Come Stanno Le Cose Dopo La Fine Di Un Matrimonio ? Andy White – How Things Are

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Andy White – How Things Are – Floating World Records 2014

A distanza solo di un anno ( si fa per dire, è uscito il 25 Febbraio dello scorso anno, ma viene distribuito solo ora dalle nostre parti) è con grande piacere che mi accingo a (ri)parlarvi del “ribelle gentile” Andy White; come mi successe da che rimasi folgorato da Rave On, Andy White (86), il suo splendido album d’esordio, e come sempre mi accade, da allora ho seguito la sua carriera (con alti e bassi), e mi sono appassionato alle sue produzioni, anche se onestamente quell’episodio rimane in assoluto il suo lavoro migliore, il più ruvido e spontaneo, in cui aleggiava il suo spirito libero. Da allora il ragazzo “dell’Ulster” con una certa frequenza ha pubblicato vari album: Kiss The Big Stone (88), Himself (90), Out There (92), Destination Beautiful (94), una intrigante collaborazione sotto il nome di Alt (con Liam O’Maonlai dei grandi Hothouse Flowers e Tim Finn dei Crowded House) Altitude (95), Teenage (93). Dopo un periodo di stasi e alcune raccolte (la migliore è Rare (99) che conteneva versioni alternate di brani già noti, outtakes e performance sparse del periodo precedente), ritorna con un buon lavoro Boy 40 (03) che ricalca le incisioni dell’esordio, spiazzando poi il suo pubblico con un album sperimentale dal titolo emblematico Garageband (06), dal suono corposo, con molto ritmo e un uso intelligente della parte elettronica, ritornando di nuovo alle sue radici con il significativo titolo Songwriter (09), registrato in quel di Vancouver con l’apporto di alcuni dei più bei nomi della scena canadese, John Leckie, Allison Russell delle Po’ Girl, Stephen Fearing dei poco conosciuti Blackie And The Rodeo Kings, con l’apporto di membri delle Be Good Tanyas e della Neko Case Band. Dopo una breve pausa trova collaborazione con Stephen Fearing con l’omonimo Fearing And White (11), recensito su queste pagine dal sottoscritto http://discoclub.myblog.it/2011/06/20/una-misteriosa-strana-coppia-fearing-and-white/ , e Tea And Confidences (14) (un’altra collaborazione con Fearing, uscita più o meno in contemporanea con il nuovo album), prima di tornare in studio con questo lavoro solista How Things Are, dal forte impatto emotivo (racconta della dolorosa fine di un matrimonio durato quindici anni). Il disco registrato interamente nel proprio studio The Growlery, insieme al figlio Sebastian alla batteria e percussioni, e con un’intera sezione d’archi suonata dalla sola violinista Domini Forster, propone uno stile che spazia da un vigoroso pop-rock, a tracce piacevoli in forma più acustica https://www.youtube.com/watch?v=OYbdHmFEfcw .

Andy White Back Cover Photo

In questi brani ricchi di “ricordi dolorosi” Andy ha messo il suo genio letterario e musicale, sin dall’iniziale Driftin’  con un arrangiamento che ricorda i primi R.E.M., a cui fanno seguito una straziante Separation Street con echi à la Van Morrison, le trame acustiche di You Got Me At Hello , Band Of Gold e All It Does Is Rain https://www.youtube.com/watch?v=3oVY_Pd-IzU , passando per i ritmi sincopati di Jessica Says, le note melodiche di Everyone’s In Love, e ancora la “dylaniana” Closest Thing To Heaven, lo strumentale  Thank You, chiudendo questa storia sulla fine di un matrimonio con una struggente ballata alla McCartney come Picture Of You, e già che siamo in tema di Beatles, citando addirittura John Lennon nella traccia conclusiva Who Said We’re Gonna Get Another Lennon.

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In circa trent’anni di onorata carriera Andy White, nato e cresciuto a Belfast ma cittadino del  mondo (oggi vive a Melbourne in Australia), è riuscito a costruire una solida base di fedelissimi “fans” che lo seguono nei suoi concerti all’estero (è stato anche nel mitico Spazio Musicadi Pavia), tenendo alto il vessillo della canzone d’autore, e facendolo con la naturalezza e la semplicità di un talento innato che meriterebbe la giusta attenzione dagli amanti della buona musica.

Tino Montanari

*NDB Proprio in questo mese di gennaio Andy White è in giro per l’Italia a presentare il suo nuovo album:

ITALY

Jan 8 OSNAGO (LC) La Locomotiva
Jan 9 GARDA (VR) Can e Gato*
Jan 10 COSTERMANO (VR) La Val*
Jan 12 REGGIO EMILIA (RE) Aloisius*
Jan 13 LIVIGNO (SO) Marco’s Pub*
Jan 14 PAVIA (PV) Spaziomusica*
Jan 15 LIVORNO  Surfer Joe Diner (Radio Folk Festival)
Jan 16 VERCELLI (VC) Birrificio BSA Glu Glu Club
Jan 17 TREVIGLIO (BG) Big Mamy
Jan 18 SCANDIANO (RE) Red Mosquito*
Jan 19 CANTÙ (CO) All’Una e Trentacinque Circa*
Jan 22 ALESSANDRIA (AL) Mag Mell
Jan 23 GORIZIA (GO) L’Alchimista
Jan 24 MILANO (MI) Arci Noeuva

* feat. Lele Borghi on drums

Intramontabile “Dandy” Del Rock – Bryan Ferry – Live In Lyon

bryan ferry live in lyon 2013

Bryan Ferry – Live in Lyon – Eagle Vision 2013 – Dvd – Blu-Ray Deluxe Edition

Sia come frontman dei Roxy Music e poi come solista, Bryan Ferry si è ritagliato nel corso di una carriera quarantennale (e oltre), uno spazio musicale che assimilava rock, pop, soul, blues e jazz, riuscendo a creare un suono che è unicamente suo. Ferry è originario di Washington (contea del Durham inglese), e ancora studente all’Università di Newcastle nel ’64 forma i Banshees e con loro incide il primo singolo I Got A Woman, Nel 1970 con Brian Eno, Phil Manzera, Andy Mackay, Graham Simpson e Paul Thompson forma i Roxy Music che guiderà (pur fra molte crisi) sino allo scioglimento avvenuto nel 1983. Con i Roxy, Bryan vive periodi di buon successo di critica (gli anni del “glam-kitsch rock” con Brian Eno) e altri di grande popolarità (a cavallo tra i ’70 e gli ’80) con un repertorio più leggero ed intrigante. Parallelamente agli impegni con il gruppo, Ferry sviluppa una propria carriera solista all’insegna del rock melodico e romantico, con un repertorio che attinge spesso ai “classici” leggeri americani (è il caso di These Foolish (73) e Another Time Another Place (74), con una buona selezione di cover d’autore (Beatles, Rolling Stones, Bob Dylan, Miracles, Carole King), entrambi premiati dal pubblico inglese. Negli anni seguenti seguiranno con cadenza abbastanza regolare una dozzina di album di buon livello, di cui mi piace segnalare Taxi (93) composto interamente da cover (tra cui classici come All Tomorrow’s Parties, I Put A Spell On You, Amazing Grace), l’ottimo tributo a Dylan Dylanesque (06) e l’intrigante The Jazz Age dello scorso anno (una rivisitazione in chiave jazz strumentale dei suoi successi) http://www.youtube.com/watch?v=eJmlP7W2wQQ.

Nel luglio 2011 in pieno tour promozionale per l’album Olympia, Bryan Ferry ha fatto tappa al prestigioso Teatro antico di Fourvière (presso Lione), in una location da brividi e  con una band di primissimo livello comprendente Oliver Thompson e Neil Hubbard alle chitarre, Colin Good al piano, Andy Newmark e il figlio Tara alla batteria, Jeremy Meehan al basso, la bella e brava Jorja Chalmers alle tastiere e sax, e a completamento, un manipolo di coriste e ballerine, per una sontuosa scaletta (22 canzoni) infarcita di successi suoi e dei Roxy  Ferry sale sul palco e inizia lo show con un classico di Screamin Jay Hawkins I Put A Spell On You e le “dylaniane” Just Like Tom Thumb’s Blues e Make You Feel My Love, per poi colpire al cuore con le ballate romantiche Slave To Love, If There is Something, http://www.youtube.com/watch?v=uOw_dNkMx5Q Reason Or Rhyme  http://www.youtube.com/watch?v=0bmFl0seKII, una Oh Yeah (che dal vivo sprigiona sempre grande energia) e una torrida versione di Like A Hurricane di Neil Young . Dopo una delicata Tara in onore del figlio, parte il set con brani del periodo Roxy con la sempre emozionante “tropicale”Avalon, My Only Love, What Goes On, Sign Of The Times  e una frizzante Love Is The Drug. La parte finale del concerto rende omaggio ai grandi autori nuovamente con il Dylan di All Along The Watchtower, Let’s Stick Together (Wilbert Harrison), Hold On I’m Coming (Hayes e Porter, dal repertorio di Sam & Dave), e una sincera ed emozionante versione di Jealous Guy (Lennon), da sempre “cavallo di battaglia” di Bryan, in chiusura di una magnifica “performance” live.

Il concerto è supportato da immagini altamente suggestive, che ripercorrono, come detto, un repertorio quarantennale disseminato da successi planetari, dove Ferry ancora una volta affascina con il suo stile elegante e suadente (rivitalizzato da giovani musicisti come suo figlio e Thompson) e questo Live in Lyon è semplicemente un ultimo tesoro, in una vitale carriera piena zeppa di gioielli.

NDT: Il DVD è arricchito da un interessante documentario e un minuzioso making of straboccante di interviste ed esclusive riprese in studio, con interventi di Nile Rodgers, Flea e Dave Stewart.

Tino Montanari

The Masked Marauders. Mick Jagger, Bob Dylan, Paul McCartney, John Lennon, George Harrison. Ma sarà vero?

 

Masked_Marauders.JPGPer essere vero è vero, la copertina dell’album originale del 1969 la vedete qua di fianco, sui contenuti e sui partecipanti ho qualche dubbio, o meglio sui contenuti no, sugli artisti coinvolti qualche “piccola” perplessità.

Qualche settimana fa, in un posto precedente, vi ho parlato del “mitico” Sequoia di CSN&Y, uscito un 1° di aprile di metà anni ’70 e mai tornato (nel senso che non esiste, pesce d’aprile), creato in Italia. Negli States dove notoriamente sono molto più avanti, nel 1969 tale T.M. Christian recensisce per la rivista Rolling Stones un doppio bootleg di un nuovo supergruppo chiamato The Masked Marauders – I Masnadieri Mascherati, ma per favore! – formato da, nomi e cognomi, Mick Jagger, Bob Dylan, Paul McCartney, John Lennon e George Harrison, se la devi sparare, sparala grossa.

Questo doppio disco pirata, un bootleg per intenderci, rivaleggiava con il Great White Wonder di Dylan per la sua mitica introvabilità ma gli “eroici” giornalisti di Rolling Stone erano riusciti a recuperarne una copia. Il disco, sempre secondo la recensione, si apre con una lunghissima versione, oltre diciotto minuti di Season of the Witch di Donovan cantata da Dylan che imita superbamente lo stile vocale del primo Donovan. Il disco, prodotto da Al Kooper viene registrato in una località secreta del Canada in una serie di jam session, da ricordare una grande versione di The Duke of Earl, un classico della canzone americana, cantato ancora alla grande da Bob Dylan con la sua nuova voce profonda. E’ proprio Dylan, reduce dalla lunga pausa dopo l’incidente in moto?!?, il grande protagonista del disco.

T.M. Christian, sta per The Magic Christian, titolo di un libro, ma anche di un film interpretato da Peter Sellers con la partecipazione di Ringo Starr, che a causa di questo impegno non aveva potuto partecipare alla registrazione del disco (Capito!?! Scherzo nello scherzo), in effetti il gionalista era Greil Marcus, mica cotica, una delle firme più autorevoli della storia del giornalismo musicale, autore di fior di biografie su Elvis, Dylan (toh!) e decine di altri libri serissimi (allora un giovane pirlone).

Fin qui lo scherzo iniziale, esce la rivista e tutti capiscono? Nemmeno per sogno, arrivano telefonate da Allen Klein, manager di Beatles e Stones e dal manager di Dylan, Albert Grossman che chiedono spiegazioni sulla provenienza di questi nastri pirata dei loro protetti. A questo punto i giornalisti della rivista scoprono di avere tra le mani qualcosa di grosso, tutto era partito come una parodia dei supergruppi, qualcuno ha detto Blind Faith e CSNY?, ma ora assumeva una vita propria. Quindi Marcus e un altro giornalista di Rolling Stone convocano un gruppo di oscuri musicisti californiani loro amici, i Cleanliness & Godliness Skiffle Band, per fargli registrare il tutto, detto fatto il disco è pronto, viene mandato ad alcune radio di Los Angeles che lo trasmettono, scoppia la guerra tra le case discografiche per decidere chi deve pubblicarlo. Vince la Warner Bros che con un anticipo di 15.000 dollari (nel 1969) si aggiudica il diritto a pubblicare l’album.

Il disco esce nel novembre di quell’anno, venderà più di centomila copie, arrivando fino al n.114 delle classifiche e restando nelle stesse per dodici settimane.

Fine della storia? Ma stiamo scherzando (!!), nel 2003 la Rhino Handmade pubblica un bel cd in 2000 copie, con i risultati di quelle sessioni.

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Detto per inciso, I Can’t get no nookie cantata da Jagger, e Seasons of the witch, oltre dieci minuti e molto simile alla versione della Supersession di Bloomfield, Kooper and Stills e The Duke of Earl cantata da Dylan non sono niente male, divertentissimo il siparietto finale dove un tipo incavolatissimo si lamenta di essere stato preso per i fondelli e chiede dove siano i veri Dylan, Lennon, Harrison.

Il cd non è di facile reperibilità e costa un pacco di soldi, se volete nel solito Amazon potete sentirvi, per curiosità, i primi 30 secondi dei vari brani.

Bruno Conti

Beatles: una curiosità

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Tutti conoscono il proverbiale sarcasmo di John Lennon, i testi dei Beatles spesso nascondono mille sorprese: recentemente riascoltando i loro CD in occasione dell’uscita del Box e rileggendo i testi, mi sono imbattuto in Happiness is a warm gun che secondo me è una delle quattro o cinque canzoni più belle e originali dei Beatles e che, come A day in the life, è un costrutto di due brani, la parte principale di Lennon con un sostanziale contributo di McCartney.

Ma torniamo a bomba: una delle parti più criptiche è quella in cui dice ” A soap impression of his wife which he ate and donated to the National Trust”!! Che vuol dire? Troppo LSD!?!

No, ancora una volta il sarcasmo, ma anche la cura dei Beatles per i particolari, le piccole cose, prende il sopravvento: mi sono ricordato di averlo letto alcuni anni fa. Praticamente si tratta di una vecchia tradizione inglese riportata ai giorni nostri: nell’Inghilterra dei giorni che furono (ma anche in Italia, ovunque) in passato nulla si gettava, donare qualcosa al National Trust voleva dire, in termini brutarli, farla per strada, poi il “dono” veniva trasformato in concime, ovviamente nella Gran Bretagna rurale dei tempi che furono aveva una sua utilità, nel testo di Lennon assume l’aspetto di una piccola malignità ma innocua.

Il testo è qui sotto, il brano si trova nel doppio bianco.

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Bruno Conti