Il “Supergruppo” Canadese Ci Regala Un Altro Disco Splendido! Blackie And The Rodeo Kings – King Of This Town

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Blackie And The Rodeo Kings – King Of This Town – Warner Canada

All’incirca ogni tre anni si ritrovano per pubblicare un nuovo album: questo King Of This Town è il loro nono disco (decimo, se contiamo anche Let’s Frolic Again, mentre il precedente, l’ottimo https://discoclub.myblog.it/2017/01/28/passano-gli-anni-e-dopo-le-regine-questa-volta-tocca-ai-re-ed-e-sempre-grande-musica-blackie-and-the-rodeo-kings-kings-and-kings/  risale a tre anni fa), in effetti l’avventura partì con quella che doveva essere una opera unica High or Hurtin’: The Songs of Willie P. Bennett, per omaggiare un loro illustre (ma quasi sconosciuto fuori dai confini canadesi) connazionale, però da allora Stephen Fearing, Colin Linden e Tom Wilson, in rigoroso ordine alfabetico, ci deliziano puntualmente con una serie di album che collettivamente sono superiori alla somma della parti dei partecipanti, che non sono insignificanti. Linden, giusto in questi giorni, ha visto Oklahoma, la sua produzione per Keb’ Mo’, vincere il Grammy nella categoria Americana https://discoclub.myblog.it/2019/07/15/sempre-della-serie-non-solo-blues-keb-mo-oklahoma/ , e lo scorso anno ha pubblicato pure il delizioso Amour, insieme a Luther Dickinson (per non parlare della produzione dell’ultimo disco del suo amico Bruce Cockburn Crowing Ignites), Tom Wilson, sempre nel 2019, ha pubblicato Mohawk l’ultima fatica della sua altra band, i Lee Harvey Osmond, nominato ai Juno Awards canadesi, e Stephen Fearing, proprio sul finire del 2019 ha rilasciato la sua nuova prova solista, l’eccellente The Unconquerable Past.

Ma quando sono insieme, pur mantenendo le loro diverse caratteristiche stilistiche, Linden tra Americana e blues, Wilson l’anima più rock e Fearing quella più folk, quando aggiungono alle loro influenze anche quelle favolose armonie vocali a due e tre parti, elementi country e cajun acadienne, e il consueto apporto di una serie di collaborati fantastici, riescono a trasfigurare il tutto. Questa volta troviamo le armonie vocali delle McCrary Sisters, le tastiere di Janice Powers, la moglie di Colin Linden, che si alterna a Kenneth Pearson, Thompson Wilson, il figlio di Tom, come la Powers co-autore di un paio di brani, uno insieme a Hawksley Workman, per non parlare della superba sezione ritmica formata da Gary Craig alla batteria e Johnny Dymond al basso, che pure loro contribuiscono alla scrittura delle canzoni, e infine il multistrumentista Jim Hoke, impegnato a sax, organo, armonica e fisarmonica. Il risultato finale è una goduria unica: dalla iniziale Hard Road, cantata con voce ”scura” da Wilson, tra rock atmosferico e sapori sudisti, grazie all’apporto del New Orleans soul delle sorelle McCrary, passando per la solare e corale Cold 100, cantata a voce spiegata da tutti e tre che l’hanno scritta collettivamente, con un drive da perfetta rock song da suonare a tutto volume sulle (auto)strade di tutto il mondo, con il dobro e la slide di Linden ad impreziosirla, mente le McCrary armonizzano come solo loro sanno fare.

Trust Yourself, il primo contributo di Fearing, con Hoke a al sax e all’organo, è un sinuoso folk-rock con tracce blues, che ricorda il miglior Cockburn, quando alza la sua quota elettrica, grazie agli interventi puntuali di Colin alla solista; World Gone Mad (scritta da Linden con l’ex Family e Band Jim Weider), con tutti e tre ancora impegnati a tratti in un cantato collettivo che rende irresistibile il brano, con le chitarre dell’autore che imperversano di nuovo alla grande in un brano superbo, mentre Baby I’m Your Devil, scritta dai due Wilson, babbo e figlio con Workman, screziata dalle armonie vocali di Rachael Davis, l’armonica di Hoke e l’acidissima chitarra di Linden che contribuiscono alle atmosfere dark e sospese della canzone. North Star, l’altro brano firmato dal trio è una stupenda ballata cantata dal vocione di Wilson, con il supporto degli altri due, dedicata alla ricerca della donna con la Stella del Nord nei suoi occhi (il Canada), romantica ed evocativa  https://www.youtube.com/watch?v=Yd_TWpsb8Ww , King Of This Town di Linden è un perfetto esempio di antemico roots-rock, vogliamo chiamarlo Americana, con le sue chitarre a dispensare piccole meraviglie, sostenute da un florilegio di tastiere.

La malinconica, quasi triste, visto l’argomento trattato, Walking On Our Graves, è una bellissima canzone, tra Dylan e la Band, cantata con grande trasporto da un ispirato Stephen Fearing, un ennesimo gioiellino, impreziosito da un assolo di Linden calcolato con il goniometro https://www.youtube.com/watch?v=4AEeaXx0vJc , seguito da un tuffo a New Orleans per la travolgente Kick My Heart Around , scritta da Linden che la canta, con il contributo della famiglia Wilson, tra sbuffi di armonica e fisarmonica ed una allegria quasi palpabile https://www.youtube.com/watch?v=v77GJ1YytYY . Medicine Hat della premiata ditta Linden/Wilson, tra country-rock cosmico e un divertente e mosso groove di vintage R&R si ascolta con grande piacere, prima di farci congedare dai BARK con la soffusa ed elegiaca ballata Grace, cantata in solitaria da un pensoso Fearing che, anche sulle ali della struggente armonica di Hoke, conferma la sua anima più riflessiva e gentile. Come al solito un album affascinante e consistente, da ricordare per ie liste dei migliori di fine anno, l’unico neo è che non si trova con facilità alle nostre latitudini.

Bruno Conti

Un Cantautore Per “Palati Fini”. Stephen Fearing – Every Soul’s A Sailor

Stephen Fearing Every Soul's A Sailor cover

Stephen Fearing – Every Soul’s A Sailor – Lowden Proud Music

Con questo nuovo lavoro, Every Soul’s A Sailor, Stephen Fearing, membro fondatore e forse la parte più folk del gruppo Blackie & The Rodeo Kings (un trio formato anche da Colin Linden e Tom Wilson, per chi scrive, la migliore country-rock band del Canada, autori di recente di uno splendido album http://discoclub.myblog.it/2017/01/28/passano-gli-anni-e-dopo-le-regine-questa-volta-tocca-ai-re-ed-e-sempre-grande-musica-blackie-and-the-rodeo-kings-kings-and-kings/ ), arriva (se non ho sbagliato i conti) al suo nono disco da solista, a distanza da quattro anni dal  precedente e pregevole Between Hurricanes, puntualmente recensito su questo blog http://discoclub.myblog.it/2013/04/18/un-romantico-poeta-canadese-stephen-fearing-between-hurrican/ . Registrato nei Canterbury Sound Studios di Toronto, Fearing, chitarra acustica e elettrica, per l’occasione si avvale solamente di una sezione ritmica composta da John Dymond al basso e Gary Craig alla batteria e percussioni, anche con Blackie and The Rodeo Kings, ma è  altresì aiutato da una ricca sezione fiati guidata dal co-produttore David Travers Smith e dalle efficaci armonie vocali (in due brani) della brava Rose Cousins, per dieci brani dal suono limpido e profondo, eseguite da vero songwriter di talento.

L’anima del “marinaio” Stephen salpa con la carezzevole melodia di  Put Your Money Where Your Mouth Is, per poi avventurarsi in un viaggio emozionante e triste con la dolcissima ballata Red Lights In The Rain (con al controcanto la citata Rose Cousins), alzare il ritmo con un brano politico come Blowhard Nation (una feroce condanna all’America di Trump), per poi passare all’accattivante melodia retrò di The Things We Did. Con Gone But Not Forgotten ritorna la dolce voce di Rose, mentre in sottofondo si ascoltano le trombe “lugubri” di David Travers Smith, mentre la seguente Love The Deal si basa su ritmiche più rock-blues, per poi ritornare di nuovo ad un’altra dolce ballata come Carousel, cantata alla John Gorka, e aggiungere atmosfere lievemente jazzate nel blues sincopato di Love Like Water. Dopo una lunga navigazione, infine l’anima del “marinaio” Stephen arriva in porto con altre due semplici love songs come Better Than Good, e la title track Every Soul’s A Sailor, dove la chitarra di Fearing sgorga note leggiadre, quasi come quando una brezza leggera accompagna qualsiasi barca a vela.

Stephen Fearing è un vecchio artigiano della canzone (un autore certamente di nicchia), nato a Vancouver e cresciuto a Dublino, e ora nuovamente figlio prediletto del Canada (merito anche della sua ex moglie canadese), con questo ultimo lavoro Every Soul’s A Sailor, un disco che come sempre esalta limpide melodie folk-rock, con un buon impasto di sonorità elettro-acustiche, che hanno il loro punto di forza in quelle splendide ballate che profumano dei freddi inverni canadesi. Anche se è molto più conosciuto come membro dei Blackie & The Rodeo Kings, questo signore in passato ha anche collaborato con molti artisti, tra cui Richard Thompson, Sarah McLachlan, Nick Lowe,  Bruce Cockburn, Shaw Colvin e recentemente Andy White (recuperate Tea And Confidences), e mi sembra giusto che questa raccolta di canzoni (che magari richiedono vari ascolti prima di essere apprezzate), trovi uno spazio nella vostra discoteca, in quanto per il sottoscritto c’è sempre un senso e un motivo per dare un ascolto all’opera di un folksinger raffinato come Stephen Fearing.       

Tino Montanari

Passano Gli Anni, E Dopo Le Regine Questa Volta Tocca Ai “Re”, Ed E’ Sempre Grande Musica! Blackie And The Rodeo Kings – Kings And Kings

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Blackie And The Rodeo Kings – Kings And Kings – File Under Music Label

Passano gli anni, e la scena musicale canadese conferma la sua vitalità con gruppi ormai storici come I Blue Rodeo o i Cowboy Junkies, mentre Great Big Sea e Crash Test Dummies tacciono, i City And Colour non li conosce quasi nessuno, gli Arcade Fire hanno preso una piega che non ci piace, i New Pornographers sono abbastanza discontinui, come pure i Tragically Hip, peraltro molto popolari in patria, tra i più recenti ricordiamo i No Sinner; non mancano i componenti della famiglia Wainwright, e si potrebbe andare avanti per ore. Per esempio citando anche Lee Harvey Osmond che è la “band” sotto cui si nasconde Tom Wilson, uno dei tre componenti dei Blackie And The Rodeo Kings, gruppo nato per rendere omaggio alle canzoni di Willie P. Bennett, e che negli anni ha prodotto una serie di album spesso di assoluta eccellenza. Insieme a Wilson, ci sono Stephen Fearing (anche cantautore in proprio, con un album recentissimo, Every Soul’s A Sailor, appena uscito e autore pure di pregevoli dischi in coppia con Andy White) e Colin Linden, anche lui con una carriera solista interessante, forse più orientata verso il blues, oltre ad essere uno dei produttori più bravi e ricercati in circolazione (Lindi Ortega, il grande amico Cockburn, Colin James), direttore musicale della serie televisiva Nashville (dove vive).

I tre amici, sei anni fa, nel 2011 ebbero una idea “geniale”: un disco di duetti con una serie di voci femminili (cosa mai avvenuta prima, l’ironia è voluta), dove molte volte però è l’esecuzione e la scelta dei partecipanti che delineano il risultato, in questo caso, manco a dirlo, eccellente http://discoclub.myblog.it/2011/07/20/blackie-and-the-rodeo-kings-re-e-regine/, infatti in quel disco apparivano cantanti come Lucinda Williams, Amy Helm delle Olabelle, Cassandra Wilson, Patti Scialfa, Julie Miller (col marito Buddy al seguito, presente anche in questo nuovo capitolo), Janiva Magness, Emmylou Harris, Mary Margaret O’Hara, Holly Cole e svariate altre, di cui potete leggere al link qui sopra. Per la serie, forse i nomi non saranno tutto, ma sono comunque molto importanti, vi ricordo anche i nomi dei musicisti impiegati in questo nuovo Kings And Kings (si tratta forse di una serie di duetti con voci maschili e gruppi? Indovinato!) oltre ai tre leaders del gruppo, Gary Craig, alla batteria, Johnny Dymond al basso, John Whynot piano e organo, Kenneth Pearson anche lui tastiere (che sarebbe il Ken Pearson che suonava in Pearl di Janis Joplin), Bryan Owings, anche lui alla batteria e infine Kevin McKendree, che pure lui si alterna alle tastiere, con Colin Linden che suona tutto il resto che serve.

Il disco al sottoscritto piace parecchio, fin dalla iniziale Live By The Song una rara canzone firmata da tutti e tre insieme, che è una sorta di autobiografia in musica del loro gruppo, con l’ospite Rodney Crowell del tutto a suo agio nel roots-country’n’roll di questo bellissimo brano che rievoca le atmosfere care alla Band, con chitarre e tastiere spiegate in uno sfolgorio di pura Americana music di grande fascino, splendida apertura; Bury My Heart, scritta da Linden e che vede la presenza del countryman dall’anima rock Eric Church è un’altra notevole ballata mid-tempo, dalla melodia avvolgente e con quel suono caldo e raffinato che è caratteristica tipica dei Blackie And The Rodeo Kings, sempre con la chitarra di Linden pronta a scattare verso la meta. Beautiful Scars, scritta da Tom Wilson (o se preferite Lee Harvey Osmond), vede la presenza di Dallas Green (anche in questo caso si dovrebbe parlare di City & Colour, la magnifica band di Green, con una copiosa discografia da investigare), un’altra canzone dalla costruzione complessa ed affascinante, cantata con grande pathos e passione, perché questa signori è musica rock di qualità superiore, e per High Wire Colin Fearing si inventa un pezzo degno del songbook di Roy Orbison, per sfruttare al meglio la splendida voce di Raul Malo dei Mavericks.

Fino ad ora una canzone più bella dell’altra, nessun segno di stanchezza o ripetizioni, altro cambio di genere per il country-rock-blues della mossa Playing My Heart che vede la presenza di Buddy Miller, che coniuga con il resto della band un mood quasi sudista, dove le chitarre si prendono i loro spazi. E il più avventuroso Wilson chiama alla collaborazione anche i Fantastic Negrito di tale Xavier Dphrepaulezz  (che lo ammetto, non conoscevo, ma investigherò) per un soul-funky blues futuribile di fascino indefinito e sostanza come Biiter And Low; e per Secret Of A Long Lasting Love, scritta da Fearing con Andy White, i tre chiamano a collaborare uno dei maestri del “pure pop & rock” britannico come Nick Lowe, altro limpido esempio del grande talento che è stato schierato per questo eclettico album, una composizione folk-rock dall’animo gentile, cantata in solitaria da Lowe,  impreziosita da melodie che si assimilano subito nella loro raffinata semplicità (non è un ossimoro)! E poi arriva uno dei miei preferiti di sempre, uno dei più grandi cantautori mai prodotti dal Canada, Bruce Cockburn, uno che negli anni ’70 ha realizzato una serie di dischi di straordinaria qualità (rivaleggiando con l’altro Bruce), ma poi ha continuato a fare musica sempre di elevata qualità, spesso prodotta dal suo amico Colin Linden, che probabilmente ha scritto A Woman Gets More Beautiful con in mente proprio Cockburn, una ballata delicata e sognante, cantata in inglese e francese, che è uno dei momenti migliori in un album splendido, dove i “Re” della musica spesso si superano, con Bruce e Colin impegnati in un delizioso interplay vocale e chitarristico.

Land Of The Living (Hamilton Ontario 2016) è un’altra magnifica ballata a due voci che vede alla guida del brano l’accoppiata Tom Wilson/Jason Isbell, con l’ex Drive-by Truckers che si conferma una volta di più come uno dei migliori nuovi musicisti in ambito roots music. Non posso che ribadire, veramente una canzone più bella dell’altra, e anche Long Walk To Freedom, dove l’ospite è il cantante e chitarrista Keb’ Mo’, si colloca nell’ambito ballate, stile dove Blackie And The Rodeo Kings veramente eccellono, questa volta tocca a Fearing affiancare la voce maschia di Kevin Moore, ottimo anche alla slide, in questo brano che ha anche accenti blues e gospel, con uno squisito lavoro dell’organo che adorna da par suo il tessuto del brano. Un disco dei BARK non si può definire tale se non c’è almeno una cover dall’opera dello scomparso Willie P. Bennett: per l’occasione viene ripescata This Lonesome Feeling, una sorta di lamento di un cowboy, che vede il supporto vocale e strumentale di una delle leggende del lato giusto di Nashville, ovvero Vince Gill, un brano folky quasi “tormentato” e minimale, lontano mille miglia dal country più bieco della Music City. Che viene ulteriormente rivisitata anche nella conclusiva e mossa Where The River Rolls, scritta da Colin Linden, che per interpretarla ha chiamato i cosiddetti The Men Of Nashville, che poi sarebbero alcuni degli interpreti della serie televisiva Nashville della ABC, citata all’inizio e curata proprio da Linden, che nel brano ci regala un piccolo saggio della sua perizia alla chitarra, anche se il brano, una country song piacevole con piccoli tocchi gospel, non raggiunge forse i livelli qualitativi del resto del disco, veramente di grande spessore, uno dei migliori usciti in questo scorcio di inizio 2017!

Bruno Conti

Come Stanno Le Cose Dopo La Fine Di Un Matrimonio ? Andy White – How Things Are

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Andy White – How Things Are – Floating World Records 2014

A distanza solo di un anno ( si fa per dire, è uscito il 25 Febbraio dello scorso anno, ma viene distribuito solo ora dalle nostre parti) è con grande piacere che mi accingo a (ri)parlarvi del “ribelle gentile” Andy White; come mi successe da che rimasi folgorato da Rave On, Andy White (86), il suo splendido album d’esordio, e come sempre mi accade, da allora ho seguito la sua carriera (con alti e bassi), e mi sono appassionato alle sue produzioni, anche se onestamente quell’episodio rimane in assoluto il suo lavoro migliore, il più ruvido e spontaneo, in cui aleggiava il suo spirito libero. Da allora il ragazzo “dell’Ulster” con una certa frequenza ha pubblicato vari album: Kiss The Big Stone (88), Himself (90), Out There (92), Destination Beautiful (94), una intrigante collaborazione sotto il nome di Alt (con Liam O’Maonlai dei grandi Hothouse Flowers e Tim Finn dei Crowded House) Altitude (95), Teenage (93). Dopo un periodo di stasi e alcune raccolte (la migliore è Rare (99) che conteneva versioni alternate di brani già noti, outtakes e performance sparse del periodo precedente), ritorna con un buon lavoro Boy 40 (03) che ricalca le incisioni dell’esordio, spiazzando poi il suo pubblico con un album sperimentale dal titolo emblematico Garageband (06), dal suono corposo, con molto ritmo e un uso intelligente della parte elettronica, ritornando di nuovo alle sue radici con il significativo titolo Songwriter (09), registrato in quel di Vancouver con l’apporto di alcuni dei più bei nomi della scena canadese, John Leckie, Allison Russell delle Po’ Girl, Stephen Fearing dei poco conosciuti Blackie And The Rodeo Kings, con l’apporto di membri delle Be Good Tanyas e della Neko Case Band. Dopo una breve pausa trova collaborazione con Stephen Fearing con l’omonimo Fearing And White (11), recensito su queste pagine dal sottoscritto http://discoclub.myblog.it/2011/06/20/una-misteriosa-strana-coppia-fearing-and-white/ , e Tea And Confidences (14) (un’altra collaborazione con Fearing, uscita più o meno in contemporanea con il nuovo album), prima di tornare in studio con questo lavoro solista How Things Are, dal forte impatto emotivo (racconta della dolorosa fine di un matrimonio durato quindici anni). Il disco registrato interamente nel proprio studio The Growlery, insieme al figlio Sebastian alla batteria e percussioni, e con un’intera sezione d’archi suonata dalla sola violinista Domini Forster, propone uno stile che spazia da un vigoroso pop-rock, a tracce piacevoli in forma più acustica https://www.youtube.com/watch?v=OYbdHmFEfcw .

Andy White Back Cover Photo

In questi brani ricchi di “ricordi dolorosi” Andy ha messo il suo genio letterario e musicale, sin dall’iniziale Driftin’  con un arrangiamento che ricorda i primi R.E.M., a cui fanno seguito una straziante Separation Street con echi à la Van Morrison, le trame acustiche di You Got Me At Hello , Band Of Gold e All It Does Is Rain https://www.youtube.com/watch?v=3oVY_Pd-IzU , passando per i ritmi sincopati di Jessica Says, le note melodiche di Everyone’s In Love, e ancora la “dylaniana” Closest Thing To Heaven, lo strumentale  Thank You, chiudendo questa storia sulla fine di un matrimonio con una struggente ballata alla McCartney come Picture Of You, e già che siamo in tema di Beatles, citando addirittura John Lennon nella traccia conclusiva Who Said We’re Gonna Get Another Lennon.

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In circa trent’anni di onorata carriera Andy White, nato e cresciuto a Belfast ma cittadino del  mondo (oggi vive a Melbourne in Australia), è riuscito a costruire una solida base di fedelissimi “fans” che lo seguono nei suoi concerti all’estero (è stato anche nel mitico Spazio Musicadi Pavia), tenendo alto il vessillo della canzone d’autore, e facendolo con la naturalezza e la semplicità di un talento innato che meriterebbe la giusta attenzione dagli amanti della buona musica.

Tino Montanari

*NDB Proprio in questo mese di gennaio Andy White è in giro per l’Italia a presentare il suo nuovo album:

ITALY

Jan 8 OSNAGO (LC) La Locomotiva
Jan 9 GARDA (VR) Can e Gato*
Jan 10 COSTERMANO (VR) La Val*
Jan 12 REGGIO EMILIA (RE) Aloisius*
Jan 13 LIVIGNO (SO) Marco’s Pub*
Jan 14 PAVIA (PV) Spaziomusica*
Jan 15 LIVORNO  Surfer Joe Diner (Radio Folk Festival)
Jan 16 VERCELLI (VC) Birrificio BSA Glu Glu Club
Jan 17 TREVIGLIO (BG) Big Mamy
Jan 18 SCANDIANO (RE) Red Mosquito*
Jan 19 CANTÙ (CO) All’Una e Trentacinque Circa*
Jan 22 ALESSANDRIA (AL) Mag Mell
Jan 23 GORIZIA (GO) L’Alchimista
Jan 24 MILANO (MI) Arci Noeuva

* feat. Lele Borghi on drums

“Benvenuti Al Sud”! Blackie And The Rodeo Kings –South

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Blackie & The Rodeo Kings – South – File Under Music

Per chi non ne fosse al corrente, Blackie And The Rodeo Kings è una vecchia canzone di Willie P. Bennett, cantautore roots canadese molto noto negli anni ’70. Correva l’anno ’96 quando tre musicisti canadesi decisero di unirsi, più per divertimento che per soldi, per incidere un tributo alla  musica di Bennett, dando vita al progetto Blackie & The Rodeo Kings. I tre musicisti rispondevano (e rispondono) al nome di Colin Linden, Stephen Fearing e Tom Wilson: Linden produttore di mestiere e anche musicista per piacere (con parecchi validi dischi a suo nome), Fearing cantautore e Wilson leader di una rock band molto popolare in Canada (The Junkhouse), tre spiriti diversi, tre anime rock con origini abbastanza lontane le une dalle altre, ma per tutti primeggiava l’amore per la musica.

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Con questo South sono ben otto gli album incisi da questo “combo” canadese, a partire dal citato esordio High Or Hurtin’: The Songs Of  Wllie P.Bennett (96), il doppio Kings Of Love (99), e dopo una breve pausa Bark (04), Let’s Frotic (06), con abbastanza materiale da far uscire un secondo album di “outtakes” Let’s Frolic Again (per chi scrive, una spanna superiore al precedente (07), Swinging From The Chains Of Love (08), e il bellissimo Kings And Queens (11), un disco di duetti con voci femminili che andavano da Mary Margaret 0’Hara a Serena Ryder, da Cassandra Wilson a Emmylou Harris, da Rosanne Cash a Exene Cervenka, fino a Lucinda Williams (se volete conoscere le altre ospiti, correte a prendere il CD o leggete qui http://discoclub.myblog.it/2011/07/20/blackie-and-the-rodeo-kings-re-e-regine/ ).

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Con l’apporto della solita sezione ritmica, John Dymond al basso, Gary Craig batteria e percussioni,  Stephen Fearing chitarra acustica e voce, Colin Linden chitarra, dobro, mandolino e voce, eTom Wilson chitarra e voce (mente anche dei bravissimi Lee Harvey Osmond), con questo ultimo lavoro sposano un progetto intrigante, con suoni, colori e umori del Sud del continente nordamericano.

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Le prime due tracce del viaggio simbolicamente partono con North dall’incedere elettro-acustico, con il dobro di Colin in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=VbI0pFbkEF0 , mentre South è più melodica, perfetta a fare da contorno alla voce dello stesso Linden https://www.youtube.com/watch?v=acJhHs8HsRs , mentre in Gotta Stay Young, irrompe il vocione di Wilson https://www.youtube.com/watch?v=FaVjFNJIxfU . Si prosegue con la maestosa ballata I’d Have To Be A Stone scritta da Wilson e Fearing, e cantata da quest’ultimo in modo struggente (e dove primeggia l’organo di Kevin McKendreehttps://www.youtube.com/watch?v=63ITRzCWsM0 , come nella seguente Blow Me A Kiss con la voce di Wilson, a cavalcare un suono ricco di belle melodie, per poi tornare ad un sound elettrico con Summertime’s Over. La seconda parte del viaggio inizia con una Everything I Am di Fearing dalle sfumature blues, il country dolce di I’m Still Loving You, la deliziosa Reinventing The Wheel Of Love (dai sapori messicani) https://www.youtube.com/watch?v=2zcqjfthLkI , il country-blues di Try Try Try Again, mentre Fleur De Lys è un oasi tranquillizzante, scritta e cantata in coppia da Linden e Wilson, e per finire questo lungo viaggio verso il Sud niente di meglio che un brano proprio di Willie P. Bennett, Driftin Snow, sotto forma di un bel duetto vocale degli stessi protagonisti del brano precedente, con un ritornello tipico delle canzoni folk-blues di venti e passa anni fa https://www.youtube.com/watch?v=QR6ngZ_a6io .

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Non è certo un capolavoro, ma un bel disco di “americana”, guidato dall’intreccio delle voci dei tre leader Fearing, Linden e Wilson, da assaporare lentamente, magari sorseggiando un bel bicchiere di Whisky Canadese (consiglio il Sam Barton), lasciando scorrere la mente sui verdi boschi,  le grandi distese e le immense pianure dei figli delle “giubbe rosse”!

Tino Montanari

Un Romantico Poeta Canadese. Stephen Fearing – Between Hurricanes

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Stephen Fearing – Between Hurricanes – LowdenProud Records 2013

Ma chi è questo cantautore? Ebbene, per chi non lo conosce, Stephen Fearing è un canadese, di Vancouver per la precisione, scoperto da Steve Berlin dei Los Lobos, ma anche noto come membro fondatore del trio canadese Blackie And The Rodeo Kings, con i due soci Tom Wilson e Colin Linden (progetto grazie al quale si è portato a casa un Juno Award, equivalente dei Grammy). La storia artistica di Fearing merita una breve introduzione: Stephen, come detto, nasce in quel di Vancouver da una mamma irlandese e da un padre inglese, si trasferisce a Dublino fino alle scuole superiori, e fra i suoi compagni di classe ci sono elementi degli U2. A diciotto anni visita gli Stati Uniti, in seguito si iscrive alla British Columbia ad Alberta, dove vive la sorella, e da li inizia una gavetta di almeno una decina d’anni, trascorsi a suonare in piccoli Clubs, diventando un ottimo chitarrista. Dopo i commenti positivi dei primi due dischi Out To Sea (88) e Blue Line (91) (purtroppo ormai introvabili) incide The Assassin’s Apprentice (93) un piccolo capolavoro, prodotto da Steve Berlin  e supportato in studio da Richard Thompson e Sarah McLachlan. Seguiranno negli anni Industrial Lullaby (97), l’intermezzo acustico live di So Many Miles (2000), That’s How I Walk (2002) prodotto da Colin Linden, Yellowjacket (2006), l’immancabile raccolta The Man Who Married Music (2009) e la collaborazione con il songwriter di Belfast Andy White Fearing & White (2011), recensito da chi scrive su queste pagine. una-misteriosa-strana-coppia-fearing-and-white.html Tralascio volutamente la discografia con i Blackie And The Rodeo Kings (ottima, ma che fa parte di un’altra storia musicale).

Prodotto da John Whynot (Bruce Cockburn e Blue Rodeo fra i suoi clienti) e registrato in quel di Toronto, con Between Hurricanes Fearing, in 54 minuti di grande musica, consolida la reputazione, raccontando nelle varie canzoni la tenerezza e l’umanità dei suoi personaggi. Il lavoro si mantiene su livelli di eccellenza per tutto il suo svolgimento, ma ci sono almeno cinque canzoni decisamente sopra la media e che si fanno amare in maniera particolare, partendo dalla delicata Don’t You Wish Your Bread Was Dough (sembra di sentire il miglior Cockburn), l’intro di un pianoforte intimista  in Cold Dawn (il racconto di un incidente di elicottero a Terranova), la ballata acustica Fool, una canzone sulla fragilità dei sentimenti, la folkeggiante These Golden Days, per concludere con una personale versione di un classico di Gordon Lighfoot Early Morning Rain.

Nel corso della sua carriera Stephen Fearing ha collaborato con una lunga lista di artisti tra i quali Tom Wilson e Colin Linden (suoi attuali “pards” nei BTRK), Richard Thompson e Bruce Cockburn (i suoi modelli dichiarati), Shawn Colvin e Margo Timmins (Cowboy Junkies), e, l’ultimo in ordine di tempo, Andy White, e di tutti questi personaggi (come ha dichiarato in varie interviste), ricorda il piacere di frequentarsi e scrivere canzoni insieme. Oggi Stephen, dopo aver vissuto per anni a Guelp nell’Ontario (terra ricca di castori, alci e trapper) in compagnia della poetessa Angela Hryniuk (la cui unione è stata fondamentale per l’evoluzione del musicista canadese), si è trasferito ad Halifax, si è risposato e recentemente è diventato padre. Fearing è certamente un autore di “nicchia” (ma assai stimato in patria), e questo Between Hurricanes è il risultato: un disco, che esalta le melodie folk-rock , dai testi intelligenti e mai banali, composto di umide ballate che profumano degli inverni in Canada  e mette in risalto una voce splendida per dolcezza e portamento. Questo umile recensore (e spero di diffondere la conoscenza di questo artista), rende un doveroso omaggio a tutti quei songwriters che sopravvivono fuori dal mercato.

Tino Montanari

Blackie And The Rodeo Kings – Re e Regine!

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Blackie and The Rodeo Kings – Kings and Queens – Dramatico Records

Il Canada ha regalato alla musica una serie di grandi talenti, prima Neil Young, Joni Mitchell, la Band e Leonard Cohen, che però sono riconosciuti come musicisti universali ma di formazione “americana”. Poi negli anni ’70 c’è stata una seconda ondata, meno importante nei nomi ma non a livello qualitativo (per semplificare all’estremo), che ha prodotto gente come Bruce Cockburn, David Wiffen, Murray McLauchlan, Valdy e Willie P. Bennett (sempre andando per citazioni). Cockburn soprattutto, in quella decade non ha sbagliato un disco, uno più bello dell’altro, ma anche gli altri hanno saputo regalare pagine di musica squisita in quegli anni.

Il nome che ci interessa qui è quello di Willie P. Bennett, perché dal titolo di una sua canzone prende il nome il gruppo di cui ci occupiamo. Lo so che molti hanno già recensito questo Kings and Queens ed il sottoscritto arriva buon ultimo a parlarne ma questo album (e il gruppo) meritano tutta la mia attenzione e il mio rispetto. Intanto, il disco mi piace, forse non sarà il loro più bello (ma non sono sicuro), ma il livello qualitativo rimane molto elevato. Da quel lontano (ma non troppo) 1996 in cui esordivano con High and Hurtin’:The Songs of Willie P. Bennett il trio di Tom Wilson, Stephen Fearing e Colin Linden ha pubblicato sette album (questo CD ed una antologia compresi), e da una sorta di super cover band che pubblicava solo materiale di Bennett si sono trasformati in uno dei gruppi migliori in circolazione.

Ci sarà pure un motivo se quattordici delle migliori voci femminili della musica nord-americana sono scattate come un “sol uomo”, va bene facciamo donna, per partecipare a questo album. Forse il rispetto e l’ammirazione per tre musicisti che anche in proprio sono in grado di regalare musica emozionante, forse una occasione a cui era difficile dire no perché, stranamente, non siamo di fronte in questo caso ad uno dei classici dischi-tributo a cui si partecipa quasi per dovere. Le canzoni, scritte tutte per l’occasione alternano le tre anime del gruppo: il “rocker” Tom Wilson, che divide la sua musica anche con i Lee Harvey Osmond insieme ad alcuni Cowboy Junkies (ecco forse perché in questo album non appare Margo Timmins, ce l’aveva già in “casa”), il “romantico” Stephen Fearing, cantautore sopraffino canadese ma che ha speso la sua gioventù in Irelanda, terra del suo attuale partner musicale Andy White (i due hanno appena pubblicato un disco insieme di cui avete letto nel Blog una-misteriosa-strana-coppia-fearing-and-white.html). Infine Colin Linden, il chitarrista e produttore, quello più vicino al Blues ma anche alla musica di Cockburn di cui è stato a lungo collaboratore e che anche gli altri due hanno incrociato spesso, ma quella è un’altra storia.

Prima dicevo che l’album sarebbe stato bello anche di suo, senza le ospiti, visto che ci sono molte belle canzoni e qualcuna un filo meno riuscita, ma dato che sono presenti parliamone: il disco parte alle grande con un country-rock chitarristico come If I can’t Have You che ben si adatta alla voce di Lucinda Williams che agisce di supporto a quella di Tom Wilson che sfodera una voce alla Nick Lowe per l’occasione mentre la solista di Linden ricorda il sound degli ultimi dischi di Lucinda ma anche grandi country-rockers canadesi come i Blue Rodeo e Blackie and The Rodeo Kings,perché no! Sarah Watkins è uno dei nomi emergenti della musica roots-folk americana, sia come cantante che come violinista (era nei Nickel Creek) e aggiunge una patina vagamente old-time e bluegrass alla slide di Linden e alla voce caratteristica di Fearing in Another Free Woman.

Rosanne Cash ha una voce inconfondibile, bellissima, matura e piena ed è una di quelle che più caratterizza il brano a cui partecipa, Got You Covered avrebbe potuto essere nel suo ultimo bellissimo The List invece la trovate qui a duettare con Colin Linden che ci regala anche un delizioso assolo di chitarra. Amy Helm si conferma degna figlia di tanto padre (e leader delle Olabelle) nel bellissimo duetto dai profumi soul con Tom Wilson nella ritmata I’m Still Lovin’ You mentre la slide di Linden ricama altre note di contorno.

E fin qui stiamo andando alla grande: Golden Sorrows di e con Stephen Fearing è una ballata avvolgente e Cassandra Wilson si conferma voce di gran classe e distinzione nell’adattarsi ai ritmi e alle melodie delicate di Fearing e alla magica chitarra di Linden. Patti Scialfa, eh, dunque, sarà sempre la signora Springsteen ma se la cava molto bene nella cover (ebbene sì ho mentito, ce ne sono due) di Shelter me Lord dei coniugi Buddy & Julie Miller, un gospel blues tagliente e affilato cantato con Colin Linden. Pam Tillis è anche lei figlia d’arte (e in questo disco abbondano) ed è una delle cantanti country meno legate ai rigidi cerimoniali di Nashville, quindi una canzone come My Town Has Moved Away se la canta lei con un piccolo aiutino da parte di Fearing, sarà anche country ma ci piace lo stesso. Janiva Magness è una delle “nuove” regine del Blues e in questo trio con Fearing e Wilson porta la sua verve ad un brano scanzonato come How Come You Treat Me Soooo Bad.

Step Away è l’altra cover, come è giusto che sia, un brano di Willie P. Bennett, cantato da Colin Linden e Tom Wilson, un brano lento e spettrale che ben si adatta alla vocalità di Emmylou che come al solito fà la Harris della situazione, ma non è memorabile come in altre occasioni. Memorabile è invece la presenza di Mary Margareth O’Hara per la rarità delle sue apparizioni (a fronte di tanto talento, ma ha deciso così e quindi godiamocela quando c’è): Heart Of Mine è un brano insolitamente mosso nel suo canone sonoro abituale ma la zampata di classe della vocalist in un brano fondamentalmente country e cantato con evidente piacere in compagnia di Wilson e Fearing è una gradita sorpresa.

Holly Cole è un’altra canadese che si dedica abitualmente al jazz ma non disdegna capatine nel mondo dei cantautori e questa bellissima ballata di Fearing (con un ennesimo intervento della solista di Linden) ne esalta le capacità vocali. Ottimo anche il contributo di una divertita Exene Cervenka che si avventura con Tom Wilson in un brano come Made of Love che avrebbe fatto la gioia di “popparoli” di classe come Lowe e Edmunds, detti anche i Rockpile o del T-Bone Burnett del primo periodo. Ma perché l’avrò nominato? Son troppo astuto: in Love Lay Me Down appare Sam Phillips, la sua ex-signora e ci delizia con questo rarefatto e ricercato duetto con Colin Linden che tanto ricorda la sua musica (peraltro da scoprire se non conoscete) ma forse stona un po’ con il resto del disco.

Il brano più bello è l’ultimo (ma ce ne sono tanti): la versione in crescendo di Black Sheep di Stephen Fearing cantata con la giovane e pimpante Serena Ryder, con il violino aggiunto di Sara Watkins e la chitarra di Linden è veramente da brividi e conclude in pompa magna un disco che conferma Blackie and The Rodeo Kings come uno dei migliori gruppi in circolazione.

Mi sono dilungato apposta perché ne valeva la pena e vi consiglio vivamente questo disco a prescindere dalle “regine”, sarebbe bello anche se non ci fossero, ma visto che ci sono, godetevele! In questo momento sono al n.1 delle classifiche Folk-Blues-Roots canadesi, e son soddisfazioni anche queste.

Bruno Conti

Una Misteriosa “Strana Coppia”! Fearing And White

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Fearing and White – Lowden Proud Records

 Se la geografia avesse una sua logica, Stephen Fearing e Andy White non avrebbero mai lontanamente pensato di riuscire a fare questo lavoro. Stephen, canadese di Vancouver, nato e cresciuto a Dublino attualmente residente ad Halifax  e Andy, cantautore e poeta nato a Belfast si è trasferito con moglie e figlio da qualche anno a Melbourne, e per chiudere il cerchio la loro casa discografica è di Alberta in Ontario. I due, entrambi acclamati musicisti nell’ambito di un genere che si può definire “folk – roots – blues”, si sono incontrati una decina di anni fa al Festival di Winnipeg, e da allora è sempre stata una loro aspirazione comporre brani insieme, e dopo vari incontri “semestrali” finalmente si sono trovati in uno studio di registrazione, dividendosi per benino i compiti suonando la chitarra Stephen , il basso Andy, e supportati alla batteria e percussioni dal bravo Ray Ferrugia ( componente dei Lee Harvey Osmond e “turnista” nei dischi della grande Mary Gauthier).

E’ possibile ascoltare un tocco dei fratelli Finn in queste composizioni che non è sorprendente, ma insieme Fearing & White hanno assemblato i loro rispettivi stili e influenze per creare un “sound” onesto rinfrescante e unico. La traccia di apertura del CD Say You Will , ha una atmosfera frivola stile TravelingWilburys che è immediatamente attraente, seguita da una canzone d’amore quale Let love be your direction eseguita alla grande dalla coppia. Si prosegue con il “groove” di Mothership, e da due ballate prettamente acustiche quali What we know now eYou can’t count on anybody any more.

 Con Under the Silver sky si cambia registro, quando il ritmo del brano si alza con la batteria che detta il tempo, per tornare alla ballata confidenziale Dream Maker una delle perle del CD, che si adatta perfettamente al tessuto sonoro del lavoro. Heaven for lonely man mette in risalto le armonie vocali del duo, mentre Faithful Heart cantata prevalentemente dalla voce sognante di Stephen rimanda ai ricordi più dolci dell’infanzia, e a quelli immancabili dell’amore.

October Lies disegna una perfetta giornata autunnale, Heart o’ the morning sembra uscita dai primi e migliori album di Andy White, e il disco si conclude con altre due ballate If I catch you crying e Rockwood dalle cadenze ammalianti. In conclusione un lavoro da centellinare, cercare (perché il CD è uscito solo In Canada e non si trova con facilità) e infine da gustare, ascolto dopo ascolto, scoprendo ognivolta nuove sensazioni, musica non noiosa, mai sopra le righe, in ogni caso significativa, in attesa del nuovo Blackie and The Rodeo Kings!

 Tino Montanari