Un Ennesimo Ottimo Album Della Band Inglese, Nuovo Ma Vecchio Al Contempo. Fairport Convention – Fame And Glory

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Fairport Convention – Fame And Glory Reissue 2020 – Explore Rights Managent Ltd/Cherry Red

Fame And Glory è una sorta di album matrioska: già pubblicato nel 2008 dalla Matty Grooves, l’etichetta personale dei Fairport Convention, che ha comunque una buon distribuzione (per quanto non capillare), praticamente si trattava già allora di una specie di compilation di brani della band inglese, estrapolati dalle produzioni di Alan Simon, un musicista bretone, molto noto in ambito folk- celtic – prog rock-world-new age, che tra il 1998 e il 2009 (e qui le date non coincidono) ha realizzato una serie di cinque album, tre della serie Excalibur, più Gaia e Anne De Bretagne, che trattano dei miti e delle leggende delle epoche cavalleresche. Ovviamente quindi non stiamo parlando di un vero e proprio album dei Fairport, ma di una sequenza di canzoni estrapolate, da questi dischi; dove peraltro appaiono molti altri musicisti famosi nei generi citati: e alla fine il risultato, ottimo, ha anche una sua logica, tanto che a dodici anni dal CD originale, togliendo (o aggiungendo) un’altra matrioska otteniamo un ulteriore variazione sul tema, con altre tre bonus aggiunte alla versione “originale”.

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Dave Pegg, basso e Gerry Conway (meno un brano dove c’è Dave Mattacks), batteria, Simon Nicol e Chris Leslie, chitarre acustiche ed elettriche, mandolino, bouzouki, e violino, equamente divisi tra i due, che si spartiscono anche le parti vocali, con Ric Sanders al violino, sono il nucleo della band in quella decade. Castle Rock è lo strumentale che apre idealmente questa lunga suite, una vibrante giga elettrica guidala dal violino e dalla solista pimpante di Chris Leslie, mentre un lirico Martin Lancelot Barre, all’epoca ancora nei Jethro Tull, è il chitarrista ospite in Pilgrims, dal secondo Excalibur, composto quasi interamente, come tutti i brani di questa saga, da Simon https://www.youtube.com/watch?v=PLViztoculY ; Celtic Dream, estratta dal terzo capitolo dal vivo, vede la presenza di ben due flautisti, lo stesso Simon e Brian Finnegan, per un’altra extravaganza folk strumentale, con interessanti intrecci tra i vari musicisti presenti, che potrebbero ricordare parecchio la musica di Alan Stivell https://www.youtube.com/watch?v=m5FxT0N7CF4 . The Geste Of Gauvain, cantata da Simon Nicol e con la presenza anche di una orchestra, viene sempre dal primo Excalibur https://www.youtube.com/watch?v=urlCo6jGOH8 , mentre Morgane, ancora dal live, vede la presenza di Dan Ar Braz alla chitarra e Jacqui McShee alla voce, in una epica ballata, dove si gusta anche la presenza del violinista jazz Didier Lockwood, che duetta con l’altro violino di Sanders https://www.youtube.com/watch?v=Lq1clF_lESk .

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Doppio flauto di nuovo per la breve Dragon Breath, dove partecipa anche il sassofonista dei Supertramp John Helliwell, pure al clarinetto, ottima anche la sognante Lugh, nella quale rimane Helliwell, e arriva John Wetton dei King Crimson, con Barre che esplode un assolo dei suoi nel finale, e di nuovo dal live la lunga Behind The Darkness, con testo di Simon e musica di Leslie e Sanders, che guidano le danze, nel vero senso della parola, molto bello anche questo brano https://www.youtube.com/watch?v=DH4v4vShfkA . La Guerre Folle, viene dalla rock opera Anne De Bretagne, uno strumentale con il franco-irlandese Pat O’May alla chitarra, Fame And Glory dal vivo è cantata da Nicol https://www.youtube.com/watch?v=ltAXFQHLlgs , mentre la bellissima Sacrifice con Andreas Vollenweider all’arpa, Jacqui McShee alla voce e Martin Barre alla chitarra è un altro gioiellino https://www.youtube.com/watch?v=k4A1AeScUrs . Danza Del Crepusculo (ma imparare l’italiano no!?) è un breve pezzo per violino solo di Sanders da Gaia, la deliziosa Marie La Cordeliere, cantata dal coautore James Woods, viene sempre da Anne De Bretagne, come pure la successiva Duchess Anne, altro brillante folk-rock in tipico stile FC, e a chiudere l’album originale l’epilogo della rock opera, The Soldier, cantata da Chris Leslie, che si accompagna con il solo bouzouki.

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Sarebbe già tutto molto bello (e vivamente consigliato nel caso non lo abbiate), ma ci sono anche tre bonus: una ulteriore giga rock strumentale come Beltaine, una diversa versione di Fame And Glory, registrata in studio, e Goodbye My Friends un’altra canzone inedita https://www.youtube.com/watch?v=KXWE-JdK-SU , sempre nel tipico stile dei Fairport Convention.

Bruno Conti

Cinque Arzilli “Vecchietti” Che (Fortunatamente) Non Vogliono Mollare! Fairport Convention – Shuffle And Go

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Fairport Convention – Shuffle And Go – Matty Groves CD

*NDM: recensione in anteprima assoluta di un album che uscirà alla fine di Febbraio nel circuito normale, ma già disponibile se lo ordinate direttamente sul sito della band)

Tornano i Fairport Convention a tre anni dall’ottimo 50:50@50, che celebrava appunto il loro mezzo secolo di carriera https://discoclub.myblog.it/2017/01/30/il-mezzo-secolo-di-una-band-leggendaria-fairport-convention-505050/ , e a due dallo splendido live What We Did On Our Saturday https://discoclub.myblog.it/2018/07/15/i-migliori-dischi-dellanno-2-fairport-convention-what-we-did-on-our-saturday/  , con il nuovissimo Shuffle And Go, album di studio numero ventinove e quinto di fila ad uscire nel mese di Gennaio (probabile strategia volta a non venir “risucchiati” nel marasma di pubblicazioni natalizie). Del leggendario gruppo che esordì nel 1967 da anni, come saprete, è rimasto solo Simon Nicol, che fu il responsabile principale della reunion avvenuta nel 1985 dopo la separazione del 1979, insieme all’altro membro di lungo corso Dave Pegg.

simon nicol

L’attuale formazione dei Fairport è anche la più longeva di sempre, con il violinista, mandolinista e cantante Chris Leslie (nel gruppo dal 1996), l’altro fiddler Ric Sanders (dal 1985) e dal batterista ex Jethro Tull e Cat Stevens band Gerry Conway (in sella dal 1998), ed è ormai affiatatissima grazie anche ai lunghi tour intrapresi ogni anno. Dall’inizio della loro “seconda carriera” i nostri hanno pubblicato una lunga serie di dischi estremamente piacevoli e ben fatti, alcuni più riusciti di altri, senza scendere mai sotto il livello di guardia (come fecero invece nei tre album finali degli anni settanta prima dello scioglimento) ma anche senza pubblicare capolavori: d’altronde, pur essendo Leslie un valido songwriter e Nicol un ottimo mestierante, non è esattamente facile sopperire all’assenza di gente del calibro di Richard Thompson, Sandy Denny, Ashley Hutchings e Dave Swarbrick. Shuffle And Go è però un lavoro molto bello, che già dal primo ascolto riesce a piacere ed a coinvolgere in più di un brano, e che mi sento di mettere tra i lavori più riusciti tra quelli pubblicati dal 1985 ad oggi, al pari di Red & Gold, Jewel In The Crown, Who Knows Where The Time Goes?, XXXV, Over The Next Hill ed il già citato 50:50@50. Nei tredici pezzi presenti all’interno del disco troviamo la consueta miscela di folk elettrificato, rock e ballate, ma con una scelta di canzoni di ottima qualità suonate in maniera ispirata e coinvolgente, cosa affatto scontata in un gruppo i cui membri hanno tra i 64 ed i 73 anni d’età.

dave pegg

Nicol e Leslie si dividono equamente le parti cantate, cinque canzoni a testa, ma mentre Simon si rivolge a songwriters esterni Chris affronta esclusivamente materiale scritto da sé stesso, a partire dall’iniziale Don’t Reveal My Name, una folk ballad moderna ma con radici nel passato, un background elettrico ed una melodia evocativa ed intrigante, addirittura con elementi blues al suo interno. Gli altri brani che vedono protagonista il lungocrinito Chris sono la bellissima Good Time For A Fiddle And Bow/The Christmas Eve Reel, una folk song immediata ed orecchiabile nella miglior tradizione dei nostri con i due violini di Leslie e Sanders a dominare la scena, la trascinante title track, tra folk, rock’n’roll ed un pizzico di cajun, la mossa e diretta The Year Of Fifty-Nine, ancora con un motivo di prima qualità (e Chris ha davvero una bella voce), e la malinconica Moondust And Solitude, che racconta la leggendaria missione Apollo 11 dal punto di vista di Michael Collins, ovvero l’unico dei tre dell’equipaggio a non aver camminato sul suolo lunare. Dal canto suo, Nicol esordisce con Cider Rain, limpido folk-rock elettroacustico di James Wood con bellissimi intrecci tra chitarre, mandolino ed arpa celtica, a cui fanno seguito due brani scritti da Rob Beattie, la squisita ballata A Thousand Bars, dal motivo toccante e con un refrain corale splendido (e sempre con il violino di Sanders ben dentro alla canzone) e la delicata ed intensa Moses Waits, altro slow particolarmente adatto alla voce profonda del nostro, che termina con un accenno di musica africana.

chris leslie

Simon si congeda con The Byfield Steeplechase, gioioso folk-rock dal sapore decisamente tradizionale (ma scritto dall’amico PJ Wright), e con una breve ma scintillante ripresa di Jolly Springtime di James Taylor (tratta dall’ultimo album di studio del cantautore di Boston, Before This World), in cui Nicol divide le lead vocals con Leslie e Pegg. Proprio Dave è il protagonista in prima persona, voce compresa, di Linseed Memories, un orecchiabile e delizioso pezzo (ancora scritto da Wood) di stampo hawaiano in cui tutti i membri del gruppo tranne Conway suonano l’ukulele. Dulcis in fundo, non c’è disco dei Fairport che non abbia all’interno dei brani strumentali, e qui ne troviamo due, entrambi scritti da Sanders: la ritmata e travolgente Steampunkery, una giga più rock che folk che fa muovere testa e piedino (con ottime prestazioni di Ric e Chris rispettivamente al violino e mandolino) e la languida e nostalgica Precious Time. E’ sempre bello iniziare l’anno con un disco nuovo dei Fairport Convention, e Shuffle And Go si può tranquillamente mettere tra i loro lavori più riusciti almeno per quanto riguarda gli ultimi 35 anni.

Marco Verdi

*NDB Essendo molto in anticipo sull’uscita ufficiale dell’album non ci sono ancora filmati musicali in rete, per cui vi dovete accontentare di alcune foto dei componenti della band prese dal loro sito. Eventualmente se e quando verranno caricati dei filmati integrerò questo Post. Quindi per ora fidatevi di quanto scritto, è tutto vero.

Il Mezzo Secolo Di Una Band Leggendaria! Fairport Convention – 50:50@50

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Fairport Convention – 50:50@50 – Matty Grooves CD

I Fairport Convention, forse il miglior gruppo folk britannico di tutti i tempi (specie nei primi anni, ed in particolare nel 1969, un vero e proprio “dream team” con all’interno gente del calibro di Richard Thompson, Sandy Denny, Ashley Hutchings e Dave Swarbrick, credo che solo nei Beatles ci fosse più talento tutto insieme) non è mai stato allergico alle auto-celebrazioni, anzi: più o meno dal 25° anno di attività, ogni lustro hanno pubblicato un disco, dal vivo o in studio, che festeggiasse l’evento, e quindi figuriamoci se si lasciavano sfuggire l’occasione delle cinquanta candeline (il loro esordio discografico è del 1968, ma come band esistevano già da un anno, *NDB Così l’anno prossimo possono festeggiare di nuovo). A voler essere pignoli, gli anni sarebbero meno, in quanto i Fairport, a parte le annuali reunion a Cropredy che oggi sono diventate un must, di fatto non sono esistiti come band nel periodo dal 1979 al 1985, anno in cui Simon Nicol, unico tra i membri fondatori, e Dave Pegg, altro capitano di lungo corso (e complessivamente ad oggi il più presente in assoluto nelle tante line-up del gruppo), insieme al nuovo Ric Sanders (in sella ancora oggi), al rientrante Dave Mattacks (in seguito sostituito da Gerry Conway) e, un anno dopo, a Martin Allcock (a cui negli anni novanta subentrò Chris Leslie), decisero di riformare la vecchia sigla per il discreto Gladys’ Leap.

Una critica che viene spesso rivolta all’attuale formazione dei Fairport, la più longeva di sempre, è di essere un gruppo di onesti mestieranti senza alcun fuoriclasse al suo interno, e specie nei primi anni della reunion c’era chi faceva fatica ad accettare che il gruppo fosse guidato da Nicol (che obiettivamente nella golden age, gli anni sessanta, era il componente di minor spessore artistico), ma col tempo la situazione si è normalizzata, anche perché i cinque, pur non sfornando nuovi capolavori all’altezza di Unhalfbricking o Liege & Lief, hanno sempre pubblicato album più che dignitosi, alcune volte ottimi, sicuramente piacevoli, di classico folk-rock nella miglior tradizione britannica, senza mai scendere sotto il livello di guardia (meglio anche, per fare un esempio, dei tre LP usciti prima del loro scioglimento nel 1979, Gottle O’Geer, The Bunny Bunch Of Roses e Tipplers Tales, forse il punto più basso della loro storia). E l’album appena pubblicato per celebrare il mezzo secolo di attività (per ora in vendita solo sul loro sito, dal 10 Marzo sarà disponibile ovunque), 50:50@50, è indubbiamente uno dei più riusciti degli ultimi vent’anni: un disco suonato alla grande ed inciso benissimo, e d’altronde i nostri sono dei musicisti talmente capaci ed esperti che, quando li sostiene anche l’ispirazione, è difficile che sbaglino il colpo.

Il CD, quattordici brani, è diviso esattamente a metà (50:50, e qui si spiega il titolo) tra brani in studio nuovi di zecca e performances dal vivo (registrate in varie locations negli ultimi due anni), dove però si evita di riproporre per l’ennesima volta i classici assodati, rivolgendosi a pagine meno note: come ciliegina, un paio di grandi ospiti che aggiungono ulteriore prestigio al lavoro. Ma direi di analizzare il contenuto, cominciando dai sette brani in studio e passando poi ai live (anche se sul CD la distinzione non è netta, anzi le due diverse situazioni si alternano). Eleanor’s Dream, scritta da Leslie (in questo album il songwriter e cantante di punta, assume quasi la leadership a discapito di Nicol) apre benissimo il disco, una rock ballad elettrica, solo sfiorata dal folk, con un bel refrain ed un arrangiamento vigoroso, un ottimo inizio per un gruppo che dimostra subito di non aver perso lo smalto. Step By Step è una deliziosa ballata dalla melodia tenue e limpida, punteggiata da un delicato arpeggio, mentre Danny Jack’s Reward è il rifacimento di un brano apparso nel 2011 su Festival Bell, uno strumentale scritto da Sanders e qui rafforzato dalla presenza di una vera e propria orchestra folk di otto elementi, che mischia archi e fiati, un pezzo trascinante ed eseguito con classe sopraffina, uno degli highlights del CD. L’acustica e bucolica Devil’s Work è puro folk-rock, un genere che i nostri hanno contribuito ad inventare (magari non in questa formazione, ma lasciamo stare), l’autocelebrativa Our Bus Rolls On è più canonica comunque sempre piacevole, con un motivo da fischiettare al primo ascolto. The Lady Of Carlisle è un delizioso traditional elettroacustico che vede la partecipazione alla voce solista di Jacqui McShee, ex ugola dei Pentangle, creando così un ideale ponte tra i due gruppi più leggendari della scena folk britannica, mentre la breve Summer By The Cherwell, scritta dal collega ed amico PJ Wright, è una cristallina folk ballad, pura e tersa, tra le più immediate del disco.

E veniamo alla parte dal vivo, il cui punto più alto è certamente una versione del noto traditional Jesus On The Mainline (reso immortale negli anni settanta da Ry Cooder), grazie alla presenza alla voce solita nientemeno che di Robert Plant: l’ex cantante dei Led Zeppelin è da sempre un grande ammiratore dei Fairport (basti ricordare il duetto con Sandy Denny in The Battle Of Evermore, dal mitico quarto album del Dirigibile), e questa versione, tra rock, folk e gospel, è semplicemente strepitosa, al punto da lasciarmi la voglia di un intero album dei nostri insieme al lungocrinito vocalist. Gli altri sei brani on stage vengono da diversi periodi del gruppo, e solo due da prima della reunion del 1985: la frizzante Ye Mariners All è uno di questi due (era infatti su Tipplers Tales), un reel cantato, con violino e mandolino grandi protagonisti e ritmo decisamente vivace; splendida The Naked Higwayman, saltellante brano scritto dal folksinger Steve Tilston, un bellissimo folk-rock dal motivo coinvolgente (canta Nicol) ed eseguito in maniera perfetta, un genere nel quale i nostri sono ancora i numeri uno. La lunga e drammatica Mercy Bay è uno dei brani a sfondo storico che ogni tanto scrivono, una canzone abbastanza strutturata e complessa, ma non ostica, anche se pur mantenendo la base folk è indubbiamente moderna; Portmeirion è un malinconico strumentale costruito intorno ad una melodia per violino e mandolino, tra i più noti di quelli usciti dalla seconda fase della carriera del gruppo. Completano il quadro la corale Lord Marlborough, il più antico tra i pezzi dal vivo (apriva Angel Delight, album del 1971) e la struggente John Condon, che ricorda certe ballate folkeggianti di Mark Knopfler, senza la sua chitarra ovviamente.

In definitiva, un altro bel disco per un gruppo che, nonostante i cinquant’anni sul groppone, non ha perso la voglia di fare ottima musica. Consigliato.

Marco Verdi