E Questo Da Dove Spunta? Blue Oyster Cult – Live ‘83

blue oyster cult live '83

Blue Oyster Cult – Live ’83 – Real Gone/Sony CD

Pensavo sinceramente di non dovermi più occupare dei Blue Oyster Cult per un bel po’, soprattutto dopo che lo scorso anno c’è stata una vera e propria invasione di ristampe, live inediti e la pubblicazione dell’album The Symbol Remains https://discoclub.myblog.it/2020/10/14/e-finalmente-e-arrivato-il-dessert-blue-oyster-cult-the-symbol-remains/ . Invece mi trovo qua oggi a parlare di un altro “nuovo” CD dal vivo della band americana intitolato semplicemente Live ’83, che però non fa parte del progetto di rilancio dell’Ostrica Blu operato dall’etichetta nostrana Frontiers https://discoclub.myblog.it/2021/01/31/e-dopo-il-dessertcaffe-e-ammazzacaffe-blue-oyster-cult-a-long-days-nightlive-at-rock-of-ages-festival-2016/ , bensì è una pubblicazione a parte della Real Gone (e relativa al materiale dell’epoca Sony), messa fuori probabilmente ad hoc per sfruttare l’onda lunga della rinnovata popolarità del gruppo. Live ’83 non è un album che coglierà di sorpresa i fans più sfegatati del quintetto newyorkese, in quanto si tratta della versione ufficiale di uno dei concerti più “bootlegati” dei nostri, vale a dire quello tenutosi il 24 luglio 1983 al Perkins Palace di Pasadena, California, durante le battute finali del lungo tour di due anni seguito alla pubblicazione nel 1981 di Fire Of Unknown Origin, tour che all’epoca aveva già avuto nell’82 una testimonianza ufficiale con Extraterrestrial Live.

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Ebbene, Live ’83 non è di certo inferiore al disco appena citato, in quanto vede all’opera un gruppo decisamente “roadato” (scusate il tristissimo gioco di parole) ed in forma brillante, che intrattiene il pubblico californiano per quasi ottanta minuti di solido hard rock classico e senza il benché minimo accenno di ballate (lo show non è completo, mancano tre brani che curiosamente erano tutte anteprime dell’album The Revolution By Night che sarebbe uscito da lì a pochi mesi). Il gruppo era formato per quattro quinti da membri originali (Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser, Joe Bouchard ed Allen Lanier), con l’aggiunta del batterista Rick Downey che nell’81 aveva sostituito Albert Bouchard, e come spesso capita vede Roeser fare la differenza con una eccellente performance chitarristica ad alto tasso adrenalinico, che lo conferma vero leader della band: lo show non è quindi inferiore a quelli interessati dai vari live usciti nel 2020, anche se la qualità di registrazione non è allo stesso livello (non è un suono da bootleg, ma neppure all’altezza degli standard richiesti ad un album dal vivo pubblicato nel 2021). La setlist concede molto poco all’allora ultimo disco e si concentra quasi totalmente sugli anni settanta del gruppo, in particolare i primi tre album, a partire da Stairway To The Stars, un boogie decisamente chitarristico con Roeser che inizia ad arrotare di brutto, seguita dalla potente Harvester Of Eyes, hard rock song che più classica non si può.

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La scaletta alterna brani popolari come Hot Rails To Hell, Cities On Flame With Rock And Roll e l’immancabile (Don’t Fear) The Reaper, ad altri meno esplorati come la pulsante Workshop Of The Telescopes https://www.youtube.com/watch?v=CTUULoK6NrM , il rock’n’roll all’ennesima potenza Before The Kiss, A Red Cap e la solida ed incalzante 7 Screaming Dizbusters. Fire Of Unknown Origin è rappresentato dall’orecchiabile Burnin’ For You, tra i pezzi più noti della band, e dalla coinvolgente ed immediata Joan Crawford, con un’ottima prestazione di Lanier al pianoforte. Infine, non mancano le rarità, come Born To Rock che è tratta dall’unico lavoro di Buck Dharma come solista (un pezzo dalla ritmica pressante e solita notevole prestazione da axeman del chitarrista, anche se come songwriting il brano non è il massimo) e due cover in cui Roeser è ancora il protagonista assoluto: il classico degli Steppenwolf Born To Be Wild (dove però appare un synth un po’ inutile) e soprattutto una Roadhouse Blues dei Doors da paura, dieci minuti molto intensi che da soli valgono gran parte del prezzo richiesto per il CD, con in mezzo anche un breve accenno a Love Me Two Times https://www.youtube.com/watch?v=FmOu8qGu5UQ . Un altro buon live d’archivio per i Blue Oyster Cult, anche se stavolta spero sul serio che sia l’ultimo per almeno due anni.

Marco Verdi

E Dopo Il Dessert…Caffè E Ammazzacaffè! Blue Oyster Cult – A Long Day’s Night/Live At Rock Of Ages Festival 2016

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Blue Oyster Cult – A Long Day’s Night – Frontiers CD/DVD

Blue Oyster Cult – Live At Rock Of Ages Festival 2016 – Frontiers CD/DVD

E proprio il caso di dire che il 2020 musicale si è aperto e chiuso nel segno dei Blue Oyster Cult, nota band americana dell’epoca d’oro dell’hard rock che quest’anno ha onorato il nuovo contratto con la nostrana Frontiers inondando il mercato di uscite discografiche, e cioè con le ristampe degli ultimi tre album di studio ufficiali ed il live del 2002 A Long Day’s Night (fra poco in dettaglio), ai quali hanno aggiunto ben cinque dischi dal vivo inediti e, come piatto forte, l’atteso nuovo lavoro The Symbol Remains, stampato lo scorso ottobre e rivelatosi più che buono https://discoclub.myblog.it/2020/10/14/e-finalmente-e-arrivato-il-dessert-blue-oyster-cult-the-symbol-remains/ . Sinceramente pensavo che il nuovo disco rappresentasse la fine del piano di uscite scaglionato per tutto l’anno, ma i BOC mi hanno stupito pubblicando da poco altri due album, e cioè la ristampa del già citato live di 18 anni fa più il “solito” CD/DVD inedito Live At Rock Of Ages Festival (registrato in Germania il 30 luglio 2016), due lavori che a questo punto penso siano davvero gli ultimi episodi di questa colossale operazione di rilancio.

Blue Öyster Cult - A Long Day's Night DVDrip-avi 0097

A Long Day’s Night, registrato a Chicago il 21 giugno del 2002 (giorno del solstizio d’estate, da cui il titolo), per anni è stata l’ultima pubblicazione ufficiale della band, un live molto bello e probabilmente migliore anche del suo predecessore Extraterrestrial Live del 1982.Il gruppo all’epoca era formato dal nucleo storico Eric BloomDonald “Buck Dharma” Roeser Allen Lanier, e completato dalla sezione ritmica di Danny Miranda al basso e Bobby Rondinelli alla batteria. Un live potente e coinvolgente come nella tradizione dei nostri, con le chitarre sempre in evidenza ed una tracklist piena di canzoni famose ma anche con qualche pezzo meno esplorato. Dagli ultimi due dischi di studio i BOC suonano solo un brano a testa, Harvest Moon da Heaven Forbid e Dance On Stilts da Curse Of The Hidden Mirror, ma poi, oltre ai soliti classici assodati (Burnin’ For You, O.D.’d On Life Itself, il tour de force chitarristico Buck’s Boogie ed il consueto finale con Godzilla e (Don’t Fear) The Reaper) abbiamo pezzi che non ascoltiamo tutti i giorni, cioè due “deep cuts” del primo periodo (il dirompente boogie Stairway To The Stars, perfetto per aprire il concerto, e la robusta Mistress Of The Salmon Salt) e due brani degli anni 80 (Perfect Waters e Lips In The Hills). Ma soprattutto c’è una fulgida rilettura della splendida Astronomy, spettacolare rock ballad che per il sottoscritto è la migliore canzone di sempre della band newyorkese, qui ulteriormente impreziosita da un superlativo finale chitarristico https://www.youtube.com/watch?v=NegQGi20oCk . Il DVD allegato contiene 19 brani contro i 13 del CD, ma inspiegabilmente lascia fuori proprio Astronomy.

blue oyster cult live at rock of ages festival 2016

Facciamo un salto in avanti di 14 anni per il live inedito al Rock Of Ages Festival: Bloom e Roeser sono sempre in sella al gruppo, lo scomparso Lanier è sostituito da Richie Castellano e la sezione ritmica è formata da Kasim Sulton e Jules Radino. Altro concerto di ottimo livello ed inciso in maniera spettacolare (e qui il DVD ha un brano in meno rispetto al CD), con il rock’n’roll a farla da padrone ancora più del solito. Ci sono sette pezzi in comune con A Long Day’s Night, mentre tra le altre segnalo l’iniziale This Ain’t The Summer Of Love, versione impeccabile e trascinante, una potentissima The Golden Age Of Leather, con bella introduzione corale a cappella, la travolgente ME 262, puro rock’n’roll sotto steroidi, e soprattutto una formidabile Then Came The Last Days Of May, rock ballad di dieci minuti caratterizzata da una prestazione micidiale da parte di Buck Dharma https://www.youtube.com/watch?v=AtZxgU3Ddmo . Credo a questo punto che la scorpacciata di ostriche blu sia finita con queste due uscite, e spero vivamente che nessuno abbia fatto indigestione.

Marco Verdi

Il 2020 E’ “L’Anno Dell’Ostrica”: Terzo Capitolo. Blue Oyster Cult – Curse Of The Hidden Mirror/iHeart Radio Theater NYC 2012

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Blue Oyster Cult – Curse Of The Hidden Mirror – Frontiers CD

Blue Oyster Cult – iHeart Radio Theater NYC 2012 – Frontiers CD/DVD

Prosegue la scorpacciata musicale dedicata ai Blue Oyster Cult, storica rock band americana che sta letteralmente inondando il mercato da quando ha firmato il nuovo contratto con l’italianissima Frontiers: dopo il live a Cleveland del 2014 uscito a gennaio abbinato alla ristampa di Cult Classic, ed alla doppia uscita di aprile con Agents Of Fortune Live 2016 in coppia con la riedizione di Heaven Forbid del 1998 https://discoclub.myblog.it/2020/04/01/prosegue-il-menu-degustazione-a-base-di-ostriche-blue-oyster-cult-heaven-forbidagents-of-fortune-live-2016/ , l’avvicinamento al fantomatico nuovo album di studio del gruppo di Long Island (album di cui al momento non si sa nulla) continua con un altro “double bill”, ovvero la riproposizione, sempre senza bonus tracks, di Curse Of The Hidden Mirror del 2001 (che ad oggi è il loro ultimo disco con materiale originale) accoppiato all’inedito live iHeart Radio Theater NYC 2012. Di sicuro i nostri non hanno la paura di saturare il mercato, anzi mentre scrivo queste righe è già in calendario per il 7 agosto la pubblicazione di un’altra novità dal vivo, 45th Anniversary Live In London (registrato nel 2017 e con la performance completa del loro primo album del 1972), che probabilmente verrà accoppiato con la reissue di A Long Day’s Night del 2002 (ancora un live!), mentre più avanti dovrebbe uscire anche un concerto tedesco del 2016.

Un’invasione di materiale che fa sembrare i Grateful Dead e Joe Bonamassa dei pivellini, e che probabilmente è destinata esclusivamente ai die-hard fans dei BOC, anche se non escludo che la lunga assenza del gruppo dal mercato discografico possa risvegliare l’interesse anche tra gli estimatori generici del “classic rock” degli anni settanta. Oggi mi occupo in breve delle ultime due uscite partendo da Curse Of The Hidden Mirror, un buon disco di rock che non si avvicina ai classici della band ma che io preferisco a Heaven Forbid e forse anche a Club Ninja del 1985. Musica decisamente diretta e chitarristica, con la maggior parte dei testi scritti come in Heaven Forbid dallo scrittore sci-fi John Shirley, e con i tre membri storici dei BOC Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser (vero protagonista del disco con la sua chitarra) ed Allen Lanier affiancati dalla solidissima sezione ritmica formata da Danny Miranda al basso e Bobby Rondinelli alla batteria. Gli highlights dell’album sono Dance On Stilts, che con il suo potente riff garantisce un inizio all’insegna del rock’n’roll chitarristico e coinvolgente (Roeser ha sempre avuto un bel manico), la solida The Old Gods Return, la diretta Pocket, gran ritmo e refrain orecchiabile, le dure e zeppeliniane One Step Ahead Of The Devil e Eye Of The Hurricane, che si contrappongono all’accattivante e quasi AOR Here Comes That Feeling ed alla cadenzata e riffatissima Stone Of Love. Non mancano canzoni abbastanza qualunque come Showtime, I Just Like To Be Bad, Out Of The Darkness e Good To Feel Hungry, anche se bisogna dire che vengono tutte suonate con grinta e determinazione.

Facciamo un salto in avanti di undici anni per parlare invece di iHeart Theater NYC 2012, registrato nella Grande Mela durante il tour del loro quarantesimo anniversario e con il DVD abbinato al CD (il video aggiunge le interviste al gruppo ma rispetto alla parte audio ha un brano in meno): i BOC dal vivo sono sempre una garanzia ed anche qui offrono uno spettacolo potente e coinvolgente, con una scaletta che, come nel live a Cleveland uscito a gennaio, predilige gli anni settanta con appena tre brani degli eighties e nessuno da Heaven Forbid e Curse Of The Hidden Mirror. L’apertura è dura al punto giusto con R.U. Ready To Rock, che forse non è una grande canzone ma è perfetta da suonare on stage (bella l’accelerazione ritmica verso la fine), per proseguire con la nota The Golden Age Of Leather, che coniuga benissimo una base rock’n’roll tosta ad una melodia fruibile (ed un gran lavoro di Buck Dharma). Durante lo show non mancano vigorose riproposizioni di alcuni classici come le coinvolgenti This Ain’t The Summer Of Love e Cities On Flame With Rock And Roll e la strepitosa Career Of Evil (che vede Patti Smith come co-autrice), affiancate da pezzi forse meno noti ma che roccano il giusto come Burnin’ For You, The Vigil e Black Blade e gli otto minuti della ballatona un po’ AOR Shooting Shark.

Conclusione come da copione con una sintetica ma energica versione di Godzilla seguita dalla mitica (Don’t Fear) The Reaper, insolitamente allungata fino a sette minuti e con un finale chitarristico in cui Roeser si prende il centro della scena. Vediamo se riuscirete a resistere per un mese e mezzo senza i Blue Oyster Cult, dato che ai primi di agosto sarò di nuovo qui a parlare di loro.

Marco Verdi

Prosegue Il Menu Degustazione A Base Di Ostriche! Blue Oyster Cult – Heaven Forbid/Agents Of Fortune: Live 2016

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Blue Oyster Cult – Heaven Forbid – Frontiers CD

Blue Oyster Cult – Agents Of Fortune: Live 2016 – Frontiers CD/DVD – BluRay

Continua da parte dell’etichetta nostrana Frontiers l’opera di avvicinamento al nuovo album in studio dei Blue Oyster Cult, in una sorta di menu degustazione che lo scorso gennaio aveva visto la ristampa del loro disco del 1994 Cult Classic, nel quale la band reincideva brani noti e meno noti del suo passato, e soprattutto il live inedito Hard Rock Live Cleveland 2014 https://discoclub.myblog.it/2020/02/08/un-doppio-antipasto-in-attesa-della-portata-principale-blue-oyster-cult-cult-classichard-rock-live-cleveland-2014/ . Oggi mi occupo di altri due titoli immessi da poco sul mercato, e cioè la riedizione (senza bonus tracks) del loro “comeback album” del 1998 Heaven Forbid e del disco dal vivo inedito Agents Of Fortune: Live 2016, nel quale i nostri riprendono canzone per canzone il loro lavoro più famoso nel quarantennale della sua uscita (ma pare che ci siano in cantiere altre pubblicazioni a nome BOC, come le ristampe del loro ultimo studio album Curse Of The Hidden Mirror del 2001 e del live A Long Day’s Night uscito l’anno dopo, e ben altri tre dischi dal vivo inediti…speriamo solo di non arrivare saturi all’appuntamento principale). Ecco quindi una breve disamina dei due lavori.

Heaven Forbid. Nel 1998 i BOC pubblicano in maniera abbastanza inattesa un nuovo album a ben dieci anni dal bellissimo Imaginos: Heaven Forbid è un tipico lavoro nello stile dei nostri (gli “originali” Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser e Allen Lanier, più la sezione ritmica di Danny Miranda e Chuck Burgi), un disco di rock classico con momenti più hard ed altri quasi AOR, caratterizzato dal consueto chitarrismo sopraffino e versatile di Roeser, eccellente sia nei pezzi più duri che in quelli più lirici e melodici, e con i testi ad opera del noto scrittore sci-fi John Shirley. L’inizio (insieme alla copertina in stile horror) può trarre in inganno, in quanto See You In Black è un pezzo violentissimo, una cavalcata chitarristica dai toni quasi punk, ma il resto del disco richiama il suono classico dei nostri. Alcuni pezzi hanno maggior appeal radiofonico, come l’immediata Harvest Moon, dal bel refrain corale ed ottima accelerazione centrale, la potente e cadenzata Cold Gray Light Of Dawn, la semiacustica Real World o l’orecchiabile Live For Me, mentre in altri momenti viene pigiato il piede sul pedale del rock’n’roll, come nella trascinante Power Underneath Dispair, la spumeggiante X-Ray Eyes o la tonica Damaged, secca come una frustata.

Non mancano i brani minori come Hammer Back e Still Burnin’, che hanno ottime parti di chitarra ma uno script piuttosto debole, mentre come finale abbiamo una deliziosa ripresa live unplugged di In Thee (in origine su Mirrors del 1979), che assume quasi tonalità caraibiche. Quindi un lavoro solido e compatto anche dopo 22 anni, nonostante l’assenza di brani da tramandare ai posteri.

Agents Of Fortune: Live 2016. Registrato nel mese di aprile nei Red Studios di Hollywood di fronte ad un pubblico selezionatissimo (a volte non si sente neppure, come se alcuni brani provenissero dal soundcheck), questo mini-concerto riprende come ho detto poc’anzi il loro quarto album Agents Of Fortune nella sua interezza, con i BOC nella stessa formazione del live a Cleveland del 2014 (quindi Bloom e Roeser, Richie Castellano alla chitarra e tastiere, Kasim Sulton al basso e Jules Radino alla batteria, mentre a sorpresa in alcuni pezzi compare sul palco l’ex membro originale Albert Bouchard): i nostri non improvvisano più di tanto dato che il concerto dura 37 minuti esattamente come l’album del 1976, ma il suono è più diretto e meno “levigato” dell’originale, che in alcuni momenti tendeva verso il pop. L’album, che riprende in copertina lo stesso cartomante di 40 anni prima (44 ormai), esce in versione CD/DVD ma anche nel solo formato video in BluRay, e stranamente nella parte visiva manca la prima canzone, come se si fossero dimenticati di accendere le telecamere…

La serata inizia con una splendida ripresa di This Ain’t The Summer Of Love, uno dei più trascinanti rock’n’roll del gruppo, seguita dallo squisito ed orecchiabile pop-rock True Confessions e dal superclassico (Don’t Fear) The Reaper, una di quelle canzoni che anche al millesimo ascolto non perdono nulla della sua bellezza, resa qui in maniera perfetta. Ci sono due tracce scritte da Bouchard insieme ad una giovane Patti Smith (che all’epoca era legata sentimentalmente a Lanier), cioè la cadenzata ed un po’ angosciante The Revenge Of Vera Gemini e la deliziosa ballata Debbie Denise, mentre la roccata e coinvolgente E.T.I. (Extra Terrestrial Intelligence) è l’unico contributo come autore dell’ex mentore della band Sandy Pearlman. Completano il quadro Sinful Love, tra le più dirette e piacevoli, la potente e chitarristica Tattoo Vampire, la vibrante Morning Final, che contrappone un accompagnamento decisamente energico ad una delle melodie più attraenti del lavoro, e la bizzarra e quasi pop Tenderloin.

Ai prossimi appuntamenti con i Blue Oyster Cult, che a quanto pare saranno una costante di questo 2020.

Marco Verdi

Un Doppio Antipasto In Attesa Della Portata Principale. Blue Oyster Cult – Cult Classic/Hard Rock Live Cleveland 2014

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Blue Oyster Cult – Cult Classic – Frontiers CD

Blue Oyster Cult – Hard Rock Live Cleveland 2014 – Frontiers 2CD/DVD

Uno degli eventi musicali più attesi del 2020, almeno per quanto riguarda il filone “classic rock”, sarà il ritorno discografico dei Blue Oyster Cult, grande gruppo americano spesso poco capito dalla critica (che in passato lo aveva liquidato come band hard rock o addirittura heavy metal), ma capace di produrre specie negli anni settanta una serie di ottimi album da musica rock raffinata e testi di stampo letterario tra l’orrorifico ed il fantascientifico (ad opera soprattutto del loro produttore e mentore Sandy Pearlman), e di costruirsi una solida reputazione di live band grazie a concerti infuocati e coinvolgenti. I BOC non si sono mai ufficialmente sciolti e non hanno mai smesso di esibirsi dal vivo, ma discograficamente sono fermi al non indispensabile Curse Of The Hidden Mirror del 2001, anche se in realtà hanno smesso di incidere con regolarità nell’ormai lontano 1987 (lo splendido Imaginos), pubblicando solo tre album di studio nei successivi 32 anni. Ora si sono accasati alla Frontiers, etichetta napoletana specializzata in gruppi e solisti di genere classic rock e AOR (nel suo portfolio passato e presente troviamo Whitesnake, Def Leppard, Toto, Alan Parsons, REO Speedwagon, Journey e molti altri), per la quale i nostri pubblicheranno un album nuovo di zecca nel corso dell’anno.

 

Per festeggiare l’evento la Frontiers ha stuzzicato l’appetito dei fans immettendo sul mercato la ristampa rimasterizzata (ma senza bonus tracks) dell’ormai fuori catalogo Cult Classic del 1994, nel quale i BOC reincidevano alcuni loro brani celebri, ed il live inedito Hard Rock Live Cleveland 2014 in una confezione che comprende sia la versione audio che quella video (e non è finita qui, in quanto ai primi di marzo uscirà Agents Of Fortune Live 2016, un CD sempre inedito contenente una porzione di concerto in cui la band newyorkese rivisita il suo disco più famoso dall’inizio alla fine). Cult Classic è un ottimo lavoro, ovviamente per le canzoni contenute ma anche per il tipo di riproposizione da parte dei nostri (che qui vedono i membri storici Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser ed Allen Lanier affiancati da una sezione ritmica nuova formata da Jon Rogers al basso e Chuck Burgi alla batteria): versioni aggiornate ma non stravolte, una rivisitazione rispettosa ed estremamente piacevole del meglio del loro repertorio (pur con qualche assenza, penso a Career Of Evil).

Non mancano chiaramente i pezzi più noti, la mitica (Don’t Fear) The Reaper su tutte, ma anche Godzilla, l’orecchiabile Burnin’ For You, la solida Cities On Flame With Rock And Roll (che nel 1972 fu il loro primo singolo) e la trascinante This Ain’t The Summer Of Love. Troviamo poi quelli che chi sa le cose e definisce “selected album tracks”, cioè brani importanti pur non essendo stati successi a 45 giri, come la strepitosa e potente E.T.I., tre rock’n’roll songs coinvolgenti come Me-262, O.D.’d On Life Itself e Harvester Of Eyes, la bella Flaming Telepaths, dal motivo vincente e roboante finale chitarristico, o l’irresistibile strumentale Buck’s Boogie. Dulcis in fundo, non poteva mancare la meravigliosa Astronomy, in assoluto la più bella canzone dei BOC, un brano epico di oltre otto minuti che qualche critico ha paragonato addirittura a Stairway To Heaven (forse esagerando, ma comunque è un pezzo della Madonna), anche se forse questa versione rivisitata ha meno pathos dell’originale.

Facciamo ora un salto in avanti di vent’anni per Hard Rock Live Cleveland 2014, registrato in realtà nel sobborgo di Northfield il 17 ottobre con una formazione che vede solo Bloom e Roeser facenti parte del nucleo originale, essendo Lanier passato a miglior vita l’anno precedente e sostituito dal chitarrista e tastierista Richie Castellano, mentre al basso e batteria troviamo rispettivamente Kasim Sulton e Jules Radino. Cleveland 2014 non si avvicina ai leggendari live degli anni settanta (On Your Feet Or On Your Knees e Some Enchanted Evening), ma vede i nostri in ottima forma ed è comunque un bel sentire: Bloom e Buck Dharma non sono mai stati dei grandissimi vocalist ma non hanno perso colpi, e Roeser rimane una macchina da guerra per quanto riguarda le scorribande chitarristiche, ben assistito da Castellano che si dimostra una valida spalla. La scaletta comprende qualche hit ma anche scelte non scontate (ed anche qualche assenza dolorosa, come Astronomy, ed anche un grande disco come Imaginos viene totalmente ignorato); nulla proviene dagli ultimi due album del gruppo datati 1998 e 2001 e poco, solo tre pezzi, dagli anni ottanta: l’orecchiabile Burnin’ For You, i nove minuti della scorrevole Shooting Shark, tra rock e AOR, e la diretta Black Blade, forse con un po’ troppi synth.

Il resto arriva tutto dai seventies, con ben otto pezzi presi dalla mitica trilogia iniziale dei BOC (Blue Oyster Cult, Tyranny And Mutation e Secret Treaties), a partire dall’uno-due iniziale a tutto rock’n’roll di O.D.’d On Life Itself e The Red And The Black, la formidabile Career Of Evil, scritta all’epoca insieme ad una giovane Patti Smith (e si sente), una Me-262 più travolgente che mai, la nota Harvester Of Eyes, il finale ad alto tasso elettrico di Hot Rails To Hell e Cities On Flame With Rock And Roll e soprattutto una imperdibile Then Came The Last Days Of May di dieci minuti, una rock ballad epica con improvvise e strepitose accelerazioni, tra le migliori canzoni in assoluto del gruppo. Da Agents Of Fortune proviene solo l’immancabile (Don’t Fear) The Reaper, sempre un piacere, mentre dal popolare Spectres i nostri suonano la dura, quasi rock-blues, Golden Age Of Leather, la lenta e gradevole I Love The Night ed una monumentale versione di Godzilla di ben dodici minuti, durante i quali ogni componente della band ha il suo momento da solista. Completano il quadro la poco nota The Vigil, discreta rock song senza troppi fronzoli, e naturalmente Buck’s Boogie, consueta cavalcata chitarristica e vero showcase per l’abilità di Roeser.

Due ottimi antipasti quindi (uno solo se come il sottoscritto possedete già Cult Classic, che merita comunque un ripasso): ci rivediamo a marzo per Agents Of Fortune Live 2016, sperando che questa abbondanza di Blue Oyster Cult non ci rovini l’appetito per il piatto forte. Personalmente non credo proprio.

Marco Verdi