Un Godurioso Omaggio Alla Vera Country Music! Josh Turner – Country State Of Mind

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Josh Turner – Country State Of Mind – MCA Nashville/Universal CD

Josh Turner, musicista originario della Carolina del Sud, è un countryman atipico: infatti, pur vivendo ed incidendo a Nashville ed avendo ottenuto un grande successo con i suoi sette album pubblicati tra l 2003 ed il 2018 (tutti piazzatisi tra la prima e la terza posizione), non ha mai smesso di fare musica di qualità. A molti suoi colleghi l’aria di alta classifica fa girare la testa, ma Josh è uno bravo, coi piedi per terra, e pur non disdegnando un suono adatto alla programmazione radiofonica non ha mai esagerato e ha sempre proposto canzoni suonate con strumenti veri. Nonostante l’età ancora giovane quindi Turner ha poco da dimostrare, e dunque quest’anno ha deciso di fare un disco che, ne sono sicuro, pianificava già da qualche tempo, cioè un album di cover che omaggiasse gli artisti che lo hanno influenzato, alternando brani più o meno popolari ed in più di un caso ospitando lo stesso autore del pezzo.

Country State Of Mind è il risultato di questa idea, e si rivela un lavoro davvero strepitoso fin dal primo ascolto: le canzoni belle come ho detto ci sono già, ma Josh le interpreta con notevole grinta e senso del ritmo, mettendo in primo piano le chitarre e la sua splendida voce baritonale, coadiuvato dalla produzione impeccabile di Kenny Greenberg e con la partecipazione in session di autentici luminari di Nashville come lo stesso Greenberg alle chitarre, Glenn Worf al basso, Chad Cromwell alla batteria e Dan Dugmore alla steel. Più gli ospiti che partecipano vocalmente (non in tutti i brani, non è un vero e proprio album di duetti), i quali danno il tocco in più ad un disco che in ogni caso si sarebbe retto sulle proprie gambe anche senza di loro. Il CD parte ottimamente con I’m No Stranger To The Rain, una bella western ballad (dal repertorio di Keith Whitley) che qui viene rivestita da un bell’intreccio di chitarre e da un suono forte di stampo rock, il tutto completato ad hoc dalla voce profonda di Josh, country al 100%. John Anderson quest’anno è tornato in gran forma con il bellissimo Years, e qui porta in dote la sua I’ve Got It Made, un irresistibile rockin’ country tuto ritmo e chitarre, che la voce vissuta di John impreziosisce ulteriormente. A proposito di voci vissute, che ne dite di Kris Kristofferson?

Il grande texano è infatti il prossimo ospite in Why Me, uno dei suoi brani più popolari e canzone già splendida di suo che viene ancor di più abbellita dal duetto tra i due protagonisti: Josh è bravo, ma quando Kris si avvicina al microfono è tutta un’altra storia. Chris Janson unisce le forze con Turner nella sanguigna title track (di Hank Willims Jr.), un honky-tonk elettrico, vibrante e decisamente coinvolgente; I Can Tell By The Way You Dance è un pezzo del 1984 di Vern Gosdin che Josh, qui da solo (anche perché Gosdin è morto), rilegge in maniera pimpante e ricca di ritmo, con il solito approccio rock che è un po’ la costante di questo disco: gli assoli chitarristici sono ottimi e la melodia vincente. Alone And Forsaken è una nota canzone di Hank Williams (Senior), qui arrangiata come una scintillante ed evocativa western ballad ed ulteriormente nobilitata dalla seconda voce della brava Allison Moorer, mentre Forever And Ever, Amen è uno dei classici di Randy Travis, che ovviamente compare in prima persona a prestare l’ugola: bella canzone, dal ritmo spedito e country fino all’osso. Alan Jackson si può ormai considerare sia un contemporaneo che un veterano, e Josh esegue senza ospiti la sua Midnight in Montgomery, un’intensa ballata ancora dal sapore western, ripresa con un feeling notevole e non inferiore all’originale.

Good Ol’ Boys era il tema del telefilm The Dukes Of Hazzard ma anche uno dei brani più famosi di Waylon Jennings, e Turner la rifà con grande rispetto per l’originale ma anche con un notevole senso del ritmo, aumentando la componente rock’n’roll e regalandoci una cover trascinante, tra le più riuscite del CD, mentre You Don’t Seem To Miss Me, scritta da Jim Lauderdale, era in origine un duetto tra Patty Loveless e George Jones, ed è una tersa e molto piacevole ballata di stampo classico eseguita con il trio vocale delle Runaway June. Chiusura con Desperately, un midtempo dal motivo diretto e toccante al tempo stesso (incisa prima dal suo autore Bruce Robison e poi da George Strait) proposto con l’aiuto del duo al femminile Maddie & Tae, e con The Caretaker, uno dei pezzi più antichi e meno conosciuti di Johnny Cash, altra splendida rilettura questa volta per sola voce (e che voce) e chitarra, ed un mood da vero cowboy. Non esagero: Country State Of Mind è tra i migliori country album del 2020.

Marco Verdi

La “Cura Auerbach” Ha Rivitalizzato Anche Lui. John Anderson – Years

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John Anderson – Years – Easy Eye Sound/BMG Rights Management CD

Vi ricordate di quando, a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, Jeff Lynne era il produttore più ambito dalla crema del rock mondiale? O quando pochi anni dopo lo stesso ruolo passò a T-Bone Burnett? Ebbene, a quanto pare oggi il più richiesto dietro alla consolle (diciamo al 50% con Dave Cobb) è Dan Auerbach, leader dei Black Keys che negli ultimi anni ha affiancato alla carriera di musicista e songwriter quella appunto di produttore nonché di talent scout, grazie ad un orecchio non comune e ad una innata capacità di dare il suono giusto ad ognuno dei suoi “clienti”. Non abbiamo ancora quasi finito di assimilare l’ottimo debutto solista di Marcus King El Dorado, che Auerbach è già un passo avanti, ma questa volta si è occupato di rilanciare la carriera di un veterano: John Anderson, countryman della Florida non molto conosciuto da noi ma che in America è una piccola leggenda dato che è in attività da più di quaranta anni. Quando si elencano i grandi del country, il nome di Anderson viene spesso dimenticato, ma stiamo parlando di uno che dal 1977 ad oggi ha avuto diversi album e singoli ai primi posti della classifica, con titoli come Wild And Blue, Swingin’, Seminole Wind, Straight Tequila Night e Black Sheep (per chi non lo conosce consiglio la splendida antologia doppia uscita l’anno scorso, 40 Years And Still Swingin’, in cui il nostro ha anche reinciso ex novo alcuni vecchi successi).

Nelle ultime due decadi la sua produzione si è un po’ diradata (e di conseguenza sono calate le vendite), ma questo nuovo Years si conferma già dal primo ascolto come il suo lavoro migliore dai tempi di Seminole Wind. Auerbach ha fatto un lavoro splendido, producendo l’album nei suoi Easy Eye Sound Studios insieme al consueto partner David Ferguson, collaborando alla scrittura dei brani e mettendo a disposizione di Anderson il solito gruppo di “Nashville Cats” dal pedigree eccezionale (Stuart Duncan, Gene Chrisman, Bobby Wood, Ronnie McCoury, Dave Roe, Charlie McCoy, Russ Pahl e Mike Rojas), ma il resto è tutta farina del sacco di John, che forse stimolato dalla creatività di Dan ha scritto le sue migliori canzoni da diverso tempo a questa parte: Puro country classico, suonato e cantato in maniera impeccabile (Anderson ha ancora una grande voce), un album che alterna ballate a brani più mossi ma con tutti i nomi coinvolti al top della forma: il CD dura appena 32 minuti, ma è una mezz’ora pressoché perfetta. Si parte con I’m Still Hangin’ On (sono ancora in giro, una vera dichiarazione di intenti), una ballata fluida e suadente con strumentazione ariosa e mood rilassato: la voce è bellissima ed il background strumentale è vigoroso (c’è tutto ciò che serve: banjo, mandolino, violino, dobro, steel, ecc.), con i soliti agganci tipici di Auerbach al suono dei seventies.

Celebrate è distesa e ha di nuovo il sapore dei bei tempi andati, con un leggero arrangiamento orchestrale degno di Glen Campbell (uno che sta ricevendo più attestati di stima ora che non c’è più di quando era ancora tra noi) e la voce del nostro che accarezza il brano con classe; un piano wurlitzer introduce la title track, una splendida ballata dall’incedere maestoso ed un crescendo strumentale emozionante, che culmina con un ottimo assolo di chitarra elettrica: grande canzone, può diventare un nuovo classico di John. Tuesday I’ll Be Gone vede Anderson dividere il microfono con Blake Shelton per un country-rock terso, limpido e decisamente coinvolgente, un brano che richiama le atmosfere di Seminole Wind con in evidenza una splendida chitarra “harrisoniana”, mentre What’s A Man Got To Do (che vede tra gli autori Dee White, altro protegé di Auerbach) è una country song robusta quasi alla maniera texana, con un ottimo lavoro di chitarra acustica, steel e mandolino ed un’altra melodia di impatto immediato.

Decisamente bella anche Wild And Free, un honky-tonk elettrico dal motivo irresistibile, accompagnamento delizioso ed un refrain corale tra i più belli ed evocativi del CD (e Tyler Childers ospite ai cori). Slow Down è una ballatona romantica sfiorata dalla steel ed eseguita con classe ed eleganza ma senza risultare sdolcinata, All We’re Really Looking For una squisita country tune dal sapore western, tempo spedito ed ennesimo motivo accattivante così come Chasing Down A Dream, gustosissimo country-rock elettrico suonato con notevole forza. Il CD si chiude con You’re Nearly Nothing, toccante slow song di quelle che il nostro scrive ad occhi chiusi, con la strumentazione che si arricchisce man mano che il brano procede.

Bentornato John Anderson: Years sarà senza dubbio uno dei dischi country del 2020.

Marco Verdi