Come I Suoi Amati Bluesmen, Un Pavese Americano “Finalmente Esordisce” Con Una Valigetta Piena Di Belle Canzoni! Jimmy Ragazzon – Songbag

jimmy ragazzon songbag jimmy ragazzon songbag retro

Jimmy Ragazzon – Songbag – Ultra Sound Records/Ird

Quando ho saputo, quasi un anno fa, che sarebbe uscito un disco solista di “Alessandro” Jimmy Ragazzon, mi era stato anche riferito che sarebbe stato un album “acustico”, quindi ovviamente diverso dalle recenti prove di gruppo con la sua band, i Mandolin’ Brothers, come era ovvio che fosse. Devo dire che mi aspettavo un disco legato alle sue passioni: quindi il Blues (e almeno nell’età matura in cui “esordisce” come cantautore, ci sono agganci con la tradizione dei musicisti blues di esordire appunto, diciamo avanti negli anni, però esordio è una parola forte, con oltre 35 anni di carriera e gavetta alle spalle), altra passione Mister Premio Nobel Bob Dylan, e una cover, più o meno, di un brano del Vate c’è, poi i cantautori americani, texani nello specifico, e troviamo un brano di Guy Clark, ma quello  che non mi aspettavo è la presenza massiccia di brani di derivazione country, anzi bluegrass, credo che in questo disco (esagero) si senta il suono del mandolino più che in tutta la produzione precedente della band, che prende il nome peraltro da questo strumento. Non vi racconterò per l’ennesima volta vita, morte e miracoli dei Mandolin’ Brothers (cercateli nel Blog), sappiamo che sono una delle migliori band della zona pavese, Voghera nello specifico, ma anche in generale della scena roots-rock italiana, per cui tuffiamoci nei contenuti del CD e nei musicisti che vi hanno suonato, anzi partiamo proprio da questi, quasi sempre impegnati in presa diretta, in una sorta di live in studio.

Tutti musicisti italiani, con l’esclusione di Jono Manson al banjo (un quasi naturalizzato comunque), spesso loro compagno di avventura e produttore, in questo caso impegnato a mixaggio e mastering. Il principale “Accomplice”, per mantenere questo spirito internazionale, o complice se preferite, è Marco Rovino, chitarra acustica, co-autore di due brani e degli arrangiamenti del disco, nonché alle armonie vocali (molto presenti) e soprattutto impegnato al fatidico mandolino, forse lo strumento principe dell’album. Luca Bartolini è l’altro chitarrista acustico, o picker se vogliamo continuare con queste analogie “Americane” (con la A maiuscola), molto bravo, come pure Paolo Ercoli, bravissimo al dobro in vari brani, Rino Garzia al contrabbasso in alcune tracce, e, sparsi nelle diverse canzoni: Roberto Diana alla Weissenborn guitar, Chiara Giacobbe al violino e Joe Barreca al contrabbasso, nella cover di Dylan, Maurizio “Gnola” Glielmo nel pezzo più blues del disco (e non poteva essere diversamente, in virtù anche del fatto che Jimmy Ragazzon Gnola avevano già registrato un disco in coppia nel 2009, l’ottimo Blues, Ballads And Songs, che se non lo avessero già usato sarebbe stato un ottimo titolo anche per questo nuovo album), Isha, tanpura e Franco Rivoira, tabla, nel brano che più profuma di “folk progressivo” e delle band inglesi dei primi anni ’70 (per chi scrive), Stefano Bertolotti titolare della Ultra Sound alle percussioni e, last but not least, l’altro “Mandolin” Riccardo Maccabruni alla fisarmonica e chitarra acustica. Sarà una mia mania, ma mi piace sempre ricordare chi suona in un album, per rispetto del loro lavoro, ma anche perché, a dispetto di chi pensa il contrario, sapere i nomi non è solo didascalico ma anche importante per capire cosa stiamo per ascoltare. Se poi il disco è pure bello, e questo lo è, tanto per chiarirlo subito, tanto di guadagnato.

I testi spesso oscillano tra il personale e l’autobiografico,sia pure velato e volutamente oscuro, il sociale, come in Dirty Dark Hands sull’immigrazione e Evening Rain, sull’emarginazione. Proprio questo brano, il cosiddetto singolo e video dell’album, a conferma dello status internazionale del disco, è stato, prima scelto, e poi premiato, da Classic Rock Uk versione on line, come http://teamrock.com/feature/2016-11-11/rolling-stones-steven-wilson-hotei-more-vote-for-your-track-of-the-week, facendoci esclamare, al sottoscritto, a Asterix e anche a Jimmy SPQI! (Sono Pazzi Questi Inglesi), battendo anche i beneamati Rolling Stones. Tornando ai brani il disco si apre con D Tox Song, e vi assicuro che se non sapessi che sto ascoltando questo disco avrei giurato di avere inserito nel lettore, per errore, un qualche vecchio album degli Old In The Way, dei Country Gazette o dei Dillards, perfetto bluegrass con meravigliosi intrecci sonori tra chitarre acustiche, dobro, mandolino e finissime armonie vocali, con un suono limpido e ben delineato, tutto da godere, testo scuro ma atmosfere musicali solari e avvolgenti, e pure un tocco di armonica che non guasta mai. Old Blues Man (che sia lui?) “E’ solo un vecchio bluesman Che si dimentica gli accordi”, per citare la traduzione presente nel libretto, insieme ai testi originali (senza dimenticare che all’interno sono presenti anche gli autografi di alcuni degli eroi di Jimmy), mentre l’approccio sonoro è sempre simile a quello del brano precedente, magari la voce è più vissuta, meno solare, c’è più di un tocco blues, ma il picking è sempre impeccabile e vorticoso, con il mandolino e il dobro sugli scudi. Poi arriva il prediletto Bob Dylan, con una bellissima canzone che però non è firmata dal buon Zimmerman, ma è un adattamento di un poema di Charles Badger Clark, poeta americano della prima metà del secolo scorso, a cui sono state aggiunte nuove liriche e musiche da Dylan stesso e che appariva su uno dei dischi più brutti del nostro, quel Dylan del 1973, creato dalla casa discografica senza alcun input del vecchio Bob: però nello specifico, la canzone, Spanish Is The Loving Tongue, rimane splendida (per la precisione era uscita anche come B-side di Watching The River Flow), anche in questa versione, con armonica d’ordinanza, Barreca al contrabbasso che segna il ritmo, e un paio di chitarre acustiche a colorare il tutto, più l’intervento struggente del violino di Chiara Giacobbe, che è la classica ciliegina su una torta riuscita alla perfezione.

Torna il country-bluegrass in 24 Weeks, scritta con Rovino, altro fulgido esempio di questo suono rurale che mi ricorda, anche grazie alle belle armonie vocali, un altro grande gruppo come i Seldom Scene, non li avevo ancora citati (ma sicuramente ai tempi rientravano tra gli ascolti del buon Jimmy, spero)! Sold, sta a quel crocevia tra Ry Cooder (la Weissenborn del bravissimo Roberto Diana dei Lowlands), folk e misticismo orientale, in un riuscito intreccio tra esotico e musica occidentale, grazie alla bella melodia gentile della canzone, interpretata con grande intensità da Jimmy, che la estrae con colpo da maestro dalla sua nutrita valigetta (dove riposava tra armoniche, dischi, libri e chissà quali altre misteriose diavolerie). Evening Rain, di cui vedete il video qui sopra, è un altro tripudio di strumenti acustici a corda (e l’immancabile armonica, come la sigaretta di Yanez non può mancare) accarezzati con passione dai vari musicisti impegnati in studio: se è piaciuta agli inglesi, può non piacere a noi? The Cape viene da Dublin Blues, uno dei dischi del “tardo” Guy Clark, ma visto che il musicista texano non ha mai scritto brutte canzoni, è solo meno conosciuta di altre, ma comunque splendida, l’arte del cantautore acustico distillata in 3:23 minuti, tanto basta. Dirty Dark Hands, con un riff acustico ricorrente, è incalzante nella sua denuncia, e al solito si dipana in un crescendo strumentale e vocale (cori alla CSN?) affascinante, poi entra la fisa di Maccabruni e il suono allarga il suo spettro in quello che è il pezzo più lungo del disco. Al nono brano si presenta Maurizio “Gnola” Glielmo e alla fine in Going Down arriva anche il blues, un’altra delle grandi passioni di Jimmy Ragazzon, sia musicalmente che vocalmente, per definizione, il blues non dovrebbe essere allegro, e infatti non lo è (se posso, il lavoro delle chitarre mi ha ricordato i duetti tra Jansch e Renbourn, non credo sia un’offesa) https://www.youtube.com/watch?v=1QkMuBudykM . In A Better Life è la catarsi finale, si soffre ma alla fine da qualche parte ci deve essere una “vita migliore”, per forza!

Disco del giorno! Come dite, oggi ho parlato solo di questo? Appunto!

Bruno Conti

P.s Con i video inclusi mi sono arrangiato con quello c’era in rete, in attesa dei nuovi brani.

E queste, per il momento, sono le date del breve tour:

AZ Blues presenta:
Jimmy Ragazzon and The Rebels
SongBag Tour

09/12 da TRAPANI (PV)
16/12 ALL’ UNA E TRENTACINQUE CIRCA – Cantù (CO)
13/01/17 NIDABA – Milano
16/01/17 TEATRO di RIVANAZZANO (PV)

Stanno Per Tornare, E In Buona Compagnia, Concerto A Milano il 3 Dicembre E Nuovo Album. Lowlands And Friends – Play Townes Van Zandt’s Last Set

LOWLANDS locandina tonwes van zandttownes van zandt's last set

Il 3 dicembre del 1996 al Borderline di Londra si teneva quello che sarebbe stato l’ultimo concerto documentato di Townes Van Zandt. Il cantautore texano sarebbe scomparso, da lì a poco, il 1° gennaio del 1997, in quel di Nashville, per una aritmia cardiaca, scatenata dai postumi di una caduta casalinga avvenuta circa una decina di giorni di prima, non curata e causata a sua volta da anni di abusi di sostanze varie ed alcol, in quella che è stata una vita vissuta pericolosamente sempre ai limiti, e spesso oltre, da questo geniale artista che giustamente viene considerato uno degli artisti country più influenti tra coloro che si è soliti definire artisti di culto. Forse non a caso Van Zandt è morto lo stesso giorno, 44 anni dopo, in cui si spegneva la stella di Hank Williams, uno degli artisti da lui più ammirati. Per ricordare quell’evento particolare, parlo del concerto, Edward Abbiati, con i suoi Lowlands, stava lavorando da oltre anno ad un disco–tributo che indirettamente è anche un omaggio alla musica del musicista di Fort Worth, attraverso l’esatta riproposizione della scaletta di quel concerto particolare, quindi non attraverso la scelta dei brani più famosi o più amati di Townes Van Zandt, ma riproponendo pari quello che venne eseguito in quella fatidica serata del 3 dicembre di venti anni fa a Londra.

Essendo Ed quell’artista inventivo e portato alle collaborazioni che è sempre stato, per l’occasione (come era stato anni fa, 2012 per la precisione, per il disco dedicato a commemorare il centenario della nascita di Woody Guthrie, http://discoclub.myblog.it/2012/06/24/proseguono-i-festeggiamenti-better-world-coming-lowlands-fri/, in cui era stato affiancato da amici musicisti della zona pavese) ha scelto di invitare a suonare e cantare con lui questa volta una serie “importante” di amici da tutto il mondo con cui ha condiviso palcoscenici e dischi, fin dall’inizio della sua carriera; per cui in questo nuovo album, che uscirà ufficialmente il 9 dicembre per l’etichetta italiana Route 61 (ma sarà già disponibile anche nella serata di presentazione del disco proprio il prossimo 3 dicembre, allo Spazio Teatro 89 di Milano, come vedete dalla locandina ad inizio Post) troviamo musicisti che arrivano da Stati Uniti, Svezia, Inghilterra, Australia ed Italia. Posso anticiparvi che il disco è molto bello, ma comunque ho intenzione di tornarci con più calma al momento dell’uscita, con una recensione ad hoc, nel frattempo vi riporto la tracklist completa, con gli artisti ospiti, brano per brano:

1.       My Starter Won’t Start – Kevin Russell (Gourds) & the Gnola Blues Band

2.       Loretta – Stiv Cantarelli

3.       Pancho and Lefty  – Lucky Strikes, Michele Gazich & Sid Griffin

4.       Dollar Bill Blues – Cheap wine

5.       Buckskin Stallion – Antonio Gramentieri (Sacri Cuori) & Winston Watson

6.       Katie Belle Blue – Richard Lindgren

7.       Marie  – Will T Massey  

8.       Waiting Around To Die – Chris Cacavas, Antonio Rigo Righetti & Winston Watson

9.       A Song For –  Tim Rogers  (You Am I)

10.   Short Hair Woman Blues – Ragsy

11.   Ballad Of The Three Shrimps with No Good Sisters

12.   Sanitarium Blues  with Will T. Massey, Tim Rogers and Rod Picott

13.   Tecumseh Valley/Dead Flowers (Rolling Stones)  – Rod Picott

14.   Colorado – Plastic Pals, Chris Cacavas  & Jonathan Segel (Camper Van Beethoven)

All’inizio di ogni brano, per aumentarne l’autenticità con una breve presentazione, appare il DJ inglese Barry Marshall Everitt, all’epoca tour manager di Townes Van Zandt, nonché ex gestore del Borderline, il locale in cui si tenne il concerto originale, e anche uno dei primi a passare in radio in Inghilterra i brani dei Lowlands. il gruppo pavese si presenterà alla serata milanese nella classica formazione a cinque: oltre a Ed Abbiati, voce e chitarra, Francesco Bonfiglio, tastiere e fisa, Roberto Diana, chitarre varie, Mattia Martini alla batteria e Manuel Pili, l’ultimo bassista entrato nella line-up. Gli ospiti previsti per il concerto, salvo sorprese, sono Stiv Cantarelli,  Maurizio “Gnola” Glielmo, Chris Cacavas Hawk Soold e Anders Sahlin della band svedese dei Plastic Pals, oltre a Max Paganin alla tromba. Quindi direi di intervenire numerosi alla serata, nel corso della quale verranno eseguiti ovviamente anche molti brani dal repertorio del quintetto pavese: chi già li conosce sa cosa aspettarsi,  ma i brani tratti dal nuovo album saranno una felice sorpresa  anche per i fans più accaniti. Mi ripeto, non anticipo la recensione, ma il disco, sentito in anteprima, è molto valido, e, a differenza di quanto mi aspettavo, cioè un disco intimo e soffuso, molte delle canzoni presenti sono eseguite in versioni full band, grintose ed aggressive quando serve, tenere e ricercate all’occorrenza, tutte con il giusto spirito dell’autore (non solo canzoni di Van Zandt, anche brani blues e Dead Flowers degli Stones posta in coda a Tecumseh Valley). E come chicca la possibilità di ascoltare una rara apparizone su CD di un altro artista di culto come Will T Massey.

Questo brano, che ascoltate qui sopra, venne registrato da Townes Van Zandt il 5 dicembre del 1996 a Austin, Texas, una delle sue ultime registrazioni.

Mi raccomando fatevi un appunto per non mancare al concerto, così volendo potete anche comprarvi l’album in anteprima sull’uscita.

Bruno Conti

Le Due Facce Dei Lowlands: Quella Acustica Ed Unplugged Del Nuovo CD+DVD A Tiratura Limitata E Quella Elettrica Del Concerto Di Sabato 28 Novembre Allo Spazio Teatro 89 Di Milano

lowlands live and acousticlowlands live with plastic pals

Come sapete su questo Blog si parla spesso dei Lowlands (e del loro leader Ed Abbiati) in quanto il sottoscritto (oltre ad un rapporto di amicizia con Ed) pensa che siano una delle realtà musicali più interessanti del panorama rock indipendente italiano in lingua inglese (o se preferite, come li ho definiti in altre occasioni degli “italiani per caso”)!

Quindi visto che ci sono buone nuove sul fronte discografico e concertistico eccomi a parlarvi di nuovo di loro. Esce in questi giorni, con tiratura limitata di 500 copie, il secondo volume delle Bootleg Series della band pavese: si intitola Live And Acoustic At Spazio Teatro 89 April 5th 2014, é un CD+DVD su etichetta Gypsy Child Records, in Italia verrà venduto solo sul loro sito o ai concerti e considerando che la data di sabato prossimo 28 novembre allo Spazio Teatro 89 di Milano sarà l’ultima occasione di vedere la band in versione elettrica per un po’ di tempo, da quanto mi dice Ed, e anche di acquistare lì al concerto il nuovo doppio Live della band, l’occasione è ghiotta. La formazione sarà a cinque, con Manuel Pili al basso al posto di Antonio “Rigo Righetti”, mentre oltre a Ed Abbiati Roberto Diana, immancabili (e che dovrebbero poi proseguire momentaneamente come duo nella prima parte del 2016, con due progetti discografici in fase preliminare), ci dovrebbero essere anche Francesco Bonfiglio, a tastiere e fisarmonica e Mattia Martini alla batteria. Ad aprire il concerto ci saranno i Plastic Pals, una interessante band rock svedese diciamo del filone Paisley Underground/Garage Rock il cui minimo comune denominatore con i Lowlands è Chris Cacavas, che ha prodotto il loro ultimo album Turn The Tide https://www.youtube.com/watch?v=OmTJAQE4kCQ  ed è stato collaboratore di Ed Abbiati nell’ottimo Me And The Devil https://www.youtube.com/watch?v=7-tHaCrI3A0 . Quindi intervenite numerosi perché la serata si preannuncia interessante. E adesso spendiamo due parole per l’ottimo Lowlands Live And Acoustic.

17 tracce nella versione CD e 20 nella versione DVD (che riporta anche le presentazioni e i dialoghi tra un brano e l’altro) questo Live, nonostante la scritta Bootleg Series è un prodotto altamente professionale, con ottima qualità audio e video, ripreso con varie telecamere e con una resa sonora del tutto soddisfacente. Siamo al 5 aprile del 2014, un sabato, il giorno dopo la band entrerà in studio per proseguire con la registrazione di quello che sarà il loro nuovo album di studio, l’eccellente Love, Etc… di cui potete leggere qui http://discoclub.myblog.it/2014/11/21/continua-linvasione-delle-band-pavesi-lowlands-love-etc-disco-concerto/. Il titolo dell’album parla di un disco dal vivo e acustico, e così è, ma rientra tranquillamente anche nella categoria degli Unplugged, vista la mancanza di strumenti elettrici, come è tradizione della vecchia serie che andava in onda su VH1. In comune con quella serie (come ricordiamo dalle esibizioni di Clapton, Neil Young, Dylan, R.e.m. e molti altri) è la presenza comunque sul palco di una miriade di musicisti, “senza spina” ma in metà di mille, anche nella serata dei Lowlands a tratti sul palco ci saranno fine a sedici musicisti.

Il concerto, che è anche una sorta di retrospettiva sulla carriera della band, si apre in chiave acustica con The Last Call, la title-track del primo album, e per l’occasione al contrabbasso torna Simone Fratti, il primo bassista della formazione; qui la dimensione è decisamente acustica e intima, anche grazie alla ottima acustica del teatro, quasi completamente esaurito per l’occasione, con i tocchi dell’armonica di Richard Hunter e del’ospite Alice Ghiretti al cello, a colorire il suono già dalla successiva Life’s Beautiful Lies, con Rigo Righetti ora al basso e anche la presenza di Alex Cambise alla seconda chitarra e del piano di Bonfiglio comincia a farsi sentire, mentre il lavoro di Mattia Martini alla batteria è soffuso ma chiaramente percepibile, come quello della slide acustica di Roberto Diana. Il concerto prosegue con reminiscenze di Ed sulla genesi dei brani, per esempio Ashes, con Cambise ora al mandolino e Bonfiglio alla fisa e Matteo Zanesi alle percussioni sullo sfondo, sempre in perfetto stile unplugged, mentre il ritmo si alza con la ottima Lovers And Thieves, con un sound molto alla Waterboys, più mosso e quasi celtic soul, mentre Fragile Man, dedicata ad un vecchio amico che non c’è più è decisamente più malinconica e raccolta.

A questo punto torna sul palco Hunter con la sua armonica e si aggiunge alla lap steel, MG Boulter, leader dei Lucky Strikes, che aveva aperto la serata, per una suggestiva e raffinata Lately (solo sul DVD, ma la confezione è doppia per cui trovate comunque tutto) molto roots. Cheap Little Paintings, dedicata ai vecchi dipinti del padre, ma anche all’arte di scrivere “piccole” canzoni torna all’ambientazione sonora di inizio concerto e anche Friday Night mantiene questa aura malinconica e folk, come pure 38th & Lawton, brano da singer songrwriter, concepito a San Francisco e con l’armonica di Hunter di nuovo in bella evidenza, mentre ritornano anche Fratti e Stefano Speroni all’acustica della vecchia formazione, i due rimangono per Like A Rose, sempre dal primo album. A seguire Walking Down The Street, nelle parole di Ed Abbiati la sua canzone alla Creedence, almeno nelle intenzioni perché noi non c’entra nulla, anche se rimane una bella canzone. A questo punto il palco si fa affollato, per la seconda parte del concerto arrivano i quattro musicisti addetti ai fiati, Andres Villani al sax, Massimiliano Paganin alla tromba, Marco Grignani al trombone e Claudio Perelli al clarinetto e il suono prende un’altra piega, decisamente più celtic soul, per esagerare, con tocchi alla Band e arie musicali pescate da New Orleans, subito ben evidenziate da una brillante Gypsy Child, con i contrappunti dei fiati a dare più brillantezza al sound, ancora più evidenti nella divertente e trascinante You Me The Sky And The Sun, uno dei brani in anteprima dal “futuro” Love Etc.

Ghosts In This Town è una delle più belle canzoni scritte da Ed, nel parere di chi scrive, e questa veste unplugged con fiati aumenta il suo fascino e anche In The End mantiene questa aria da festa tra amici, con il suo ritornello irresistibile e cantabile che ben si presta alla dimensione Live e ad un sing-along con tutto il pubblico. Una lunghissima Only Rain, che viene sempre Gypsy Child, parte sulle ali della slide di Roberto Diana e poi si sviluppa in un altro bell’arrangiamento corale, grazie alla particolare “magia” di quella serata, molto bella la parte strumentale centrale, che è anche l’occasione per presentare tutti i partecipanti alla serata. Fine del concerto, ma tornano in fretta per qualche bis: Lowlands, il primo brano in assoluto, inciso per un tributo ai Gourds, eccellente band texana da cui ha preso il nome il gruppo, è una sorta di epica ballata sudista, molto americana nel suo divenire, con un eccellente Cambise alla’acustca e i “soliti” Hunter all’armonica e Diana alla slide, tra i protagonisti assoluti della serata, senza forse quelle nuances celtiche che si sarebbero poi aggiunte al suono della band. Love Etc…, altro brano nuovo per l’occasione è una delle canzoni che più mi piacciono dell’ultima produzione del gruppo, una piccola delizia sonora a tempo di valzer che permette al pubblico di partecipare e a Ed di dedicare la canzone a moglie e figlie. “Ancora una”, Keep On Flowing, altra gioiosa celebrazione in puro spirito celtic soul con tutti i musicisti sul palco e per finire veramente Homeward Bound (che non è quella di Simon & Garfunkel, ma evidentemente le canzoni con quel titolo sono tutte belle), poi ripresa a fine anno nel concerto di presentazione di Love Etc… con tanto di discesa tra il pubblico con un finale che più “unplugged” non si può, ma quella era un’altra storia.

Questo è quanto, se siete interessati alla loro musica e questa bella confezione doppia, per aggiudicarvela, dietro congruo pagamento, non dovete fare altro che presentarvi al loro concerto di sabato prossimo allo Spazio Teatro 89 di Milano. Ne vale la pena!

Bruno Conti

Music, Etc. Un’Intervista? Quattro Chiacchiere Con Ed Abbiati Dei Lowlands Sui Massimi (E Minimi) Sistemi! Ovvero Cosa E’ Successo Lo Scorso Anno E Cosa Succederà Nel 2015.

Supplemento della domenica di Disco Club!

lowlands 2014

Vi starete chiedendo se, non sempre ma spesso, i titoli dei Post, in questo dispiegarsi quasi alla Lina Wertmuller, nella loro eccessiva e didascalica lunghezza, siano voluti, la risposta è sì! Già si dice quale sarà il contenuto fin dall’abbrivio, ma poi c’è anche molto altro da leggere.

abbiati

Cosa è successo ai Lowlands (e nello specifico anche a Ed Abbiati), almeno a livello discografico, lo vedete nella foto posta in apertura (tre dischi nel 2014),  il resto proviamo a delinearlo in queste quattro chiacchiere in amicizia e libertà, a ruota libera (non un’intervista vera e propria) fatte in una uggiosa giornata di dicembre nella pausa pranzo di Edward e quindi con tempi rapidi, ma rilassati allo stesso tempo. Questa è, più o meno, con un po’ di editing, la trascrizione di quanto ci siamo detto, ma prima ribadisco via link quello che ho scritto durante l’anno sia sull’album di Chris & Edward http://discoclub.myblog.it/2014/06/02/accoppiata-anglo-italo-americana-quel-pavia-chris-cacavas-ed-abbiati-me-and-the-devil/, sia per il disco Love, Etc. http://discoclub.myblog.it/2014/11/21/continua-linvasione-delle-band-pavesi-lowlands-love-etc-disco-concerto/, inseriti entrambi tra le liste dei migliori dell’anno, nell’ambito rock italiano, di questo Blog. Possiamo cominciare…

*NDB Quel “signore” che vedete nel video è Nello Leandri, una delle figure storiche del piccolo mondo musicale di Pavia, titolare nel corso degli anni di vari negozi di dischi in città, e scomparso il giorno di Natale, grande amico ed estimatore di Ed e della sua musica.

B. L’ultima volta che ci eravamo parlati (a parte gli incontri ai concerti) era più o meno un anno e mezzo fa e già allora mi avevi parlato di quelli che erano solo progetti, idee nella tua testa, ma poi si sono concretizzati tutti nel corso del 2014.

E. L’annata tutto sommato è andata bene, abbiamo fatto un pelo in meno del solito come progetti a livello discografico, da quando ci ha lasciati Enrico il bassista (appena prima della registrazione del Live in teatro) ci siamo concentrati su questo progetto nato come unplugged, diciamo acustico, con arrangiamenti chiaramente diversi da quelli degli altri dischi e concerti, con in evidenza piano e fisarmonica e l’uso dei fiati, anche se l’idea iniziale era di fare un disco folk con marching band, tipo gruppo paesano, ma poi abbiamo preso un’altra strada. All’inizio dell’anno Roberto Diana non c’era, era in America, Enrico aveva lasciato la band ed era entrato “Rigo”  Righetti in pianta stabile, che prima aveva collaborato solo saltuariamente con noi.

Abbiati Cacavas Me And The Devil

B. Ma in quel periodo, inizio aprile, non avevi ancora registrato il disco con Chris Cacavas?

E. No, no, avevamo già fatto tutto, lo stavamo mixando, era stato registrato ad agosto del 2013, quindi abbiamo avuto tempo per prepararci per l’unplugged (registrato e ripreso ad inizio aprile allo Spazio Teatro 89 di Milano), anche se in precedenza, prima che partisse Roberto Diana per l’America, avevo passato una giornata in studio con lui e la band e registrato dei pezzi acustici con loro. Poi, appena prima del concerto, mi sono messo d’accordo con il gruppo e ospiti vari e ho proposto loro di entrare in studio, il giorno successivo, per imparare i brani di un album nuovo, visto che non c’era stato il tempo di prepararli prima e in ogni caso arrangiarli, in modo fluido e naturale, sullo stile del lavoro che è stato fatto per i pezzi vecchi, per poi interpretarli in quella vena lì. Quindi circa metà album era costituito dai brani acustici registrati ad inizio anno e gli altri sono stati “insegnati” al resto della band…

lowlands love etc

B. Se mi passi il termine una sorta di “dittatura democratica”, tu scrivi i pezzi e gli altri…

E. Forse. I brani li scrivo tutti io, ma penso che comunque ci sia molto spazio per i musicisti, visto che poi li conosco molto bene, per collaborare. 

B. Parte poi una breve deviazione sul modo di gestione di gruppi dove il leader è uno e gli altri collaborano, ma cantante e autore di testi e musiche è uno solo, tipo Waterboys o i Kinks di Ray Davies, con Roberto Diana nel ruolo di braccio destro à la Wickham o Dave Davies, anche se Ed non mi pare del tutto convinto (in effetti l’idea era mia).

E. Sono quello che ci passa più tempo sui brani, sui testi, sulla musica, quindi alla fine alcune delle canzoni di Love, Etc sono molto vecchie, erano quelle che mi erano rimaste in testa per un sacco di tempo e non avevo trovato la “casa giusta” per loro, pezzi che conoscevo solo io, altri che la band aveva sentito. Per esempio You, Me, The Sky And The Sun lo avevamo anche già registrato per Gypsy Child, mixato, masterizzato e poi non usato, suonato in qualche concerto ai tempi, quando c’era ancora Chiara Giacobbe in formazione, addirittura con l’aggiunta di una sezione di dodici archi, erano dei concerti natalizi e in quella occasione avevamo fatto anche quel brano. Quindi l’inizio dell’anno era partito così, anche con lo split EP registrato con i Lucky Strikes , qualche data in giro e la registrazione degli Unplugged, sia live che in studio. Poi è arrivata l’estate è uscito il disco solista con Chris, registrato ad agosto dell’anno prima, era stato un vero godimento farlo, un paio di canzoni tutte mie, un paio di canzoni tutte sue, il resto è una collaborazione, anche se ammetto che lui è veramente un peso massimo, un musicista che ammiro. Diciamo che nei due terzi dei brani i testi erano più miei e musicalmente qualcosa in più lo ha messo lui.

B. A questo punto chiedo a Ed se per questo disco avesse pensato di suonare anche lui la chitarra elettrica.

E. Ma guarda io la chitarra elettrica ce l’ho…(a questo punto parte una divagazione del buon Ed su una band che ha sempre ammirato moltissimo e di chitarre elettriche ne avevano proprio due), ovvero i Soul Asylum, che con la formazione dove a dominare sono le elettriche e piano e organo, quindi l’essenza del rock according to Mr. Abbiati : Let Your Dim Light Shine, il disco della metà anni ’90, è la mia idea di rock ideale, anzi secondo me hanno anticipato il genere “Americana” …

B. Qui non sono completamente d’accordo io e ricordo che però band tipo Uncle Tupelo, e poi Wilco e Son Volt, e prima ancora Jayhawks e Blue Rodeo in Canada, già facevano quel genere da tempo…

E’ vero, però loro (i Soul Asylum) avevano tutta un’altra visibilità. Quindi tornando al nuovo disco alcuni brani, almeno quattro o cinque erano da dieci anni che circolavano, How many e Still I Wonder sono molto, molto vecchi, anche You And I (oltre a The Sky And The sun), il resto, forse a parte anche My Baby che ho scritto per mia figlia quando aveva sei anni, oggi ne ha tredici quindi…anzi quando ne aveva cinque, ricordo che le avevo regalato il CD con una registrazione molto basica del pezzo per il suo quinto compleanno. Il resto viene dall’ultimo anno, anno e mezzo di vita vissuta, amici persi, e tutto un concetto di amore, meno romantico e più generale.

thompson family family

B. Altra breve diversione del sottoscritto che presenta a Edward il disco della famiglia Thompson, che si chiama proprio Family, che stavo ascoltando proprio mentre andavo all’appuntamento, a questo punto Mr. Abbiati ammette la sua ammirazione per Richard Thompson, a prescindere, anche se non ha ancora ascoltato il disco (però conosce James Walbourne, anzi familiarmente Jamey, il marito della figlia e quindi genero di Richard, grande chitarrista è il commento, lo conosco da quando aveva 16 anni, ma non sapeva del suo grado di parentela con la famiglia Thompson, conoscendo peraltro anche il fratello di James, che fa il batterista). Tra un boccone e l’altro si divaga ancora sul gruppo di Walbourne e Kami Thompson, i Rails, che hanno pubblicato un CD per la Island con il vecchio logo dell’etichetta, disco che naturalmente in Europa continentale non si è neppure visto. Concordiamo entrambi che il disco acustico di Richard Thompson è bellissimo.

lowlands live

B. Torniamo a noi, il famoso disco dal vivo registrato in quella occasione che fine ha fatto, quando uscirà?

E.  Ormai siamo nella fase finale, abbiamo l’audio mixato, le immagini mixate, dobbiamo metterle insieme e ai primi di aprile 2015 dovrebbe uscire…

B. Ma il progetto di cui mi avevi parlato di eventuali altri concerti da pubblicare, una sorta di Bootleg series vostra…

https://www.youtube.com/watch?v=Bl8q0bY1hZ0

E.  Comunque non verranno inserite nella confezione dell’Unplugged che dovrebbe essere di un CD singolo, con parte del concerto, quello che ci sta negli ottanta minuti di durata e il DVD con tutto il concerto. Parlando dei concerti abbiamo molte cose registrate, anche se tornando alla serata a Milano, ci sono stati dei momenti in cui ho pensato di non farlo uscire (B. Perchè era suonato troppo bene? E qui esce il perfezionista che vive in Ed che dice, abbiamo suonato un po’ bene e un po’ male, molti brani avevano dei difetti, ogni brano aveva dei pro e dei contro, l’idea era quella di accorciarlo ma poi abbiamo deciso per il completo in DVD, mentre nel CD taglieremo introduzioni dei brani e brevi racconti, anche perché in quella serata ci sono stati vari momenti di emozione pura, una bella serata di cui Ed Abbiati è in ogni caso molto contento, anche per la notevole affluenza di pubblico nella trasferta milanese, ricordando concerti del passato suonati davanti a venti, anche dieci persone, contro le diverse centinaia di quella occasione).

E. Anche quando siamo andati in Inghilterra con i Lucky Strikes, comunque il nostro target è simile al loro, siamo band da settanta – cento persone a serata, ma non è raro suonare per 20 o 30. Però settanta persone a Spazio Musica di Pavia è quasi il tutto esaurito. E’ stato anche uno degli stimoli che ci ha spinto a portare i concerti del breve tour di Love, etc. nei teatri, però è difficile trovare date, perché il concerto è comunque caro, con così tanti musicisti sul palco, fiati inclusi, siamo una decina.

mandolin' brothers 35

B. Si parla poi brevemente dell’affluenza ai concerti di band scome la loro, tipo Mandolin’ Brothers e Cheap Wine, che più o meno in sequenza hanno suonato allo Spazio Teatro 89 di Milano e si conviene che è veramente difficile avere pubblici più numerosi, con l’esclusione della serata in cui hanno fatto da opening act per Massimo Priviero all’Alcatraz, sempre a Milano, suonando però un set più breve.

E. Comunque mi piacerebbe tornare in teatro almeno una volta all’anno, in occasioni speciali, non suonare solo nei club soliti, per vedere se c’è modo di allargare in qualche modo il nostro pubblico e anche per vendere qualche disco direttamente, che in fondo è il nostro principale mezzo di sostentamento.

RockingChairs2

Sempre divagando sui teatri si parla anche della reunion dei Rocking Chairs, che proprio a marzo del 2015 verranno a Milano con la formazione originale e che nei giorni dell’intervista hanno fatto il concerto di apertura del tour a Casalgrande (Re) ed il cui leader, Graziano Romani ha avuto belle parole per Ed, ricambiate dal leader dei Lowlands che ricorda come la band emiliana sia stata tra gli apripista del rock italiano di fine millennio scorso (in fondo hanno anche un bassista in comune, Antonio “Rigo” Righetti), che, mi dice Edward, in questo periodo ha pubblicato anche un disco da solista, io pensavo il primo, ma invece dovrebbe essere il quarto o il quinto. . Poi si parla anche del fatto che Chris Cacavas ed Ed Abbiati non siano mai riusciti ad esibirsi in concerto per presentare l’album, a parte qualche apparizione di Chris con i Lowlands, e con l’auspicio che l’estate prossima qualcuno li chiami. Con il dispiacere per non essere stati invitati la scorsa estate al Buscadero Day, se non all’ultimo momento, gratis e con spese a loro carico, quindi non se ne è fatto nulla.

https://www.youtube.com/watch?v=XdAGaNJXKIk

Poi nella parte restante del colloquio si è parlato di quei massimi (e minimi) sistemi dell’industria discografica: l’impossibilità di essere trasmessi in radio, di apparire sulla carta stampata, se non quella specializzata, ma zero quotidiani, a parte l’exploit iniziale sul Corriere della Sera, che praticamente ha lanciato l’inizio della loro carriera, del vinile, come unico supporto che ha numeri non i calo, ma su numeri di vendita comunque bassi, di culto, e loro hanno pubblicato l’ultimo album pure in vinile e alla fine ci lasciamo con l’augurio che il disco dal vivo esca effettivamente ad Aprile (magari non il 1°, a mo’ di scherzo) e dovrebbe essere l’unico prodotto del 2015. Anche se in questi giorni ho visto che Ed sul loro sito ha scritto che sta lavorando sul bootleg ufficiale della serata all’Alcatraz, per la serie “una ne pensa e cento ne fa”!

That’s all, grazie Edward e alla prossima.

Bruno Conti

Continua “L’Invasione” Delle Band Pavesi! Lowlands – Love Etc… Il Nuovo Disco

lowlands love etc

Lowlands – Love Etc… – Harbour Song Records/distr. IRD

Questo è il sesto album dei Lowlands, più 3 EP, il disco in collaborazione con Chris Cacavas, alcune partecipazioni a compilation varie, la produzione del disco di Donald MacNeill con la figlia Jen, non male per un cosiddetto “musicista part-time” come Ed Abbiati, diviso tra la passione per la musica e la necessità di sbarcare il lunario. Mi pare che il tratto distintivo della sua musica sia sempre stato quello di cambiare per rimanere sempre uguali a sé stessi. Mi spiego: il genere musicale di fondo si potrebbe definire roots music, d’altronde, nel 2007, hanno preso il nome poprio da un brano dei texani Gourds, degni rappresentanti di questo filone, ma poi hanno fatto dischi dove rock, folk, musica delle radici, si intrecciavano in modo assolutamente fluido, a volte dischi con un suono più “rude” e chitarristico, come Beyond, altre volte alle radici della musica popolare americana, Better World Coming, il progetto dedicato alla musica di Woody Guthrie, o il detour nella musica tradizionale scozzese rivisitata, con i MacNeill, questa volta siamo ad una sorta di neo folk soul con fiati, che al sottoscritto ricorda, con i dovuti distinguo, il sound della Band con i fiati, o il celtic soul del Van Morrison americano, ma anche dei Dexys Midnight Runnners. Mi rendo conto che si tratta di paragoni impegnativi ma questo mi appare,e quindi lo dico. Anche questa storia dell’unplugged, che starebbe per spina staccata, ovvero non ci sono strumenti elettrici, o meglio chitarre elettriche (mi spiace per Roberto), è quantomeno spiazzante: sul palco di Milano ad Aprile ho contato, in certi momenti, almeno sedici elementi sul palco, e nel disco ci sono, se non ho fatto male i conti (ma in qualità di Bruno non credo), addirittura 25 musicisti.

Non male per un album che viene presentato come intimista e rarefatto, probabilmente nei sentimenti, nei testi e nell’atmosfera che viene creata in questo tuffo nell’amore e nelle sue mille sfaccettature. Le 12 canzoni catturano tanti differemti momenti e stati d’animo raccolti da Ed Abbiati nel corso degli anni e ora rilasciati in questo Love Etc… Dato che a chi scrive piace anche essere analitico vediamoli questi contenuti musicali: si parte con la dolce How Many, dove piano, Francesco Bonfiglio e una weepin’ lap steel guitar, Mike Brenner si dividono il mood del brano con i fiati, che aggiungono una sorta di propulsione sonora, ma c’è spazio per alcuni particolari ricercati, un tocco dell’acustica di Roberto Diana qui, il mandolino di Alex Cambise là, il violino e il cello di David Henry a completare il tutto, con il cantato partecipe di Ed Abbiati, che migliora disco dopo disco, a cementare l’insieme. La successiva Love Etc… è anche meglio, un bel valzerone che profuma di soul, con un ritornello che non si può fare a meno di memorizzare, la ritmica che si aggiunge alle procedure, begli inserti di voci di supporto, i fiati che si fanno ancora più protagonisti, lap steel, mandolino ed acustica che non possono fare a meno di rimandare alla Band (in fondo i Gourds sono sempre stati considerati dei discepoli della band di Robbie Robertson e di Levon Helm, andare direttamente alla fonte del suono non è poi male). I wanna be, che ricorda Dylan nel testo, è un’altra piccola delizia elettroacustica, con quel suono americano o se preferite “Americana”, ma con i fiati che sono sempre lì, ai lati del Mississippi, nei pressi di New Orleans, che danno quel tocco vincente in più.

Lowlands2 Lowlands3

Sempre per non fare paragoni, quando la Band ha voluto usare i fiati, l’arrangiatore era un certo Allen Toussaint,  quindi dalla Crescent City. You, Me, The Sky And The Sun, una canzone spensierata, che riempie di buoni sentimenti è sempre su quelle coordinate sonore, ma anche il suono della Caledonia Soul Orchestra di un certo Van Morrison ci può stare, 19 musicisti si amalgano, aggiungete armonie vocali stile sixties, battiti di mano, l’immancabile armonica di Richard Hunter, una rarissima apparizione di una chitarra elettrica, Tetsuya Tsubata “Bakki”, il basso elettrico di “Rigo” Righetti a dare il tempo, piano e organo in bella evidenza, ma soprattutto tanti fiati, orchestrati con maestria da Andres Villani, come piovesse. Cambio d’atmosfera per la breve, raccolta, quasi cameristica e malinconica, You And I, un contrabbasso, Simone Fratti, a scandire il suono, cello e violino e il piano ad evidenziare il carattere riflessivo e quasi cupo del brano, comunque molto bello. Dopo la pioggia torna il sereno con Happy Anniversary, che si potrebbe definire “classic Lowlands sound with brass”, Roberto Diana colora il suono con una insinuante slide acustica e i fiati, soprattutto il clarinetto di Claudio Perelli, ci portano ancora dalle parti di New Orleans, deliziose anche le armonie vocali, per la serie anche il particolare ha la sua importanza. Scordatevi pro-tools e sovraincisioni, qui vige la genuinità! Can’t Face The Distance, nel libretto interno con i testi posta in coda, è un’altro brano intimista, quasi per sottrazione sonora, solo la voce di Ed, la sua acustica accarezzata, il cello di David Henry e l’armonica di Richard Hunter. Armonica che rimane per la gioiosa Wave Me Goodbye, con Ed che ci assicura che tutto va bene, ma, nonostante il carattere uptempo della canzone, non ci convince del tutto.

lowlands livelowlands fiati

L’ultimo quartetto di brani si apre con My Baby, solita ventina di musicisti in studio, per un brano che sta tra folk, country e blues, vogliamo chiamarla hootenanny music, preferite swing jazz? Cambise è alla chitarra elettrica, l’ospite Maurizio “Gnola” Ghielmo aggiunge la sua Slide Resophonic e i fiati dixieland nel finale vanno ancora in gita per le strade di New Orleans. Doing Time è una deliziosa ballata mid-tempo attraversata dalla insinuante lap steel di Brenner, dall’organo Hammond di Joey Huffman, e con il basso di Righetti e la batteria di Mattia Martini che tengono il tempo ammirevolmente. Still I Wonder, almeno all’inizio, mi ricorda moltissimo l’incipit di You Can’t Always Get What You Want degli Stones, ma poi lo spirito stonesiano rimane, in un intrecciarsi di chitarre acustiche e lap steel, voci eteree sullo sfondo, organo e piano, molto bella. Un disco dei Lowlands senza fisarmonica non poteva essere, e quindi Francesco Bonfiglio la sfodera per una sorta di ninna nanna finale, intitolata Goodbye Goodnight, che chiude dolcemente un album tra i migliori della discografia dei Lowlands.

Come dico spesso, non sembrano neanche italiani (forse anche perché alcuni di loro, almeno in questo disco, non lo sono), e quindi donano un sapore anglo-americano a questo ottimo Love Etc…, che conferma ancora una volta, se ce n’era bisogno, la bontà del repertorio della band di Ed Abbiati e soci.

Bruno Conti

Record Store Day 2013 – Lowlands Left Of The Dial + Ed Abbiati Speaks (Ma Anch’io)…! Parte II

lowlands-uk-tour1-300x300.jpgroberto diana raighes.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lowlands – Left Of The Dial – Everybody Knows This Is Nowhere – Gypsy Child/IRD

Part Two

 

Ci eravamo lasciati mentre nell’ingresso del teatro, dove si svolge la conversazione, entra Roberto Diana, con tutti i suoi riccioli al seguito e si scambiano due chiacchiere veloci: il suo disco Raighes Vol.1 (regolarmente disponibile anche negli Stati Uniti, tramite CD Baby, mentre in Italia la distribuzione è sempre tramite IRD), è candidato alla 12° edizione degli Independent Music Awards nella categoria Instrumental Album. Si tratta di un premio un po’ sotterraneo” che si tiene negli States, anche se tra i votanti ci sono Tom Waits e la moglie Kathleen Brennan, Suzanne Vega, Brandi Carlile, Judy Collins, Shelby Lynne, Anthony De Curtis di Rolling Stone (uno dei pochi giornalisti americani che si può ancora leggere, NDB), Bruce Iglauer della Alligator, il mitico Bob Ludwig, Jim Lauderdale, Del McCoury e tantissimi altri, quindi mica cotica, come si dice dalle nostre parti, ma non credo in Sardegna da dove proviene il buon Roberto (che penso avrebbe piacere di avere il suo nome scandito dall’equivalente della Loren come fu per Benigni agli Oscar)  http://www.independentmusicawards.com/imanominee/12th/Album/Instrumental.

Tra i vincitori nel corso degli anni e in varie categorie: Mary Gauthier, Ronnie Earl, Chris Whitley, Darrell Scott, Johnny Dowd, Koko Taylor, Dan Zanes, Webb Sisters.

Il prossimo capitolo, Raighes Vol.2 sarà dedicato alla musica elettrica (anche se nel primo volume ci sono altri 6 musicisti coinvolti tra cui il famoso assolo alla Olivetti lettera 22 di Furio Sollazzi).

Torniamo all’intervista.

Parliamo anche dei nomi situati sotto il suo Pantheon (Dylan, Springsteen & Waits, se non ricordo male), oltre ai citati Will T Massey, Wilco, i Soul Asylum, Replacements, Waterboys, io butto lì Van Morrison (che Ed ammette di avere ascoltato poco, rischiando il linciaggio del sottoscritto), si parla dei gruppi dove c’era un o una violinista.

Per me (è di nuovo Ed che parla) nei Lowlands il violino è stato e sarà sempre Chiara e non è sostituibile (lancio il nome di Amanda Shires che ha suonato anche con loro ma Ed giustamente dice che lei ha una sua carriera e quindi al limite collabora con Todd Sneider e qui casualmente si viene a parlare dei vari musicisti passati per la MCA ed “elegantemente” fatti fuori, oltre a Will T Massey, Sneider e in precedenza Steve Earle e Joe Ely)

Poi chiedo, già che è presente anche Roberto Diana, se oltre a prodursi fra di loro, hanno fatto altre produzioni e…

Abbiamo prodotto gli scozzesi Donald e Jen MacNeill ma siamo pronti per eventuali richieste, aspettiamo che qualcuno ci chiami, ho detto ai Mandolin, va bene Jono Manson, ma mi sarei offerto anch’io, comunque ribadisco che siamo pronti, i Lowlands attendono clienti.

Si riparla brevemente di Raighes e poi mi “scappa” di parlare di un altro Beautiful Loser come Tom Jans e anche di Richard Farina. Anche di chitarristi, Michael Hedges, John Fahey, Leo Kottke, Peter Lang, Bert Jansch, Davy Graham visto in latteria a Londra negli anni ’70 dal sottoscritto.

Poi parlando di progetti prossimi cosa bolle in pentola?

Abbiamo il secondo disco di Roberto, quello elettrico, se mi chiamerà a produrlo, poi stiamo lavorando anche a diversi dischi Lowlands, anche se non i Live che non mi hanno soddisfatto (a domanda specifica del sottoscritto, dice che prima o poi) io e Roberto ci chiuderemo in uno studio per ascoltare tutto il materiale registrato, ma fino ad oggi quello che ho sentito non è inciso abbastanza bene per una uscita discografica (provo a suggerire un intervento di Jimmy Page per sbloccare la situazione, ma visti i tempi, viene scarta, come anche l’idea di un bel box di Bootleg Tapes) e comunque mi viene ribadito fino a che abbiamo materiale nuovo preferiamo lavorare su quello, neanche l’idea di usarlo come bonus ci attira. Abbiamo fatto dei recital acustici dal vivo ma quelli sono usciti gratuitamente, un live elettrico pronto non lo abbiamo (e comunque c’è un vedremo poco convinto anche all’idea dei bonus in dischi di studio), materiale da cinque o sei concerti registrato in multi traccia lo abbiamo anche a livello professionale ma necessiterebbe di un lavoro sui mix ma non abbiamo il tempo di farlo.

A questo punto finisce lo spazio audio della memoria del mio telefonino e passiamo a quello di Ed per un’ultima parte di intervista.

Parlando dei due brani fatti per il record store day era stato registrato altro materiale in quell’occasione nello studio in Galles?

In Galles solo quei due brani, poi in Italia abbiamo registrati altri brani acustici io e Roberto, anche prima di quell’occasione abbiamo registrato un intero concerto dal vivo elettrico, che è passato sulla televisione gallese, un’ora di registrazione ufficiale, anche se non credo che gli artisti locali abbiamo sentito la pressione per questa nostra operazione (il vostro fedele intervistatore riesce anche a fare una bella topica, citando i Runrig, che in effetti sono scozzesi e quindi stendiamo un velo pietoso, il gaelico mi ha dato alla testa). Quindi la sera in cui abbiamo registrato il live ufficiale di studio abbiamo chiesto di dormire lì, proprio nello studio dove è stato anche girato il video, infatti se guardate attentamente tra batteria e strumenti si vede “materiale” per dormire, poi abbiamo chiesto al fonico di fermarsi per fare quelle due cover che erano quelle che suonavamo nei concerti, e abbiamo avuto l’idea di registrarle, per poi pubblicarle nel Record Store Day, ho chamato l’Ird, ho chiesto “vi va di farlo insieme a noi”, mi hanno detto proviamo anche se non lo abbiamo mai fatto.

Altre cose come Lowlands?

La primavera scorsa (inteso come 2012) abbiamo “lavorato” con Chris Cacavas che era venuto a Pavia e abbiamo scritto un disco assieme che si spera entro la fine dell’anno di potere registrare, mentre il nostro ultimo disco Beyond è uscito anche in Inghilterra per la Stovepony che è la stessa etichetta di Steve Cantarelli (allora non avevo ancora avuto tempo di sentirlo, nel frattempo ascoltato, molto bello). Quindi ricapitolando abbiamo quel disco con Cacavas che bisognerà capire se uscirà come Lowlands o meno. Poi abbiamo un disco acustico che si chiamerà “Love, etcetera” di cui abbiamo già inciso 16 o 17 canzoni io e Roberto con una Marching Band, quindi con fiati, non in stile balcanico, e ci stiamo lavorando. E sempre con Roberto stiamo iniziando a lavorare anche al prossimo disco elettrico dei Lowlands e anche in questo caso abbiamo 13 o 14 brani pronti.

Gli chiedo se il disco con Cacavas è elettrico e Ed me lo conferma.

I demo del disco sono stati registrati con la formazione attuale del gruppo, quella dei concerti e dell’EP per intenderci ma il disco nuovo difficilmente sarà pronto prima del 2015 mentre quello acustico con l’aiuto di alcuni degli amici che hanno partecipato al progetto di Woody Guthrie dovrebbe essere “pronto” nei prossimi 18 mesi.

Saltando di palo in frasca gli chiedo se al di fuori dei dischi della band ha partecipato solo ai Tributi a Springsteen (era inevitabile parlare di Bruce) e a quello dei Beatles.

Per quello di Springsteen con Soul Driver (uno dei brani migliori di Human Touch, non un capolavoro ma non così “orrido” come molti lo ricordano) l’ho scelto proprio volutamente perché il pezzo mi piace e anche perché delle 30 o 40 che tu dici (gli ho detto che tante migliori ce n’erano) molte erano chiaramente inavvicinabili, di quelle che lui ha “sbagliato” in studio questa era una delle migliori ( e rimane adamantino nella sua convinzione, anche se provo a dirgli che tra gli “scarti” del cofanetto di inediti Tracks c’era da pescare di meglio). Soul Driver era un gran pezzo che abbiamo fatto nostro con la band e non abbiamo dovuto sgomitare per averlo.

Quindi tornando alle date di uscita, entro l’anno spero quello con Cacavas e forse anche quello acustico.

Ma scrivi primi i testi o la musica e fai tutto tu?

Dipende a seconda dei casi e comunque, sì, faccio tutto io anche se per il prossimo disco elettrico dei Lowlands io e Roberto abbiamo iniziato a collaborare in alcuni brani e anche se non saremo i nuovi Jagger-Richards o Lennon-McCartney, il nuovo disco con Chris Cacavas lo abbiamo scritto a quattro mani, cosa che non pensavo di essere in grado di fare e anche con testi e/o musica di entrambi, un mix delle due cose. Infatti nel disco cantiamo tutti e due e quindi è in insieme dei due sound, parte Lowlands, ma anche con il suo tocco. Comunque decideremo a maggio quando Chris verrà in Italia per registrare un disco dal vivo acustico a Spazio Musica di Pavia, se sarà come band o con altri nomi. Ma dipenderà anche dai soldi che si raccoglieremo con i concerti e a parte la data di Stoccolma, una al Rock and Roll di Rho e una, probabile, a Pavia, in piazza, a giugno il giorno 8, per festeggiare i 10 anni del mio ritorno in Italia non c’è altro al momento (quindi organizzatori, se leggete questo spazio, fatevi avanti!) nella stessa occasione in piazza, in altre date, ci saranno anche Willie Nile e James Maddock con le rispettive band (quindi segnatevi pure questo).  

Si parla infine della situazione “tragica” dei negozi che chiudono un po’ dovunque e di come andrà la vendita dell’EP, io faccio l’ottimista e dico che verranno vendute tutte le 200 copie stampate per l’occasione (più qualcuna da vendersi ai loro concerti) e si dice insieme un bel speriamo!

Secondo noi il Record Store Day è un bel evento, noi lo abbiamo sempre festeggiato a Pavia (anche se quest’anno come avete letto nel primo Post, i Lowlands saranno a Stoccolma), e il fatto che ci sia molto materiale in vinile e poco in CD (a parte un CD EP dal vivo dei R.e.m.) significa meno concorrenza per noi! Ci sarebbe piaciuto farlo anche in vinile, ma abbiamo visto i costi e non riusciamo a farlo (al che mi permetto di ricordare che però sarebbe stato l’unico loro vinile, visto che i titoli precedenti non erano mai usciti in LP). Tra l’altro questa primavera abbiamo fatto anche pochi concerti, abbiamo cercato ma non abbiamo trovato molto, Roberto e io abbiamo fatto delle date acustiche, ma full band troppo caro, pochi soldi che girano. Bisognava venirci a vedere lo scorso inverno, quello è stato un buon tour (ma gli ricordo che non è che neppure a Milano ci sia questo gran fermento di concerti e spesso le cose si sanno all’ultimo, tipo un concerto gratuito di Dirk Hamilton la sera precedente al momento in cui stiamo parlando).

Esauriti il tempo, gli argomenti e spero non la pazienza di Edward ,che è stato gentilissimo, concludiamo questa chiacchierata.

Quindi sapete che il vostro dovere è quello di comprare l’EP di Left Of The Dial per due motivi: perché è bello e perché gente che fa buona musica, con passione, come Ed Abbiati, non ce n’è tantissima in Italia e in giro per il mondo, anche se più di quello che si pensa, come chi legge il Blog spero verifichi giornalmente.

Direi che è tutto o that’s all folks, se preferite, fine anche della parte due!

Bruno Conti

P.s. Per qui due o tre(mila) che non lo sanno, Left Of The Dial, sta per a sinistra della manopola, ovvero il posto dove, nelle vecchie radio anni ’80, stavano le stazioni che trasmettevano il cosiddetto college rock (R.e.m., Replacements appunto & compagnia bella), il primo rock indipendente di quegli anni,  buona musica in definitiva, quasi sempre.

Donald And Jen MacNeill – Due Scozzesi E Un Paio Di Lowlands (Forse Tre) A Pavia

Donald and jen Macneill SSMCD004 - 72.jpgdonald macneill3.jpg

 

 

 

 

 

 

Ieri sera, 18 ottobre, a Spaziomusica di Pavia è partito il breve tour italiano di Donald And Jen MacNeill, una simpatica coppia di padre e figlia che hanno da poco pubblicato un CD Fathers And Sons accompagnati da alcuni componenti dei Lowlands, la band di Ed Abbiati e Roberto Diana, disco di cui vi ho parlato un paio di settimane fa, ma se volete rinfrescarvi la memoria lo trovate qui semplicemente-musica-folk-donald-and-jen-macneill-with-lowl.html. 

Prima del concerto ho fatto quattro chiacchiere con loro (non la definirei una intervista visto che abbiamo parlato nel locale con la musica in difffusione e quindi non ho potuto registrare il tutto) e si sono confermati due persone molto affabili, in possesso di quello che definirei uno “Scottish Humour” (conoscevo quello inglese ma anche gli scozzesi si difendono bene), che abitano in uno dei posti più belli e più speduti delle Isole Ebridi, Colonsay, popolazione dichiarata dalla coppia 120 abitanti anche se nella prefazione del disco fatta da Edward Abbiati, secondo i suoi ricordi, circa venti anni fa erano 80, quindi sembrerebbe esserci un incremento forse dovuto ai due nipoti che l’altra figlia di Pedie MacNeill ha nel frattempo sfornato. Ma nel corso del concerto Jen ha raccontato che ai tempi in cui suo padre andava a scuola (l’unica del paese, dove insegna la mamma, quindi tutto in famiglia) gli studenti erano circa una ventina, forse meno, in tempi più recenti quando lei l’ha frequentata gli scolari erano solo cinque e sembra che la popolazione stia decrescendo anche se “non è un cattivo posto per viverci” come recita la didascalia di questa foto tratta dal suo MySpace.

donald macneill2.jpgdonald macneill.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

Certo bisogna ingegnarsi per trovare dei lavori, incentivare le proprie passioni, come la musica e a questo proposito il MacNeill padre ogni anno organizza un Festival di musica Folk sull’isola al quale partecipano anche nomi importanti della musica scozzese, a partire dai Lau, Karine Polwart, Heidi Talbot e altri che non ricordo. Nello stesso tempo mi ha raccontato che si tiene al corrente anche della musica contemporanea e di avere molto apprezzato l’ultimo album di Laura Marling.

In teoria questo era il loro primo concerto al di fuori dei confini del Regno Unito ma la biondina Jen mi ha raccontato di essere venuta in tour lo scorso anno proprio in Italia con un gruppo femminile dove la cantante si è ammalata appena iniziata la serie di concerti e quindi hanno dovuto arrangiarsi ed eseguire un repertorio ridotto a causa di questo incoveniente. Proprio Jen Macneill si è rivelata la sorpresa della serata, con la sua bella voce a fare da compendio a quella del padre e con una ottima performance al fiddle dove ha sfoderato una buona tecnica e preparazione, sostituendo Chiara Giacobbe che non era disponibile per i concerti. Gli altri due Lowlands della serata erano il chitarrista Roberto Diana e il fisarmonicista (accordion, please) e tastierista Francesco Bonfiglio che hanno reso più corposo il sound folk della coppia scozzese.

Prima del concerto Ed Abbiati ha presentato un paio di nuovi brani che anticipano futuri sviluppi di cui non si può parlare e Roberto Diana ha eseguito tre brani alla chitarra acustica come presentazione di un mini CD molto ruspante intitolato Raighes Vol 1 (Rough Tapes) in tiratura limitata di ben 50 copie che dovrebbe fare da preludio ad un album completo. Lui, se conoscete, i dischi dei Lowlands è un ottimo chitarrista elettrico, tra i migliori in Italia, ma anche all’acustica se la cava alla grande con un po’ di tapping che mi ha ricordato Michael Hedges nel primo brano presentato Coffee Break dove convergono anche flatpicking, fingerpicking e altre tecniche varie per uno stile composito e completo. Gli altri due brani erano, credo, If You Are Happy e un altro di cui non ricordo il titolo, che dipingono vicende familiari e stati d’animo attraverso le 6 corde della chitarra nella migliore tradizione dei virtuosi dello strumento.

Nel concerto della famiglia MacNeill, Diana ha suonato soprattutto chitarre in stile slide con il bottleneck e ha aggiunto assoli e coloriture sonore al repertorio del due. Che hanno eseguito praticamente tutto il nuovo album, con l’eccezione dello strumentale Farewell To Govan visto che Jen non si era portata il low whistle, sostituito da un medley tra un traditional celtico e una scatenata sarabanda chiamata The Dirty Bee dove il violino eccellente e la fisarmonica si sono sfidati a velocità supersoniche. Anche The Last Trip che doveva essere l’ultimo brano del concerto secondo la scaletta è stato sostituito con un medley di gighe, reels e arie scozzesi per un finale scoppiettante dove anche il babbo Donald Mac Neill e Roberto Diana avevano eseguito una ottima Bouncing Babies l’altro strumentale tratto dall’album.

Il concerto come il disco si era aperto con Fair Tides una bella ballata evocativa che nell’incipit mi ha ricordato The Streets of London di Ralph McTell e a domanda precisa prima del concerto Donald ha risposto con un “maybe” dicendo, e questo è vero, che questi brani sono un po’ nell’aria che si respira per chi fa musica. Ottima anche la cover del brano di Allan Taylor The Morning Lies Heavy che Jen, che la canta,  si è meravigliata molto fosse conosciuta in Italia, forse più che in patria. L’altra cover, non contenuta del disco, è stata una versione di un brano Bedlam Boys cantato da Joan Baez ma scritto da Heidi Talbot. I momenti migliori della serata direi che sono stati la lunga Fathers and Sons che racconta la storia del disastro della nave Arandora Star affondata vicino alle coste scozzesi nel 1940 con più di 800 persone a bordo tra cui moltissimi italiani, la conclusiva Half Hebridean e Days of our lives entrambe malinconiche riflessioni sul tempo che passa e se ne va sulle isole Ebridi e nelle nostre vite.

Se volete godere anche voi dei piccoli piaceri della vita come ascoltare un bel concerto di musica Folk suonato come Dio comanda, stasera, 19 ottobre, se siete al centrosud potete andare a Roma al Lord Lichfield Pub oppure il 21 all’1.35 di Cantù e il 22 ottobre all’Ottagono di Bergamo.

That’s All Folks!

Bruno Conti

Postcards From Italy. Lowlands – Radio & Kitchen Sessions

Lowlands - Radio & Kitchen Sessions - Acoustic Tour 2010.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Lowlands Radio & Kitchen Sessions

Questo CD non esiste! No, così suona male! Non esiste ufficialmente ma lo potete scaricare, per esempio, dal sito del chitarrista Roberto Diana index.php ma anche dal facebook del gruppo di Pavia, sul loro sito http://www.lowlandsband.com/ sinceramente, non so dove cacchio sia, probabilmente c’è ma non l’ho trovato!

Si tratta, come dice i il titolo, di un mini album registrato nel mini-tour italiano appena concluso, tra febbraio e marzo del 2010: tutto mini ma non il contenuto, ottimo! Sei brani, quattro originali e due cover, I Still Miss Someone di Johnny Cash e Friend of The Devil di Jerry Garcia, uno dei capolavori dei Grateful Dead, ripresi da concerti radiofonici, tre brani da Radio Icaro di Rimini, uno da Radio Gold di Alessandria (si cita sempre perché trattasi di eroici resistenti al piattume radiofonico italiano dominato dalle playlists, ovvero tutte uguali tutte brutte!), mancano le due cover registrate in qualche cucina di qualche località ignota del vasto stivale italiano.

Canta e scrive tutte le canzoni Edward Abbiati, suonano Stefano Brandinali al piano, Roberto Diana, chitarre, lap steel e slide, Simone Fratti al contrabbasso e Chiara Giacobbe al violino, che in questa dimensione acustica ha ampio spazio.

Un Ep tira l’altro, un concerto tira l’altro e prosegue il progetto di una lenta ma costante conquista e poi dominazione del globo terracqueo. Basta fare buona musica e nuovi proseliti si aggiungono: se volete farvi un ripasso sui Lowlands (ma avranno imparato Hallelujah?) il post a loro dedicato è del 6 dicembre 2009.

Bruno Conti