John Lennon. News E Altro

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Ieri abbiamo parlato dell’anniversario della morte di Jimi Hendrix ma altre ricorrenze si avvicinano: il 9 ottobre si festeggia il 70° Anniversario della nascita di John Lennon (e poi l’8 dicembre, purtroppo, saranno 30 anni dalla sua morte).

Naturalmente la sua casa discografica, la EMI non si poteva lasciare sfuggire la ghiotta occasione e quindi il 5 ottobre ci sarà una alluvione di ristampe.

Prima di tutto il Signature Box, un cofanetto di 11 CD che comprende gli 8 album di studio (per un totale di 9 CD perché Sometime in New York City torna in versione doppia), un CD con i 6 brani che erano apparsi come singoli e quindi non appaiono negli album originali e infine un CD di demo e outtakes che è il vero motivo per cui bisognerà acquistare il Box. Il tutto accompagnato da un libretto di 65 pagine, stampe commemorative e tre brevi saggi firmati da Yoko Ono, Sean Lennon e Julian Lennon inseriti in quella confezione candida che vedete sopra effigiata. Il prezzo, a seconda dei paesi, dovrebbe oscillare tra i 150 e i 200 euro (o dollari).

Naturalmente non finisce qui: per i più poveri o i meno interessati esce anche un cofanetto quadruplo, a prezzo molto contenuto, intitolato Gimme Some Truth, una antologia che raccoglie quattro album tematici chiamati rispettivamente Borrowed Times, Roots, Working Class Hero e Woman per un totale di 72 brani. Quindi una antologia più che esaustiva considerando che i brani totali contenuti nel cofanetto di 11 Cd sono 100 oltre ai 19 che appaiono nei dischi aggiuntivi (quindi vuol dire che il tutto poteva essere racchiuso in un cofanetto massimo di 5 o 6 CD chiamato, che so, Songs e i dischi originali venire pubblicati come singoli album rimasterizzati a parte, ma essendo già stato fatto in anni recenti si è preferito percorrere, come al solito, la strada del cofanetto costoso. Come già detto altre volte si chiama “Marchetting”!

Ecco i brani dell’11° CD.

CD 11:
1. MOTHER (STUDIO OUTTAKE)
2. LOVE (STUDIO OUTTAKE)
3. GOD (STUDIO OUTTAKE)
4. I FOUND OUT (STUDIO OUTTAKE)
5. NOBODY TOLD ME (HOME RECORDING)
6. HONEY DON’T (STUDIO OUTTAKE)
7. ONE OF THE BOYS (HOME RECORDING)
8. INDIA, INDIA (HOME RECORDING)
9. SERVE YOURSELF (HOME RECORDING)
10. ISOLATION (STUDIO OUTTAKE)
11. REMEMBER (STUDIO OUTTAKE)
12. BEAUTIFUL BOY (DARLING BOY) (HOME RECORDING)
13. I DON’T WANNA BE A SOLDIER MAMA I DON’T WANNA DIE (STUDIO OUTTAKE)

Poteva mancare una bella raccolta singola che va ad aggiungersi a quelle esistenti? Certo che no e quindi ecco pronto Power To The People – The Hits, una antologia con 15 brani disponibile anche in versione Deluxe con DVD allegato che contiene i video di tutti i brani dell’album.

Infine esce anche una versione doppia di Double Fantasy che aggiunge all’album originale un secondo CD intitolato Double Fantasy Stripped Down che contiene gli stessi 14 brani ai quali il produttore Jack Douglas e Yoko Ono hanno tolto tutti gli orpelli tipici delle produzioni anni ’80 per riportare il suono e la voce di John Lennon al suo splendore originale! E questo suona assai interessante e ha da prendersi insieme al disco di rarità contenuto nel cofanetto. Quindi iniziate a piangere e mettete mano al vostro portafoglio di coccodrillo.

Dimenticavo. Forse si intuiva parlando del box ma Sometime In New York City esce per la prima volta nella versione doppia rimasterizzata quindi con jam sessions con la band di Zappa ripristinate, mentre nella ultima versione uscita era stato accorciato a un solo CD.

A parte, per i nababbi, esce anche questo http://www.boxofvision.com/johnlennon/

Per finire vi anticipo alcune cose che riguardano ancora i Beatles e materiale affine. Il 19 ottobre usciranno per la prima volta in versione remastered e doppia a prezzo pieno le due antologie 1962-1966 (la Rossa) e 1967-1970 (la Blu). Poi si vocifera, non confermato, qui lo dico e qui lo nego, che poco dopo verranno raccolte in un cofanetto quadruplo entrambe, quindi altra versione da collezionare.

Il 26 ottobre escono anche le ristampe di tutti gli album degli altri artisti della Apple, anche queste rimasterizzate per l’ennesima volta e con varie bonus tracks in ciascuna, quindi il primo James Taylor, Badfinger, Jackie Lomax, Billy Preston, Mary Hopkin eccetera, eccetera, quindi altro salasso.

Poi vi lasciano qualche giorno di tregua e arriva la Hear Music/Concord/Universal (che ha acquisito i diritti di tutto il catalogo di Paul McCartney, quindi occhio per il futuro) che pubblicherà la versione Deluxe e SuperDeluxe di Band On The Run dei Wings rispettivamente in 2CD+DVD e 3CD+DVD e qui son dolori. Uscita il 2 novembre, poi ci torniamo con calma e altri dettagli.

Bruno Conti

Fantastici Quegli Anni! Old Grey Whistle Test – BBC

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The Old Grey Whistle Vol.1 – BBC 2DVD Uk – Warner 1 DVD Usa

Parafrasando il titolo di un’opera del buon Mario Capanna (ma la politica non c’entra niente), qui ci vogliamo riferire al periodo tra il 1971 e il 1987 in cui la BBC” mandò in onda la “mitica e leggendaria” (per mancanza di aggettivi più magniloquenti) trasmissione Old Grey Whiste Test. All’inizio la presentava “Whispering” Bob Harris (se vi capiterà di vedere qualche episodio capirete perché aveva quel soprannome) e poi fu seguito da altri cinque presentatori che si sono alternati negli anni e qui ricordano i bei tempi passati.

Se vi ho incuriosito o attizzato con il riferimento inserito nel post dedicato a Lesley Duncan la realtà è addiritura superiore alla fantasia: versione doppio DVD per l’Inghilterra, versione singola per gli States (ma sono comunque più di tre ore di musica e interviste), versione non pervenuta per il mercato italiano (e te pareva? Ma comunque in rete o usato, qualche sciamannato o bisognoso che lo vende si trova sempre!).

Perché è cosi fondamentale ed importante averlo o comunque vederlo? Innanzitutto è tutto dal vivo, con o senza pubblico, ma tutte le versioni dei brani e le interviste sono rigorosamente inedite e realizzate appositamente per la trasmissione e poi, spesso, le versioni sono eccellenti, in alcuni casi meglio degli originali. Infine ce n’è per tutti i gusti e si spazia in tutti i generi. Questo di cui vi parlo brevemente (ma non troppo) è il volume 1 ma esistono anche un volume 2 e 3 e in ogni caso, non dovrei dirvelo io, ma girando in rete si trovano centinaia di filmati tratti dalla trasmissione.

Si parte e siamo nel 1971: il primo brano è Under My Wheels di Alice Cooper tratta da Killer e il rock del noto golfista in privato e trasgressiva rock star in pubblico è ancora graffiante e vibrante. Elton John, solo voce e pianoforte, ci regala una bellissima versione di Tiny Dancer tratta da Madman Across The Water, quando era uno dei musicisti più validi in circolazione e non sbagliava un disco (vediamo se l’annunciata e imminente collaborazione con Leon Russell prodotta da T-Bone Burnett confermerà quei segnali di ripresa degli ultimi dischi). A seguire una strepitosa versione di We Gotta Have Peace di Curtis Mayfield uno dei più grandi cantanti soul della storia e che meriterebbe un posto negli annali solo per People Get Ready se non ne avesse scritte altre decine altrettanto belle.

Randy Newman esegue una sardonica Political Science uno dei più straordinari brani di critica alla politica Usa di intervento nel mondo dove soavemente invita il suo governo a lanciare una bella bomba atomica (Let’s drop the big one) illustrando anche perché farlo: “Nessuno ci ama e non capisco perché…Lanciamo quella grossa e polverizziamoli…L’Asia è troppo affollata, l’Europa troppo vecchia, l’Africa è fin troppo calda e il Canada troppo freddo, il Sud America ci ha fregato il nome, lanciamo quella grossa così non ci sarà più nessuno a incolparci…”. Fantastica e di una levità assoluta. Una caratteristica che balza all’occhio in questo, come in tutti i filmati che precedono e seguono, è quanto sono giovani tutti i protagonisti, ma giovani proprio e quanto sono bravi. Uno dei DJ dice, giustamente, che gran parte dei personaggi che appaiono in questo video sono ancora rilevanti e vivi ai giorni nostri, la loro musica non finisce mai di stupire.

Bill Withers con Ain’t No Sunshine, Rory Gallagher debordante con la sua vecchia Fender arruginita e la solita camiciona a quadretti (l’ho visto anch’io in quegli anni e aveva la stessa camicia e la stessa chitarra), i Wailers (che non erano ancora Bob Marley & The Wailers) con Peter Tosh e Bunny Wailer in una strepitosa e piena di soul Stir it up, anche loro giovvani (con 2 v). I Roxy Music ancora con Brian Eno in una tiratissima Do The Strand. watch?v=TWfXqae1NzA Edgar Winter e il suo gruppo in una pirotecnica Frankenstein dove il fratello pure lui albino di Johnny strapazza qualsiasi tipo di tastiera compreso un primitivo synth con un virtuosismo sbalorditivo. Captain Beefheart con la sua grande Magic Band gigioneggia in una relativamente sobria Upon the my o my, i Little Feat di Lowell George sono all’apice della loro carriera in una debordante versione di Rock and roll doctor con la slide del leader che taglia l’aria. John Lennon ci regala una delle sue ultime grandi esibizioni con una bella versione di Stand by me. Ronnie Van Zant scatena i suoi fidi chitarristi Allen Collins e Gary Rossington, giovanissimi e belli pure loro, in una pantagruelica versione di Free Bird.

Emmylou Harris giovane e bellissima ancora con i suoi capelli corvini e una Hot Band con Rodney Crowell al seguito ci regala una pimpante Amarillo. Bonnie Raitt, con la voce ancora quasi libera da quella sexy raucedine che avrebbe caratterizzato gli anni a venire è già grande con una ottima Too Long At The Fair. Tom Waits seduto al suo piano e con una band con solo contrabbasso, sax e batteria con le spazzole è assolutamente devastante in una eccezionale versione di Tom Traubert’s Blues, quella ballata accorata dedicata a Waltzing Matilda. watch?v=9ZmqbcBsTAw Qui ci avviamo alla fine degli anni ’70 (e che anni sono stati e che musica e che personaggi!) e arrivano il punk e la new wave con qualche eccezione.

I Talking Heads con, indovinate, una giovanissima, e bravissima, Tina Weymouth con il suo basso pulsante e le chitarre sghembe di David Byrne (va bene, non lo dico più!) e Jerry Harrison eseguono il loro primo cavallo di battaglia Psycho Killer “Qu’est-ce que c’est?”.  Gli Xtc ancora lontani dalle fantasie sixties-psichedeliche (e fantastiche) degli anni futuri eseguono una punkissima Statue of Liberty. Debbie Harry e i suoi Blondie sono la quintessenza del cool in una non notissima (I’m always touched by your) Presence Dear. Tom Petty è gia Tom Petty, uno dei grandi del rock, in una antemica American Girl. I Police con un occhialuto Sting causa incidente, sono alle prese con Can’t Stand Losing You mentre Bruce Springsteen, assediato e baciato dalle sue fans, è gia strabordante in una versione pirotecnica di Rosalita. watch?v=BLxgkTYWE6U

Cosa rimane? O come direbbe l’amico George, what else? Iggy Pop è a torso nudo in cinque secondi per eseguire una feroce I’m Bored, gli Specials sono l’epitome del boom del Two Tone/Ska con A Message to you Rudi e i Damned molto compresi nella loro versione di Who del punk disintegrano gli studi della BBC in un medley di Smash It Up/I Just can’t be happy today, i Ramones sono, come dire, i Ramones con Rock’n’Roll High School e gli U2, occhio alla pettinatura fantastica di Bono e The Edge con i capelli hanno una freschezza e una grinta invidiabili in una bella versione di I Will Follow. Concludono i R.e.m. con Peter Buck snello e slanciato e con Michael Stipe anche lui con i capelli, ma tanti capelli, lunghi sulle spalle, addirittura con i boccoli ma già carismatico in una notevole versione di Moon River/Pretty Persuasion. watch?v=_QTFKOnGWto

Se tutto questo non bastasse alla fine ci sono delle interviste rilassate, amichevoli, interessanti, piacevoli, fondamentali in una parola con dei, lo so avevo promesso, giovani Bernie Taupin e Elton John, Mick Jagger e Keith Richards separati, Robert Plant, John Lennon che parla senza problemi anche dei Beatles e Bruce Sprinsgteen che dopo tre ore di concerto è ancora vivo e disponibile a parlare di musica, come tutti gli altri, perchè di musica si parla in queste interviste, dopo averla vista.

Vi ho infilato qualche link per verificare, ma fidatevi!

Bruno Conti

L’altra Metà Dei Big Star. Chris Bell – I Am The Cosmos

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Chris Bell – I Am The Cosmos (Deluxe Edition) -2CD Rhino Handmade

Questa è l’edizione definitiva dell’unico disco di Chris Bell, o meglio sarebbe dire dell’unico non disco, visto che l’artista in vita vide solo la pubblicazione di un misero 45 giri I Am The Cosmos con You And Your Sister sul lato B, uscito nel 1978 pochi mesi prima della morte avvenuta il 27 dicembre 1978 in un incidente automobilistico (quindi niente droghe, overdosi o alcolismo terminale anche se avevano avuto una parte importante nella sua vita), avrebbe compiuto 28 anni il 12 gennaio successivo.

Ma torniamo all’inizio della storia. Come tanti suoi coetanei, all’inizio degli anni ’60 si innamora di quella che verrà chiamata “British Invasion”, quindi Beatles in primis ma anche Yardbirds e Who, almeno per quello che lo riguarda. Bell è un ragazzino precoce, vive a Memphis, Tennessee, una delle culle della musica americana e già nel 1964 e 1965 comincia a formare i suoi primi gruppi con altri talenti locali tra cui Terry Manning, che diventerà musicista e produttore tra i più importanti. In quegli anni avvengono i primi incontri ravvicinati con Alex Chilton in un gruppo di Bell chiamato Jynx (in omaggio ai Kinks). Chilton è la causa indiretta dello scioglimento del gruppo quando nel 1966 se ne va con il bassista Bill Cunningham per formare i Box Tops, band che avrà un successo fulminante e stratosferico.

Nel frattempo Bell rimane a Memphis e continua nei suoi tentativi musicali, formando varie formazioni tra cui gli Icewater e i Rock City in cui militano tra gli altri i futuri Big Star, Jody Stephens e Andy Hummel, e siamo arrivati alla fine anni ’60. A questo punto, le opinioni divergono, Chris Bell chiede a Chilton di unirsi al gruppo o viceversa, questo non è dato sapere anche se sarebbe un particolare importante. In ogni caso decidono per il nome Big Star, si chiudono nei famosi Studi Ardent di Memphis e sotto la guida del proprietario degli studi stessi, John Fry e con Terry Manning come ingegnere del suono, messi sotto contratto dalla Stax (o meglio Ardent Records distribuzione Stax), confezionano il loro primo album, quel #1 Record che li ha consegnati agli annali della storia della musica (pop). L’accordo tra Bell e Chilton prevedeva che i brani, in puro stile Lennon/McCartney, dovevano portare la firma di entrambi gli autori, quindi Bell/Chilton a prescindere dall’apporto di ciascuno a ogni singolo brano. Evidentemente la cosa non funzionò, perchè di lì a poco, siamo nel 1972, complici gli errori della Stax, a seguito del flop clamoroso del disco Chris Bell decide di prendere la sua strada, ma comunque la storia dei Big Star per quanto parallela è un’altra storia.

Dopo un breve riavvicinamento per apparire in un paio di brani del successivo Radio City, la carriera di Bell dovrebbe avviarsi verso quella del solista in proprio. Ma qui cominciano i problemi: una depressione cronica che lo accompagnerà fino alla fine della vita, un paio di tentativi di suicidio, l’uso di vari tipi di droga, lo smacco di essere dovuto tornare a lavorare nell’azienda di famiglia, in una piccola catena di ristoranti. In mezzo a tutto questo Chris continua a registrare musica, a Memphis, ma anche ai famosi Chateau D’Herouville Studios in Francia, quelli dove Elton John ha registrato Goodbye yellow brick road, dove fu portato dal fratello David. Alla fine del 1978 in macchina stava tornando a casa quando perso il controllo dell’automobile andò a finire contro un palo, morendo sul colpo. L’unico risultato della sua opera, a questo punto, era quel misero 45 giri citato prima. Ma la storia non finisce qui: nel frattempo una miriade di gruppi “alternativi” scopre i Big Star e quindi anche i suoi componenti e la gloriosa Rykodisc decide di pubblicare un disco postumo I Am The Cosmos, con quindici brani, dodici tracce più tre bonus con versioni alternative.

Ma la versione definitiva è questa della Rhino Handmade: uscita sul finire del 2009, a tiratura limitata, un po caruccia nel prezzo per usare un eufemismo e già quasi introvabile e comunque una specie di Santo Graal per gli appassionati di musica.

Parere personale: pur essendo felice possessore dell’edizione Ryko avevo sempre avuto delle perplessità sul fatto che questo I Am The Cosmos fosse il capolavoro assoluto che veniva dipinto da tutti. Intendiamoci i due lati del 45 originario, I Am The Cosmos e You And Your Sister sono due brani straordinari, ma ogni tanto la qualità del suono sa molto di demo e non sempre le canzoni sono all’altezza. Il suono deve molto al John Lennon solista degli anni ’70, ma anche, in certi momenti, al glam rock migliore tipo Mott The Hoople e la ballate a McCartney e Harrison oltre che, in toto, al suono dei Beatles del White Album. Brani come Speed of Sound ricordano molto il sound dei Big Star (alimentando la diatriba su chi avesse scritto e cosa!), I Get Kinda Lost è un antesignano del garage rock. I don’t know avrebbe potuto essere un altro episodio della saga Big Star mentre Though I Know She Lies è una piccola gemma acustica degna dei migliori cantautori di quel periodo. Ma è il secondo disco di questa edizione Deluxe la vera sorpresa: quasi tutti i brani presenti, al sottoscritto, paiono più belli delle versioni già conosciute. Migliore il suono, più presente, più brillante, spesso i brani acquistano un nuovo fascino e poi ci sono molte gemme sconosciute.

A partire dai due brani degli Icewater, citati all’inizio, soprattutto la grintosa Looking Forward, con la voce filtrata di Bell che profuma di psichedelia ma anche il bozzetto acustico di Sunshine, tanto McCartney. Non male anche My life is right dei Rock City dove il classico falsetto di Bell anticipa i temi dei Big Star. Tra le versioni alternative, fantastica I Don’t Know più tirata e con un bell’arrangiamento vocale, la dolcissima You and Your Sister con un mellotron che sostituisce gli archi originali per non parlare della long version rallentata di I Am The Cosmos che già appariva tra le bonus della prima versione, ma qui gode di una ulteriore miglioria in fase di missaggio (come peraltro tutto il disco). Bellissima anche Get Away con la sezione ritmica di Ken Woodley al basso e Richard Rosebrough alla batteria che da maggiore profondità al suono, ciliegina sulla torta la chitarra di Alex Chilton, grande versione. Ottima anche Stay With Me con Keith Sykes (allora agli esordi, e tra i migliori discepoli di Bell e Chilton) alla seconda voce. In totale il secondo CD contiene 15 brani e a parte lo strumentale conclusivo Clacton Rag , tutti fondamentali nel rendere questa la “versione definitiva”. Costa ma varrebbe il sacrificio.

Bruno Conti

Beatles Connections – Silkie You’ve Got To Hide Your Love Away

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The Silkie – You’ve Got To Hide Your Love AwayHux Records

Il bello di internet e di un blog in particolare è l’immediatezza del mezzo, se ti viene in mente qualcosa lo scrivi e subito è a disposizione di tutti. Il perchè di questa breve divagazione? Oggi avevo intenzione di scrivere un post su un argomento totalmente diverso ma poi per una concatenazione di fatti e pensieri ho deciso di parlarvi di questi Silkie!

La connessione con i Beatles è chiara fin dal titolo dell’album ma è più profonda e meno conosciuta di quanto si possa pensare: intanto siamo all’inizio degli anni ’60, 1964 per la precisione, quattro giovani e speranzosi studenti della Hull University, Sylvia Tatler voce, Mike Ramsden chitarra e voce, Ivor Aylesbury chitarra e voce e il contrabassista Kevin Cunningham decidono di unire le loro forze e formare un gruppo. E fin qui niente di strano o meglio forse sì, perchè i quattro sono una sorta di risposta inglese a Peter, Paul & Mary o agli australiani Seekers, quindi folk di protesta ma non troppo. E qui la storia prende una strada strana, pubblicano il primo disco un flexi-disc con tre canzoni (principalmente cover di Dylan) e iniziano a fare concerti, uno dei primi locali dove approdano è il Cavern di Liverpool e qui, come in tutte le favole che si rispettino, vengono notati da Brian Epstein che li mette sotto contratto e diventa il loro manager. A questo punto bisogna registrare un album, magari con un aiutino da parte dei Beatles: narra la leggenda (o sarà storia?) che il 9 agosto 1965 entrano negli IBC studios è lì trovano ad aspettarli un trio di loschi figuri, John Lennon si assume il compito di produrre la session, Paul McCartney è alla chitarra, George Harrison alle percussioni, il brano scelto è You’ve Got To Hide Your Love Away il primo brano cantatutorale di Lennon in risposta alla “minaccia” Bob Dylan. Per i Silkies è un colpo di fortuna, Help l’album sta per uscire in quei giorni ma il brano non verra pubblicato come singolo, quindi la loro versione schizza fino al 10° posto delle classifiche americane e raggiunge un rispettabile ventottesimo gradino in quelle inglesi.

A questo punto un passo indietro: la stessa leggenda orale narra che John Lennon era così contento di quella versione registrata che avrebbe telefonato a Brian Epstein dicendogli di avere tra le mani un potenziale numero uno ( e sbagliando di poco, perché di successo si trattò). Purtroppo “l’altro quartetto” non fu in grado di capitalizzare sul successo del brano perchè una potenziale tournéè americana già pronta dovette essere annullata a causa della mancata concessione dei visti d’espatrio, succedeva in quegli anni! La Tatler e Ramsden si sono poi sono sposati nel 1966 e hanno proseguito la loro carriera a livello locale per oltre trentacinque anni, anche con i loro figli.

Alla Metà degli anni ’90 l’etichetta americana One Way ha pubblicato una versione in CD dell’album originale con varie bonus, ma è andato praticamente subito fuori catalogo, ora la meritevole etichetta inglese Hux ne ha pubblicato una nuova versione che è giunta anche nelle nostre lande ed è il motivo per cui ve ne parlo: sedici brani, una valanga di cover di Bob Dylan da The Times The’re A-Changin’ a Mr. Tambourine Man, passando per Bob Dylan’s Dream e Girl Of The North Country, ma anche Blowin’ In The Wind e Love Minus Zero-No Limit, e ancora It Ain’t Me Babe e Tomorrow Is A Long Time (quindi fan di Dylan e Beatles, occhio alla penna).

Il tutto è molto piacevole e leggero, leggero con il sound tipico dell’era, prima della svolta rock e psichedelica che era lì dietro l’angolo.

Un piccolo assaggino, non erano per niente male.

Bruno Conti

Le 500 Più Grandi Canzoni Di Tutti I Tempi Secondo La Rivista Rolling Stone

Rolling Stone 500_Songs_cover_-_gallery_-_lg.6635701.jpgErano giovani, erano forti, erano 500 e sono…

No, non era così! Comunque, bando alle tristezze, fine anno, tempo di bilanci: questo numero speciale di Rolling Stone uscì nel dicembre del 2004, quindi questo è il quinto anniversario di questa classifica.

Guarda uno cosa si deve inventare per poter parlare di un argomento; il problema è che sarebbe tempo delle prime classifiche di fine anno delle varie riviste specializzate ma il primo posto (peraltro segnalato in questo blog) assegnato sia da Mojo che da Uncut agli Animal Collective mi ha messo una tristezza infinita, per cui, per il momento, ho soprasseduto dal presentarvi il resto delle classifiche delle due riviste inglesi, in attesa di Rolling Stone, Spin, tra gli italiani Buscadero, Jam eccetera eccetera, ma ci torniamo magari parlando anche di classifiche “particolari”.

Per cui ho deciso di fare un tuffo nel passato e che passato: ovviamente ai primi due posti di una rivista che si chiama Rolling Stone vi lascio immaginare che brani ci possono essere!

Nei limiti del possibile, per molti brani, ho cercato di inserire anche dei video “sfiziosi”, ma per alcune canzoni si va con “quel video”, partiamo!

1° Posto

Bob Dylan – Like a Rolling Stone

2° Posto
Rolling Stones – (I can’t get no) Satisfaction
3° Posto
John Lennon – Imagine
4° Posto
Marvin Gaye – What’s Going on
5° Posto
Aretha Franklin – Respect
6° Posto
Beach Boys – Good Vibrations
7° Posto
Chuck Berry – Johnny B. Goode
8° Posto
Beatles – Hey Jude
9° Posto
Nirvana – Smells Like Teen Spirit
10° posto
Ray Charles – What I’d Say
That’s All Folks! Alla prossima.
Bruno Conti