Il Suo Album Precedente Era Così Così, Questo E’ Davvero Bello! Joy Williams – Front Porch

joy williams front porch

Joy Williams – Front Porch – Sensibility/Thirty Tigers CD

Oltre ad essere una donna estremamente attraente, Joy Williams è anche una cantante ed autrice seria e preparata. In attività come solista dal 2001, è famosa principalmente per aver fatto parte insieme a John Paul White del duo folk-rock e Americana The Civil Wars, dal 2009 al 2014. Da sola Joy ha inciso quattro album e diversi EP: il suo ultimo lavoro, Venus (2015), aveva fatto storcere parecchio il naso ai suoi estimatori, in quanto segnava un distacco dalle sue abituali sonorità per uno stile più moderno tra il pop e il danzereccio; la stessa Williams non deve essere stata molto convinta del risultato, in quanto appena un anno dopo ha fatto uscire lo stesso album ma in versione acustica, con esiti artistici decisamente migliori. La stessa aria si respira in questo suo nuovissimo album, Front Porch, nel quale Joy dimostra fortunatamente che il suo amore per il pop era solo una sbandata temporanea: il disco infatti è composto da dodici brani originali di ottimo livello, affrontati davvero come se la protagonista fosse idealmente seduta nel portico di casa sua (come da titolo del CD).

Quindi atmosfere acustiche ed intime, con brani lenti e meditati in cui Joy si fa accompagnare al massimo da un paio di chitarre, una steel, un violino, un mandolino e un dobro (ma mai tutti insieme), e senza l’aiuto della batteria. Buona parte del merito va alla produzione di Kenneth Pattengale (ovvero metà del duo folk-rock The Milk Carton Kids), il quale si occupa anche della maggior parte degli strumenti, lasciando la steel nelle sapienti mani di Russ Pahl ed il violino e mandolino in quelle di John Mailander. Pochi strumenti quindi, ma dosati con gusto e misura e, soprattutto, un’attitudine da folksinger da parte della Williams che fa di Front Porch il disco migliore della sua carriera solista. Il CD è bello fin da subito: Canary è una canzone di chiaro stampo folk, dal sapore decisamente tradizionale, con chitarra, violino e poco altro, ed una prestazione vocale notevole da parte di Joy. La struttura musicale è la stessa in tutti i brani, e predominano le atmosfere lente e pacate, come la delicata title track, una ballata pura e cristallina dal motivo toccante, con la bella Joy che riesce ad emozionare anche con solo due chitarre ed un violino.

When Does A Heart Move On è soffusa, quasi sussurrata, ma di grande impatto emotivo, All I Need è molto simile, con l’aggiunta del mandolino e di una languida steel, mentre The Trouble With Wanting è strumentata in maniera ancora più spoglia, solo una chitarra e qualche backing vocals, ma il feeling se possibile aumenta, e vedo similitudini con l’ultima Emmylou Harris, meno country e più cantautrice. Il CD prosegue con lo stesso mood, ma non ci si annoia neppure per un momento in quanto la Williams è brava a tenere desta l’attenzione con una serie di canzoni molto ben scritte ed interpretate in maniera raffinata: meritano una citazione la struggente No Place Like You, solo voce e chitarra ma pathos notevole, la splendida One And Only, con un sapore d’altri tempi ed un sentore di Messico dato da una chitarra flamenco (uno di pezzi migliori), la vibrante When Creation Was Young, puro folk, la lenta e nostalgica Be With You e la conclusiva Look How Far We’ve Come, limpida e deliziosa nonostante la brevità.

Dopo le incertezze di Venus Joy Williams è tornata tra noi, dimostrando che è ancora perfettamente in grado di fare ottima musica e di regalare emozioni.

Marco Verdi

Lo Strano Caso Delle “Civili Guerre” Di Una Coppia (Di Musicisti): Civil Wars

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The Civil Wars – The Civil Wars – Sensibility Recordings/Columbia/Sony-BMG

Questo è quanto scrivevo in sede di presentazione dell’imminente uscita dell’album, qualche giorno fa…

“I Civil Wars lo scorso anno vinsero due Grammy per il loro primo album Barton Hollow, peraltro già uscito una prima volta nel 2011 e poi ripubblicato nel 2012 dalla Sony, che aveva rilevato il loro contratto, con alcune tracce aggiunte. Poi, a novembre, nel bel mezzo di una tournéè promozionale e della registrazione del secondo album, il duo annunciò che si prendeva una pausa a tempo indefinito per “inconciliabili differenze di ambizione”. Considerando che i due, Joy Williams e John Paul White erano stati anche una coppia a livello sentimentale non era difficile capire da potevano provenire queste frizioni. Poi però, nel corso del 2013, prima è uscita una colonna sonora prodotta da T-Bone Burnett con la loro partecipazione e ora questo album eponimo, “postumo”? Il disco, che è prodotto in parte da Rick Rubin (un brano) e il resto da Charlie Peacock, il loro primo produttore, è comunque bello, come si evince da altri album nati da separazioni e rotture come Rumors dei Fleetwood Mac o l’ultimo di Richard & Linda Thompson (nel primo album c’era già un brano che si chiamava Poison and Wine, una premonizione?).  Esce per la Sony, che, evidentemente, per evitare di rimanere con il cerino in mano, lo mette comunque sul mercato.”

Ma…ci sono alcune incongruenze in quanto da me detto. I due, presentati, come coppia, lo sono solo a livello musicale, in quanto John Paul White, è sposato e vive a Florence in Alabama con i suoi quattro figli, mentre Joy Williams è sposata con Nate Yetton, il manager del gruppo, insieme al quale, proprio lo scorso anno, ha avuto un figlio. Quindi le teorie erroneamente da me riportate a livello di gossip non hanno nessun fondamento sentimentale, ma dipendono da attriti di altro tipo, perché comunque esistono forti divergenze. Come ha confermato la Williams in alcune interviste fatte in occasione dell’uscita dell’album, mentre White tace. Ovviamente a livello pubblicatario tutto serve, quindi la casa discografica non smentisce. Lei, tra l’altri, pur avendo solo 30 anni, ha alle spalle una lunga carriera come cantante di quella che viene definita “Christian Music”, avendo già pubblicato tre albums tra il 2001 e il 2005 (oltre ad una serie di EP, usciti fino al 2009) che hanno venduto complessivamente oltre 250.000 copie e anche White aveva già dato alle stampe un CD nel 2008, prima di decidere di pubblicare un album dal vivo, come duo, nel 2009, intitolato Live At Eddie’s Attic e sempre lo stesso anno, un EP, Poison Wine, che sarebbe stato uno dei brani portanti dell’album Barton Hollow uscito nel 2011 per la Relativity Records e pubblicato di nuovo nel 2012 in Europa dalla Sony Music, in occasione della conquista dei due Grammy, con 6 tracce extra, due delle quali erano presenti nella versione per il download del disco. Per completare la loro operazione globale di conquista del mercato, appaiono anche con un brano nella colonna sonora del film Hunger Games, Safe and Sound, scritta e cantata con Taylor Swift (?!?) e T-Bone Burnett che produce il tutto. La canzone non è male, comunque!

Dopo avere venduto più di mezzo milione di copie (654.000 copie a oggi) del primo album e dopo la nascita del primo figlio di Joy Williams, i due sono entrati in studio, sempre con Charlie Peacock come produttore (ma hanno collaborato anche con Rick Rubin) e hanno registrato questo nuovo “eponimo” album prima di partire per un tour europeo, durante il quale, a novembre hanno annunciato che si sarebbero presi quello che gli americani chiamano un lungo “hiatus”, che dura a tutt’oggi, interrotto solo dall’uscita del CD ai primi di agosto. Si è parlato poco di musica in questo Post ma l’album nel suo insieme non differisce musicalmente moltissimo dal precedente, a parte per una maggiore ricchezza nei suoni e negli arrangiamenti che avvolgono il country-folk più intimo e basato sulle ottime armonie vocali del duo e sulla voce assai piacevole della Williams stessa (ma anche John Paul White canta spesso, da solo e in coppia). I due si scrivono le canzoni, da soli e con Charlie Peacock e Phil Madeira, nel disco ci sono anche un paio di cover mirate: una Tell Mama, scritta da Clarence Carter con Daniel e Terrell, ma resa celeberrima da Etta James (e anche Janis Joplin ne faceva una “versioncina”niente male), qui ripresa in un versione più consona allo stile baroque-dark-folk del gruppo, anche se i florilegi degli arrangiamenti di Peacock sono sempre interessanti con quelle pedal steel sognanti che fanno capolino spesso; l’altra cover è Disarm, un vecchio brano degli Smashing Pumpkins tratto da Siamese Dreams e che il gruppo aveva già registrato nel Live At Amoeba (ebbene sì, avevano registrato anche un altro CD dal vivo), cantata da John Paul White con le sostanziali armonie della Williams, in una versione acustica ed intima che è molto vicina al sound dei loro concerti, dove si esibiscono (si esibivano?) solo loro due senza altri accompagnamenti.

Il resto del disco ha degli arrangiamenti a momenti anche più complessi, con uno stile che al sottoscritto ricorda certe cose dei Fleetwood Mac dell’era Nicks-Buckingham, ad altri, per la voce melodrammatica (e gotica) della Williams, certe cose, meno rock, degli Evanescence di Amy Lee. Per esempio l’iniziale The One That Got Away, tra momenti acustici e sprazzi di elettricità, con Peacock impegnato alle tastiere e, tra gli altri, gli ottimi Dan Dugmore e Jerry Douglas a steel e dobro o la successiva I Had me A Girl, l’unico brano sopravvissuto della collaborazione con Rubin, hanno un suono più tirato, tra chitarre elettriche e batterie che danno un sound più rock’n’roll al tutto e l’alternanza delle due voci soliste è sempre affascinante ancorchè meno intima, vogliamo dire, Fleetwood Mac era Tusk? Same Old Same Old è uno di quei brani dove i testi, malinconici e pessimisti hanno creato questo alone di “disco maledetto”, anche se poi le atmosfere musicali sono comunque serene e raccolte, bellissima canzone tra l’altro. Dust To Dust con una leggera elettronica non fastidiosa ricorda certe cose dello Springsteen di Tunnel Of Love o ancora del duo Buckingham-Nick se avessero avuto un approccio più country verso la propria musica, dolcissima e deliziosa.

Eavesdrop, tra mandolini, violini dobro e dulcimer ricorda molto il suono di Barton Hollow anche se con una maggiore grinta per l’aggiunta di una sezione ritmica che dà una professionalità da major senza essere troppo fastidiosa nei suoi imporvvisi crescendo. Devil’s Backbone ha quel tocco di gotica folk-rock che regala emozioni all’ascoltatore mentre, per chi scrive, From This Valley, con il suo suono aperto, country, tipico dei “vecchi” Civil Wars, è una ballata quasi Appalachiana, dove strumenti e voci si intersecano gli uni nelle altre: se dovessero incidere ancora mi farebbe piacere sentire altri brani di questa pasta sonora, bellissimo. Detto delle cover, rimane ancora Henry nuovamente percorsa dal dualismo tra le voci e le chitarre di White, sempre interessante in una futura ottica Live, senza dimenticare la particolare Sacred Heart, una sorta di ninna nanna o preghiera (al Sacro Cuore?) cantata in francese e reminiscente dei brani più raccolti delle grandi Kate & Anna McGarrigle. Conclude D’Arline uno dei brani acustici cantati da John Paul White, con le immancabili armonie vocali della Williams, che ha ricordato nella intervista di cui sopra, che nonostante i rapporti tesi più volte ricordati. i due hanno sempre cantato insieme in studio di registrazione.

Non un capolavoro, ma tutto sommato un buon album che, forse anche grazie alle tensioni ed alle emozioni sprigionate, conferma quanto di buono si era detto di loro. Vedremo se la storia continuerà, per il momento godiamoci questo disco.

Bruno Conti

P.S. Il CD debutta al 1° posto nella classifica USA. E, non so se sia un caso, ho ricevuto nella mail un “thank you from Joy & John Paul” dal Columbia Marketing per il supporto.