Se Ne E’ Andato, Silenziosamente Come Era Vissuto: Un Ricordo Di Steve Young

steve-young

Si allunga sempre di più la lista: è scomparso giovedì 17 marzo in quel di Nashville, all’età di 73 anni, Steve Young, un nome che forse pochi ricordano, è stato uno dei creatori del cosiddetto “outlaw country” (ma non solo): nel 1969 registrò sul primo album Rock, Salt & Nails, quella che sarebbe divenuta la sua signature song, Seven Bridges Road, poi resa celebre nel 1980 dalla versione che apparve sul Live degli Eagles, nell’arrangiamento con cinque parti armoniche vocali, creato per primo dal grande cantautore inglese Iain Matthews https://www.youtube.com/watch?v=mt2IFaCwTKk .

steve young rock salt nails

Non fu ovviamente la sua unica grande canzone, nel secondo album Seven Bridges Road (che ripresentava il brano, poi ripreso da molti altri nel corso degli anni, oltre al citato Matthews, anche Joan Baez, Rita Coolidge, Tracy Nelson, Carter Family, Dolly Parton e nel 2007 da Alan Jackson nel suo Live At Texas Stadium insieme a George Strait Jimmy Buffett) c’erano altre canzoni splendide tra cui Lonesome, On’ry And Mean (resa celebre da Waylon Jennings) Montgomery In The Rain, in un disco registrato con la crema dei musicisti country di Nashville, quelli migliori, Ma nel primo disco, ricordato poc’anzi, suonavano, tra i tanti, James Burton, Gram Parsons, Gene Clark, Chris Etheridge, Richard Greene Bernie Leadon.

steve young seven bridges road

Nel 1975 fu uno dei protagonisti di quel meraviglioso film che si chiamava Heartworn Highways (insieme a Guy Clark, David Allan Coe, Townes Van Zandt, ed ai giovani Rodney Crowell, John Hiatt Steve Earle ,oltre a moltissimi altri che vedete qui sotto nella pellicola)!

Ha circolato poco in DVD, ma se lo trovate in giro non lasciatevelo sfuggire, perché è stupendo. https://www.youtube.com/watch?v=vnryXNLRhhk Negli anni ’70 Steve Young ha pubblicato altri splendidi album come Honky Tonk Man (1975), Renegade Picker (1976) No Place To Fall (1978), ma anche in tutte le decadi successive ha lasciato il segno con una serie di dischi considerati dalla critica tra i migliori del genere e quasi sempre con vendite vicine allo zero, meritandosi l’appellativo ad honorem di “beautiful loser” (e rientrando a pieno diritto nella categoria “Carbonari” che trovate in questo Blog) . L’ultimo disco, un Live registrato nel 2006 e pubblicato l’anno successivo, Stories Round The Horseshoe Bend, lo vede in veste acustica ripercorrere alcuni dei suoi brani migliori, oltre ad altri brani del suo repertorio da folksinger countrty, che rappresentava ciò che in fondo era stato.

steve young stories round

Mi sembrava giusto e doveroso ricordarlo, anche se in ritardo,  a tre giorni dalla sua dipartita. Nelle parole citate dal figlio Jubal Lee Young e tratte da quell’ Alabama Highway che potete ascoltare sopra: “‘Turn supernatural, take me to stars and let me play. I want to be free, Alabama highway.’!

Bruno Conti

Una Longeva Band Dal Suono “Camaleontico”! Sister Hazel – Lighter In The Dark

sister hazel lighter in the dark

Sister Hazel – Lighter In The Dark – Croakin’ Poets Records/Rock Ridge

I Sister Hazel (di cui ci eravamo già “occupati” per il Live celebrativo del ventennale http://discoclub.myblog.it/2014/10/29/venti-stagioni-on-the-road-sister-hazel-20-stages/ ), sono una delle band più longeve attualmente in circolazione nell’ambito del rock americano, e in tutto il loro percorso non hanno mai avuto un cambiamento nella loro “line-up”. Assenti da sei anni, ovvero dall’ultimo lavoro in studio l’ottimo Heartland Highway (10), i Sister Hazel tornano con questo nuovo Lighter In The Dark, dove come al solito fanno una musica che spazia dal folk-rock al country, dal rock più classico al southern rock, privilegiando più la qualità che la quantità (certificata dai solo nove dischi in più di vent’anni, compreso questo). I cinque che vengono da Gainesville (come un certo Tom Petty), formano un gruppo capitanato dal leader Ken Block, voce solista e chitarra acustica, Andrew Copeland alla chitarra ritmica, Ryan Newell,  chitarra solista, oltre a banjo, dobro e mandolino, Jett Beres al basso, Mark Trojanowski alla batteria, e come ospiti il polistrumentista Dave LaGrande, soprattutto alle tastiere, Kyle Aaron al violino, Steve Hinson alla pedal-steel, si sono ritrovati a Nashville nei Tin Ear Studio sotto la produzione del loro ingegnere del suono di lunga data Chip Matthews (Lady Antebellum, Brooks & Dunn, Richard Marx), per 14 tracce per la maggior parte firmate globalmente dai membri della band e che segnalano una decisa svolta counrtry-southern nel suono del gruppo.

Lighter In The Dark inizia con la bella ritmica galoppante di Fall Off The Map con ottime armonie vocali https://www.youtube.com/watch?v=Ag5niMusW-g , a cui fanno seguito una rock song chitarristica come That Kind Of BeautifulKaraoke Song in duetto con l’ex Hootie And The Blowfish, Darius Rucker (coautore del brano) https://www.youtube.com/watch?v=hjjozkkmQKo , per poi passare ad un guizzo di alta classe come la ballata Something To Believe In, e ad una intrigante Kiss Me Without Whiskey con un saltellante pianoforte honky-tonk. Con la pianistica e dolce Almost Broken si fa la conoscenza con la voce emergente di Jillian Jacqueline, mentre con la gioiosa Take It With Me si cambia marcia con un bel mid-tempo, per poi lasciare spazio di nuovo alle chitarre spiegate di We Got It All Tonight, il moderno-gospel di Danger Is Real, il country classico di Prettiest Girl At The Dance, con un eccellente lavoro di Hinson alla pedal-steel e belle armonie vocali che ricordano per certi versi le prime canzoni degli Eagles. Armonie che si ripetono anche in una dolce e acustica Thoroughbred Heart, e nel puro rock’n’roll di Run Highway Run (da ascoltare magari mentre si guida), e finire con le ballate Back To Me e una sontuosa Ten Candle Days, dalla inconfondibile aria celtica, scritta e cantata  da Jett Beres che fa il suo esordio come voce solista e con il violino di Kyle Aaron a toccare le corde del cuore.

Anche se negli ultimi anni si erano leggermente defilati, con questo Lighter In The Dark i Sister Hazel rimettono in un certo senso le cose a posto e il disco si colloca come uno dei più riusciti nella carriera del quintetto, in quanto ormai Ken, Andrew, Ryan, Jett e Mark suonano a memoria, proponendo una musica varia e senza fronzoli, con brani solari e energici, suonati con grinta e in modo professionale. La carriera dei Sister Hazel sicuramente non cambierà di una virgola la storia del rock americano, ma è difficile non restare favorevolmente colpiti dalla loro musica, e se volete conoscere più a fondo questa band vi consiglio di partire con gli ascolti dei loro primi dischi, e siate certi che non rimarrete delusi, il loro rock è di prima fascia.

Tino Montanari

Un’Aquila Ha Preso Il Volo: E’ Morto Anche Glenn Frey!

glenn frey 1 glenn frey 2 Glenn-Frey-Eagles-Guitarist-And-Co-Founder-Dead-at-67

Raramente ricordo un periodo così nefasto per il mondo della musica mondiale come quello compreso tra la fine del 2015 e l’inizio di questo 2016: nel giro di poco tempo abbiamo avuto la scomparsa di Lemmy dei Motorhead, di David Bowie, oltre che di Natalie Cole (e del soulman Otis Clay, che come previsto non se lo è filato nessuno). Come se non bastasse, ieri sera è giunta all’improvviso la notizia della morte di Glenn Frey, cantante, chitarrista e membro fondatore degli Eagles, una delle band più popolari del pianeta, la punta di diamante del country-rock (e pop) californiano degli anni settanta, un mondo musicale a parte, ma anche uno stile di vita vero e proprio, fatto di musica, festini, donne, alcol e cocaina, che le Aquile avevano immortalato alla perfezione in due dei loro maggiori successi (di cui Frey era co-autore), cioè Hotel California e Life In The Fast Lane; proprio la vita nella corsia di sorpasso alla lunga è passata da Glenn a farsi pagare il conto, sotto forma di una serie di problemi assortiti (polmonite, artrite reumatoide e colite ulcerosa, ma anni fa il musicista aveva subito anche un trapianto di fegato), ponendo in pratica fine alla storia della band, che negli ultimi vent’anni aveva inciso poco ma era stata parecchio attiva dal vivo: difficile infatti che Don Henley, Joe Walsh e Timothy B. Schmit decidano di proseguire come trio, anche per il fatto che molti dei loro brani più noti (Take It Easy, Tequila Sunrise, New Kid In Town, Peaceful, Easy Feeling, Already Gone, Lyin’ Eyes) erano ormai legati a doppio filo alla figura di Glenn.

Originario del Michigan (alla fine l’unica Aquila, presente e passata, nata in California è Schmit), Glenn esordisce come backing vocalist e chitarrista in Ramblin’ Gamblin’ Man di Bob Seger (con il quale anni dopo scriverà l’hit degli Eagles Heartache Tonight), poi, spostatosi a Los Angeles, collaborerà con J. D. Souther, con il quale inciderà un disco in duo a nome Longbranch Pennywhistle, venendo poi preso sotto l’ala protettiva di Jackson Browne, con il quale scriverà proprio Take It Easy, che darà il via al volo delle Aquile (nel frattempo Frey aveva infatti fatto amicizia con Henley, ed i due avevano collaborato già come componenti della backing band di Linda Ronstadt, insieme anche a Bernie Leadon e Randy Meisner, praticamente gli Eagles al completo prima che diventassero una vera band).

Il resto è storia: i dischi, i concerti, il grande successo (il loro Greatest Hits è ancora oggi uno degli album più venduti di tutti i tempi), ma anche la droga, i problemi di ego, le incomprensioni ed i litigi, che porteranno il gruppo a sciogliersi in modo non amichevole nel 1980: passeranno ancora14 anni prima che i cinque (Don Felder era ancora con loro) si riunissero per il comeback album live (ma con quattro pezzi nuovi in studio, tra cui la bella e countryeggiante The Girl From Yesterday di Glenn) Hell Freezes Over, e susseguente tour, una nuova carriera che si è protratta fino ai giorni nostri con molti concerti ed un solo disco, il discontinuo Long Road Out Of Eden del 2007.

Decisamente popolari anche dalle nostre parti, gli Eagles hanno davvero segnato un’epoca, anche se buona parte della critica musicale “intelligente” non li aveva mai potuti digerire molto a causa del loro successo e di certe scelte musicali troppo pop, specie nella parte finale degli anni settanta: Glenn è sempre stato il frontman del gruppo, con la sua aria da personaggio alla Miami Vice (serie per la quale ha anche inciso dei brani negli anni ottanta e partecipato in veste di attore), ma ne ha anche sempre curato gli affari, ed è stato in prima linea a tutelare gli interessi della band nella disputa contro Felder.

Come solista non è stato mai molto prolifico (quattro album di materiale originale dal 1982 al 1992, un live ed un poco riuscito disco di standard, After Hours, nel 2012), ma ha avuto un ottimo successo con il brano The Heat Is On (inserito nella colonna sonora del film Beverly Hills Cop), un tipico esempio di pop californiano anni ottanta  un po’ plastificato.

Io vorrei ricordarlo in maniera diversa, e cioè non con un classico assodato delle Aquile ma un suo brano degli anni ottanta che all’epoca avevo amato molto, ed anche adesso in quanto mi fa ricordare un periodo in cui avevo trent’anni di meno…

So long, Glenn: adesso l’Aquila potrà davvero volare libera.

Marco Verdi