Un “Giovane” Bluesman Da Baton Rouge, Lousiana. Troy Turner – Whole Lotta Blues

troy turner whole lotta blues.jpgtroy turner.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Troy Turner – Whole Lotta Blues – Evidence Music

Come si evince dalla foto di fianco a quella della copertina del disco, Troy Turner, sin da giovane, aveva delle ottime frequentazioni! E qui già vedo le manine che si alzano. Ma non si dice nel titolo Un giovane bluesman da Baton Rouge, in effetti ho leggermente ciurlato nel manico: potrei parlarvi di seconda giovinezza o del fatto che un bluesman nero nato nel 1967 è un giovane a tutti gli effetti, anzi un bambino e non sarei lontano dalla verità.

In effetti la sua vera carriera inizia verso la fine degli anni ’80, primi ’90 con un terzetto di album molto ben accolto da critica e appassionati di blues, un bel tocco di chitarra, una voce potente ed espressiva, le giuste frequentazioni, sembra destinato ad una carriera strepitosa, almeno nel blues. E invece per il resto degli anni ’90, silenzio totale, che vuole dire comunque molti concerti, lavoro per altri artisti, ma carriera solista quasi azzerata. Di nuovo riappare nel 1999 con un ottimo album per la Telarc, Blues On My Back, sempre ottime critiche ma rimane uno one shot solitario per l’etichetta di Cleveland (che proprio recentemente ha pubblicato il nuovo album di Pinetop Perkins, 97 anni e non sentirli per l’ex pianista di Muddy Waters, quasi un record, il disco è pure bello).

Ma torniamo a Troy Turner, quel disco poi uscito per la Telarc doveva essere prodotto da Jon Tiven, ma gli fu preferito un altro produttore e altri musicisti.

Undici anni dopo (e qui si fa concorrenza a Peter Gabriel per i tempi tra un disco e l’altro) i due si ritrovano, Jon Tiven raduna nei suoi studi di Nashville, Tennessee un manipolo, si fa per dire, meglio, uno stuolo di musicisti e realizza questo Whole Lotta Blues sicuramente il miglior disco di Troy Turner e in generale un ottimo disco di Blues. La voce è rimasta ottima, potente ed espressiva, una sorta di B.B. King giovane, la chitarra è sempre tagliente e i risultati si sentono. Per chi non lo sapesse Jon Tiven è una sorta di “eminenza grigia” del soul e del blues, negli ultimi anni ha prodotto dischi di Wilson Pickett, Felix Cavaliere & Steve Cropper, gli ottimi Ellis Hook e Mason Casey, Little Milton, Betty Harris, Howard Tate, Sir Mack Rice, Don Covay e una moltitudine di altri, quelli che non sono prodotti da Joe Henry e T-Bone Burnett li produce tutti lui, se non c’è il budget arriva Tiven, andatevi a leggere la lista delle sue produzioni e collaborazioni perché è veramente impressionante.

Oltre a tutto non è che utilizzi musicisti di secondo piano: oltre a se stesso, alla chitarra e alle tastiere, sax e quant’altro, c’è la moglie Sally Tiven, ottima bassista e Troy Turner alla solista. Ma vediamo gli ospiti: come autori o co-autori dei brani, Hubert Sumlin, Jonel Mosser, Steve Cropper e Felix Cavaliere e Brian May nelle inconsuete vesti di compositore di brani blues, l’ottima e tirata Come To Your Senses. In questo brano, per la serie, come direbbero a Roma, “Mei cojoni”, la formazione è la seguente: alle chitarre soliste Leslie West e Steve Cropper, all’organo Reese Wynans e al basso David Hood, dai Muscle Shoals Studios nonché babbo di Patterson Hood dei Drive-by Truckers.

Negli altri brani si alternano, oltre agli ottimi Jonel Mosser, una sorta di Bonnie Raitt più giovane, autrice anche di ottimi abum in proprio e Howard Tate, uno dei miti del soul che molti ricorderanno (spero) come interprete di Get it While You Can resa poi celebre da Janis Joplin, questi due duettano con Turner: tra i musicisti, Simon Kirke, batterista di Free e Bad Company, Chester Thompson batterista spesso con i Genesis, Frank Zappa, Weather Report, Bobby Whitlock l’organista di Derek & The Dominos e Bonnie Bramlett, sempre per restare in campo Claptoniano quella di Delaney & Bonnie, una gran voce. Ma anche il già citato Mason Casey all’armonica, Max Middleton del Jeff Beck Group al piano e per finire in gloria questa è la formazione presente nell’ottima cover, peraltro l’unica, di Going Down di Don Nix.

Brian May, che quindi non compone solo ma suona pure, Leslie West, Audley Freed e Troy Turner alle chitarre, Bobby Whitlock all’organo, Bonnie Bramlett alle armonie vocali, Max Middleton al piano, David Hood al basso, l’unico Carneade sarebbe il batterista Martin Ditcham che peraltro ha suonato con Sade, Rolling Stones e Working Week, tra gli altri. Diavolo di un Jon Tiven.

In conclusione questo disco non sarà un capolavoro assoluto del blues, ma è un ottimo disco e in giro perchè chi ama il suo blues con le giuste spruzzate di soul, R&B e rock, tra i dischi nuovi non è facile trovare molto di meglio.

Bruno Conti

Se Ne Sentiva La Mancanza! Una Bella Raccolta! Oasis – Time Flies…1994-2009

copmjc.asp.jpgoasis time flies.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Oasis – Time Flies…1994-2009 – Epic/Sony-Bmg

Ero talmente preoccupato che fosse già passato quasi un anno dallo scioglimento degli Oasis senza nessun movimento sul fronte discografico che nella mia lista di uscite di giugno mi sono dimenticato di parlarvi di questo progetto.

Purtroppo si sono trattenuti e ne usciranno “solo” 5 versioni diverse: il doppio CD standard con 27 pezzi, nessun inedito, però essendo una raccolta dei singoli contiene 2 tracce che non erano uscite sugli album ufficiali, Lord Don’t Slow Me Down del 2007 e Whatever del 1994, la fine e l’inizio. Ma per complicare le cose (o rompere i coglioni, come preferite) l’ultimo pezzo, il quattordicesimo del secondo CD, cambia a seconda dell’edizioni: in quella per Europa e Inghilterra si tratta di Sunday Morning Call, nella versione giapponese c’è Don’t Go Away e in quella per gli States c’è Champagne Supernova ( e mi sembra giusto, uno dei pezzi più belli degli Oasis). Ovviamente questo brano, in tutte le versioni è la hidden track, la traccia nascosta, ma lo sanno tutti se no che hidden track sarebbe.

Versione DVD, con tutti i video musicali da Supersonic a Falling Down più due video dal vivo all’iTunes Live Festival. La versione per iTunes, ovviamente, ne ha altri due in più, sempre dal vivo.

Deluxe Box Set: contiene i due CD antologici, il DVD e un ulteriore CD Live at iTunes Festival 2009 con 20 pezzi registrati dal vivo al Roundhouse di Londra.

Vinile Box Set in 5 dischi.

iTunes Deluxe Edition: che ha il contenuto dell’altra Deluxe, ma per la gioia di grandi e piccini ha dei brani esclusivi per questa versione.

Voi le prendete tutte così non ci sono problemi.

Esce il…indovinato, il 15 giugno, volendo il 14 in Inghilterra e il 9 in Giappone se siete da quelle parti. A parte la versione iTunes escono tutte anche da noi, a un prezzo non micidiale, a parte il vinile che su 5 LP ha solo il contenuto della versione doppia quindi 32 pezzi e costa un botto micidiale (credo tra i 75 e gli 85 euro).

Il nuovo gruppo di Liam Gallagher, con tutti gli altri musicisti dell’ultima formazione, si chiamerà Beady Eye e hanno in programma il primo singolo per ottobre 2010 e un album intero per il 2011. Noel Gallagher non ha annunciato ancora i suoi programmi da solista.

Con questa, fanno tre raccolte più il CD dal vivo e DVD vari.

Bruno Conti

Averne Così! Tom Petty & The Heartbreakers – Mojo

tom petty mojo.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Tom Petty & The Heartbreakers – Mojo – Reprise/Warner

In effetti il post si sarebbe dovuto chiamare “Insci aveghen” che fa più effetto ma mi rendo conto che dal ponte sul Po a Piacenza a scendere molti non avrebbero compreso.

Perché tutto ciò visto che il disco non è ancora uscito? Sarà nei negozi dal 15 giugno e i lettori di questo Blog ai quali sto rompendo i maroni con questo CD ormai l’hanno imparata a memoria, la data.

Perché stanno uscendo le prime recensioni e, un po’ a sopresa, i miei amici e colleghi del Buscadero gli hanno dato solo tre stellette (ma non sono i soli perchè spulciando Internet qua e là, anche altri non sono rimasti soddisfatti).

Vero è che David Fricke della rivista Rolling Stone, uno dei pochi giornalisti di quella testata che valga la pena di leggere, ha detto che Mojo è uno dei migliori dischi che Tom Petty abbia mai registrato con la sua band. Su Mojo (la rivista), ma qui visto il nome non varrebbe per conflitto di interessi, gli hanno dato quattro stellette e un giudizio più che positivo. Uncut, non so, perchè non è ancora arrivata nelle edicole italiane.

Quindi? Averne così dicevo, secondo me se di solito un disco di Petty è meglio del 90% di quello che trovate in giro e questa volta solo dell’80% bisogna essere proprio incontentabili. OK, il box dal vivo dello scorso anno era megagalattico e ha vinto molte delle Classifiche di fine anno, come miglior Live, miglior Box o Migliore in assoluto e si sa che gli Heartbreakers in concerto sono tra i pochissimi che possono rivaleggiare con la E Street Band di Springsteen. Rincaro la dose: il disco con i Mudcrutch quella specie di picnic della memoria con alcuni suoi vecchi compagni d’infanzia (che per la metà coincidono con l’attuale gruppo) era un notevole esempio del Tom Petty rocker intemerato. Aggiungiamo che Highway Companion il disco solista del 2006 era un buon disco (ma non fantastico, come questo), ma The Last DJ, l’ultimo con gli Heartbreakers di otto anni fa, al di là dei contenuti testuali musicalmente era bruttarello (sempre per Tom Petty ma meglio di un mondo di musica che esce ogni giorno).

Mojo (sempre la rivista!) ha titolato la sua recensione, parafrasando il titolo di un disco di Stevie Wonder, “Songs In The Key Of Life”, in quanto questa volta Petty ha fatto una sorta di disco autobiografico, sulla sua vita: non so, non commento, può essere, non ho letto i testi e quindi mi fido, anch’io per il momento l’ho ascoltato poco ma ai primi ascolti mi sembra buono, non eccelso ma più che buono.

Dall’iniziale Jefferson Jericho Blues, la più bluesata del lotto, con tanto di armonica in evidenza e l’unica, forse, a confermare quella patina Blues che il titolo dell’album farebbe supporre si passa alla lunga First Flash Of Freedom, con un Mike Campbell strepitoso alla chitarra ( e che è un po’ il grande protagonista del disco come spesso succede), un brano che ha echi della musica dei Doors di LA Woman (saranno quelle tastiere alla Riders On The Storm?) ma anche di Crosby, Stills & Nash e dei Grateful Dead, quella cavalcate epiche che ti trasportano in altri mondi, ma il tutto in un’ottica disincantata tipica del miglior Tom Petty, nel finale fa capolino anche il Page più selvaggio, brano bellissimo, una summa del meglio del R&R. Running Man’s Bible, molto lunga anche questa (siamo sui 6 minuti), ha un suono meno epico più secco, quasi alla Steely Dan se avessero proseguito il percorso più rock dei primi dischi, comunque altro gran pezzo.

Pirate’s cove, anche se più lenta nell’andatura, è quasi una gemella del secondo brano, ancora quella chitarra evocativa, le tastiere, questa volta un inconsueto piano elettrico, e la voce di Tom Petty sognante, con un leggero eco che aggiunge profondità al suono, altro grande brano e fanno tre. A questo punto una pausa è quasi fisiologica, Candy è una canzoncina molto sixties che il nostro amico sa scrivere anche mentre dorme, piacevole ma nulla più. No Reason To Cry è una di quelle stupende ballate come solo Petty sa fare ( o lui e pochi altri), si dice sia stata ispirata dalla separazione con la moglie causata dalle lunghe tournée e conseguenti assenze casalinghe del biondo rocker, il brano ha una patina di malinconia e rimpianto quasi struggente, bellissima canzone e fanno quattro! E allora…

Per correttezza devo ammettere che non tutto il resto del disco viaggia su questi livelli ma su sessantacinque minuti di musica fanno un ottimo LP e un discreto EP se fosse un vecchio vinile. I Should Have Known It ha un riff colossale tipicamente Zeppelinano, un brano rock che non ti aspetti ma con Mike Campbell dovresti, dal vivo sarà strepitosa.

U.S. 41, introduzione acustica e sviluppo elettrico con slide, è un discreto brano bluesato un po’ di maniera, come la successiva Takin’ My Time, d’altronde se fai un disco intitolato Mojo il Blues non può mancare.

Let Yourself Go è uno di quei brani tipici degli Heartbreakers, quel suono e quella voce, talmente riconoscibili da essere divenuti quasi un marchio di fabbrica. Anche Don’t Pull Me Over, vagamente reggata, è una variazione del canone sonoro del gruppo, piacevole ma non memorabile, conferma il calo qualitativo nella seconda parte del CD. Lover’s Touch segnala quasi un ritorno al sound di fine anni ’70, il periodo classico, quello di Breakdown, con quella andatura tipicamente indolente ma devi stare sempre in campana perché da un momento all’altro potrebbe scatenarsi qualcosa.

Anche High In The Morning segnala questo ritorno in forma per il finale del disco che culmina con Something Good Coming una ballatona strepitosa che rivaleggia con quelle di Springsteen, melodie ariose, cantate con grande partecipazione, molto bello l’intervento della slide di Campbell. Ma non è finita: l’ultimo brano si chiama Good Enough ed è un’altra fantastica cavalcata folk-rock psichedelica in crescendo (con echi Beatlesiani alla Abbey Road) con la solista di Mike Campbell che sciabola una serie notevole di assoli, con l’organo di Benmont Tench (che non avevo nominato ma è sempre essenziale al suono del gruppo) che lo supporta e Tom Petty che fa il Petty della situazione con grande convinzione.

Qui per altre informazioni http://www.tompetty.com/ e questo è il making of watch?v=FOJeUhUz70E, da oggi in rete si può ascoltare l’intero disco in streaming così potete decidere.

Dando un voto in decimali e togliendo qualche punto per la parte centrale, almeno 7,5, insci aveghen.

Bruno Conti

 

Giugno 2010. Novità E Anticipazioni. Appendice 3. Chemical Brothers, Morcheeba, Alejandro Escovedo, Monica Mancini Eccetera

chemical brothers further.jpgalejandro escovedo streets.jpgmorcheeba love like lemonade.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Prima facciamo velocemente il punto della situazione: viaggiare informati a cura del BCI, Bruno Conti Informations. Le varie edizioni del DVD degli U2 360° At The Rose Bowl, singola, doppia e box Deluxe saranno nei negozi da venerdì 11 giugno. Per la serie strano ma vero, viceversa, il nuovo dei Crowded House Intriguer che vi avevo dato in uscita a metà luglio, dovrebbe essere anticipato al 22 giugno.

Il nuovo CD dei Morcheeba Blood Like Lemonade che vede il ritorno della cantante originale Sky Edwards esce il venerdì 11 giugno.

Il nuovo album dei Chemical Brothers Further è in uscita il 15 giugno; sarà il primo a non utilizzare Guest Vocalists, quindi 8 tracce strumentali, eventualmente nella versione Deluxe CD+DVD.

Cambiando totalmente genere il 22 giugno (speriamo!) esce il nuovo album di Alejandro Escovedo, uno dei segreti meglio custoditi della musica Americana, texana in particolare, si chiama Street Songs Of Love è prodotto dal grande Tony Visconti e prevede un duetto con Bruce Springsteen nel brano Faith.

Per il momento il Box di Mellencamp e il doppio Dvd di Springsteen sono confermati in uscita il 22 giugno. Lo stesso 22 Giugno esce anche un doppio DVD a prezzo speciale, 14.90 euro al pubblico, Amiche Per L’Abruzzo, con la registrazione completa del concerto tenuto lo scorso anno allo Stadio di San Siro da tutte le più famose voci femminili della musica italiana. Visto che il ricavato andrà in beneficenza, mi raccomando!

steve winwood revolutions.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Questo me l’ero proprio dimenticato! Dato che è uscito proprio oggi nei negozi ve lo ricordo: Steve Winwood Revolutions un box di 4 CD con il meglio della sua produzione dagli Spencer Davis Group ai Traffic e Blind Faith fino alla sua carriera solista. Non c’è mezzo brano inedito, o meglio una versione re-incisa nel 2010 di Spanish Dancer. Il prezzo è molto vantaggioso, super consigliato a chi non ha nulla di Winwood, per gli altri vedete voi, controllate il portafoglio e decidete.

laurie anderson homeland.jpgmonica mancini i've loved.jpgrobert cray cookin'.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Come direbbe Aldo di Aldo, Giovanni e Giacomo, non ci posso credere, ma dopo due anni di annunci e rinvii esce Homeland di Laurie Anderson, è una confezione CD+DVD e vede tra i suoi ospiti Antony Hegarty (Antony & The Johnsons) e Lou Reed alla chitarra, esce, indovinato, il 22 giugno.

Sempre lo stesso giorno verrà pubblicato il nuovo album di Monica Mancini I’Ve Loved These Days, il suo quinto, credo: se il dubbio vi ha assalito, in effetti è la figlia del grande Henry Mancini. La particolarità del disco è che si tratta di cover tutte degli anni ’60 e fin lì nulla di strano: se non che nei vari brani a duettare con la Mancini appaiono gli autori dei brani e quindi, Jackson Browne appare in These Days, Brian Wilson in God Only Knows con l’aggiunta dei Take 6, Stevie Wonder in Blame It On The Sun e Felix Cavaliere nella cover di How Can I Be Sure dei Rascals. Quando si hanno degli amici così perché non usarli!

A fine mese, il 29 giugno, esce il primo DVD di un concerto completo dal vivo di Robert Cray (gli altri erano raccolte), si chiama Cookin’ In Mobile, è il suo primo per la Vanguard/Emi è comprende anche il CD con lo stesso concerto. Il tutto a prezzo speciale.

A proposito di confezioni CD+DVD sempre il 22 giugno esce il più volte annunciato, In Session di Albert King with Stevie Ray Vaughan, se avete comprato già 18 volte il CD nelle sue varie edizioni niente paura esce anche il DVD da solo.

Dimenticato qualcosa? Non mi sembra!

Al prossimo aggiornamento!

Bruno Conti

Damien Jurado – Saint Bartlett

damien-jurado-saint-bartlett-cover-art1.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Damien Jurado – Saint Bartlett – Secretly Canadian Records

Se vi dovessi dire perché ho scelto di parlare di questo disco oggi, sinceramente non saprei. Spesso quando mi siedo davanti alla tastiera del computer fino all’ultimo momento non ho idea dell’argomento che tratterò, ho sempre una decina di album che sto ascoltando in quel momento e all’ultimo decido quale sarà l’argomento del post, oggi ho scelto così ma avrei potuto parlarvi del nuovo album di Ronnie Earl, che devo recensire per il Buscadero ma esce il 14 agosto, quindi è troppo presto oppure del disco nuovo, omonimo, di Grace Potter and The Nocturnals che ho finalmente ascoltato e conferma tutto quello di buono che vi ho detto di lei, ma ne abbiamo appena parlato per cui recensione nei prossimi giorni. Quindi largo alle facce nuove, si fa per dire, quindici anni di attività, ma come nuovo!

Damien Jurado è un cantautore originario di Seattle, nello stato di Washington e da quella città brumosa patria del grunge e di Jimi Hendrix ha derivato uno stile malinconico, introspettivo, da cantautore tipico, o atipico a seconda delle opinioni, degli anni ’70 ma rivisto dal lato dell’indie folk, dell’alternative.

Questo è il suo nono album, decimo se contiamo un vinile in tiratura limitata di 600 copie pubblicato nel 2004 e secondo molti è il suo disco migliore: non si tratta sicuramente di un disco straordinario che salverà la discografia mondiale ma ha un suo perché, magari piccolo ma ce l’ha.

Prodotto dall’ex socio di etichetta Richard Swift si avvale di sonorità spesso spartane, ma non propriamente lo-fi anzi…dire che il sound sia commerciale è forse una eresia ma l’iniziale Cloudy Shoes (subito allegria!), con il suo piano, tastiere varie, archi sintetici, batteria “romantica”, mi ha ricordato certe ballate dei Coldplay (orrore! Ma a me molti loro brani piacciono) o dei vecchi Radiohead, quel leggero falsetto, una seconda voce “trattata” che risponde, è quasi radiofonica ma quasi. Arkansas con il suo pianino disinibito, le percussioni percosse (sembra una stupidata ma non lo è) e con vigore, una melodia ancora accattivante sembra quasi segnalare una svolta quasi pop (sempre nei dovuti limiti) del cantautore americano dopo la svolta rock del precedente Caught In The Trees. Rachel and Cali è una breve ma bella canzone d’amore con una strumentazione acustica ma molto curata, con acustiche, piano e vibrafono e una sezione ritmica molto discreta che interagiscono tra loro alla perfezione. Throwing Your Voice ha qualcosa, musicalmente, della secchezza essenziale del John Lennon di Plastic Ono Band, sicuramente non la voce che ricorda più la fragilità del primo Neil Young.

Impressione, quella relativa a Young, che viene ribadita nella successiva Wallingford, cantata a tutto falsetto, con l’andamento dello Young balladeer ma con una chitarra in feedback che percorre sentieri rock inusuali per questo album.

Poi, dal sesto brano, tutto si placa (se mai si era agitato prima): Pear è un brano dalle sonorità minimali, quasi scheletriche, due chitarre acustiche, delle voci di supporto in sottofondo e tutto finisce all’improvviso quasi una incompiuta, Kansas City è della stessa grana, ma più compiuta, con l’acustica arpeggiata con delicatezza, un piano discreto e dei “rumori fuori scena” aggiunti per colorire il suono. Harborview è una bella ballata malinconica con una chitarra elettrica ricorrente che non avrebbe sfigurato su After The Gold Rush o Harvest, tanto per rimanere in tema, sempre con quel semi-falsetto sofferto ma espressivo. Kalama è cantata con maggiore partecipazione e vigore da Damien Jurado e la produzione di Swift aggiunge una sensazione sonora più “spaziale” mentre The Falling Snow ha di nuovo quella sensazione di “già sentito” alla Coldplay o Radiohead, ma non in senso negativo, è quel qualcosa che non riesci a catalogare ma non dispiace, una piacevole sensazione di déjà vu.

Gli ultimi due brani sono quelli da folksinger puro: Beacon Hill soprattutto, con la sua tipica accoppiata solitaria voce e chitarra acustica e With Lightning in Your Hands che ha qualche impressione sonora in comune con i Mumford and Sons più riflessivi, ma è una sensazione personale.

Questa è Beacon Hill dal vivo a Seattle il 30 maggio. C’era anche un video che secondo le note è stato registrato a Vigo in Spagna il 15 novembre del 2010, però! Back to the future, giuro, controllare prego watch?v=68VRfP7P250, è ovvio che sarà 2009, ma fa il suo effetto.

Bruno Conti

Un Altro Disco Che (Forse) Non C’era. Ava Cherry – The Astronettes Sessions

ava cherry the astronettes sessions.jpgastronettes.jpgastronettes people from.jpg

 

 

 

 

 

 

 

In effetti per essere un disco che non c’era è uscito in fin troppe versioni: Ava Cherry – The Astronettes Sessions e Ava Cherry and The Astronettes – People From Bad Homes in due versioni con copertine e contenuto diversi: il minimo comun denominatore del tutto è David Bowie. Diciamo che la sua reperibilità non è massima, ma se girate un po’ di siti che trattano rarità lo trovate a prezzi non proibitivi e, forse anche nei negozi italiani nella versione Astronettes Sessions, l’ultima a sinistra, visto che è stato distribuito regolarmente anche da noi nell’estate del 2009, la domanda principale è un’altra: ma ne vale la pena?

Probabilmente se siete fans di David Bowie e non l’avete già, direi di sì. Per gli altri vediamo.

La nostra storia inizia a New York nella primavera del 1973 e precisamente a un party per Stevie Wonder: Ava Cherry, una modella molto famosa in quegli anni era l’animatrice della serata e David Bowie uno degli ospiti principali. Un complimento sul taglio di capelli fu l’approccio di Bowie e da allora, per alcuni anni, i due sono diventati amanti. Ma questo non ci interessa. Quando deciderò di aprire un Blog chiamato Disco Club Passione Gossip eventualmente ve lo faccio sapere.

Per non fare la storia troppo lunga, Ava Cherry è stata reclutata come backing vocalist per le sessions di Diamond Dogs, il disco che traghetterà la sua immagine e la musica, dalla figura dell’alieno Ziggy Stardust al Duca Bianco della svolta soul che durerà fino alla trilogia berlinese con alcuni passaggi intermedi. Gli altri due componenti degli Astronettes erano Geoff MacCormack, un amico di infanzia di Bowie che aveva già cantato in Pinups e in alcune Peel Sessions e Jason Guess, che era stato presentato a Bowie da un amico comune. Nell’autunno del 1973 i tre superano una audizione per la Mainman di Tony De Fries, il manager di Bowie di allora e lo stesso Bowie, come raccontato da Ava Cherry che, evidentemente, lo ha conosciuto bene anche nel privato, che era un maniaco del lavoro ed era capace di lavorare per 48 ore consecutive o appassionarsi ad un argomento e leggere cinquanta libri su quell’argomento, ma contemporaneamente!

Bowie prenota delle sessioni agli Olympic Studios negli spazi liberi della registrazione di Diamond Dogs: i musicisti sono più o meno gli stessi, i più noti sono il batterista Aynsley Dunbar, il bassista Herbie Flowers, il bravissimo pianista Mike Garson e il chitarrista Mark Carr-Pritchard che si occupa più precisamente di questo progetto. Per alcune registrazioni americane che avverranno qualche mese dopo a New York, nell’aprile 1974 e che produrranno una cover di God Only Knows dei Beach Boys per un nuovo, ipotetico, disco solista della sola Ava Cherry, vengono utilizzati anche Carlos Alomar, Andy Newmark e Willie Weeks. Ma non se ne farà nulla perché nel frattempo i soldi erano finiti e Tony De Fries con la sua casa di produzione negli anni successivi si occuperà di lanciare un promettente cantante americano, tale John Mellencamp, ma come John Cougar (cosa di cui Mellencamp si vergogna ancora, insieme all’episodio degli orsi alla televisione italiana ma questa ve la racconto un’altra volta), all’inizio la cosa non funzionò, poi, come per Bowie, il talento non si può “mascherare”.

Ma torniamo a queste registrazioni che non vedranno la luce per oltre venti anni, fino a che nel 1994/95, una etichetta di proprietà di De Fries, guarda caso, la Trident Music International, pubblica un album People From Bad Homes che viene ritirato dal commercio quasi immediatamente.

La seconda edizione esce nel 2009, con un brano in più e il titolo The Astronettes Sessions ed è quella che circola, più o meno, ancora oggi.

Il brano d’apertura si chiama I Am A Laser un buon brano di Bowie, tipico del sound di quegli anni, tanto buono che verrà ripreso e trasformato in Scream Like A Baby per Scary Monsters, Ava Cherry lo canta con convinzione e trasporto, la voce è bella e particolare, il piano di Garson e una chitarra funky si inseriscono su una sezione ritmica molto marcata e il risultato è estremamente piacevole. Seven Days è la prima cover, un brano della grande Annette Peacock, una delle cantanti più originali degli anni ’70, casualmente anche lei sotto contratto per De Fries ma senza nessun risultato, poi alla fine degli anni ’70, in piena era new Wave, vado a memoria, pubblicherà due album straordinari per la Aura Records, ma anche questa è un’altra storia. God Only Knows viene rallentata ad arte per trasformarla in una canzone tipica del repertorio di Bowie di quegli anni, la Cherry ci mette del suo, l’assolo di sax è figlio della sua epoca ma quella spruzzata di mandolini nell’arrangiamento fanno tanto Bella Napoli. Having A Good Time con il suo intreccio di voci maschili, tra cui si riconosce anche quella di Bowie è un episodio minore, ma piacevole, del canone Bowiano. People From Bad Homes sembra un brano tratto da qualche musical rock di quegli anni, Hair o simili, corale e con arrangiamenti vocali molto curati, mentre Highway Blues è una cover di uno dei brani più belli di Roy Harper, proprio del 1973, tratto da Lifemask uno dei suoi dischi più affascinanti, riceve un ottimo trattamento con le voci dei tre cantanti, soprattutto la Cherry ma anche gli altri che si intrecciano con le vigorose pennate della chitarra acustica e un agile drumming per creare un effetto non dissimile dal sound di Harper, originale ma rispettoso di un brano affascinante.

Only me non è proprio uno dei brani più memorabili del repertorio di Bowie e caviamocela così, oltre a tutto Jason Guess non è un cantante formidabile e quindi rimane solo il piano di Garson a cercare di salvare il risultato, un po’ poco. Anche Things To Do direi che fatica a rientrare tra le migliori 200 canzoni scritte da Bowie, come dite ne ha scritte meno? Pazienza! Anche la versione di How Could I Be Such A Fool, sempre cantata da Guess, si sa che è un brano scritto da Frank Zappa, ma solo perché ve lo dico io, fidatevi.

Viceversa il trittico finale non è niente male: si parte con una versione quasi scat di I’m In The Mood For Love con la voce di Ava Cherry che galleggia sulle improvvisazioni vocali di MacCormack e le tastiere futuristiche di Mike Garson, breve ma intenso. Pochi sanno che la musica del primo Bruce Springsteen è stata una delle grandi passioni del Bowie di quegli anni, la versione di Spirit in The Night presente in questo disco non è niente male, Garson rivaleggia alle tastiere con quello che David Sancious aveva realizzato nel disco di Springsteen e il risultato è soddisfacente. I Am Divine, la cosidetta traccia nascosta è l’ultima composizione originale di Bowie (diventerà Somebody Up There Likes me) e indica la strada verso Young Americans che il Duca Bianco avrebbe intrapreso nei mesi successivi.

In definitiva molto brava Ava Cherry, che da lì a poco avrebbe diviso la sua strada con quella di Teddy Pendergrass, futuro backing vocalist di Bowie e poi stella della disco e soul music in proprio, meno gli altri due anche se Geoff MacCormack è diventato un rispettato autore di musiche per la televisione e il cinema vincitore anche del premio musicale Ivor Novello.

Filmati non ne esistono ma questo medley è interessante.

Bruno Conti

 

Non “Quella” Grace…Ma. Grace Potter And The Nocturnals

grace potter.gifgrace potter.gifGrace_Potter_1.jpggracepotterflag.jpggrace potter.gifGrace+Potter+1.jpg

 

 

 

 

 

 

 

La prima cosa di Grace Potter che balza all’occhio, come direbbero i colleghi d’oltreoceano, e chi si tratta di una “bella faiga” o come avrebbe detto Anna Marchesini del Trio qualche anno fa una Bella Figheira, e questa è solo una innegabile constatazione. Ma sotto quelle minigonne batte un cuore rock e, seppure tardivamente, se ne sono accorti anche alla rivista Rolling Stone che l’ha inserita tra i dieci migliori artisti emergenti per il 2010.

Tardivamente, perché la nostra bella bionda (ma il colore della capigliatura può cambiare a seconda dell’umore) è ormai sulle scene dal 2004, anche se ha solo 26 anni ha già pubblicato tre album con i suoi Nocturnals e i suoi concerti sono considerati tra i migliori che si possono vedere e ascoltare nel circuito rock, un misto di rock, soul, belle ballate grintose, jam tiratissime: se entrate su Amazon, nella breve presentazione viene detto testualmente “Pensate a una versione moderna di Tina Turner mentre strofina il microfono in una super minigonna e guida una versione dei Rolling Stones all’epoca di Sticky Fingers”, nientemeno, e il bello è che è tutto vero. Se volete verificare Youtube è costellato di suoi video dal vivo fantastici, mentre per la parte audio, la nostra amica che ha una mentalità da “vecchia rocker” su questo sito GracePotterandtheNocturnals, che è quello di archive.org già segnalato in passato vi lascia ascoltare (e scaricare) gratuitamente 246 concerti completi.

Si diceva delle sue qualità dal vivo, buona cantante, voce non fantastica ma più che adeguata con l’aggiunta di una grinta incredibile, in più Grace Potter suona l’organo Hammond B3 con grande virtuosismo e questo non è consueto nel mondo delle rocker femminili anche del passato, direi unico: esiste a questo proposito un mini album dal vivo Live In Skowhegan uscito recentemente per il Record Store Day, sono 7 pezzi ma dura più di quaranta minuti e se riuscite a metterci le mani sopra vi giuro che non ve ne pentirete, comunque per tutti, ma non distribuito in Italia, per il momento, l’8 giugno esce il nuovo album.

grace potter and the nocturnals.jpggrace potter live in skowhegan.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Il nuovo album non ho ancora avuto tempo di sentirlo bene: si poteva sentire in streaming completo sul suo sito http://www.gracepotter.com/ fino a qualche giorno fa ma il mini (si fa per dire) l’ho sentito bene e, ragazzi, suona da Dio. Dal rock senza compromessi di Stop The Bus che farebbe la sua porca figura in qualsiasi album di Tom Petty, alla grintosa ballata Ragged Company, passando per l’adrenalico vigore dell’iniziale Sugar o la malinconica ballata Apologies il gruppo nel suo insieme si conferma una forza da considerare, dall’ottimo chitarrista Scott Tournet che suona anche armonica e slide, passando per il batterista Matthew Burr ma anche i nuovi arrivati, il secondo chitarrista Benny Yurco e soprattutto la bassista Catherine Popper, anche lei minigonnuta, ma con un curriculum di tutto rispetto, ha suonato nella band di Ryan Adams, i Cardinals dove ha firmato anche alcuni brani e con Norah Jones, tra gli altri, ne volete una riprova…

Questa è la versione di White Rabbit che appare nella colonna sonora di Almost Alice,il film di Tim Burton e il motivo del riferimento nel titolo all’altra grande Grace, Slick che ha calcato i palcoscenici nell’epoca d’oro del rock e che rimane, per il sottoscritto, la più grande voce della storia di questa musica…e qui vi aspettavo, Janis Joplin, esclusa. Grace Potter, pur con le dovute riserve, potrebbe essere la loro erede. Molti musicisti americani se ne sono già accorti e quindi la si può vedere e ascoltare jammare dal vivo, per esempio, con i Gov’t Mule ma anche con Joe Satriani e Co. in una versione grandiosa di Cortez The Killer di Neil Young.

Appena esce l’album ne riparliamo perché ne vale la pena, nel frattempo questo è il primo video ufficiale del nuovo album.

Bruno Conti

Un’Ottima Occasione. Great Lake Swimmers – The Legion Sessions

great lake swimmers.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Great Lake Swimmers – The Legion Sessions – Nettwerk/Self

In America era uscito per il Record Store Day, qualche copia è approdata anche sulle nostre lande. Se non li conoscete è l’occasione ideale per avvicinarvi alla loro musica, se avete tutto questo non può mancarvi. Sono nove pezzi dal vivo in studio, l’intero album Lost Channels rivisitato in chiave acustica. Sono canadesi, sono bravissimi. Dovrebbe costare al massimo, ma proprio al massimo intorno agli 8 euro.

Bruno Conti

La rivincita Del Country. Watermelon Slim – Ringers

watermelon slim ringers.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Watermelon Slim – Ringers – Northernblues Inc.

Questo mese appena passato ha segnato una sorta di rinascita del country, quello più ruspante, con gli ottimi album di Willie Nelson e Merle Haggard, due dei grandi vecchi della country music, ora adesso questo nuovo disco di Watermelon Slim a ribadire questo ottimo momento. Per chi non lo conoscesse, due parole su questo incredibile personaggio: Bill “Watermelon Slim” Homans nasce in quel di Boston e passa la sua gioventù in North Carolina, in una famiglia borghese, il padre viene definito un avvocato “progressivo”. La cameriera (presumibilmente di colore) cantava brani di John Lee Hooker e di altri cantanti, quindi il blues era di casa nella famiglia Homans.

Intermezzo. Il personaggino che vedete nella foto di copertina del suo ultimo CD ha un’età presunta tra i cinquanta e i settanta anni, una età effettiva non pervenuta, si dedurrebbe dalla sua biografia che dovrebbe avere intorno ai sessant’anni o poco più, ma non è sicuro!

All’inizio degli anni ’70, come molti americani, passa il suo periodo di leva durante la guerra del Vietnam che lascia un segno indelibile nella sua vita. Al ritorno, nel 1973, pubblica un disco, come Merry Airbrakes, che viene definito l’unico disco di canzoni di protesta pubblicato da un veterano del Vietnam che era diventato un attivista contro la guerra (gli altri in Vietnam non ci erano andati). Alcuni brani di quel rarissimo album sono stati ripresi anche da Country Joe McDonald nel suo repertorio. Nei trenta anni successivi ha svolto una serie di lavori incredibili, camionista, operatore di carrello elevatore, ha lavorato in una segheria, venditore di legname, agente di raccolta, imprese di pompe funebri, si dice abbia bazzicato anche la piccola criminalità e, in contrasto, è rimasto un attivista e pacifista, frequentando anche musicisti blues che è rimasta la sua passione in tutti quegli anni. Naturalmente ha anche lavorato in una fattoria dove si producevano angurie da cui il suo nomignolo.

Nel 2003 ha ripreso la sua attività di musicista a tempo pieno e in pochi anni si è guadagnato la reputazione di essere uno dei migliori musicisti Blues in circolazione: nel 2007 è stato candidato a sei premi ai Blues Music Awards, in precedenza ci erano riusciti solo B.B.King, Buddy Guy e Robert Cray, nel 2008 si ripete e con l’album The Wheel Man (consigliatissimo, ma sono belli tutti) vince il premio come miglior disco dell’anno e miglior artista. Nel 2009 “solo” quattro candidature, e anche la svolta country con l’album Escape From The Chicken Coop, registrato in quel di Nashville con alcuni dei migliori musicisti della città, di quelli del circuito alternativo.

Nel 2010, ieri per la precisione, esce questo Ringers, altro fulgido esempio di come fare della country music innovativa e di qualità pur rimanendo inseriti nel filone tradizionale, con robuste iniezioni di blues, honky-tonk, outlaw music e un certo “sentire” Southern Rock, il primo nome che mi viene in mente come omologo di Watermelon Slim potrebbe essere Billy Joe Shaver, ma il sound di questo disco (e del precedente) è più acustico e roots con meno impennate rock, che peraltro ci sono.

Il nostro amico è un ottimo chitarrista slide, soprattutto acustico ma si destreggia anche all’elettrica, ha una bella voce vissuta (e ci mancherebbe altro) caratterizzata da una forte zeppola (gli scappa un poco la S), compone bene e si avvale di un gruppo di musicisti di grande qualità: Gary Nicholson, alla chitarra acustica e co-autore di un paio di brani, Kenny Greenberg all’elettrica, Steven Mackey e Lynn Williams alla batteria, l’ottimo Kevin McKendree a piano e organo Hammond e l’eccellente Paul Franklin alla steel guitar (esatto quello che di solito suona con Mark Knopfler). C’è anche una seconda band prettamente acustica dove suonano Darrell Scott e Kenny Malone.

Tra i quattordici brani vorrei ricordare la trascinante No way To Reach Nirvana, molto bluesata, dove le chitarre slide di Watermelon Slim vanno in overdrive, l’ottima cover di He Went To Paris di Jimmy Buffett, sognante e ricercata, il country-rockabillly molto tirato di End Of The Line. L’ironica e perfetta nella sua countrytudine, Cowboys Are Common As Sin, con la pedal steel di Franklin in grande spolvero e Watermelon Slim che cava dal cappello da cowboy una interpretazione eccellente, veramente bello questo brano, una versione che rivaleggia con i classici del passato. I Appreciate That, introduce anche elementi errebi, country got soul, con delle belle voci femminili di supporto. Molto bella anche la country ballad, quasi alla Guy Clark, And So Our Song Ends con in evidenza il violino di Stuart Duncan (già presente in altri brani). Fantastica anche una ulteriore ballata,  Living With A Lie, cantata da una voce femminile, Rebecca Homans o Jonell Moser? Ma i brani sono tutti di ottima qualità e questo signore è veramente bravo e non sbaglia un colpo country o blues che sia.

Bruno Conti

Adesso Lo Sapete. Parte XI – Speciale Rolling Stones – Exile On Main Street

rolling stones exile on main street.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Rolling Stones – Exile On Main Street

Oggi mi sono svegliato con una curiosità e ho voluto sviscerarla a fondo: ma la ristampa del disco degli Stones come sta andando nelle classiche di tutto il mondo? Ebbene, non mi par vero, ma sembra tornato il 1972.

Classifica Billboard Usa: esordisce direttamente al 2° posto (vale per tutte le classifiche che vi riporto visto che è appena uscito).

Official Uk Album Chart: 5° posto

Classifica Aria Australia: 6° posto anche se qui non mi è chiaro, perchè mi dice che era sesto anche la settimana scorsa, è arrivato fino al secondo posto ed è da 23!?! settimane in classifica, mistero!

Top 100 Album Canada: 3° posto

Sverigetopplistan, Classifica Svezia: 1° posto, mitici gli svedesi!

Classifica Finlandia: 25° posto. Non aggiungo altro perché non ho capito un tubo.

Topp (in norvegese con 2 p) 40 Album Norvegia: 1° posto (non so cosa vuol dire antall uker 14, se qualcuno conosce il norvegese!).

Top-40 Danimarca: 5° posto

Top 100 Olanda: 2° posto e specifica che la settimana scorsa era al n.2 e si tratta della Deluxe Edition doppia (gli olandesi sono avanti).

Top 30 Germania: 3° posto

Austria Top 40: solo al 7° posto

Classifica F.I.M.I. Italia: 4° posto, ebbene sì, abbiamo dato anche noi. E i cugini francesi? Per distinguersi dagli altri la loro classifica si divide in novità e Back Catalogue, quindi il loro 1° posto non vale perché é nel settore Back Catalogue.

In quella della Nuova Zelanda non sono riuscito a entrare (problemi di collegamento) e in quella giapponese non non ci ho capito un beato tubo.

Comunque un trionfo. Se volete divertirvi: Charts All Over The World http://www.lanet.lv/misc/charts/.

Nel frattempo, oggi…

…e ieri.

Alla prossima.

Bruno Conti