Un Ennesimo Ottimo Album Della Band Inglese, Nuovo Ma Vecchio Al Contempo. Fairport Convention – Fame And Glory

fairport conventio fame and glory

Fairport Convention – Fame And Glory Reissue 2020 – Explore Rights Managent Ltd/Cherry Red

Fame And Glory è una sorta di album matrioska: già pubblicato nel 2008 dalla Matty Grooves, l’etichetta personale dei Fairport Convention, che ha comunque una buon distribuzione (per quanto non capillare), praticamente si trattava già allora di una specie di compilation di brani della band inglese, estrapolati dalle produzioni di Alan Simon, un musicista bretone, molto noto in ambito folk- celtic – prog rock-world-new age, che tra il 1998 e il 2009 (e qui le date non coincidono) ha realizzato una serie di cinque album, tre della serie Excalibur, più Gaia e Anne De Bretagne, che trattano dei miti e delle leggende delle epoche cavalleresche. Ovviamente quindi non stiamo parlando di un vero e proprio album dei Fairport, ma di una sequenza di canzoni estrapolate, da questi dischi; dove peraltro appaiono molti altri musicisti famosi nei generi citati: e alla fine il risultato, ottimo, ha anche una sua logica, tanto che a dodici anni dal CD originale, togliendo (o aggiungendo) un’altra matrioska otteniamo un ulteriore variazione sul tema, con altre tre bonus aggiunte alla versione “originale”.

alan simon excaliburalan simon excalibur IIalan simon excalibur le concertalan simon gaiaalan simon anne de bretagne

Dave Pegg, basso e Gerry Conway (meno un brano dove c’è Dave Mattacks), batteria, Simon Nicol e Chris Leslie, chitarre acustiche ed elettriche, mandolino, bouzouki, e violino, equamente divisi tra i due, che si spartiscono anche le parti vocali, con Ric Sanders al violino, sono il nucleo della band in quella decade. Castle Rock è lo strumentale che apre idealmente questa lunga suite, una vibrante giga elettrica guidala dal violino e dalla solista pimpante di Chris Leslie, mentre un lirico Martin Lancelot Barre, all’epoca ancora nei Jethro Tull, è il chitarrista ospite in Pilgrims, dal secondo Excalibur, composto quasi interamente, come tutti i brani di questa saga, da Simon https://www.youtube.com/watch?v=PLViztoculY ; Celtic Dream, estratta dal terzo capitolo dal vivo, vede la presenza di ben due flautisti, lo stesso Simon e Brian Finnegan, per un’altra extravaganza folk strumentale, con interessanti intrecci tra i vari musicisti presenti, che potrebbero ricordare parecchio la musica di Alan Stivell https://www.youtube.com/watch?v=m5FxT0N7CF4 . The Geste Of Gauvain, cantata da Simon Nicol e con la presenza anche di una orchestra, viene sempre dal primo Excalibur https://www.youtube.com/watch?v=urlCo6jGOH8 , mentre Morgane, ancora dal live, vede la presenza di Dan Ar Braz alla chitarra e Jacqui McShee alla voce, in una epica ballata, dove si gusta anche la presenza del violinista jazz Didier Lockwood, che duetta con l’altro violino di Sanders https://www.youtube.com/watch?v=Lq1clF_lESk .

fairport conventio fame and glory 2

Doppio flauto di nuovo per la breve Dragon Breath, dove partecipa anche il sassofonista dei Supertramp John Helliwell, pure al clarinetto, ottima anche la sognante Lugh, nella quale rimane Helliwell, e arriva John Wetton dei King Crimson, con Barre che esplode un assolo dei suoi nel finale, e di nuovo dal live la lunga Behind The Darkness, con testo di Simon e musica di Leslie e Sanders, che guidano le danze, nel vero senso della parola, molto bello anche questo brano https://www.youtube.com/watch?v=DH4v4vShfkA . La Guerre Folle, viene dalla rock opera Anne De Bretagne, uno strumentale con il franco-irlandese Pat O’May alla chitarra, Fame And Glory dal vivo è cantata da Nicol https://www.youtube.com/watch?v=ltAXFQHLlgs , mentre la bellissima Sacrifice con Andreas Vollenweider all’arpa, Jacqui McShee alla voce e Martin Barre alla chitarra è un altro gioiellino https://www.youtube.com/watch?v=k4A1AeScUrs . Danza Del Crepusculo (ma imparare l’italiano no!?) è un breve pezzo per violino solo di Sanders da Gaia, la deliziosa Marie La Cordeliere, cantata dal coautore James Woods, viene sempre da Anne De Bretagne, come pure la successiva Duchess Anne, altro brillante folk-rock in tipico stile FC, e a chiudere l’album originale l’epilogo della rock opera, The Soldier, cantata da Chris Leslie, che si accompagna con il solo bouzouki.

fairport conventio fame and glory 3

Sarebbe già tutto molto bello (e vivamente consigliato nel caso non lo abbiate), ma ci sono anche tre bonus: una ulteriore giga rock strumentale come Beltaine, una diversa versione di Fame And Glory, registrata in studio, e Goodbye My Friends un’altra canzone inedita https://www.youtube.com/watch?v=KXWE-JdK-SU , sempre nel tipico stile dei Fairport Convention.

Bruno Conti

Da Cat Stevens A Yusuf E Ritorno, Parte II

cat stevens carly simonyusuf 1979

Seconda Parte.

Tra il 1971 e il 1972 ha una relazione con Carly Simon, che poi opterà per James Taylor, e quindi per consolarsi decide di registrare il suo settimo album

Catch_Bull_at_Four

Catch Bull At Four – 1972 Island/A&M****

Ormai Cat Stevens è una superstar mondiale, ma la qualità dei suoi dischi rimane elevatissima, e quindi prosegue il filotto con un altro disco molto bello, per quanto leggermente inferiore ai due che lo hanno preceduto, arrivando al 1° posto delle classifiche americane, con più di un milione di copie vendute. Squadra vincente non si cambia: solo qualche piccolo ritocco, Jean Russell entra in pianta stabile alle tastiere, come Gerry Conway alla batteria, nuovo bassista Alan James, rimangono il produttore Paul Samwell-Smith, mai citato abbastanza come grande alchimista del suono del nostro, stesso discorso per Alun Davies e per l’arrangiatore Del Newman. Magari non tutte le canzoni sono bellissime, ma alcune sono veramente splendide e tra le mie preferite assolute di Stevens: la dichiarazione di intenti di Sitting, con un sound esplosivo che coniuga lo stile abituale al rock, grazie all’uso delle tastiere di Russell e della batteria di Conway, con lo stesso Cat che nel disco suona una decina di strumenti, chitarre elettriche incluse.

La magnifica Boy with a Moon & Star on His Head, che forse non ha un ritornello vincente come Morning Has Broken, ma una costruzione sonora avvincente di stampo folk, con le consuete improvvise e tipiche esplosioni della sua musica. Angelsea, con un intrigante synth suonato dallo stesso Stevens, ha un andamento incalzante e un suono più moderno, con Conway che impazza alla batteria, e i preziosi coretti di Linda Lewis, con il tutto che non manca del consueto fascino. Silent Sunlight è una seducente ballata pianistica cantata in falsetto, anche se è leggermente inferiore a quanto ascoltato fin qui, Can’t Keep It In, nella consueta alternanza, è un brano più mosso e brillante, quasi impaziente nella sua esuberanza ed impazienza, sostenuto da un mirabile arrangiamento corale, dove brilla tutta la band, seguita da un’altra ballata come 18th Avenue (Kansas City Nightmare), dove piano e tastiere rimpiazzano le consuete chitarre acustiche, e con una bella parte centrale strumentale.

Anche Freezing Steel non soddisfa del tutto, anticipando una certa modernità di suoni che si farà più evidente nei dischi successivi, ma nella successiva O Caritas ci si lancia di nuovo nella musica popolare greca, addirittura cantata in latino, con il ritorno del bouzouki di Andreas Toumazis e la chitarra classica di Jeremy Taylor a dettare i tempi, mentre un coro sottolinea l’arrangiamento affascinante, forse un filo pomposo. Sweet Scarlet è un’altra buona ma non memorabile ballata pianistica, lasciando alla conclusiva Ruins il compito di alzare la qualità complessiva dell’album, un ennesimo esempio della maestria di Stevens nel maneggiare le situazioni elettroacustiche.

Anche per questo album è stata annunciata una versione Deluxe che al momento non conosco. Nel 1973 si trasferisce a Rio De Janeiro, anche lui per sfuggire alle tasse inglesi, benché poi donerà il denaro risparmiato all’Unesco: però a questo punto inizia anche il suo lento declino, con dischi che vendono sempre piuttosto bene, anche se le critiche non sono più costanti e benevole, ma i fans rimangono comunque fedeli, e negli album ci sono comunque motivi di interesse, non a caso per il disco successivo, registrato tra Kingston, Giamaica e New York, il nostro amico si separa da Samwell-Smith per incidere

Foreigner_(Cat_Stevens

Foreigner – 1973 Island/A&M ***

Il problema è che lo fa in un album dove il suono è principalmente basato sulle tastiere, via Alun Davies, dentro vari sessionmen e il suono si fa turgido e “carico”, forse vicino a certo rock progressivo che imperava all’epoca, e fin qui nulla di male, anch’io apprezzo il genere quando è fatto bene, ma come dice un detto lombardo Ofelè fa el to mesté”, ovvero “Pasticciere, fai il tuo mestiere”: mi sono riascoltato il CD dopo anni che non lo facevo e devo dire che continua a non piacermi, intendiamoci non è un brutto album, suonato benissimo, la voce è sempre affascinante, ma la musica meno, la lunga Foreigner Suite, 18 minuti che occupavano la prima facciata del vinile, ha i suoi momenti, ma se devo ascoltare questo tipo di musica, preferisco gli Yes, gli Utopia, i King Crimson e via andare.

Le quattro canzoni brevi mi piacciono anche meno, pur se la tra le coriste impiegate c’è la bravissima Patti Austin e non disdegno certo funky-rock e blue eyed soul, ma forse non fatto da Cat Stevens, magari sbaglio io, comunque tre stellette di stima. Per il successivo album, dopo essere stato uno “Straniero”, in esilio per motivi fiscali, Stevens torna a Londra per registrare, e richiama Paul Samwell-Smith, Alun Davies, Gerry Conway, Jean Roussel, e il risultato è

Buddha_and_the_Chocolate_Box_(Front_Cover)

Buddha And The Chocolate Box – 1974 Island/A&M ***

Disco che torna in parte alle vecchie sonorità, anche se c’è l’impiego esagerato di decine di backing vocalist di supporto e l’orchestra è molto presente, e la qualità delle canzoni non è la stessa del passato, c’è una maggiore spiritualità ma il sound è fin troppo turgido e tronfio a tratti, prendete l’iniziale Bad Penny, ma anche la successiva, comunque piacevole Ghost Town, che tra armonica, piano, le solite chitarre e la batteria di Conway pare comunque una canzoncina; forse salverei la spirituale Jesus, la conclusiva brillante Sun C-79 e soprattutto Oh Very Young, un ritorno agli splendori del passato, che non dico valga da sola tutto l’album, ma quasi, con un ritornello e una melodia deliziose.

Ma è un fuoco di paglia, perché per il successivo album Stevens parte per il Canada per inciderlo e, come contenuti per una galassia di nome Polygor per realizzare un concept-album, ovvero

Cat_Stevens_Numbers

Numbers – 1975 Island/A&M ***

Di cui, anche se ci suonano gli stessi fedeli musicisti del precedente, mi chiedete se mi ricordo una canzone, la risposta è no: però, per dovere di cronaca, sono andato a riascoltarlo, e almeno un paio di canzoni, forse non mi sono dispiaciute, Novim’s Nightmare e Jzero, quindi mezza stelletta in più, è pur sempre Cat Stevens.

Interludio 1

CatStevensGreatestHits

Però nello stesso anno esce anche il fantastico Greatest Hits – 1975 Island/A&M *****, quattro “zilioni” di copie vendute nel mondo e di cui ricordo ancora il numero di catalogo del disco ILPS 9310. Nel 1974 era uscito, solo per il mercato giapponese, dove il disco era stato registrato a Tokyo, l’eccellente Saturnight – 1974 A&M Japan ****, anche questo non lo ascoltavo da anni, ma devo dire che è veramente bello, con la chicca della cover di Another Saturday Night di Sam Cooke, poi inserita nel Greatest Hits.

Nel 1976 il nostro amico fa un tour mondiale e nelle date americane viene registrato un altro disco dal vivo Majikat2004 Eagle ***1/2, che però verrà pubblicato solo circa 40 anni dopo. Dopo la parentesi concertistica Cat Stevens decide di incidere un nuovo disco, registrato in giro per il mondo tra settembre del 1976 e marzo del 1977, con la partecipazione di una miriade di musicisti, e il risultato è

Cat_Stevens_Izitso

Izitso – 1977 Island/A&M ***

Peggio di Numbers non si poteva fare, ma non è che questo disco rimarrà negli annali della musica: tra sintetizzatori a go-go e un suono tra rock elettronico e synthpop, nel disco si salvano il blue eyed soul del duetto con Elkie Brooks (Remember the Days of the) Old Schoolyard e l’autobiografica (I Never Wanted) To Be a Star, tre stellette, ma solo di stima. Alla fine dell’album prende una decisione che stava meditando da tempo e decide di convertirsi all’Islam e nel luglio del 1978 Steven Georgiou cambia il suo nome in Yusuf Islam, ma prima pubblica ancora un album come Cat Stevens, che esce a dicembre del 1978

cat stevens back to earth front

Back To Earth – 1978 Island/A&M ***

Di cui in questo periodo, estate 2020, dopo una lunga e travagliata vicenda è stato pubblicato un cofanetto commemorativo su etichetta BMG Rights Management, di cui in altra parte potete leggere la recensione dell’amico Marco Verdi e che quindi trovate qui https://discoclub.myblog.it/2020/08/08/e-finalmente-uscito-il-cofanetto-piu-rimandato-della-storia-cat-stevens-back-to-earth-super-deluxe-edition/

Inteludio 2 1979-2020 Da Cat Stevens a Yusuf/Cat Stevens

Discograficamente salterei la produzione religiosa e anche le canzoni per bambini, perché sinceramte non ho mai sentito i dischi. Del periodo ricorderei alcune infelici dichiarazioni su Salman Rushdie, poi riabilitate, in seguito all’attacco alle Torri Gemelle del 2001, in cui apparve al Concert For New York City, condannando il tragico evento e cantando accapella dal vivo, per la prima volta dopo oltre venti anni, la sua Peace Train. Nel 2004 gli viene negato il visto per entrare negli Stati Uniti, dove però torna nel 2006 per alcuni eventi radiofonici e nello stesso anno, a marzo registra il suo primo album dopo la lunga pausa e il dodicesimo della carriera.

AnOtherCup_cover

Yusuf – An Other Cup – 2006 Polydor/Atlantic*** un album discreto, dove si apprezza la sua voce, rimasta sempre uguale, in una serie di canzoni estremamente piacevoli; disco replicato tre anni dopo con Roadsinger – 2009 Island/A&M ***1/2 una sorta di ritorno alle sonorità migliori del passato, cosa che gli vale una mezza stelletta in più, tra i brani spicca Everytime I Dream, canzone in cui rievoca i fatti della vicenda di Rushdie.

Roadsinger_by_Yusuf_Album_Cover

Nel 2007 era uscito in DVD anche Yusuf’s Cafe Session ***1/2 dove appare alle prese con un misto ci canzoni nuove e classici del passato, e nel 2010 Roadsinger Live In Australia. Come Yusuf/Cat Stevens pubblica Tell ‘Em I’m Gone – 2014 Legacy Recordings***, un discreto disco prodotto da Rick Rubin, con parecchie cover, e infine

Cat_Stevens_The_Laughing_Apple

The Laughing Apple – 2017 Decca ***1/2, probabilmente il miglior disco dopo il ritorno, non a caso co-prodotto da Cat Stevens (mi è scappato) con Paul Samwell-Smith (e la presenza di Alun Davies), anche con alcune nuove versioni di canzoni apparse su New Masters il disco del 1967.

Per chiudere il cerchio, sempre con Samwell-Smith e Davies, in questi giorni esce la già ricordata nuova versione per il 50° Anniversario di Tea For The Tillerman2.. Per ora è tutto, ma non si esclude un To Be Continued…proprio con l’Appendice che vi poporrò a breve con i due cofanetti per i 50 anni di Mona Bone Jakon e Tea For The Tillerman.

Bruno Conti

Cinque Arzilli “Vecchietti” Che (Fortunatamente) Non Vogliono Mollare! Fairport Convention – Shuffle And Go

fairport convention shuffle and go

Fairport Convention – Shuffle And Go – Matty Groves CD

*NDM: recensione in anteprima assoluta di un album che uscirà alla fine di Febbraio nel circuito normale, ma già disponibile se lo ordinate direttamente sul sito della band)

Tornano i Fairport Convention a tre anni dall’ottimo 50:50@50, che celebrava appunto il loro mezzo secolo di carriera https://discoclub.myblog.it/2017/01/30/il-mezzo-secolo-di-una-band-leggendaria-fairport-convention-505050/ , e a due dallo splendido live What We Did On Our Saturday https://discoclub.myblog.it/2018/07/15/i-migliori-dischi-dellanno-2-fairport-convention-what-we-did-on-our-saturday/  , con il nuovissimo Shuffle And Go, album di studio numero ventinove e quinto di fila ad uscire nel mese di Gennaio (probabile strategia volta a non venir “risucchiati” nel marasma di pubblicazioni natalizie). Del leggendario gruppo che esordì nel 1967 da anni, come saprete, è rimasto solo Simon Nicol, che fu il responsabile principale della reunion avvenuta nel 1985 dopo la separazione del 1979, insieme all’altro membro di lungo corso Dave Pegg.

simon nicol

L’attuale formazione dei Fairport è anche la più longeva di sempre, con il violinista, mandolinista e cantante Chris Leslie (nel gruppo dal 1996), l’altro fiddler Ric Sanders (dal 1985) e dal batterista ex Jethro Tull e Cat Stevens band Gerry Conway (in sella dal 1998), ed è ormai affiatatissima grazie anche ai lunghi tour intrapresi ogni anno. Dall’inizio della loro “seconda carriera” i nostri hanno pubblicato una lunga serie di dischi estremamente piacevoli e ben fatti, alcuni più riusciti di altri, senza scendere mai sotto il livello di guardia (come fecero invece nei tre album finali degli anni settanta prima dello scioglimento) ma anche senza pubblicare capolavori: d’altronde, pur essendo Leslie un valido songwriter e Nicol un ottimo mestierante, non è esattamente facile sopperire all’assenza di gente del calibro di Richard Thompson, Sandy Denny, Ashley Hutchings e Dave Swarbrick. Shuffle And Go è però un lavoro molto bello, che già dal primo ascolto riesce a piacere ed a coinvolgere in più di un brano, e che mi sento di mettere tra i lavori più riusciti tra quelli pubblicati dal 1985 ad oggi, al pari di Red & Gold, Jewel In The Crown, Who Knows Where The Time Goes?, XXXV, Over The Next Hill ed il già citato 50:50@50. Nei tredici pezzi presenti all’interno del disco troviamo la consueta miscela di folk elettrificato, rock e ballate, ma con una scelta di canzoni di ottima qualità suonate in maniera ispirata e coinvolgente, cosa affatto scontata in un gruppo i cui membri hanno tra i 64 ed i 73 anni d’età.

dave pegg

Nicol e Leslie si dividono equamente le parti cantate, cinque canzoni a testa, ma mentre Simon si rivolge a songwriters esterni Chris affronta esclusivamente materiale scritto da sé stesso, a partire dall’iniziale Don’t Reveal My Name, una folk ballad moderna ma con radici nel passato, un background elettrico ed una melodia evocativa ed intrigante, addirittura con elementi blues al suo interno. Gli altri brani che vedono protagonista il lungocrinito Chris sono la bellissima Good Time For A Fiddle And Bow/The Christmas Eve Reel, una folk song immediata ed orecchiabile nella miglior tradizione dei nostri con i due violini di Leslie e Sanders a dominare la scena, la trascinante title track, tra folk, rock’n’roll ed un pizzico di cajun, la mossa e diretta The Year Of Fifty-Nine, ancora con un motivo di prima qualità (e Chris ha davvero una bella voce), e la malinconica Moondust And Solitude, che racconta la leggendaria missione Apollo 11 dal punto di vista di Michael Collins, ovvero l’unico dei tre dell’equipaggio a non aver camminato sul suolo lunare. Dal canto suo, Nicol esordisce con Cider Rain, limpido folk-rock elettroacustico di James Wood con bellissimi intrecci tra chitarre, mandolino ed arpa celtica, a cui fanno seguito due brani scritti da Rob Beattie, la squisita ballata A Thousand Bars, dal motivo toccante e con un refrain corale splendido (e sempre con il violino di Sanders ben dentro alla canzone) e la delicata ed intensa Moses Waits, altro slow particolarmente adatto alla voce profonda del nostro, che termina con un accenno di musica africana.

chris leslie

Simon si congeda con The Byfield Steeplechase, gioioso folk-rock dal sapore decisamente tradizionale (ma scritto dall’amico PJ Wright), e con una breve ma scintillante ripresa di Jolly Springtime di James Taylor (tratta dall’ultimo album di studio del cantautore di Boston, Before This World), in cui Nicol divide le lead vocals con Leslie e Pegg. Proprio Dave è il protagonista in prima persona, voce compresa, di Linseed Memories, un orecchiabile e delizioso pezzo (ancora scritto da Wood) di stampo hawaiano in cui tutti i membri del gruppo tranne Conway suonano l’ukulele. Dulcis in fundo, non c’è disco dei Fairport che non abbia all’interno dei brani strumentali, e qui ne troviamo due, entrambi scritti da Sanders: la ritmata e travolgente Steampunkery, una giga più rock che folk che fa muovere testa e piedino (con ottime prestazioni di Ric e Chris rispettivamente al violino e mandolino) e la languida e nostalgica Precious Time. E’ sempre bello iniziare l’anno con un disco nuovo dei Fairport Convention, e Shuffle And Go si può tranquillamente mettere tra i loro lavori più riusciti almeno per quanto riguarda gli ultimi 35 anni.

Marco Verdi

*NDB Essendo molto in anticipo sull’uscita ufficiale dell’album non ci sono ancora filmati musicali in rete, per cui vi dovete accontentare di alcune foto dei componenti della band prese dal loro sito. Eventualmente se e quando verranno caricati dei filmati integrerò questo Post. Quindi per ora fidatevi di quanto scritto, è tutto vero.

Il Recupero Di Un “Raro” Ma Bellissimo Disco Dal Vivo Dal Passato. Richard Thompson – Across A Crowded Room Live At Barrymore’s 1985

richard thompson across a crowded room live

Richard Thompson – Across A Crowded Room Live At Barrymore’s 1985 – 2 CD Real Gone Music

Chi frequenta questo sito abitualmente sa della predilezione del sottoscritto (ma anche di Marco Verdi, l’altro collaboratore abituale del Blog) per Richard Thompson, che personalmente considero uno dei dieci musicisti più influenti nella storia del rock, e non solo tra quelli viventi, per cui vi risparmio sviolinate sulla sua bravura e neppure vi indico link relativi a sue opere precedenti, visto che all’interno dell’archivio ne trovate moltissime, al limite usate la funzione ricerca e scrivete Richard Thompson e trovate tutti gli articoli che gli sono stati dedicati nei dieci anni di vita di questo Blog (arrivano all’inizio di novembre, e ci avviciniamo anche ai 4000 Post pubblicati). Fatta un po’ di auto promozione veniamo a questo Across A Crowded Room Live At Barrymore’s 1985. Perché “raro” come dice il titolo? Perché incredibilmente questo splendido concerto, registrato quasi 35 anni fa, ai tempi uscì solo in formato VHS e Beta, oppure in Laserdisc, tutti formati obsoleti e non più in commercio da molto tempo, e prima d’ora non era mai stato pubblicato in versione CD audio (magari si poteva fare anche un bel DVD o Blu-ray, ma forse sarebbe stato troppo). Si tratta della registrazione di un concerto completo tenuto in un locale di Ottawa, in Canada, il 10 aprile 1985, e rispetto alla versione da 18 pezzi più completa del laserdisc, sono stati aggiunti ulteriori due brani non pubblicati all’epoca per rendere integrale l’esibizione. In quell’anno, proprio ad aprile, Richard Thompson aveva pubblicato un nuovo album Across A Crowded Room, al solito eccellente, benché non tra i suoi migliori in assoluto, registrato con l’aiuto dei Fairport Convention, all’epoca non attivi, Simon Nicol Dave Mattacks, mentre al basso c’era Bruce Lynch, più qualche ospite tra cui spiccavano Clive Gregson Christine Collister.

Proprio con questi due (di cui vi consiglio caldamente di cercare qualcuno dei bellissimi album registrati in coppia negli anni successivi, oppure il best uscito in CD nel 2007) e con l’aggiunta di Gerry Conway alla batteria e Rory McFarlane al basso, formarono una delle migliori, secondo molti la migliore, band in assoluto che ha accompagnato Thompson nel corso delle sue tournée: anche il repertorio è notevole e lo vediamo tra un attimo. Il suono, che era già eccellente, è stato ulteriormente migliorato dalla produzione di Bill Levenson (all’opera lo scorso anno sempre per la Real Gone sul doppio CD di Roy Buchanan Live At Town Hall) uno dei massimi specialisti mondiali nell’arte della ristampa, a cui dobbiamo le ripubblicazioni di molti capolavori di Allman Brothers, Cream, Eric Clapton, eccetera, restaurati a regola d’arte: anche se, per onestà, qualcuno dissente dicendo che il suono risulta a tratti cavernoso, in quanto la band, di soli 4 elementi più Richard, era dislocata su un palco enorme, ma a me non pare, forse a tratti nell’uso delle voci, per resto il suono mi pare limpido ed impetuoso, come certifica immediatamente la vorticosa Fire In The Engine Room, uno dei brani estratti dall’album di studio dell’epoca con la chitarra di Thompson che inizia subito a sventagliare note nel suo stile unico ed inimitabile. Anche She Twists The Knife Again, nuovamente dallo stesso album, e con il testo ancora incentrato sulla recente e dolorosa separazione dalla moglie Linda, è un ottimo esempio dello stile più rock e variegato del musicista inglese, con la chitarra sempre in evidenza. Shoot Out The Lights è proprio uno dei capolavori del sodalizio artistico di Richard & Linda Thompson, uno dei brani tratti dal disco del 1982, e tra quelli in cui si inizia ad apprezzare brevemente la bellissima voce della Collister, che fa le veci al controcanto di Linda, mentre la solista è acida e cattiva. Dal nuovo album arriva anche You Don’t Say, un brano cantato a due/tre voci che ricorda vagamente il suono dei Police più raffinati dell’epoca, ma sempre con la chitarra arpeggiata splendidamente in azione.

Warm Love Gold, uno dei due brani aggiunti, è lo spazio solista dedicato a Christine Collister, una canzone scritta da Peter Filleul dove si apprezza la voce profonda, espressiva e risonante di questa purtroppo sottovalutata grande interprete della musica inglese, mentre Thompson lavora di fino tra toni e timbriche inusuali con la sua solista in questo brano che supera gli otto minuti. Pure Wall Of Death arriva da Shoot Out The Lights, un brano gioioso nonostante il titolo, con le chitarre tintinnanti che molti indicano tra le influenze di gruppi dell’epoca come i R.E.M, bellissima versione; How I Wanted To, viene da Hand Of Kindness, il primo disco solista del 1983, una ballata lenta e malinconica di grande fascino, con le armonie vocali di Gregson e Collister che la abbelliscono, e un assolo, manco a dirlo, delizioso di Richard, mentre Little Blue Number viene sempre dal disco appena pubblicato, uno dei pezzi più rock e tirati del concerto, con la band nuovamente in grande spolvero, e ancora da quell’album uno dei brani più belli e dolenti, l’amara ma splendida When The Spell Is Broken, con un arrangiamento intricato e complesso che ne evidenzia il fascino, e un altro breve assolo da urlo. Altro brano dal disco del 1982 è la tetra e pessimistica Did She Jump Or Was She Pushed, canzone comunque affascinante grazie alle sua atmosfere sospese, alle armonie vocali sopraffine e con un finale in crescendo, e in conclusione del primo CD troviamo The Wrong Heartbeat, un brano rock mosso tratto da Hand Of Kindness, a cui fa seguito l’introduzione della band.

Il secondo CD si apre con Summer Rain, la canzone solista di Clive Gregson (che ricordiamo anche come leader degli Any Trouble), una ballata dalla bella melodia, sottolineata dal finissimo lavoro della chitarra di Thompson, che poi si riprende la scena con una superba versione di For Shame Of Doing Wrong, un’altra canzone estratta dal suo sodalizio con la moglie Linda e sempre da quel passato glorioso arriva una sontuosa I Want To See The Bright Lights Tonight, entrambe graziate dall’eccellente lavoro dei contrappunti vocali della coppia Collister e Gregson che stimolano Richard a dare il meglio di sé, anche con una serie di assoli superbi, soprattutto quello in Shame Of Doing Wrong.da ascoltare per credere, difficile fare meglio. Nearly In Love sarebbe uscita solo l’anno dopo su Daring Adventures, ma è già una bella canzone perfettamente formata, con Love Is A Faithless Country, altro brano incentrato sulla sua difficile separazione con Linda, in una versione avvincente e superba, quasi rabbiosa nel tempestoso lavoro della chitarra solista (a questo punto mi sa che devo rivalutare il disco di studio, non me lo ricordavo così bello, dovrò risentirlo meglio, visto che anche questa canzone viene dall’album del 1985). Come pure la incalzante I Am Doing To Drag My Feet No More, ancora spettacolare, ma forse dipende dalla qualità complessiva esibita in questo concerto, che si sublima ulteriormente in una versione travolgente di Tear Stained Letter, con una lunghissima parte strumentale ai limiti del paranormale con Thompson che fa veramente il bello e il cattivo tempo alla solista. I due bis finali sono Withered And Died, altra ballata epocale del 1974, eseguita solo per voce e chitarra elettrica, e il quasi R&R puro di una potentissima cover di Skull And Bones che trasuda una ferocia sonora fantastica e che chiude in gloria un concerto eccezionale. Non aggiungo altro.

Bruno Conti