Che Voce! E Che Concerto Spettacolare, Uno Dei Migliori Del 2018. Beth Hart – Live At The Royal Albert Hall

beth hart live at the royal albert hallbeth hart live at the royal albert hall dvd

Beth Hart – Live At The Royal Albert Hall – Mascot Provogue 2CD – DVD – Blu-ray – 30-11/2018       

Se ci fosse una religione (almeno nel rock e nel blues), Beth Hart dovrebbe vincere un Grammy ogni anno come migliore cantante femminile, in assoluto, non solo in ambito blues, ma in effetti, a parte una nomination nel 2014 per l’album Seesaw con Joe Bonamassa, non ha mai vinto un premio. Un po’ meglio le è andata ai Blues Music Awards, dove dopo cinque anni consecutivi di nominations come miglior vocalist, finalmente ha vinto il premio proprio nel 2018. L’anno in corso è stato uno dei più prolifici della sua carriera: dopo l’uscita, ad inizio anno, dell’ottimo Black Coffee, il suo terzo album di studio con Bonamassa https://discoclub.myblog.it/2018/01/21/supplemento-della-domenica-di-nuovo-insieme-alla-grande-anteprima-nuovo-album-beth-hart-joe-bonamassa-black-coffee/ , senza dimenticare il formidabile Live In Amsterdam, a maggio è uscito anche Front And Center Live From New York, un concerto registrato all’Iridum Jazz Club per l’omonima trasmissione della PBS https://discoclub.myblog.it/2018/05/03/bello-forse-si-poteva-fare-di-piu-forse-beth-hart-front-and-center-live-from-new-york/ , una esibizione forse più intima e meno soddisfacente di un “vero” concerto di Beth, solo una dozzina di brani che hanno catturato principalmente, ma non solo, il suo lato diciamo da cantautrice e meno da performer.

Ora arriva questo Live At Royal Albert Hall che la consacra definitivamente come una della migliori voci femminili in circolazione oggi nell’ambito rock e blues, forse la migliore, in azione in uno dei templi della musica mondiale. Il concerto è fantastico, il trio che la accompagna, Jon Nichols (chitarra), Bob Marinelli (basso) & Bill Ransom (batteria), è eccellente, come posso testimoniare personalmente avendola vista dal vivo più di una volta, anche se non è paragonabile alla band di Bonamassa, ma è solo un piccolo appunto, visto che poi quello che conta è la sua voce, fantastica, sensuale, roca, potente e la sua presenza scenica e la capacità di attirare l’attenzione totale del pubblico donandosi in modo quasi commovente in una sorta di catarsi che al momento ha pochi eguali nell’ambito concertistico mainstream, dove la sua reputazione è in continua e costante crescita e l’uscita di questo Live prevista per il 30 novembre dovrebbe suggellarla definitivamente. Ma veniamo alla serata londinese, 4 maggio 2018, la band è già sul palco per un concerto sold-out, le luci sono ancora spente e la voce di Beth Hart arriva improvvisamente dal nulla, chiara e limpida, non accompagnata, uno spot la segue mentre appare in mezzo al pubblico, che la saluta calorosamente, contraccambiato dalla cantante che mentre si avvicina al palco tocca le mani protese degli spettatori mentre canta in modo appassionato e a cappella una emozionante As Long As I Have A Song, uno dei brani più belli di Better Than Home.

Poi appare subito un altro degli aspetti della personalità della Hart, la eterna ed esuberante ragazzona che non può credere di essere alla Royal Albert Hall, cerca la mamma che è in mezzo al pubblico, e poi fasciata in un abito da sera nero dà il via al suo gruppo per una poderosa For My Friend, un brano di Bill Withers che era uno degli highlights di Don’t Explain, il secondo album con Bonamassa, ed è subito rock-blues selvaggio da power trio con Nichols in grande evidenza, mentre Beth stimola il gruppo con le sue mosse e poi anche il pubblico, che già al terzo brano è invitato ad alzarsi in piedi a partecipare, ballare e cantare al ritmo contagioso di Lifts You Up che viene dal passato della Hart, un pezzo del 2003 che era anche sul Live At Paradiso del 2005, l’altro disco dal vivo della cantante californiana. A questo punto la nostra amica ha già in pugno, come le grandi entertainer, il pubblico, comincia a gigioneggiare con la sua voce splendida e dedica subito alla madre un’altra canzone splendida come Close To My Fire, felpata e jazzy, estratta da Seesaw, e che permette ancora di gustare il suo delizioso contralto e la carica sexy delle sue movenze fisiche e vocali; la trascinante Bang Bang Boom Boom è stata uno dei suoi maggiori successi commerciali e la nostra amica, seduta ad un piano circondato da una serie di lumini, dirige il pubblico e la band per una versione rallentata e quasi con elementi C&W. Sempre esplorando il suo passato arriva da 37 Days anche il vivace R&B di Good As It Gets, con Nichols che si conferma in serata di grazia, poi tocca a Spirit Of God, uno dei suoi brani più spirituali e che illustra il suo rapporto con la religione, attraverso un brano comunque mosso, da Rock and Roll Revue, prima di entrare nella parte più riflessiva dello show, dove la sua voce naturale è sempre in controllo, ma anche in grado di spingersi verso territori sconosciuti per la gran parte delle cantanti, sia a livello emozionale che di potenza vocale.

Prima di tutto arriva una canzone scritta per la mamma, ma anche in onore della grande Billie Holiday, Baddest Blues. solo voce e piano all’inizio, poi entra la band in modalità raffinat ea che segue le sue evoluzioni canore, potenti e raffinate al contempo, seguita da un altro brano ad alto contenuto emotivo come la autobiografica Sister Heroine, dedicato alla sorella scomparsa, altra bellissima ballata pianistica di grande pathos con notevole solo di chitarra di Nichols, che poi va di wah-wah nella tirata e sanguigna Baby Shot Down, il primo dei brani tratti da Fire On The Floor, “ruggiti” di Beth inclusi nel prezzo, che poi coinvolge il pubblico a vocalizzare con lei nella avvolgente Waterfalls, altra poderosa rock song con retrogusti zeppeliniani, con vocalizzi incredibili ed un crescendo inesorabile, tratta da 37 Days, e poi va a pescare da Don’t Explain un’altra piccola perla di raffinati equilibri sonori come la deliziosa e notturna Your Heart Is As Black As Night dal repertorio di Melody Gardot. Fine del primo CD e senza soluzioni di continuità sul DVD si passa a Saved, l’unico brano tratto dal recente Black Coffee, un travolgente pezzo R&B della grande LaVern Baker, dove Beth mette in campo ancora tutta la sua carica vocale e Nichols la sostiene da par suo; poi imbraccia una chitarra acustica e racconta un aneddoto del suo passato, quando era “drogata perduta” come dice lei stessa e viveva in The Ugliest House On The Block, un divertente brano di ispirazione giamaicana dove sdrammatizza in modo leggero e divertente la sua situazione del tempo, una specie di reggae acustico delizioso, fischiatina inclusa, e Spiders On My Bed va ancora più indietro nel tempo, ai tempi di Immortaldnel 1996, quando era una junkie e non riuscendo a dormire le capitava di stare sveglia per tre o quattro giorni di fila, un brano di stampo quasi rootsy dove la Hart dimostra di essere anche un brava bassista acustica.

In questo segmento unplugged and seated del concerto, poi di nuovo al pianoforte in solitaria per la bellissima Take It Easy On Me, altra struggente ed intensa ballata, che fa il paio con l’altrettanto bella Leave The Light On, nella cui presentazione Beth si commuove fino alle lacrime, prima di dedicare la canzone al suo manager e al marito, e per concludere il gruppo di brani più emozionali c’è anche quella dedicata una volta di più alla madre, cercata e trovata tra il pubblico, Mama This One’s For You  Prima di concludere il segmento acustico e con il pubblico quasi in tripudio la Hart ci regala un’altra delle sue canzoni più belle, l’appassionata e sognante My California, con il marito sul palco, In teoria il concerto finisce qui, ma i bis dove li mettiamo? Si parte con Trouble, un altro poderoso rock tratto da Better Than Home, Love Is Lie è un’altra vibrante dichiarazione di intenti cantata a pieni polmoni e con Nichols che torna a farsi sentire, e pure Picture In A Frame in quanto ad intensità non scherza, anche si tratta nuovamente di una ballata suadente, madlità di cui Beth è diventata maestra negli ultimi anni, d’altronde con quella voce sarebbe difficile il contrario. Quando si avvicinano le due ore il concerto si avvia alla conclusione, ma non prima di congedarci con un lungo blues a combustione lenta e in crescendo vocale incredibile, degno della migliore Janis Joplin, tra vallate sonore e picchi improvvisi, come Caught Out In The Rain. Se non volete leggere tutta la recensione, che in effetti mi è venuta un po’ “lunghina”, si potrebbe condensare in una parola: spettacolare!

Bruno Conti

Potrebbe Essere Il Miglior Live Del 2014! Beth Hart Joe Bonamassa – Live In Amsterdam

beth hart joe bonamassa live in amsterdam

Beth Hart & Joe Bonamassa – Live In Amsterdam – 2CD/2DVD/Blu-ray Jr/Mascot/Provogue

Presi separatamente sono fantastici. Lui, Joe Bonamassa, è uno dei migliori chitarristi rock (e blues, jazz, funky, come dimostra il recente doppio CD con DVD dei Rock Candy Funk Party di cui avete letto qualche giorno fa), lei, Beth Hart, è il prototipo di come deve essere la perfetta cantante rock (ma con un amore smisurato per soul, jazz e canzone d’autore). Insieme diventano irresistibili e complementari. A chi scrive è capitato di vederli in concerto, ognuno per conto proprio e l’esperienza è stata molto soddisfacente in entrambi i casi. In questo album, nel formato che preferite, il risultato è una delle rare occasioni in cui unendo due talenti si ottiene esattamente la somma delle due personalità: Bonamassa ha già pubblicato “miliardi” di dischi dal vivo (quatto in contemporanea lo scorso novembre), quindi in questa accoppiata, può riservarsi il ruolo “semplicemente” del Chitarrista (anche se con la C Maiuscola), lasciando il proscenio alla Hart, che è il perfetto animale da palcoscenico, esagerata e vibrante, ma anche con una anima malinconica e scura, solare e divertente nel suo interscambio con il pubblico, più “composta” nella  nuova immagine da panterona, con taglio di capelli e colore più sobri, ma sempre pronta a scatenarsi all’impronta https://www.youtube.com/watch?v=BA7cCeSW2Ic .

beth-hart-joe-bonamassa-live-in-amsterdam-102~1920x1080

I fortunati che erano presenti al Koninklijk (uno scioglilingua) Theater Carré di Amsterdam, il 30 giugno dello scorso, hanno potuto godersi lo spettacolo di persona, per tutti gli altri questo Live, direi, è quasi imperdibile. Veniamo al contenuto. Si parte con lo swing divertente di Them There Eyes, per rompere il ghiaccio, formazione con i fiati aggiunti, primo assolo jazzato per Joe, un brano della Billie Holiday meno sofferta e più disincantata, piacevole ma non memorabile, Beth non potrà mai essere “Lady Day” ma se la cava egregiamente. Sinner’s Prayer è il primo blues che comincia a scaldare l’atmosfera della serata, un vecchio pezzo di Ray Charles, molto virato verso il rock-blues più sanguigno, quasi subito in uno stile che ricorda Humble Pie e Led Zeppelin, novelli Page e Plant (anche se lei è più carina, la voce c’è), Joe è alla slide. Anche Can’t Let Go non molla la presa, sempre modalità slide, ritmi serrati e veloci per il brano di Lucinda Williams, completamente cambiato rispetto all’originale, ma comunque musica ad alto tasso adrenalinico e sempre cantato alla grande. For My Friend ,scritta in origine da Bill Withers, diventa un infuocato brano rock, come avrebbero potuto farlo i citati Humble Pie o gli Zeppelin, molto cadenzato e tirato, e la successiva Close To My Fire non abbassa la tensione, anche se i tempi rallentano e il brano pop degli Slackwax, nato per una pubblicità, diventa quasi uno standard soul degli anni ’60, con la chitarra di Bonamassa che aggiunge solo tocchi di colore https://www.youtube.com/watch?v=HMuz3ANHPj0 .

beth-hart-joe-bonamassa-live-in-amsterdam-2

Il vero soul esplode con Rhymes, i fiati sincopati e l’organo di Shierbaum alzano la temperatura, lei canta come una novella Etta James (anche se è dura) e Joe fa il Clapton della situazione. L’omaggio a Etta prosegue con una sanguigna Something’s Got A Hold On Me, Beth Hart sfoggia la sua ugola d’oro, a metà tra il R&B nero (sottolineato da fiati e coristi) e la “cattiveria” del rock duro, incarnato dalla solista ispirata di Bonamassa, che dal vivo concede di più rispetto alle versioni di studio. Cambio totale di atmosfera per il brano scritto da Melody Gardot, con Tomorrow Is As Black As Night si passa ad un fumoso locale della New York anni ’60, immaginate una Nina Simone bianca sul palco, con Joe che fa il Kenny Burrell della situazione, con alcune pennellate jazz, prima di rilasciare un assolo blues che è un miracolo di equilibri sonori e potenza, bellissimo. Chocolate Jesus è il classico brano waitsiano che appariva nel primo album della coppia, l’ottimo Don’t Explain (eccellente, come il successore Seesaw, da avere entrambi), Schierbaum alla fisarmonica, il sound è molto rilassato ed europeo, ma l’assolo di Joe è tagliente e cattivo come pochi, e lei canta con impegno ammirevole, confermandosi la migliore voce femminile di stampo rock attualmente in circolazione https://www.youtube.com/watch?v=DPks5XAwfxQ .

beth-hart-joe-bonamassa-live-in-amsterdam-3

Baddest Blues, con Beth che siede al piano, viene dal repertorio solista della cantante losangelena, una struggente ballata dedicata alla madre, con la band che aggiunge intensità alla voce fantastica della Hart. Intensità che rimane nella successiva Someday After Awhile, il classico slow blues che è lo showcase per l’anima più Claptoniana di Bonamassa, che canta e suona come fosse posseduto dal fantasma del buon Eric, e che assolo, fluido e ricco di classe, alla faccia di quelli che lo considerano un “fracassone”. Presentazione dell’ottima band e poi si riparte con Well Well, un rock’n’soul alla Delaney & Bonnie (grande Joe), le ambientazioni mitteleuropee di If I Tell Tou I Love You, ancora della Gardot, un omaggio ad un’altra Regina, Aretha Franklin, con il soul puro di Seesaw (che voce, ragazzi), un momento raccolto ed emozionante con una Strange Fruit assai sentita da Beth, che è una grande fan della Holiday, e poi di nuovo una fucilata rock-blues con una micidiale Miss Lady che conclude il concerto https://www.youtube.com/watch?v=mHW4YARgcJA .Ma ci sono i bis: I Love You More Than You’ll Ever Know è un blues lento ed intensissimo, scritto da Al Kooper per i Blood, Sweat & Tears, di cui faceva un’ottima versione anche Donny Hathaway, con Beth e Joe che danno il meglio di sé nei rispettivi ruoli di cantante e chitarrista. Nutbush City Limits non la faceva nessuno così bene dai tempi di Ike & Tina Turner, grandiosa e con una energia dirompente  e poi gran finale con l’ennesima versione di I’d Rather Go Blind, una canzone che la Hart ha reso propria nel corso degli anni e che è seconda solo, come versione, a parere di scrive, a quella originale di Etta James, ma di poco. Credo che dischi dal vivo così belli non ne usciranno molti quest’anno, “giustamente” ai Grammy non hanno vinto nulla come coppia, ma Live In Amsterdam sarà difficile da superare (anche se pure il Musicares Tribute a Bruce Springsteen è un gran concerto, entrambi registrati lo scorso anno), per il momento Live del 2014 https://www.youtube.com/watch?v=Jjv9Hmu5Vj0 !

Bruno Conti

Reload – Sono Solo Tre Parole: Gran Bel Disco. Beth Hart & Joe Bonamassa – Seesaw

beth hart bonamassa seesaw..jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beth Hart & Joe Bonamassa – Seesaw –  Mascot/Provogue 21-05-2013

Questa recensione era apparsa sul Blog all’incirca un mese fa, ma ora, nell’imminenza dell’uscita, il prossimo martedì, la ripropongo per chi non l’aveva letta o, giustamente, l’ha dimenticata. Il disco merita, è uno dei migliori di questo scorcio di stagione: confermo i musicisti e gli autori ed interpreti dei brani originali.Ho anche aggiunto dei video che nel frattempo si sono resi disponibili.

Per avere un incipit di “classe” ormai è usanza citare qualche estratto dal “Paradiso perduto” di Milton o dal Siddharta, oppure fare riferimento all’opera di registi o scrittori emergenti, meglio se oscuri, ma trattandosi di canzonette, come era solito dire quel chirurgo e chansonnier milanese, o se preferite It’s Only Rock and Roll, dall’opera dei Glimmer Twins, noti maestri di pensiero, preferisco aprire questa recensione con una citazione colta (?!?) mutuata da un tormentone di qualche estate orsono, “Sono solo tre parole”: gran bel disco. Perché anche questo secondo capitolo della collaborazione tra Beth Hart e Joe Bonamassa ruota intorno ad un ingrediente indispensabile per fare della buona musica: le canzoni, meglio se belle e durature nel tempo. In Don’t explain, la fatica precedente, ce ne erano parecchie, direi quasi tutte, e anche in questo nuovo Seesaw la coppia è andata pescare nel songbook internazionale con un mix di brani celebri e proposte inconsuete. Il risultato è assolutamente garantito. Prendete una cantante “esagerata” ma dotata di gran classe e con una voce fantastica – probabilmente anche lei, da piccina, come Van Morrison, ha inavvertitamente inghiottito un microfono e le è rimasta questa voce incredibile, tra le più potenti ed espressive in circolazione al momento, come posso testimoniare di persona, avendola vista recentemente nella sua unica data a Milano – di nome fa Beth Hart e viene dalla California, lui, Joe Bonamassa, è un chitarrista con una tecnica incredibile, in grado di spaziare dall’hard rock più selvaggio al Blues, dalla musica acustica al funky jazz, passando, come in questo album, per il soul, il jazz classico e la canzone d’autore, con una facilità disarmante.

Premetto che sto ascoltando questo album in netto anticipo sulla sua data di uscita e quindi non ho nessuna informazione sulle note relative a musicisti, produttori, autori dei brani e quant’altro (nel frattempo però ho recuperato i musicisti: Anton Fig (drums, percussion), Blondie Chaplin (guitar), e Carmine Rojas (bass), Arlan Schierbaum (keyboards), Lenny Castro percussion e Michael Rhodes basso in I’ll Love You More Than You’ll Ever Know, produce Kevin Shirley, registrato a gennaio in California), ma le orecchie per sentire ce le ho e quello che sto ascoltando mi piace, e non poco. Il disco precedente aveva una qualità media molto elevata, con una punta di eccellenza nella cover incredibile di I’d Rather Go Blind (ripresa dal vivo anche con Jeff Beck al tributo a Buddy Guy, ma che a Milano, purtroppo, non ha eseguito, concerto bellissimo comunque), cantata in modo sublime dalla Hart. Nel nuovo album la prima cosa che salta all’occhio, o meglio all’orecchio, è la presenza costante dei fiati che aggiungono ulteriore vivacità ad un sound che pesca molto dai classici e lo fa in modo brillante ma rispettoso della tradizione.

Prendiamo l’iniziale Them There Eyes, l’immancabile omaggio all’arte della inarrivabile Billie Holiday (già rivisitata nel precedente album con la title-track): in un tripudio swingante di fiati Beth estrae dal cilindro una “vocina” maliziosa ed ammiccante, mentre Bonamassa fa il Les Paul o il Charlie Christian della situazione, con una chitarra ad impatto zero ed il risultato è divertente e divertito, con i musicisti che godono della loro complicità. Close To My Fire è una scelta spiazzante, si tratta di un brano scritto da due DJ tedeschi, tali Slackwax e salito agli onori della cronaca per uno spot di una nota marca di automobili tedesche un paio di anni fa, questa versione sembra presa di sana pianta dagli anni d’oro del R&B e del soul, arrangiamento con fiati all’unisono, chitarrina old fashioned, la solita voce piena di confidenza, misurata ma al contempo libera di esprimere la sua gioia di cantare (il tratto più evidente della personalità della Hart), una canzoncina semplice semplice ma che non puoi fare a meno di apprezzare proprio per questo.

Quando partono le prime note di Nutbush Bush City Limits e soprattutto l’attacco della voce, non si può evitare, ancora una volta, di meravigliarsi della potenza vocale di questa cantante, che fa impallidire anche quella di una Tina Turner dei tempi d’oro e Bonamassa comincia a scaldare le corde della sua chitarra mentre tutto il gruppo, fiati e voci di supporto incluse, infiamma questa poderosa esecuzione. Per il primo album dei Blood, Sweat & Tears, Child Is Father To The Man, Al Kooper scrisse una bellissima slow ballad con uso di fiati, I Love You More Than You’ll Ever Know, un blues atmosferico (famoso anche nella interpretazione di Donny Hathaway) che si adatta come un vecchio calzino (citazione claptoniana) alla voce e alla chitarra della coppia in questione, una versione di grande spessore con la Hart a livelli stratosferici, che voce ragazzi e che interpretazione (lei dice che l’ha riscoperta tramite Amy Winehouse che spesso la cantava dal vivo)! Versione sontuosa anche per un brano di Lucinda Williams, una Can’t Let Go che diventa un blues a trazione slide con Bonamassa a fare il Ry Cooder della situazione e una fisarmonica (Arlan Schierbaum?) a spalleggiarlo in modo adeguato, mentre Beth canta come se lo spirito di Bonnie Raitt si fosse impossessato del suo corpo ma non delle corde vocali, che sono in piena forma jopliniana. Miss Lady è un tiratissimo rock-blues con i fiati di Buddy Miles dove Bonamassa fa i numeri con il wah-wah mentre If I Tell You I Love You è un nuovo incontro con il repertorio vagamente valzer musette di Melody Gardot, una fisarmonica e il cantato mitteleuropeo rievocano paragoni con la grande irlandese Mary Coughlan.

Rhymes, dal repertorio di Al Green e nuovamente Etta James, diventa un altro potente brano rock-blues, sia pure screziato da fiati soul, e con un sound vocale molto à la Delaney & Bonnie o Tedeschi Trucks Band con Bonamassa che per una volta non si trattiene. Prosegue la accoppiata soul e rock, dove la voce di Beth Hart ha modo di splendere: prima una A Sunday Kind Of Love dal repertorio di Etta James, misurata e splendida e poi un salto ad ugola spianata nel repertorio della Queen Of Soul, con una Seesaw scritta da Clarence Carter ma che tutti ricordiamo nella versione di Aretha Franklin, con Bonamassa che fa il Clapton o il Duane Allman della situazione. Conclude uno splendido disco la versione deliziosa di uno dei classici della canzone all time, la seconda interpretazione di un brano di Billie Holiday presente nel CD, l’immortale Strange Fruit, proprio in un disco dove la Canzone con la C maiuscola è la protagonista e la voce della Hart si conferma come delle più credibili dell’attuale panorama musicale, se ben accompagnata, una delle poche in grado di reggere i paragoni con le grandi del passato!

Ci sarà anche la solita versione Deluxe con il DVD con Making Of di oltre 40 minuti e tre video di Nutbush, Rhymes e Strange Fruit, poi a giugno la coppia farà un mini tour europeo e in Olanda le due date verranno incise per un futuro CD/DVD Live  (per non abbassare, giustamente, la media di uscite di Joe Bonamassa)!

Bruno Conti     

Novità Di Maggio Parte IV. Rumer, Joan Armatrading, Regina Spektor, Melody Gardot, Julia Stone, Sigur Ros, Sun Kil Moon, Edward Sharpe & The Magnetic Zeros

rumer boys don't cry special.jpgjoan armatrading starlight.jpgregina spektor what we saw.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Oggi doppio Post. Come promesso anche la prima parte delle novità discografiche in uscita martedì 29 maggio.

Partiamo come un florilegio di voci femminili che paiono concentrare le loro pubblicazioni in questo scorcio dell’anno. Quindi oltre alle già citate Carlile, Chapin Carpenter, Colvin, Lisa Marie Presley e Patti Smith tutte in uscita le prossime settimane, cos’altro troviamo per la gioia degli appassionati?

Secondo album per la britannica Rumer, l’annunciato da mesi disco di cover per Sarah Joyce sarà una vera cornucopia di delizie per chi ama la buona musica visto che la nostra amica non si limita a re-interpretare brani scontati ma ha scelto tra il fior fiore degli autori di culto e non solo. Ovviamente, ormai pare una maledizione, non manca la Special Edition singola ma con 4 tracce extra anche per questo Boys Don’t Cry pubblicato dalla Atlantic, questa la lista dei brani, con gli autori a fianco:

P.F. Sloan- Jimmy Webb
Be Nice To Me- Todd Rundgren
It Could Be The First Day- Richie Havens
Travelin’ Boy- Paul Williams
A Man Needs A Maid- Neil Young
Soulsville-Issaac Hayes
The Same Old Tears On A New Background- Stephen Bishop
Soul Rebel- Bob Marley
Flyin’ Shoes- Townes Van Zandt
Home Thoughts From Abroad- Clifford T ward
We Will- Gilbert O Sullivan
My Cricket- Leon Russell

Boys Don’t Cry (Special Edition)

Sara Smile-Hall and Oates
Just For A Moment- Ronnie Lane
Andre Johray- Tim Hardin
Brave Awakening-Terry Reid

La voce è meravigliosa come di consueto, naturale e leggiadra come nel disco precedente che se non avete vi consiglio caldamente perfect-pop-rumer-seasons-of-my-soul.html , quelle belle voci, calde e goduriose, molto anni ’70, ma chissenefrega, anzi.

A proposito di anni ’70, Joan Armatrading in quegli anni era inarrivabile, seconda solo a Joni Mitchell per la qualità dei suoi dischi. In questo ultimo periodo sta vivendo una nuova giovinezza, magari non a quei livelli ma Starlight che esce per la Hypertension la conferma cantautrice di spessore. Dopo Into The Blues e This Charming Life e il bellissimo CD+DVD Live At The Royal Hall questa volta Joan si cimenta con un repertorio più jazzato, ma sempre il jazz visto a modo suo, con quella voce che ci riporta a quella di uno dei suoi idoli, Nina Simone, che ricorda moltissimo nell’inflessione vocale.

La russa-americana Regina Spektor arriva al sesto album con questo What We Saw From The Cheap Seat, al solito per la Warner Bros. C’è anche una nuova versione di Don’t Leave (Ne Me Quitte Pas) che aveva inciso nel 2002 per Songs. La versione Deluxe questa volta la trovate solo su iTunes dove ci sono tre brani in più di cui due cantati in russo. Lei è brava, ma rimango fedele ai dischi fisici, quando possibile.

melody gardot the absence.jpgmelody gardot the absence deluxe.jpgjulia stone by the horns.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Come la due copertine differenti vi avranno fatto intuire anche il nuovo album di Melody Gardot, The Absence, esce pure in versione Deluxe, in questo caso CD con DVD contenente il Making Of di La Vie En Rose, lo stessi brano e altre tre tracce extra. Questa volta la bravissima cantante americana di origine polacca si rivolge anche al Brasile, come sonorità, con l’aiuto di Hector Pereira che produce e suona la chitarra acustica. La versione Deluxe, stranamente, non esce contemporaneamente a quella normale in tutti i paesi, ma in Italia sì, per cui che ce frega? C’è pure il vinile se volete.

Julia Stone lascia momentaneamente a casa in Australia il fratello Angus e produce il suo secondo album da solista, questo By The Horns che stranamente esce in contemporanea a Down Under. Prodotto da Thomas Bartlett (the National) e con altri National tra i musicisti, oltre alla cover di Bloodbuzz Ohio del gruppo americano, ma anche dal co-produttore Patrick Dillett che di solito si occupa, tra gli altri, di Mary J Blige, il disco miscela il pop-folk sussurrato dalla vocina sexy di Julia, come nei dischi con il fratello, con arrangiamenti più complessi musicalmente. I due dischi come coppia hanno avuto un notevole successo sia di pubblico che di critica. Per avere una idea dello stile ascoltate questa piacevole cover di You’re The One That I want (è proprio quella di Grease, al ralenti). A luglio naturalmente esce il disco solista di Angus. Dimentico qualcosa? Etichetta Picture Show Records/Nettwerk.

 

sigur ros valtari.jpgsun kil moon among the leaves.jpgedward sharpe & the magnetic zeros.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Nuovo album di studio, a sei anni dal precedente, per i Sigur Ros, titolo facile da ricordare questa volta, Valtari, esce per la Parlophone/EMI. Per non smentirsi, il vinile è triplo e contiene 16 brani contro i 9 della versione in CD (ma chi aveva fatto il pre-order ha diritto a due brani in più) e sul sito del gruppo c’è anche un ulteriore brano gratuito. E usciranno anche una dozzina di video affidati a vari diversi autori.

La copertina è bruttissima, una delle più brutte mai viste, anche per il taglio sghembo voluto del disegno ma la musica del nuovo doppio album dei Sun Kil Moon Among The Leaves pubblicato come al solito dalla Caldo Verde è come di consueto all’altezza della fama di Mark Kozelek leader dei mai dimenticati Red House Painters. Il disco è perlopiù acustico con Kozelek che si accompagna ad una acustic nylon string guitar ma in alcuni brani appaiono anche altri musicisti a “movimentare” le cose. La versione doppia è limitata e contiene due versioni alternative e tre brani dal vivo. Se interessa questo è il contenuto della limited edition, il titolo del terzo brano è fantastico!

01 I Know It’s Pathetic but That Was the Greatest Night of My Life
02 Sunshine in Chicago
03 The Moderately Talented Yet Attractive Young Woman vs. The Exceptionally Talented Yet Not So Attractive Middle Aged Man
04 That Bird Has a Broken Wing
05 Elaine
06 The Winery
07 Young Love
08 Song For Richard Collopy
09 Among the Leaves
10 Red Poison
11 Track Number 8
12 Not Much Rhymes With Everything’s Awesome at All Times
13 King Fish
14 Lonely Mountain
15 UK Blues
16 UK Blues 2
17 Black Kite

Bonus disc:

01 Among the Leaves (Alt. Version)
02 The Moderately Talented Young Woman (Alt. Version)
03 That Bird Has a Broken Wing (Live)
04 UK Blues (Live)
05 Black Kite (Live)

All’inizio del mese di maggio Edward Sharpe & The Magnetic Zeros sono passati dal David Letterman Show per presentare il nuovo album Here, pubblicato in Europa dalla Rough Trade e in America dalla Community/vagrant. Siccome la trasmissione di Letterman ora si vede anche nelle nostre lande sui canali Rai gratuiti del digitale terrestre, molti sono rimasti colpiti da questa eterogenea e numerosa formazione già approdata al secondo album. Se non li avete mai visti o sentiti, sono molto bravi, ecco qua!

Domani, proseguiamo con le altre, numerose, uscite del 29 maggio. Più sotto nella pagina trovate anche la recensione del nuovo Alejandro Escovedo!

Bruno Conti