Nuovo Album Per “Nostalgici” Da Parte Del Gruppo Di Billy Bob Thornton. Boxmasters – Speck

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Boxmasters – Speck – Keentone/Thirty Tigers

Nel 2008 i Boxmasters esordivano addirittura con un doppio CD omonimo per la Vanguard , e lo stesso anno usciva anche un disco natalizio, allora il mercato discografico consentiva ancora queste follie. L’anno successivo un altro album per la Vanguard, poi una serie di dischi, cinque, pubblicati tra una esplosione di attività improvvisa e lunghe pause (nessun CD dal 2009 al 2015, poi 4 titoli tra 2015 e 2016 e uno nel 2018), fino ai giorni nostri in cui esce Speck, il nono della loro discografia. Non credo che il titolo faccia riferimento al famoso salume dell’Alto Adige, o forse sì, ma anche ad un granello, una pagliuzza nel mare magnum della musica, come si considera questo terzetto, nato da un’idea del premio Oscar Billy Bob Thornton, da sempre grande appassionato di rock ( e power pop, Atl-Country, Americana, rockabilly, British Invasion, voi lo pensate loro lo fanno), con alcuni album all’attivo, tra cui l’ottimo esordio del 2001 che conteneva una canzone dedicata all’allora consorte Angelina Jolie.

Insieme a Thornton, alla batteria e alla chitarra, ci sono J.D Andrew, basso, chitarre e fonico della band, nonché Teddy Andreadis, tastiere, armonica e altro, uno in pista da 40 anni circa, a lungo negli anni ’80 con Carole King: il risultato è naturalmente quanto più di “derivativo” vi possiate immaginare, a tratti delizioso nei risultati, specie in questo Speck, in cui ha collaborato con loro Geoff Emerick (scomparso lo scorso ottobre), il vecchio ingegnere del suono dei Beatles all’epoca di Revolver, Sgt Pepper, Abbey Road, White Album, che dà quell’accentuato tocco British Invasion, che fa sì che sembra di ascoltare, oltre ai Beatles, anche outtakes varie di Byrds e Big Star, oltre agli altri stili ricordati prima. Non so se sia un bene o un male, ma visto che il tutto ha comunque un forte profumo di sincerità e passione, a me il risultato non dispiace, meglio dichiarare esplicitamente le proprio influenze che camuffarle e presentarle come “nuove” e dirompenti variazioni sui temi del rock classico, come oggi fanno molti. Quindi la musica sarà anche un hobby per Billy Bob, ma visti i risultati diamogli il beneficio di inventario.

I Wanna Go Where You Go sembra un pezzo dei  primi Byrds, quelli influenzati a loro volta in pari misura da Beatles e Dylan, ed è pure bello, ma se lo faceva Tom Petty veniva giustamente osannato (e lo spessore era sicuramente un altro), Anymore è più vicina a classiche sonorità roots-rock con elementi country, la tipica chitarrona twangy con riverbero,  la brevissima acustica Shut The Devi Up, con tanto di trombone, sa di incompiuto, mentre Let The Bleeding Pray, con delicate e complesse armonie vocali, è una bella ballata con una melodia vincente. Here She Comes ha una andatura più mossa, ricorda sempre mille cose già sentite, un agglomerato di tutti i generi ricordati, ancora con retrogusti del Petty più malinconico; Day’s Gone è più dolce ed irrisolta, anche se a tratti affiora quello spirito gentile che era tipico della musica di George Harrison, con i dovuti distinguo.

Watchin’ The Radio è uno dei momenti più brillanti, il suono si ravviva, le chitarre si fanno più pressanti  e si percepisce una maggiore elettricità nell’aria https://www.youtube.com/watch?v=Ot6QtMBVOjU , con Someday che ricorda certe canzoni dolenti dei Byrds dylaniani quando la voce era quella di Gene Clark, sempre con il dovuto rispetto e solo per esplicare una impressione personale. Square torna alle influenze beatlesiane https://www.youtube.com/watch?v=3QgMMMWSCYc (anche per le” trombettine” squillanti alla Penny Lane), quelle sonorità che nei suoi primi anni ha frequentato anche, per intenderci, uno come Nick Lowe, benché nel suo caso i risultati erano ben più consistenti, qui sembra di prendere una tisana per la notte, buona e utile per la digestione, ma non memorabile. Una maggiore grinta traspare nella title track Speck, le chitarre e la batteria sono più presenti, il ritornello è accattivante, le armonie vocali al solito garbate, lasciando il commiato a Somebody To Say, che dopo una partenza attendista prende un po’ di slancio nella parte centrale. Per “nostalgici”, ma gustoso.

Bruno Conti

Supplemento Della Domenica: Torna A Sorpresa Una Delle Più Belle Serie Dedicate Alla Black Music. Stax Vol. 4 Singles Rarities And The Best Of The Rest. La Recensione

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Stax Singles – Rarities And The Best Of The Rest  – 6 CD Stax/Craft/Universal    

A distanza di parecchi anni dall’ultimo volume, parliamo ormai del 1994, torna assolutamente a sorpresa un nuovo capitolo della bellissima serie di cofanetti dedicati al catalogo dei singoli tratti dal materiale pubblicato su etichetta Stax/Volt e tutte le loro sussidiarie: uno dei compendi dedicati alla soul music, al r&b e alla musica nera in generale più esaltanti nella storia della musica. Giusto per rinfrescare la memoria, vi ricordo che i primi tre volumi sono usciti rispettivamente nel 1991, nel 1993 e, come detto, nel 1994, tutti in box formato grande tipo LP (ma in CD comunque) e poi ristampati varie volte nel corso degli anni, con formati e costi decisamente più ridotti. In effetti la parabola sembrava conclusa, visto che i tre box avevano coperto i tre periodi di vita della etichetta di Memphis, 1959-1968 nel primo volume, 1969-1971 nel secondo e 1972-1975 nel terzo, coprendo tutta la storia della Stax, dalle origini R&B, passando per il soul del periodo classico, fino al soul e funky degli anni ’70, attraverso una serie di canzoni, raccolte in modo certosino, che spaziavano dai maggiori successi fino ad una serie di chicche e rarità che poche se non nessun altra etichetta ha potuto pareggiare.

Quindi questo quarto volume arriva come una sorpresa totale, anche se fa parte dei festeggiamenti per il 60° Anniversario della etichetta di Jim Stewart, iniziati lo scorso anno (per esempio con il bellissimo box su Isaac Hayes), a 60 anni dalla nascita della etichetta come Satellite Records nel 1957 e poi diventata Stax nel 1961, dalla unione dei nomi dei due fondatori, oltre a Stewart anche la sorella Extelle Axton (STewart/AXton = Stax), entrambi bianchi ovviamente, come era tipico della storia di altre race label nate nel corso degli anni, e tuttora in vita alla rispettabile età di 87 anni (ma senza dimenticare Al Bell che invece era il produttore nero della label), come pure la sua etichetta, che è stata rilanciata nel 2006 dalla Universal, anche con una serie di nuove uscite. Il cofanetto è corredato come al solito da un esaustivo libretto, che vedete sopra, ricco di foto, informazioni e alcuni saggi dei curatori dell’opera: visto che una recensione track-by-track sarebbe ovviamente troppo lunga, vediamo almeno di segnalare le cose più interessanti e sfiziose contenute in ogni dischetto. I primi 3 CD come al solito sono prevalentemente dedicati al soul, al funky, con escursioni anche nel R&B e nel blues, i successivi 3 CD toccano anche generi che gli altri box avevano solo sfiorato, tipo gospel, country, rock e di nuovo blues, con materiale estratto anche da etichette associate alla Stax come Truth, Chalice, Enterprise, Hip e Ardent.

Il primo CD parte con Deep Down Inside di Carla & Rufus, lato B del primo singolo di Rufus Thomas, uscito nell’agosto ’60 per la Satellite e poi ci sono altri 7 brani di Thomas, da solo o con la figlia Carla, tra cui una deliziosa versione di Fine And Mellow di Billie Holiday, e altri lati B di singoli (ma che qualità) di altri artisti che testimoniano il passaggio dal R&B, dal doo wop, al blues e poi al soul, alcuni come All The Way di Prince Conley (qualche eco di Sam Cooke), Just Enough To Hurt Me degli Astors, I Found A Brand New Love di Eddie Kirk, assolutamente deliziosi. Tra le chicche anche il lato B di Green Onions di Booker T. & The Mg’s Fannie Mae, oppure Sassy di Floyd Newman, altro strumentale strepitoso, e siamo già al 1963. Dal 1964 arriva That’s The Way It Goes di Bobby Marchan (che annuncia la svolta di Sam & Dave, Wilson Pickett e Otis Redding, della cui Revue Marchan faceva parte); molti brani sono firmati da Steve Cropper, con i pezzi grossi della Stax, Shake Up dei Cobras, Watchdog di Dorothy Williams, Weak Spot di Ruby Johnson, ma c’è anche un pezzo di Sam & Dave A Small Portion Of Your Love, firmato da Porter/Hayes, meno esplosivo del solito, ma sempre di gran classe, e siamo arrivati al 1968, e ci sarebbero altri brani da citare, quasi tutti.

Il secondo CD parte con I’m So Glad You’re Back cantata da Shirley Walton, uscita ancora nel 1968, come pure il lato B dell’unico singolo di Delaney & Bonnie per la Stax, We’ve Just Been Feeling Bad, scritta da Steve Cropper ed Eddie Floyd, bellissimi pure i brani cantati da Judy Clay, uno da sola e due in duetto con William Bell. Il 1968 è un anno magico, e così troviamo anche Stay With Us degli Staples Singers, ancora un paio di brani di Booker T.,  mentre Consider Me di Eddie Floyd è del 1969,  e la versione poderosa di I Thank You dei Bar-Kays, con i fiati che impazzano, del 1970. Tra le curiosità, una maturata Carla Thomas che fa Hi De Ho di Carole King e i Newcomers che fanno Mannish Boys di Muddy Waters in puro stile deep soul.

Il 3° CD che parte dal 1971 si apre con Ilana che canta una melodrammatica Let Love Fill Your Heart, prodotta da Van McCoy, gli ottimi Soul Children, per certi versi rivali dei Jackson 5 della Motown, se fossero stati fronteggiati da uno dei Temptations, David Porter e Isaac Hayes appaiono come cantanti in una melliflua versione di Baby I’m-A Want you dei Bread, che inaugura il futuro stile orchestrale di Hayes, che appare anche con Type Thang, un pezzo a tutto wah-wah che era anche nel secondo Shaft del 1972, come pure la bravissima e poco considerata Jean Knight alle prese con Pick Up The Pieces, il grande Johnnie Taylor con Stop Teasing Me un fantastico funky che sfida James Brown sul suo territorio, e ancora Major Lance che chiude il 1972 con una brillante Since I Lost My Baby’s Love.

Ribadisco che in teoria tutti questi brani erano “scarti”, destinati ai lati B o agli album, si potrebbe dire che hanno raschiato il fondo del barile, e  un po’ così è stato, ma ascoltando la musica non si direbbe: per esempio una eccellente What’s Your Thing degli Staples Singers cantata alla grande da Mavis, ma anche una piacevolissima Yes Sir Brothers, entrambe pubblicate nel 1974, in quello che viene considerato il declino dell’epoca e l’ultimo brano del maggio 1975 Just Ain’t No Love di John Gary Williams che chiude la storia.

Che comunque riparte dal 1969, almeno nei contenuti, nel quarto CD, con il materiale della etichetta Enterprise: per iniziare una drammatica ballata orchestrale quasi da crooner, cantata da Sil Selvidge, The Ballad of Otis B. Watson, scritta e prodotta da Don Nix, Black Hands White Cotton dei Caboose (?), sembra un pezzo dei Creedence cantato da Elvis o da Johnny Rivers, con molti elementi gospel e rock, sempre in questo filone di country got soul commerciale troviamo anche Love’s Not Hard To Find di Dallas County, sempre con Don Nix alla guida; ci sono altri oscuri ma piacevoli cantanti dell’epoca che non citiamo, ma anche Billy Eckstine, grande cantante jazz e pop che incise tre album per la Enterprise, che è presente con I Wanna Be Your Baby, fin troppo arrangiata, diciamo non memorabile, come parte del contenuto di questo CD, anche la versione di Slip Away di O.B. McClinton non sfida gli originali, nonostante l’aria country grazie all’uso della pedal steel.

Meglio la versione di When Something Is Wrong With My Baby di nuovo di Eckstine, e ottima una tirata Some Other Man della River City Band, che sembra quasi un pezzo dei primi Chicago, con una chitarra pungente nell’arrangiamento, per non dire di Black Cat Moan, uno dei super classici di Don Nix (nel disco suonavano, tra i tanti, Barry Beckett, Claudia Lennear, David Hood, Eddie Hinton, Furry Lewis, Klaus Voorman, Pete Carr, Roger Hawkins), sia pure qui nella versione breve da 45 giri e fa capolino anche un tocco jazz e latin rock con Conquistadores ’74 del batterista Chicho Hamilton., quasi alla Santana.

Il quinto CD è dedicato alla Hip Records, una storia non di grande successo commerciale, 3 dozzine di singoli e quattro album in tutto, ma ci sono anche alcune perle del catalogo Ardent, quello dei Big Star di Alex Chilton per intenderci, che era stato tra gli originatori di questo filone “bianco/nero” con i suoi Box Tops: non per nulla questo dischetto è prodotto da Alec Palao, che ha scritto anche le note, grande esperto di garage e psych. A livello storico-collezionistico questo è forse il CD più interessante, ricco anche di materiale inedito, canzoni mai pubblicate, solo arrivate a noi sotto forma di demo, comunque molto curati a livello sonoro: si passa dal beat/garage dei Poor Little Kids, un pezzo delizioso come Stop – Quit It, tra Beau Brummels e il sound di Memphis.

Niente male anche Cigarettes di Lonnie Duvall, che ha una voce che mi ha ricordato il primo Mal, quello dei Primitives, molto british sound 1967, che è l’anno di uscita del singolo, e squisita anche It’s Mighty Clear di nuovo dei Poor Little Kids, con intricate armonie vocali, come pure Warm City Baby dei Jugs, con elementi alla Box Tops, che fanno pure una rallentata e psych For Your Love, e ancora le Goodees con For A Little Wheel, girl group misto a Motown del 1967 scritta da Hayes/Porter, ma c’è una canzone loro del 1969 Goodies di Dan Penn e Spooner Oldham.

Tutto il dischetto è una miniera di sorprese, da Groovy Day dei Kangaroo’s a And ILove You del futuro Derek & The Dominos Bobby Whitlock, che è soul fiatistico del 1968, scritto e prodotto da Don Nix e Duck Dunn, un paio di lati B di Billie Lee Riley, il vecchio rockabilly man degli anni ’50, convertito nel ’68-’69 in blue eyed soul alla Box Tops. Nell’ultima parte del CD ci sono alcuni pezzi dal catalogo Ardent, Feel Alright e I Love You Anyway dei Cargoe, grande power rock chitarristico con elementi degli Who, e tre brani dei Big Star, In The Street, Oh My Soul e la splendida September Gurls, piacevoli pure gli Hot Dogs con la loro versione rock/punk di I Walk The Line.

Il 6° e ultimo disco si tuffa nel gospel/soul delle etichette Chalice e Gospel Truth, con un brano di Roebuck “Pops” Staples Tryin’ Time che è un incantevole blues scritto da Donny Hathaway, uscito per la Stax nel 1970. Poi ci sono quattro brani dei formidabili Dixie Nightingales, molto bella Wade In The Water di The Stars Of Virginia prodotta dal grande Al Bell nel 1966, un paio di brani dei Jubilee Hummingbirds, uno dei bravissimi Pattersonaires, la splendida God’s Promise. Ci sono anche diversi brani cantati da Cori a me sconosciuti ma che mandano brividi lungo la schiena, oltre a quattro brani “divini” (scusate), in tutti i sensi, del mitico Rance Allen Group, usciti tra il 1972 e 1974, nonché due/tre vocalist femminili fantastiche, Terry Lynn e Louise McCord e Annette May Thomas di scuola Aretha gospel. Che altro dire? Globalmente una vera goduria, da non perdere, per appassionati, ma non solo!

Bruno Conti

Torna A Sorpresa Una Delle Più Belle Serie Dedicate Alla Black Music. Stax Singles Rarities And The Best Of The Rest

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Stax Singles Rarities And The Best Of The Rest – 6 CD Stax/Craft/Universal – 09-02-2018 USA/2-03-2018 Europe

A distanza di parecchi anni dall’ultimo volume, parliamo ormai del 1994, torna assolutamente a sorpresa un nuovo capitolo della bellissima serie di cofanetti dedicati al catalogo dei singoli tratti dal materiale pubblicato su etichetta Stax/Volt e tutte le loro sussidiarie: uno dei compendi dedicati alla soul music, al r&b e alla musica nera in generale più esaltanti nella storia della musica. Giusto per rinfrescare la memoria, questi sono i primi tre volumi, usciti rispettivamente nel 1991, nel 1993 e, come detto, nel 1994, tutti in box formato grande tipo LP (ma in CD comunque) e poi ristampati varie volte nel corso degli anni, con formati e costi decisamente più ridotti.

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In effetti la parabola sembrava conclusa, visto che i tre box avevano coperto i tre periodi di vita della etichetta di Memphis, 1959-1968 nel primo volume, 1969-1971 nel secondo e 1972-1975 nel terzo, coprendo tutta la storia della Stax, dalle origini R&B, passando per il soul del periodo classico, fino al soul e funky degli anni ’70, attraverso una serie di canzoni, raccolte in molto certosino, che spaziavano dai maggiori successi fino ad una serie di chicche e rarità che poche se non nessun altra etichetta ha potuto pareggiare. Quindi questo quarto volume arriva come una sorpresa totale, anche se fa parte dei festeggiamenti per il 60° Anniversario della etichetta di Jim Stewart, iniziati lo scorso anno (per esempio con il bellissimo box su Isaac Hayes), a 60 anni dalla nascita della etichetta come Satellite Records nel 1957 e poi diventata Stax nel 1961, dalla unione dei nomi dei due fondatori, oltre a Stewart anche la sorella Extelle Axton (STewart/AXton = Stax), entrambi bianchi ovviamente, come tipico della storia di altre race label nate nel corso degli anni, e tuttora in vita alla rispettabile età di 87 anni, come pure la sua etichetta, che è stata rilanciata nel 2006 dalla Universal anche con una serie di nuove uscite.

.Agli inizi c’era anche la Volt, e poi sono arrivate tutte una serie di label associate, che sono tra la maggiori fonti del materiale che è stato raccolto in questo quarto volume e che va a pescare anche tra gospel, funky, country, rock e blues, attraverso varie canzoni pubblicate in origine come Truth, Chalice, Enterprise, Hip e  Ardent, soprattutto negli ultimi anni di vita della Stax. Infatti, per la prima volta dopo il primo volume, è sparita la definizione Soul nel titolo di questa raccolta, che si chiama semplicemente Stax Singles Rarities, anche se i primi 3 CD dell’antologia trattano comunque quell’argomento, attraverso una sequenza di brani dove non è difficile trovare una ulteriore serie di piccole gemme, soprattutto lati B di singoli (Carla e Rufus Thomas, Booker T. & The MG’s, Sam And Dave, Judy Clay, Delaney & Bonnie, Staple Singers, Eddie Floyd, William Bell, Bar-Kays, Isaac Hayes, David Porter e una nutrita serie di sconosciuti, quanto eccellenti interpreti) destinati ad allietare le giornate degli appassionati del genere. E negli altri tre CD si trovano anche brani, tra i tanti, dei Big Star Don Nix, che neri non erano di sicuro, anche se pure loro pescavano a piene mani dal soul e dal blues, oltre che dal rock.

Comunque ecco la lista completa dei contenuti.

 [CD1]
1. Carla & Rufus: Deep Down Inside 2:20
2. Rufus And Friend: Yeah, Yea – Ah 2:15
3. Prince Conley: All The Way 2:41
4. The Canes: I’ll Never Give Her Up 2:25
5. The Astors: Just Enough To Hurt Me 2:24
6. Eddie Kirk: I Found A Brand New Love 2:45
7. Rufus Thomas: Fine And Mellow 2:56
8. Booker T. & The MG’s: Fannie Mae 2:05
9. Floyd Newman: Sassy 2:05
10. Rufus Thomas: I Want To Get Married 2:20
11. Bobby Marchan: That’s The Way It Goes 2:36
12. The Cobras: Shake Up 2:10
13. Barbara And The Browns: You Belong To Her 2:30
14. Dorothy Williams: Watchdog 2:30
15. Barracudas: Free For All 2:18
16. Barbara & The Browns: I Don’t Want Trouble 2:00
17. Gorgeous George: Sweet Thing 2:38
18. The Astors: I Found Out 2:42
19. Rufus & Carla Thomas: We’re Tight 2:10
20. Rufus Thomas: Chicken Scratch 2:20
21. Ruby Johnson: Weak Spot 2:30
22. Rufus Thomas: Talkin’ Bout True Love 2:40
23. Mable John: If You Give Up What You Got (You’ll See What You Lost) 2:27
24. Sam And Dave: A Small Portion Of Your Love 2:35
25. Ruby Johnson: Keep On Keeping On 2:20
26. Rufus Thomas: Greasy Spoon 2:32
27. Mable John: Left Over Love 2:31
28. Ollie & The Nightingales: Girl, You Have My Heart Singing 2:02
29. Mable John: Don’t Get Caught 2:33

[CD2]
1. Shirley Walton: I’m So Glad You’re Back 2:37
2. Delaney & Bonnie: We’ve Just Been Feeling Bad 2:34
3. Linda Lyndell: I Don’t Know 2:27
4. Judy Clay & William Bell: Love – Eye
5. Judy Clay: Remove These Clouds 3:10
6. The Staple Singers: Stay With Us 2:32
7. Rufus Thomas: So Hard To Get Along With 2:57
8. Jeanne & The Darlings: I Like What You’re Doing To Me 2:41
9. Booker T. & The MG’s: Over Easy 4:05
10. Mable John: Shouldn’t I Love Him 2:31
11. William Bell & Judy Clay: Left Over Love 2:51
12. Jimmy Hughes: Sweet Things You Do 2:14
13. Art Jerry Miller: Grab A Handful 2:06
14. Eddie Floyd: Consider Me 3:26
15. Booker T. & The MG’s: Soul Clap ’69 2:40
16. Jeanne & The Darlings: Standing In The Need Of Your Love 2:42
17. The Bar – Kays: I Thank You 3:25
18. The Soul Children: Make It Good 3:06
19. Ollie & The Nightingales: I’ll Be Your Everything 3:54
20. William Bell: Let Me Ride 2:51
21. Booker T. & The MG’s: Sunday Sermon 4:10
22. Carla Thomas: Hi De Ho (That Old Sweet Roll) 2:20
23. Shack: A Love Affair That Bears No Pain 3:54
24. The Nightingales: Just A Little Overcome 3:48
25. The Newcomers: Mannish Boy 3:02

[CD3]
1. Ilana: Let Love Fill Your Heart 3:03
2. The Soul Children: Ridin’ On Love’s Merry – Go
3. Hot Sauce: I Can’t Win For Losing 2:45
4. Lee Sain: Ain’t Nobody Like Me Baby 3:39
5. Hot Sauce: Echoes From The Past 2:47
6. The Mad Lads: Did My Baby Call 2:55
7. Isaac Hayes & David Porter: Baby I’m – A Want You 4:38
8. Jean Knight: Pick Up The Pieces 2:33
9. Johnnie Taylor: Stop Teasing Me 4:28
10. Isaac Hayes: Type Thang 3:54
11. John Gary Williams: In Love With You 3:27
12. Major Lance: Since I Lost My Baby’s Love 3:19
13. Hot Sauce: Mama’s Baby (Daddy’s Maybe) 3:15
14. The Soul Children: Poem On The School House Door 4:27
15. Rufus Thomas: That Makes Christmas Day 4:40
16. The Staple Singers: What’s Your Thing 4:19
17. Shirley Brown: Yes Sir Brother 3:54
18. Hot Sauce: Funny 3:56
19. Frederick Knight: Let’s Make A Deal 3:26
20. The Green Brothers: Can’t Give You Up (I Love You Too Much) 3:15
21. John Gary Williams: Just Ain’t No Love (Without You Here) 3:28

[CD4]
1. Sid Selvidge: The Ballad Of Otis B. Watson 3:20
2. The Caboose: Black Hands White Cotton 3:48
3. Dallas County: Love’s Not Hard To Find 3:10
4. Casper Peters: April 3:54
5. Clark Sullivan: Reaching For A Rainbow 2:25
6. Billy Eckstine: I Wanna Be Your Baby 3:00
7. Chuck Boris: Why Did It Take So Long 2:45
8. Barbara Lewis: Why Did It Take So Long 2:44
9. Finley Brown: Gypsy 2:45
10. O.B. Mcclinton: Slip Away 2:07
11. Billy Eckstine: When Something Is Wrong 5:21
12. Ben Atkins: Good Times Are Coming 3:19
13. River City Band: Some Other Man 2:11
14. O.B. Mcclinton: Don’t Let The Green Grass Fool You 2:34
15. Big Ben: Would I Be Better Gone? 3:08
16. Don Nix: Black Cat Moan 3:06
17. Don Nix: She’s A Friend Of Mine 3:39
18. Larry Raspberry And The Highsteppers: Rock ‘N Roll Warning 2:40
19. Chico Hamilton: Conquistadores ’74 3:34
20. Cliff Cochran: The Way I’m Needing You 3:08
21. Connie Eaton: Let’s Get Together 3:02
22. Karen Casey: The Way I’m Needing You 3:21

[CD5]
1. Poor Little Rich Kids: Stop It, Quit It 2:27
2. Lonnie Duvall: Cigarettes 2:40
3. Poor Little Rich Kids: It’s Mighty Clear 2:21
4. The Honey Jug: Warm City Baby 2:00
5. The Goodees: For A Little While 2:17
6. The Honey Jug: For Your Love 2:50
7. Kangaroo’s: Groovy Day 2:45
8. Bobby Whitlock: And I Love You 2:04
9. Southwest F.O.B.: Smell Of Incense 2:40
10. The Goodees: Condition Red 2:52
11. Billy Lee Riley: Family Portrait 2:43
12. This Generation: The Children Have Your Tongue 2:48
13. Billy Lee Riley: Show Me Your Soul 2:51
14. The Waters: Day In And Out 2:06
15. The Village Sound: Hey Jack (Don’t Hijack My Plane) 2:37
16. The Cheques: Cool My Desire 1:36
17. The Goodees: Goodies 2:32
18. Paris Pilot: Miss Rita Famous 2:44
19. The Knowbody Else: Someone Something 3:12
20. Cargoe: Feel Alright 2:33
21. Big Star: In The Street 2:53
22. Cargoe: I Love You Anyway 3:01
23. The Hot Dogs: Say What You Mean 4:13
24. Big Star: O My Soul 2:47
25. The Hot Dogs: I Walk The Line 3:19
26. Big Star: September Gurls 2:41

[CD6]
1. The Dixie Nightingales: The Assassination 2:56
2. The Dixie Nightingales: Hush Hush 2:50
3. The Dixie Nightingales: I Don’t Know 2:53
4. The Stars Of Virginia: Wade In The Water 3:05
5. The Dixie Nightingales: Forgive These Fools 3:00
6. The Jubilee Hummingbirds: Our Freedom Song (Free At Last) 3:17
7. The Jubilee Hummingbirds: Press My Dying Pillow 3:10
8. The Pattersonaires: God’s Promise 2:15
9. Rev. Maceo Woods And The Christian Tabernacle Baptist Church Choir: Hello Sunshine 2:35
10. Roebuck “Pop” Staples: Tryin’ Time 5:10
11. Terry Lynn Community Choir: His Love Will Always Be 3:15
12. Reverend W. Bernard Avant Jr. & The St. James Gospel Choir: Don’t Let The Green Grass Fool You (Don’t Let The Devil Fool You) 3:26
13. The Rance Allen Group: There’s Gonna Be A Showdown 2:46
14. The Rance Allen Group: That Will Be Good Enough For Me 4:30
15. Reverend Maceo Woods & The Christian Tabernacle Concert Choir: The Magnificent Sanctuary Band (Marching For The Man) 3:40
16. Louise Mccord: Better Get A Move On 3:47
17. Charles May & Annette May Thomas: Satisfied 3:02
18. The Rance Allen Group: I Got To Be Myself 2:51
19. The People’s Choir Of Operation Push Under The Direction Of Reverend Marvin Yancy: He Included Me 3:42
20. The Rance Allen Group: We’re The Salt Of The Earth 3:30
21. Louise Mccord: Reflections 3:12
22. The Rance Allen Group: Ain’t No Need Of Crying 3:39

Il cofanetto, corredato come al solito da un esaustivo libretto, esce il 9 febbraio sul mercato statunitense e poi sarà pubblicato anche il 2 marzo su quello europeo (e pure in Italia), evitando di dovere effettuare costosi acquisti oltreoceano dove le spese doganali sono sempre in agguato.

Non escludo all’uscita di tornarci sopra per un excursus più approfondito sui contenuti.

Bruno Conti

Un Evidente Caso Di Megalomania: Strano Era Vent’Anni Fa E Strano Rimane Oggi! Alan Vega/Alex Chilton/Ben Vaughn – Cubist Blues

cubist blues

*NDB La piccola aggiunta al titolo l’ho fatta io, è riferita all’autore dell’articolo ed è ovviamente ironica ed affettuosa, ma ci sta! La parola a Marco.

Alan Vega/Alex Chilton/Ben Vaughn – Cubist Blues – Light In The Attic CD

State per assistere ad una operazione di “auto-riciclaggio”. Approfittando della ristampa a distanza di quasi vent’anni (da parte della Light In The Attic, etichetta di Seattle specializzata nel recupero di dischi oscuri, già responsabile in passato delle ristampe per la prima volta in suolo americano dei due mitici album di Sixto Rodriguez) di questo disco inciso dall’ex Suicide Alan Vega insieme all’ex Box Tops e Big Star Alex Chilton (nel frattempo passato a miglior vita) ed al rocker Ben Vaughn, un vero outsider di cui si sono un po’ perse le tracce (anche se incide ancora), e dato che nel 1996 per il Buscadero lo avevo ascoltato io, ho pensato di riproporre pari pari la mia recensione di allora, anche perché anche a distanza di cinque lustri (*NDB Facciamo quattro?) il mio parere è rimasto tale e dunque non cambierei una virgola.

Ma andiamo quindi con Cubist Blues 2.0.

Un supergruppo strano per un disco ancora più strano.

Che Ben Vaughn e l’ex Big Star e Box Tops Alex Chilton (due nostri beniamini) si siano messi insieme per fare un disco non sorprende più di tanto: lo strano è che il terzo invitato sia Alan Vega, musicista newyorkese che, in duo con Martin Rev negli anni settanta e sporadicamente negli ottanta, era l’autore di una musica elettronica d’avanguardia, allucinata e comunque poco digeribile sotto il moniker di Suicide (anche se Springsteen è un fan). Ebbene, non si sa come, i tre si sono trovati in uno studio nella lower Manhattan e, canzone dopo canzone, hanno messo a punto un intero album in presa diretta (le sovrincisioni sono pochissime, niente sessionmen, ed in alcuni brani non c’è neppure il basso), dandogli poi l’enigmatico titolo di Cubist Blues. La parte del leone la fa comunque Vega, in quanto Vaughn e Chilton si limitano ad accompagnare la strana voce del newyorkese, mentre la musica non è proprio come quella dei Suicide…ma quasi!

L’opening track, la lunga Fat City, è il manifesto dell’album: una ritmica incalzante, con la voce malata di Vega che sussurra, parla, ogni tanto si ricorda di cantare, grida, il tutto con il rumore del traffico cittadino sullo sfondo, e la chitarra di Chilton che assume tonalità quasi alla Link Wray. Fly Away prosegue sugli stessi toni, ma è più involuta e fin troppo cerebrale; in Freedom finalmente Vega canta, e la melodia è gradevolissima (anche se costruita intorno al synth) e molto sixties, grazie anche ai ricami chitarristici di Alex.

Il disco continua così, tra canzoni di difficile assimilazione (Too Late è quasi musica minimale alla La Monte Young) e momenti di folle lucidità (Sister, un quasi-blues ipnotico), con la voce di Alan che fa il bello ed il cattivo tempo, ed il duo Chilton-Vaughn che si muove in territori non certo abituali. Qualcuno leggendo queste righe potrebbe avvicinare questo disco a quello degli Eels (NDM: all’epoca della recensione originale era appena uscito l’ottimo esordio Beautiful Freak del gruppo di Mark Everett, un disco a mio parere mai più eguagliato), ma a torto, in quanto il trio EButchTommy, in mezzo ad una grande quantità di suoni obliqui, valorizza la melodia pura, mentre in Cubist Blues le melodie vengono sistematicamente fatte a pezzi da Vega.

Quindi un disco strano, non brutto, ma di sicuro non facilmente assimilabile e, visto i prezzi correnti dei CD, non da acquistare a scatola chiusa.

Marco Verdi