Eagles – Legacy – Warner 12CD/DVD/BluRay – 15LP Box Set
…a meno che del gruppo abbiate poco o niente, nel qual caso il cofanetto in questione diventa imperdibile, in quanto elegante, ben fatto e tutto sommato dal costo equo (se dividete il totale per il numero dei dischetti, a meno che non vogliate la versione in vinile, che però omette la parte video), ma soprattutto per il fatto che la musica in esso contenuta è di livello eccelso. Ma andiamo con ordine: penso che non servano tante parole per spiegare chi sono gli Eagles, band simbolo del rock californiano degli anni settanta ed uno dei gruppi cardine della decade, nonché tra i più popolari al mondo (Italia compresa): basti pensare che, nel lungo periodo di separazione tra il 1980 ed il 1994 la loro fama non è calata di un millimetro, nonostante nel frattempo le carriere soliste dei vari membri non fossero mai veramente decollate. Ma, come ho già avuto modo di dire in passato, il gruppo guidato da Don Henley e Glenn Frey (scomparso nel nefasto 2016, primo e finora unico membro presente e passato ad averci lasciato) ha sempre avuto il braccino parecchio corto nella gestione degli archivi, regalando negli anni ai fans davvero poco a livello di materiale inedito (in studio praticamente nulla, qualcosa in più dal vivo ma quasi sempre con concerti monchi), ed anche con questo cofanetto celebrativo, intitolato Legacy, pare abbiano badato più alla confezione che al contenuto.
Il box è, come già accennato, davvero bello, con inseriti all’interno, tre libretti a copertina dura, uno comprendente tutti gli album di studio, uno i live (compreso un DVD ed un BluRay) ed il terzo le note disco per disco e parecchie foto, ma niente testi o nomi di chi suona cosa nei vari dischi (e qualcuno online ha criticato anche la scelta di ignorare le vesti grafiche originali dei vari album). Il tutto senza l’ombra di mezza bonus track: l’unica chicca, se così vogliamo chiamarla, è un CD di dieci pezzi che contiene lati A e B di singoli, esclusivo per questo box, ma anche lì vedremo con poche sorprese. Ma analizziamo nel dettaglio il contenuto del cofanetto, che è comunque strepitoso, specie per i neofiti o per i super fan.
CD1: Eagles (1972) Suona strano che il disco d’esordio della band californiana sia stato registrato a Londra (con la produzione del grande Glyn Johns). Ma Eagles è un debutto coi fiocchi per il gruppo di Henley e Frey (completato da Bernie Leadon e Randy Meisner), e sono già presenti classici come lo splendido country-rock Take It Easy (scritta da Jackson Browne insieme a Frey), la potente ed intrigante rock song Witchy Woman e la deliziosa e countreggiante Peaceful, Easy Feeling. Tra i restanti brani si segnalano la trascinante Chug All Night, il rockin’ country Nightingale, ancora di Browne, e lo squisito honky-tonk Train Leaves Here This Morning di Leadon, responsabile anche del bluegrass elettrico Earlybird. CD2: Desperado (1973) L’album migliore del primo periodo delle Aquile, un disco quasi perfetto in cui spiccano la splendida title track, tra le più belle canzoni dei seventies, la soft ballad di classe Tequila Sunrise e la sontuosa Doolin-Dalton, così bella che viene ripresa due volte. Ma non sono da meno Twenty-One, altro scintillante bluegrass di Leadon, l’irresistibile rock’n’roll di Out Of Control e la fulgida Saturday Night, con le perfette armonie vocali tipiche del gruppo.
CD3: On The Border (1974) Gli Eagles ringraziano Johns ed iniziano una lunga collaborazione con Bill Szymczyk, che dura fino ai giorni nostri. On The Border è un album di transizione, privo di vere hits, ma solido e di buon livello, a partire dal pimpante rock’n’roll d’apertura Already Gone, per proseguire con la bella cover di Tom Waits Ol’ 55 e con la 100% californiana The Best Of My Love. Brani minori ma comunque validi sono la squisita Midnight Flyer, ancora tra rock e bluegrass, la raffinata ballad My Man e la potente ed elettrica James Dean. In due brani fa la sua comparsa alla solista Don Felder, che da lì a breve entrerà a far parte stabile del gruppo. CD4: One Of These Nights (1975) La solita formula iniziava a mostrare la corda, e quindi i nostri aumentano le sonorità rock, pop ed anche errebi (come nel caso della famosa title track) entrando in disaccordo con Leadon che se ne andrà di lì a poco, non prima di aver lasciato in eredità l’ambizioso strumentale tra rock e musica western Journey Of The Sorcerer (per la verità tirato un po’ per le lunghe). Ci sono comunque un paio di omaggi al suono country-rock degli esordi con la tersa Lyin’ Eyes e la deliziosa e malinconica Hollywood Waltz. Ma il capolavoro del disco, e della carriera di Meisner, è la straordinaria ballata Take It To The Limit, tra le più belle in assoluto dei nostri. L’album è anche l’unico delle aquile a contenere un brano cantato da Felder, Visions, e dopo averlo ascoltato non è difficile capire perché non abbiano insistito.
CD5: Hotel California (1976) Il capolavoro degli Eagles, un disco quasi senza sbavature che deve gran parte della sua fama all’epica title track, una canzone magnifica dall’agghiacciante testo sul tema dell’autodistruzione e con uno dei più begli assoli di chitarra di sempre. Ma l’album contiene diverse altre perle, dal pop-rock quasi perfetto di New Kid In Town, alle roccate e coinvolgenti Life In The Fast Lane e Victim Of Love, fino alla buona slow ballad Wasted Time. Sul finale il disco cala leggermente, con il congedo di Meisner (che lascerà dopo l’uscita del disco) Try And Love Again, e l’esordio del nuovo chitarrista Joe Walsh (ex James Gang e subentrato al posto di Leadon), che con Pretty Maids All In A Row dimostra che le ballate non sono il suo pane. Ma c’è ancora tempo per un colpo di coda con la straordinaria The Last Resort, altra sontuosa ballad dalla melodia memorabile e con un crescendo emozionante. CD6: The Long Run (1979) Timothy B. Schmit, ex Poco, sostituisce Meisner giusto in tempo per partecipare a quello che per molti anni sarà l’ultimo album del gruppo, distrutto dai conflitti interni. The Long Run è un lavoro discontinuo, con tre pezzi ottimi (il gustoso errebi della title track, il rock’n’roll trascinante di Heartache Tonight, scritto con Bob Seger, e la malinconica The Sad Café), due buoni (la sofisticata I Can’t Tell You Why, perfetta per la voce angelica di Schmit, e la roccata In The City, con Walsh stavolta nel suo ambiente naturale) ed altri non proprio eccelsi, soprattutto le brutte The Disco Strangler e Those Shoes e la pessima Teenage Jail, forse la peggiore canzone in assoluto dei nostri. The Greeks Don’t Want No Freaks, che vede la presenza ai cori di Jimmy Buffett, è divertente nonostante sia un po’ stupidotta.
CD7/8: Long Road Out Of Eden (2007) un nuovo disco 28 anni dopo The Long Run, quasi un miracolo (anche se i nostri sono di nuovo insieme dal 1994 come live band), e la formazione è la stessa meno Felder, che ha “abbandonato” all’inizio del nuovo secolo per dissidi con Henley e Frey. Long Road Out Of Eden è formato da due CD, ed è il classico caso di un buon doppio album che avrebbe potuto essere un eccellente singolo, tenendo solo i brani migliori. Che sono concentrati in gran parte nel primo dischetto: la suggestiva apertura corale a cappella di No More Walks In The Wood, l’irresistibile country-rock How Long (scritta da J.D. Souther e suonata più volte dal vivo negli anni settanta dalle Aquile, ma mai incisa fino a quel momento), le belle Busy Being Fabulous, What Do I Do With My Heart e Waiting In The Weeds, la raffinata No More Cloudy Days e la delicata You Are Not Alone. Non male anche Guilty Of The Crime di Walsh, mentre gli highlights del secondo CD sono la grintosa Somebody e l’epica title track (10 minuti di durata), una signora canzone che però non è, come ha detto qualcuno, la nuova Hotel California. CD9: Eagles Live (1980) il primo disco dal vivo della band esce praticamente postumo, e contiene brani tratti dal tour del 1980 ma anche del 1976 (quindi ancora con Meisner in qualche brano). Ed è comunque un live splendido, con i nostri che forniscono scintillanti riletture delle pagine più belle del loro songbook (ma pare che i pezzi siano stati pesantemente ritoccati in studio), con l’aggiunta di due episodi del repertorio solista di Walsh (All Night Long e la trascinante Life’s Been Good, la signature song del biondo chitarrista) e della bellissima cover corale di Seven Bridges Road di Steve Young.
CD10: Hell Freezes Over (1994) la tanto attesa reunion avviene per un concerto negli studi della MTV a Burbank, al quale seguirà un tour di clamoroso successo. Il titolo si riferisce ad una frase di Henley dei primi anni ottanta, quando asserì che gli Eagles avrebbero suonato ancora assieme “quando l’inferno ghiaccerà”. I cinque (c’è anche Felder) sono in forma eccellente, e ci regalano versioni splendide di Take It Easy, Tequila Sunrise, I Can’t Tell You Why, The Last Resort e Desperado, e soprattutto una sontuosa Hotel California suonata interamente unplugged. Peccato scelgano di inserire anche le mediocri Pretty Maids All In A Row e New York Minute (di Henley solista quest’ultima). Ma la ciliegina sono quattro pezzi nuovi di zecca registrati in studio, tutti molto belli: il rock’n’roll quasi alla ZZ Top Get Over It, la romantica Love Will Keep Us Alive, scritta da Jim Capaldi e Paul Carrack ed affidata alla limpida voce di Schmit, la country ballad vecchio stile The Girl From Yesterday e l’intensa Learn To Be Still, slow song di Henley sulla falsariga di The End Of The Innocence. CD11: The Millenium Concert (2000) Uscito originariamente all’interno del cofanetto celebrativo Selected Works 1972-1999, in questo album si comincia a vedere il braccino corto dei nostri. Registrato il 31 Dicembre 1999 a Los Angeles, il CD (che è anche l’ultima apparizione su disco di Felder all’interno del gruppo) propone solo una parte del concerto, la miseria di dodici canzoni. Il suono e la performance sono impeccabili, e, a parte Hotel California e Peaceful, Easy Feeling, le Aquile propongono una scaletta “diversa”, con le raramente suonate Victim Of Love, Please Come Home For Christmas, Ol’ 55, The Best Of My Love ed una Take It To The Limit eseguita per la prima volta dal 1976 (la canta Frey). Però, porca pupazza, con solo 12 canzoni a disposizione, dovevamo per forza sorbirci le non eccezionali (eufemismo) Those Shoes, Dirty Laundy, All She Wants To Do Is Dance, Funky New Year e Funk # 49?
CD12: Singles And B-Sides (2018) Il CD “esclusivo” presenta, su dieci pezzi totali, sei versioni “single edit” di brani contenuti nei dischi precedenti; l’unica vera rarità, mai uscita prima in CD, è Get You In The Mood, un discreto rock-blues che era sul lato B di Take It Easy. Poi abbiamo le due facciate del singolo natalizio del 1978, Please Come Home For Christmas, decisamente bella (è un classico di Charles Brown), e Funky New Year, decisamente trascurabile. Chiude il dischetto la splendida Hole In The World, toccante canzone scritta all’indomani della tragedia dell’11 Settembre 2001, e caratterizzata dalle inimitabili armonie vocali del gruppo. DVD: Hell Freezes Over (1994) Trasposizione video del concerto già uscito in CD, con l’aggiunta di The Heart Of The Matter di Henley e Help Me Through The Night di Walsh e, come bonus audio, Seven Bridges Road, che però è un remaster della versione di Eagles Live (?!?). E, particolare non trascurabile, le quattro canzoni nuove che sul CD erano in studio qua sono dal vivo. BluRay: Farewell I Tour: Live From Melbourne (2005) Finalmente un concerto completo delle Aquile, e stavolta pure lungo, ma anche uno dei live in video più belli in circolazione, con i quattro in forma strepitosa, compreso Walsh (che nelle interviste degli extra sembra invece suonato come una campana). Inutile dire che i classici ci sono tutti, e sono suonati e cantati in maniera perfetta. Non mancano comunque le chicche, come alcuni ottimi episodi delle carriere soliste: The Boys Of Summer di Henley, You Belong To The City di Frey, Walk Away e Life’s Been Good di Walsh. Ci sono anche due brani all’epoca nuovi, No More Cloudy Days, che andrà su Long Road Out Of Eden, e One Day At A Time, che Walsh pubblicherà sul suo album solista Analog Man. Come ciliegina, la prima versione live ufficiale dell’emozionante Hole In The World, con armonie vocali da brivido.
A parte tutti i giudizi già espressi sull’avarizia discografica degli Eagles, Legacy è un cofanetto con dentro tantissima grande musica: diciamo che se conoscete qualcuno che a Natale vi vuol fare un bel regalo, questa potrebbe essere un’ottima opzione.
Marco Verdi