-country-va-lascialasuonare-vv-aa-a-tribute-to-the-bakersfield-sound-live/ . A distanza di pochi mesi da quel dischetto ecco un’altra proposta tratta sempre da quelle serate (ma molti show si svolgevano anche al mattino), che come suggerisce il titolo A Tribute To Outlaw Country prende in esame alcune tra le canzoni più note del movimento Outlaw, un sottogenere che esplose negli anni settanta in contrapposizione con il country commerciale di Nashville, che aveva come elementi di punta Willie Nelson e Waylon Jennings e come dischi di riferimento l’album Waylon & Willie ma soprattutto la compilation Wanted! The Outlaws, nella quale i due texani condividevano lo spazio con Jessi Colter (moglie di Waylon) ed il meno conosciuto Tompall Glaser.

I promotori dell’iniziativa, così come nel caso del tributo al suono di Bakersfield, sono Wade Hayes e Chuck Mead (ex leader dei mai troppo celebrati BR5-49), i quali si alternano alle lead vocals nei vari brani e. soprattutto nel finale, vengono affiancati al microfono da una serie di ospiti non tra i più famosi ma perfettamente in parte (Darin e Brooke Aldridge, Mark Miller, Tim Atwood, Johnny Lee ed il veterano T.G. Sheppard, i quali si occupano anche delle parti strumentali durante lo show). Chiaramente la parte del leone la fanno i brani di Waylon e Willie, dall’iniziale Whiskey River alla conclusione “tutti on stage” di Good Hearted Woman, ma in mezzo troviamo anche pezzi di altri autori: il tutto è suonato e cantato in maniera diretta e con buona dose di grinta e ritmo, e pur non arrivando a superare le versioni originali il CD ci regala un’ora di pura country music divertente e piacevole, con Hayes e Mead che affrontano con piglio sicuro il ruolo di bandleaders. Non sto a fare una disamina brano per brano, anche perché titoli come Rainy Day Woman, Luckenbach, Texas, Me And Paul, I’m A Ramblin’ Man, My Heroes Have Always Been Cowboys, Are You Sure Hank Done It This Way, Angels Flying Too Close To The Ground, Honky Tonk Heroes (scritta da Billy Joe Shaver, altro fuorilegge doc) e Yesterday’s Wine non hanno bisogno di presentazioni e sono garanzia di qualità.

Ci sono anche, come dicevo prima, canzoni non riconducibili a Waylon e Willie, come l’intensa ballata Storms Never Last della Colter (che però la cantava insieme al marito), eseguita con buon feeling dai coniugi Aldridge, l’ironica You Never Even Called Me By My Name scritta da John Prine e Steve Goodman (ma portata al successo da David Allan Coe), ed un bell’omaggio da parte di Johnny Lee al grande Jerry Jeff Walker con London Homesick Blues. Vorrei segnalare solo due assenze non di poco conto: la prima è la splendida Mamas Don’t Let Your Baby Grow Up To Be Cowboys, una delle più belle Outlaw ballads di sempre che avrebbe dovuto assolutamente esserci, mentre la seconda, più veniale, è la classica Ladies Love Outlaws, che avrebbe tributato il giusto omaggio al suo autore Lee Clayton, oggi colpevolmente dimenticato. Ma in fondo non importa: come dicevo poc’anzi il disco è molto godibile e ben fatto, e sarà perfetto per l’ascolto in macchina quando finalmente potremo riprendere ad uscire in maniera accettabile.

Marco Verdi

Finché La Barca (Country) Va, Lasciala…Suonare! VV. AA. – A Tribute To The Bakersfield Sound Live!

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VV.AA. – A Tribute To The Bakersfield Sound Live! – TimeLife CD

Non sono certo io a dovervi spiegare l’importanza che ha avuto il cosiddetto Bakersfield Sound (dal nome della cittadina californiana di Bakersfield, da cui tutto ebbe origine) nell’ambito della musica country: movimento nato negli anni cinquanta in contrapposizione con il crescente suono di Nashville, era caratterizzato da un suono comunque classico ma con una strumentazione diretta e “rock”, senza le melensaggini tipiche della capitale del Tennessee. I due pionieri del genere furono sicuramente Buck Owens e Merle Haggard, due grandissimi autori e performers che influenzarono notevolmente le generazioni di musicisti a venire, Dwight Yoakam e Marty Stuart su tutti. Lo scorso anno si è tenuta in acque americane una crociera a tema country, la StarVista Live Country Music Cruise, con veri concerti e serate a tema: uno degli eventi di punta è stato sicuramente il tributo al suono di Bakersfield, fortemente voluto dai musicisti Wade Hayes e Chuck Mead (quest’ultimo ex leader dei bravissimi BR5-49), concerto che oggi possiamo goderci anche noi grazie a questo A Tribute To The Bakersfield Live!

Il dischetto è decisamente ben fatto ed estremamente gradevole, con Hayes e Mead che si alternano come voce solista, ben sostenuti dai Grassy Knoll Boys (la band che solitamente accompagna Mead dal vivo): musica pimpante e coinvolgente, con chitarre, piano e steel in evidenza e ritmo spesso elevato, con alla fine della serata (anzi, mattinata, il concerto si è tenuto al mattino) una serie di ospiti a rendere più appetitoso il piatto. Il disco è anche una sorta di tributo ad Owens e Haggard, dato che il 90% delle canzoni incluse proviene dai loro songbook: si parte subito con una tripletta di Buck, prima con una vivace versione strumentale della classica Buckaroo (con la steel in gran spolvero), seguita da una bellissima rilettura della leggendaria Streets Of Bakersfield, in odore di Messico, e da una scintillante I’ve Got A Tiger By The Tail. Swinging Doors è una delle più note di Haggard, e Hayes si destreggia decisamente bene supportato al meglio da Mead & Band: puro country; Above And Beyond è ricca di swing, e certifica l’ottima intesa tra i due leader, mentre The Bottle Let Me Down, ancora Hag, è una delle più famose drinkin’ songs di sempre, puro honky-tonk di gran classe.

Close Up The Honky Tonks è uno dei pezzi più famosi di Owens, versione limpida e godibilissima, Big, Big Love è la prima di due canzoni a non essere né di Buck né di Merle, bensì di Wynn Stewart, ed è un trascinante e ritmato brano tra country e rockabilly, così come Big City (torniamo a Haggard), swingata e di fattura squisita. La guizzante Hello Trouble vede il primo ospite, cioè il cantante e pianista di Nashville Tim Atwood, che se la cava egregiamente, seguito a ruota da Emily West, che nobilita con la sua bella voce la languida ballad Together Again; Johnny Lee presta il suo vocione vissuto a Carolyn, raffinata e suonata in punta di dita, mentre lo slow Cryin’ Time è affidato a Rudy Gatlin. Gran finale con Ray Benson, mitico leader degli Asleep At The Wheel, che sprizza carisma da ogni nota nell’intensa Misery And Gin, e poi tutti insieme sul palco per il superclassico di Joe Maphis Dim Lights, Thick Smoke (And Loud, Loud Music), gioiosa e coinvolgente come sempre.

Bel dischetto, fresco e rigenerante.

Marco Verdi

Come Walter Trout E Wilko Johnson: Quando La Musica E’ Più Forte Della Malattia! Wade Hayes – Old Country Song

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Wade Hayes – Old Country Song – Conabor CD

Ogni nuovo album di Wade Hayes è in sé un piccolo evento, per la semplice ragione che oggi il countryman dell’Oklahoma avrebbe anche potuto non essere più tra noi. Titolare di un avvio di carriera scoppiettante, con quattro album di ottima fattura ed anche buon successo tra il 1995 ed il 2000, Hayes ha rallentato parecchio nel nuovo millennio, pubblicando soltanto altri due lavori, Place To Turn Around nel 2009 e, due anni fa, Go Live Your Life. In mezzo, nel 2011, la tragedia sfiorata: a Wade viene diagnosticato un cancro al colon in fase avanzata, ma, grazie ad un’operazione tempestiva ed a cure mirate, riesce miracolosamente a guarire e a tornare alla vita di tutti i giorni (ed il titolo scelto per l’album del 2015 è emblematico). Oggi Wade è quindi un uomo che ne ha passate di cotte e di crude, ha visto la morte in faccia e ne è uscito, ed il suo nuovo album, Old Country Song, è da considerarsi il lavoro di un uomo maturo e segnato dalla vita, anche se non c’è pessimismo nelle sue canzoni, anzi, al contrario, c’è la gioia di vivere ed assaporare le piccole gioie quotidiane.

Ma Hayes è anche un musicista serio, fa del vero country e, tra brani scritti da lui e da altri, sceglie sempre le canzoni giuste, ed Old Country Song, prodotto da Wade con il batterista Dave McAfee, è ispirato per sua stessa ammissione ai musicisti che lo hanno influenzato in misura maggiore, principalmente Willie Nelson, Waylon Jennings e Merle Haggard. Un album dal suono classico, tra ballate e pezzi più vivaci, con una backing band di ottimo livello (dove spiccano la steel di Steve Hinson, le chitarre di James Mitchell e Brent Mason e le armonie vocali della brava e bella Megan Mullins) e la voce calda ed espressiva del leader. L’inizio è più che buono con Can’t Get Close Enough To You, una suadente country ballad suonata in maniera classica, con chitarre, organo e steel bene in evidenza, un leggero sapore soul ed un cantato quasi confidenziale, alla Ray Price. Full Moon Summer Night, raffinata e con piano e chitarre a creare l’ossatura, è un brano da songwriter con arrangiamento country, un po’ sul genere del recentemente scomparso Glen Campbell; I Wish I Still Drank è invece un rockin’ country decisamente trascinante e quasi texano: ritmo, chitarre (la slide è suonata da Lee Roy Parnell, una nostra vecchia conoscenza) e feeling, mentre What You Need From Me è una ballatona di gran classe, con la Mullins che si alterna alla voce solista con Wade.

Needed The Rain vede Chris Stapleton tra gli autori, ed è un altro slow, anche se maggiormente sostenuto dal punto di vista strumentale, e Old Country Song prosegue con la serie dei brani lenti, un’intensa ballad dall’accompagnamento delizioso, anche se a questo punto del CD vorrei un po’ più di energia. Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, Wade propone I Don’t Understand, veloce e guizzante, un country-rockabilly di ottima fattura e bel tiro, mentre Julia, un brano degli anni ottanta del grande Conway Twitty, è una limpida e solare country song di indubbia classe, tra le migliori del disco; She Knows Me, di nuovo mossa e ritmata, e Going Where The Lonely Go, languida e squisita cover di un pezzo poco noto di Merle Haggard (con una notevole performance chitarristica di Mason), chiudono positivamente il lavoro, anche se c’è spazio per una ghost track, un pezzo acustico di ispirazione gospel (il testo, non la musica) ed intitolato In Christ Alone. E’ora che Wade Hayes riassapori almeno un briciolo di popolarità, sarebbe il minimo dopo tutto quello che ha passato.

Marco Verdi