Eccoli Di Nuovo! Replay Buone Azioni: Mandolin’ Brothers – Serata Dylan Highway 61 Revisited A Milano il 15 Novembre

spazio teatro 89 2

Come è usanza per le migliori rock e jam bands americane a cui si ispirano, anche i Mandolin’ Brothers hanno pensato di realizzare una serata in cui eseguiranno, come ha tenuto a precisarmi il buon Jimmy Ragazzon, “tutto Highway 61 Revisited, in rigoroso ordine di scaletta + pezzi nostri,” mica bruscolini, però se devi farla grossa meglio esagerare, come diceva Jannacci, e l’album che è stato scelto è tra i migliori di sempre, con il brano Like A Rolling Stone, classificato dalla quasi omonima rivista americana, come migliore canzone di tutti i tempi https://www.youtube.com/watch?v=axdAEKsiL1U

mandolin' brothers foto

Quindi, da quello che mi si dice fervono i lavori per imparare i brani e riarrangiarli, nellì’intrepido spirito della band pavese, reduce da un breve tour inglese, dove sono stati accolti da ottime recensioni della stampa inglese per il loro ultimo album http://discoclub.myblog.it/2014/01/22/i-primi-italiani-caso-sempre-piu-americani-sempre-piu-bravi-mandolin-brothers-far-out/. Volendo, perché son Mago, potrei addirittura azzardare una lista dei brani che eseguiranno nella prima parte del concerto:

Like A Rolling Stone

Tombstone Blues

It Takes A Lot To Laugh, It Takes A Lot To Cry

From A Buick 6

Ballad Of A Thin Man

Queen Jane Approximately

Highway 61 Revisited

Just Like Tom Thumb’s Blues

Desolation Row

Nove belle “canzoncine” che dovrebbero allietare i cuori di tutti quelli che si presenteranno, spero numerosi, alla serata del 15 novembre (è un sabato, quindi niente scuse) allo Spazio Teatro 89 di Milano, sito in via F.lli Zoia 89, zona San Siro. Come dice il titolo del Post, questa è una buona azione, promozionale, ma non solo, direi esistenziale, pensate a come vi sentireste se, non sapendo del concerto, non dovreste essere presenti alla serata?

Non oso pensarlo, quindi intervenite e ditelo ad amici e parenti, ma volendo anche a nemici e conoscenti. E non crediate di sfuggire perché la settimana del concerto, inesorabile, ripubblicherò questo avviso ai naviganti. Sarà anche “marketting”, ma è per una buona causa, loro sono veramente bravi, e non lo dico per convertire i “fedelissimi”, che già sanno, ma per i novizi, amanti della buona musica!

Bruno Conti

P.s Da stasera o domani troverete anche sul Blog, penso diviso in due parti, un bel Post di Marco Verdi sui Complete Basement Tapes, visto che siamo in argomento Bob Dylan.

Tra I Primi “Italiani Per Caso”, Sempre Più “Americani”, Per Scelta E Sempre Più Bravi! Mandolin’ Brothers – Far Out

Mandolin Brothers 2014

Mandolin’ Brothers – Far Out – Ultra Sound Records/IRD e download digitale

“Scusate il ritardo”, come disse qualcuno, ma prima era troppo presto per farla, poi travolto dagli eventi e da una salute negli ultimi tempi non fantastica (niente di grave), mi ritrovo ad arrivare quasi buon ultimo a fare la recensione per questo Far Out dei Mandolin’ Brothers, che anche se fatta con ritardo non inficia certo la qualità del disco, rimane sempre un grande album e, in ogni caso, questo sabato, il 25 gennaio, ci sarà pure il concerto di presentazione ufficiale in quel di Pavia a Spazio Musica, praticamente esaurito mi dice il buon Jimmy (anche se perplesso per il ritardo di chi scrive, nella foto qui sotto, riciclata da altri vecchi Post) https://www.youtube.com/watch?v=KWU-l6ZmJwY .

jimmy ragazzon pensa

Il titolo della recensione fa riferimento ad un modo di dire che ho coniato per quelle band, italiche di natali, ma “americane” nel cuore e nella musica, che agiscono in Italia, ed in particolare nella zona di Pavia e dintorni, dove evidentemente si respira l’aria (virtuale) del Texas o del Tennessee, per citare due stati molto musicali degli USA, ma non ci sono, purtroppo, le stesse temperature. Fortunatamente le brume e le nebbie delle bassa Padana non hanno “nascosto” l’ispirazione di Jimmy Ragazzon e soci, che per l’occasione sfornano un disco tutto scritto da loro: come direbbe Mourinho, Zero Covers! E che disco! Almeno il produttore è americano, Jono Manson, anche se quasi naturalizzato italiano, mentre gli ospiti vengono da entrambe le rive del Po. Qualcuno da molto lontano, tipo Cindy Cashdollar e John Popper, oltre al citato Jono, altri vengono da appena girato l’angolo, Edward Abbiati e altri che vi citerò nei vari brani, perché, visto il ritardo, cosa ti ho pensato? Almeno una bella recensione track-by-track, come si usa(va) per gli album “importanti, nelle riviste musicali serie!

cindy cashdollarjohn popper

Come dite? Non è una rivista, va beh che pignoli, un Blog musicale, che una volta era anche un negozio, comunque partiamo! Anche se non paga più come una volta, hanno fatto tredici (brani), spero per loro che rendano abbastanza, in termini di vendite. Una ultima cosa prima di esaminare i brani: ma “Far Out” sta per Fantastico, Distante o “Fuori”? La traduzione dal dizionario è corretta per tutti e tre, ma temo che bisogni essere, per fortuna, un po’ fuori, per fare un disco così nel 2014, e in Italia, bravi ragazzi (anche questo è un complimento, ragazzi, una volta, forse agli inizi, 30 e passa anni fa!). E per citare un altro che veniva più o meno da quelle parti, il Giuanin Brera, il disco ha fatto, o così sembra a chi scrive, un salto sesquipedale di qualità rispetto agli album del passato, che pure non erano certo brutti.

jono manson

I Little Feat, ci piacciono ( a noi e a loro) e “New Paveans”, Louisiana, una strana località tra la bassa e la Crescent City, pure: unendo le due cose otteniamo la traccia di apertura, una Freak Out Trains che profuma anche di Sud degli Stati Uniti in generale, pianino barrelhouse, qualche inflessione dylaniana nel cantato e in un breve intervento di armonica , pedal e lap steel a dare pure una “idea” di western swing, e tutto in un solo pezzo, bella partenza.

Jimmy Ragazzon in Samedan, Photo by Peter Aebi

Per Come On Linda scomodiamo il vecchio Steve Earle di Copperhead Road, quello roots e stradaiolo degli inizi, ma anche rocker intemerato, una ballata di quelle con chitarre, chitarre e ancora chitarre, a manetta, ma anche armonica, organo e un bel duetto tra il signor Jimmy Ragazzon (che firma il pezzo con Marco Rovino, uno dei due chitarristi e titolare del mandolino della ragione sociale del gruppo) e Jono Manson, che si scambiano versi e cantano all’unisono nel coro https://www.youtube.com/watch?v=Ryz0a6ziU-4 . Le citazioni di nomi e possibili riferimenti non sono ovviamente “diminutive”, ma servono per inquadrare la musica, che essendo profondamente americana ed internazionale, per una volta non si può confrontare con De André, Fossati, Battisti o altri italiani, anche bravi, ma ha termini di paragone, assolutamente positivi, con quello che arriva da oltreoceano, per una volta tanto.

Riccardo Maccabruni, Vallemaggia 2010

Someone Else è di Riccardo Maccabruni, che se la scrive, se la canta e se la suona, con tante tastiere, piano e organo, che neanche Ian McLagan dei tempi d’oro dei Faces (a proposito tornano insieme il prossimo anno), ma anche la slide di Paolo Canevari in bella evidenza, una sezione ritmica pimpante (Joe Barreca al basso e Daniele Negro alla batteria) e ben definita nei suoni della produzione di Manson. Un bel rock dal sud (di Londra) da dove venivano i Faces, che però due o tre cose sul R&R le sapevano (vero Black Crowes?).

Paolo Canevari&Marco Rovino, Vallemaggia 2010

Circus è il brano dove appare la brava Cindy Cashdollar alla Weissenborn guitar (l’unico pezzo, evidentemente non avevano i soldi per far durare il soggiorno di più), un ballatone d’atmosfera, forse il più vicino alle sonorità di Still Got Dreams, con uso di fisarmonica (Maccabruni), le solite chitarre a strati, acustiche ed elettriche, un dobro o una national (?). Vi ho mai detto quanto canta bene Jimmy? No. Allora ve lo dico.

Joe Barreca al Nidaba Theatre, Milano,  Photo by Ramona Rotta

Nightmare In Alamo, ovviamente come titolo fa più scena che incubo a Belgioioso! E già quello è un bel partire, se poi il brano è un western rock di quelli cattivi con una storia tra l’epico e il noir, con delle chitarre “malignamente” insinuanti e un organo (hammond?) o almeno che ha un suono che solo l’hammond dovrebbe avere. Il crescendo è fantastico, dal vivo potrebbero farla durare all’infinito, un assolo dietro l’altro, quei quindici minuti, ma già questa versione di studio ha un suo perché. Quello di regalarci della grande musica.

Daniele Negro in Samedan, photo by Peter Aebi

Ask The Devil, firmata Rovino/Ragazzon è uno di quei blues che fa parte del loro DNA da illo tempore, Blues sì ma con tante sonorità rock, sottolineate dall’andatura ciondolante della batteria di Stefano Bortolotti, in prestito per questo brano, che si situa appunto in qualche “incrocio” tra blues e rock e un pizzico di gospel nei coretti finali con una voce femminile (Camilla Sernagiotto).

Sorry If è un altro rock and roll, di quelli duri e puri, cattivi, a grande velocità, con l’armonica inconfondibile di John Popper dei Blues Traveler, che viaggia come un rapido tra Bologna e Roma, o in qualche località percorsa dalle American Railroads, fate voi. Siccome c’erano poche chitarre anche Jono Manson aggiunge la sua elettrica per l’occasione. Se non fosse firmata Rovino/Maccabruni potrebbe essere qualche outtakes dai primi album dei Blues Traveler, quando tiravano come delle schegge!

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Bad Liver Blues, perché le dodici battute piacciono sempre, è la storia di qualcuno che ha esagerato (ci sono sempre) e il fegato non l’ha presa bene. Il brano sta il grande Muddy e qualche oscuro vinile di Buddy Guy con Junior Wells, Charlie Musselwhite o James Cotton, quei bluesmen che piacciono a Jimmolo, che soffia nell’armonica quasi con goduria.

Short Long Story se non esistesse avrebbero dovuto inventarla, parte come una sorta di ballata con un chitarrone twangy e diventa un country-rock di quelli classici e ritorno, tra picchi e vallate sonore che i Mandolin’ avevano già frequentato nell’EP Moon Road. Anche questa dovrebbe fare sfracelli dal vivo.

E Lotus Eaters è un’altra faccia di questo country-rock molto anni ’70, quando formazioni come Amazing Rhythm Aces, ma anche gli stessi Little Feat o i migliori Commander Cody, per non parlare di Eagles, Poco, Flying Burrito Brothers, Ozark Mountain Daredevils e tantissimi altri, aggiungete a piacere, provvedevano a spargere il verbo di questo stile che prendeva il meglio dalla country music tradizionale e dal rock californiano.

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Black Oil se non l’hanno scritta Levon Helm o Robbie Robertson, e dai credits che riportano Rovino/Ragazzon non dovrebbe essere, non è quell’inedito miracolosamente sopravvissuto allo scorrere del tempo estratto dagli archivi della Band. Ma idealmente, al tempo stesso, lo è, con gli intrecci vocali di Jimmy, Marco e Riccardo, la voce aggiunta di Edward Abbiati, mandolini, fisarmoniche e quella aria da “grazie di tutto, Levon”, in poco più di due minuti procede a dimostrare come si fa a scrivere una gran bella canzone e visto che anche il testo ha una sua ragione, nel libretto assai esauriente del CD, oltre al testo originale c’è anche la traduzione italiana.

My Last Day nuovamente scritta e cantata da Riccardo Maccabruni dimostra ulteriormente che i Mandolin’ Brothers continuano ad esplorare le possibilità di una formazione dove ci sono ben sei musicisti di talento e anche se spesso costa portarli in giro tutti insieme, quando si ritrovano in studio sono in grado di fare dei grandi dischi che dovrebbero essere recensiti anche sulle pagine di riviste come Mojo e Uncut,  non perché sono di moda o il fenomeno del momento, ma perché sono veramente bravi.

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Hey Senorita, è un altro gioellino sonoro, con il suo tempo da valzerone rock, una slide insinuante e un pre-finale da mexican border, e un finalino da New Orleans Streets, dove arriva anche una sezione fiati che avrà alzato esponenzialmente il budget del disco. Ma per fare delle canzoni così belle, ancora firmata dei due R, Rovino e Ragazzon, il gioco vale assolutamente la candela (non so cosa volevo dire, ma la frase mi è venuta così e siccome ci stava bene l’ho lasciata). Se il crowfunding funziona e avete altre canzoni pronte, direi di insistere. Perfino Springsteen si è messo a fare quasi un disco all’anno.

Per concludere su un’aria di allegria “old school”  (perché in fondo non bisogna proprio prenderci troppo sul serio), che è quella che contraddistingue anche musicalmente questo ottimo album, come avrebbe detto Frate Antonino da Scasazza a Quelli della Notte del signor Alberi: “Non è bello ciò che è bello, ma che bello che bello che bello”. Oppure ancora It’s Only Rock’n’Roll, Sono Solo Canzonette, Trattasi di canzonette…scegliete voi!

Bruno Conti

 

 

Il Meglio Del 2013 By Jimmy Ragazzon (Mandolin’ Brothers)…E Qualche News Sul Nuovo Disco!

jimmy ragazzon pensa

Pensa che ti ripensa…ma direi questi…

Jimmy Ragazzon

 

My  Best Of 2013

 band live at the academy 4 cd

The Band: Live at  The Academy Of Music 1971

ry cooder live in san francisco

Ry Cooder & Corridos Famosos: Live In San Francisco

allen toussaint songbook

Allen Toussaint: Songbook

Bob Dylan: Another Self Portrait

los lobos disconnected

Los Lobos: Disconnected In New York City

Allman Brothers Band: Brothers & Sister Reissue

inside-llewyn-davis-original-soundtrack-300

Various Artists: Inside Llewyn Davis

mississippi fred mcdowell

Mississippi Fred McDowell: I Do Not Play No R&R

james cotton cotton mouth

James Cotton: Cotton Mouth Man

mavis staples one true vine

Mavis Staples: One True Vine

duane allman skydog

Duane Allman: Skydog – A  Retrospective

grateful dead sunshine dream front

Grateful Dead: Sunshine Daydream

HUMBLEPIEperformanceCOVER

Humble Pie: Performance Rockin’ The Fillmore

north mississippi allstars world boogie is coming

North Mississippi Allstar: World Boogie Is Coming

 guy davis juba dance

Guy Davis & Fabrizio Poggi: Juba Dance

paolo bonfanti exile

Paolo Bonfanti: Exiled On Backstreets

Concerti: Bob Dylan, Arcimboldi, Milano 2/11/13

                  Greg Trooper, with Alex Valle: da Trapani, Pavia

Libri:

Russel Banks: La Deriva Dei Continenti

Mauro Zambellini: Love And Emotion: Una Storia di Willy Deville

Nick Turse:  Kill Anything That Moves: The Real American War in Vietnam (molto istruttivo)

Perdita  Incolmabile:   JJ Cale

E…come dicono nel loro sito; Coming Soon:

Mandolin Brothers 2014

Sono stato “diffidato” dal dire troppe cose sul nuovo album dei Mandolin’ Brothers Far Out in uscita il 10 gennaio p.v. per la Ultra Sound distribuito da Ird, ma nelle parole dello stesso Jimmy questo è quanto sarà:

Lavorare con Jono (Manson) è stato un vero piacere, sia x le sue indubbie capacità di musicista e  produttore, sia x l’affinità cultural-musicale che ci accomuna. Persona splendida, gentile e puntigliosa, ha avuto la “pazienza” necessaria x sopportare le fisime ed i distinguo di 6 strambe menti pensanti,  ma mettendo paletti e fermezza dove e quando lo  riteneva necessario.
Inoltre con alcuni colpi di genio e qualche trick ha valorizzato tutto il lavoro, del quale siamo molto contenti.
Oltre a noi, partecipano lo stesso Jono, Cindy Cashdollar, John Popper,  Edward Abbiati,  la TPN Horn Section ed altri amici. L’ album, che si intitola “Far Out”  uscirà x  l’etichetta Ultra Sound Record e sarà distribuito dalla IRD. E’ certamente un poco + rock-oriented rispetto a tutti i 4 nostri lavori precedenti, ma questo è il risultato della musica da noi scritta, cioè 13 pezzi originali, senza alcuna cover. Inoltre abbiamo valorizzato le voci a disposizione nella band.

Cosa aggiungere? Comprate, comprate, comprate, salvo quelli che hanno partecipato al Crowd Funding e quindi hanno già ricevuto l’album in anteprima. Ovviamente recensione appena avrò l’OK.

stoned town

Nel frattempo i Mandolin’ Brothers, insieme ai Lowlands e moltissimi altri musicisti della zona del pavese partecipano a Stoned Town, una doppia compilations in CD per festeggiare i 50 anni di carriera dei Rolling Stones (era stato fatto anche con A Day In The Life dedicata ai Beatles). Stasera, come da locandina qui sopra, c’è l’ultima serata di presentazione del disco a Spazio Musica di Pavia.

Per le stranezze della rete, dove tutto si crea e nulla si cancella, se state leggendo questo Post tra due anni nel futuro, tenetene conto solo per il doppio CD, obviously!

Per oggi, that’s all, alla prossima

Bruno Conti

Storie Di Pianura Tra la Via Emilia E Il Po – Augustici

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Augustici – Signora Pianura – Autodistribuito/Orquestra Records 2013

Per chi scrive è opinione che, negli ultimi anni, nel pavese, si è sviluppata una scena musicale molto interessante che ruota intorno ad un “sound” omogeneo, composto da un certo numero di band, alcune nate da qualche anno, altre che suonano da venti, tutte accomunate dall’appartenere allo stesso bacino geografico, dal fare Blues, Roots, Folk e Country, dallo scrivere testi non in italiano (i Lowlands del mio amico Ed Abbiati), arrivando ad esibirsi talvolta negli Stati Uniti (i Mandolin’ Brothers di Jimmy Ragazzon) e a collaborare con artisti americani importanti, per misurarsi con chi quella musica l’ha creata.

Fanno parte dell’ultima generazione gli Augustici, gruppo folk pavese (nato da una costola della Corte dei Miracoli) composto da Edoardo Faravelli (fisarmonica, banjo e mandolino), Giuseppe Mascherpa (chitarra e voce), Chiara Prati (violino), Paolo Pagetti (bodhran e cajon), Dodo Renzi (chitarra e voce) e come ospiti Luca Crespi (flauti e tin whistles) e Marta Bianchi al pianoforte.

Signora Pianura è una sorta di “concept album” su storie e personaggi della Pianura Padana, con brani cantati in tre diversi dialetti (il milanese del ‘700, il pavese e l’oltrepadano), e in parte anche in italiano, su una rielaborazione di racconti e dicerie di paese. Le storie iniziano con il brano che dà il titolo al lavoro, Signora Pianura, dall’arrangiamento tipicamente irlandese, e proseguono con il dialetto oltrepadano di La Crava Ciciumbèla, la dolce ballata E ci avevo la morosa in collina, con la fisarmonica in evidenza. Con il trascinante folk agreste di Al Pogia si torna al dialetto (pavese), e poi a seguire La Processione sempre con la fisarmonica a dettare il ritmo, mentre un bel arrangiamento irish folk accompagna la splendida I Lader (La Balada del Bestùc) cantata in dialetto milanese del ‘700. Atmosfere “parigine” si respirano nel Valzer in Pantofole, mentre la storia di Jackie L’Anguilla fa da preludio al country padano di Il Leggendario Bisonte Americano, per finire con la pianistica La Sigaretta, una storia intensa e amara, che rispecchia lo spirito del lavoro, con testi profondi e mai banali. Per gli amanti del “folk tradizionale”, una nuova interessante band pavese da scoprire.

Tino Montanari 

Una Grande Serata Tra Folk e Rock (Ma Non Solo) Con I Lowlands A Pavia!

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Lowlands – Piazza Della Vittoria – Pavia – 08/06/2013

Nello splendido scenario di Piazza Vittoria in quel di Pavia (con sullo sfondo il magnifico palazzo del Broletto), i Lowlands di Ed Abbiati hanno concluso la prima parte della loro campagna europea che li ha visti suonare da Dublino a Londra, passando per Roma e Firenze, con l’ultima recentissima tappa di Stoccolma, in un concerto che arriva a dieci anni esatti dal rientro in Italia di Ed, non occasionalmente nel giorno del suo compleanno e, particolare importante, anche di sua moglie. L’attuale line-up della band oltre ad Ed Abbiati chitarra e voce, è composta dallo storico chitarrista Roberto Diana, Francesco Bonfiglio alle tastiere e fisarmonica, Enrico Fossati al basso e Mattia Martini alla batteria.

La parte iniziale del concerto vede Ed e il suo gruppo eseguire brani tratti dal loro ultimo lavoro Beyond, a partire dal rock urbano di Lovers and Thieves, Walking Down The Street, Waltz in Time, Ashes e Hail Hail e poi una versione sempre accattivante di Gypsy Child. Si riparte da una struggente Fragile Man (scritta da Ed per un suo amico recentemente scomparso), proseguendo con un set che ripropone brani pescati dall’album d’esordio The Last Call, dove spicca per bellezza la tenue That’s Me On The Page, mentre In The End fa muovere il piedino e invita a ballare, non mancano Gotta Be (brano firmato con l’amico Tim Rogers) sana e robusta baraonda rock, per poi passare alla  dolce ninna nanna Lullaby (dedicata alle figlie). La parte finale del concerto, vede salire sul palco gli amici Alex Cambise al mandolino e Jimmy Ragazzon (leader dei Mandolin’ Brothers) per una torrida versione di Everybody Knows This Is Nowhere di Neil Young, un brano dei primi anni ’60 di Bruce Channel  in cui appariva Delbert McClinton che si narra abbia dato ai tempi alcune lezioni di armonica a John Lennon, Hey Baby, per fare ballare il pubblico presente, e una Left Of The Dial dei Replacements cantata con la rabbia degna di un Paul Westerberg. Chiudono un concerto splendido Keep On Flowing con piano e fisarmonica nel più classico blue collar rock e una acustica e dolcissima Homeward Bound.

Mentre la gente a fine concerto sfollava contenta e soddisfatta della serata musicale, pensavo che noi pavesi dovremo essere grati a gruppi come i Lowlands,  i Mandolin’ Brothers e artisti minori locali, ma altrettanto bravi (come per esempio Sergio “Tamboo” Tamburelli) che portano in giro per l’Italia e in Europa, una musica fatta di sudore, cuore e di grande qualità.

Tino Montanari     

Un Amico Del Blog: Così Disse Jimmy Ragazzon. Stanno Per Tornare I Mandolin’ Brothers!

In America la chiamano Kickstarter Campaign o Crowdfounding, che non è il titolo di una canzone del nuovo album, in Italia potremmo definirla Campagna Raccolta Fondi e visto che i Mandolin’ Brothers sono bravi, belli e giovani (non mi torna qualcosa, ma c’è del giusto in quanto vi dico) contribuisco a spargere il verbo.

Nelle loro parole:

I primi di marzo sono iniziate le registrazione del quarto lavoro in studio dei Mandolin’ Brothers! Si tratta del primo “full lenght” di inediti dopo l’apprezzato Still got dreams. Al loro fianco il cantautore/produttore Jono Manson e ospiti del calibro di John Popper e Cindy Cashdollar! Se vuoi aiutare i Mandolin a realizzare il nuovo disco, puoi ancora farlo! In cambio riceverai l’album a casa, sarai citato sul sito e sul disco e potrai procurarti un bootleg live o altri gadget esclusivi!

Andate qui bc9e1a5b6f7346f0af4136dd56ee65f8, oppure sul loro sito http://www.mandolinbrothersband.com/ e guardate come e cosa fare!

Provo a contattare Jimmy e se ha tempo, voglia e mani di fata, gli chiedo se vuole aggiungere qualcosa, nel frattempo mi raccomando!

Bruno Conti

I Migliori Dischi (E Non Solo) Del 2012. Una Lista Tira L’Altra. The Best Of Del “Mandolino”, Ovvero Jimmy Ragazzon

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“Mumble, Mumble”!

*NDB. In questo periodo dell’anno vado a rompere le scatole anche a musicisti e addetti ai lavori per chiedere se hanno voglia di fare le loro liste del meglio dell’anno, questo è quanto gentilmente mi ha mandato Jimmy Ragazzon dei Mandolin’ Brothers (il mumble mumble sotto la foto l’ho aggiunto io). Sono quelle belle “classifiche” corpose che mi piacciono, anche con i commenti e senza limiti di numero di partecipanti alla festa!

 

My Best Of  2012

Albums:

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Ian Hunter & the Rant Band: When I’m President
a 73 anni è ancora più che mai un Grande del Rock…e che voce, signore e signori!

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Dave Alvin: Eleven Eleven (expanded edition con dvd)
che dire? Semplicemente strepitoso!

*NDB . Questo sarebbe del 2011, ma la versione expanded è uscita nel 2012 (con grande dispiacere dei portafogli di chi già lo aveva comprato l’anno prima). Ma il disco è veramente bello, per cui perdonati sia Dave che Jimmy!

Chris Robinson Brotherhood: The Magic Door
una conferma del talento espresso con Black Crowes ed un sana jam band, con un tocco di psichedelia, che certo non guasta.

Ry Cooder: Election Special
Un album politico e necessario, che non le manda certo a dire. Oltre ai testi, mai cosi diretti ed importanti, ci sono anche belle canzoni.

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Heritage Blues Orchestra: And Still I Rise
Meno male che esistono ancora gruppi come questo, che ripropongono e rinnovano la Tradizione della Musica del Diavolo.



Bob Dylan: Tempest
Mi aspetto sempre il nuovo capolavoro dal Bardo Immortale. Non è questo, purtroppo, ma sempre grande musica e testi alla sua altezza.

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Chris Knight: Little Victories
Con alti e bassi, ma non sbaglia mai un album.

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Michael Kiwanuka: Home Again
Una piacevolissima sorpresa ed una splendida nuova voce.

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Hans Theessink: Delta Time
Nostalgico album di sonorità Cooderiane, sempre benvenute. Suonato e cantato con gran classe, da vecchi marpioni del genere. Ry  finalmente è della partita.

Bonnie Raitt: Slipstream
La Rossa picchia secco, come da tempo non faceva.

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Lowlands & Friends : Better World Coming ” Tribute To Woody Guthrie”
Una band che viene dal basso ma con tanta passione, perizia e sincerità. Di questi tempi non è poco.

*NBD Ci sarebbe un chiaro esempio di conflitto d’interessi, ma in questo non vale il detto, “chi si loda s’imbroda”. Saggezza popolare!

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9 Below Zero: Live At Marquee (remastered edition con dvd) il meglio del Pub Rock-Blues britannico al fulmicotone. Una vera botta di energia.

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Frank Zappa: tutta la discografia rimasterizzata by Universal e a prezzo medio, finalmente!
Suoni mai sentiti e perle musicali quasi dimenticate,  a riconferma del genio assoluto del Maestro.

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Led Zeppelin: Celebration Day
suonate voi così, a quella età, dopo una vita non proprio regolare e con quel groove: fantastici!

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Taj Mahal: Hidden Treasure
Il blues originale di seconda generazione, fatto come si deve.

Band 2012:  The Band Of Heathens
roots-rock di pregevolissima fattura. Grandi canzoni, tre intriganti voci che non
possono non ricordare (con gli obbligati ed ovvii distinguo) la mitica The Band
notevole tecnica strumentale. Se non debordano, promettono piacevolissime sorprese.


Canzone 1:  Ian Hunter “Life”
linea melodica indimenticabile. Piccolo e semplice masterpiece.


Canzone 2 : Michael Kiwanuka “They Say I’m Doing Just Fine”
solo nella de luxe edition. Una canzone volutamente scarna ma armonicamente toccante, che ricorda un poco il Curtis Mayfield più melodico.


Concerto:

Tom Petty, Lucca,  29 giugno 2012
Uno dei meglio concerti mai visti in Italia; ed abbiamo anche fatto una bella figura come pubblico, caldi & preparati, a tal punto da strappargli la promessa di ritornare: meglio di così..

Libri:

Ry Cooder:   Los Angeles Stories   Elliot
Una pregevole ed inaspettata raccolta di piccoli tesori noir, scritta con passione ed amore  per
una città ed un tempo perduti.

Katherine Boo:  Belle Per Sempre    Piemme
più che un romanzo-reportage su uno slum di Mumbay, è un pugno nello stomaco scritto
magistralmente da una giornalista Premio Pulitzer. Da leggere assolutamente, anche per
capire quanto siamo fortunati ed egoisti, in questa parte del mondo. Imperdibile.

Steve Earle:  Non Uscirò Vivo Da Questo Mondo    Mondadori
niente di memorabile, ma l’idea di raccontare la storia del medico che fece l’ultima pera a
Hank Williams e delle inquietanti apparizioni del suo fantasma, è un incipit che non può non
suscitare la curiosità di ogni music lover.

Film:

Rolling Stones: Charlie Is My Darling
mai visti gli Stones, Keith e  Mick in particolare, così veri, rilassati e da vicino. Nel backstage,  con
gli amici, i fans ecc. tra una canzone, una bottiglia, una pasticca ed altro.

Fatto Storico:

Finalmente la Palestina è riconosciuta come Stato Osservatore alle Nazioni Unite: era ora!

In ricordo di:
Ravi Shankar, superbo musicista e filosofo, salito alla destra di Ganesh. OM.

HAPPY  XMAS!

Jimmy Ragazzon

P.S. Come al solito NDB sta per Nota Del Bruno o Blogger, mentre nel finale mi associo per il giusto ricordo di Ravi Shankar, che è morto ieri a San Diego, California, alla rispettabile età di 92 anni. Nei prossimi giorni mi ha promesso il diario del suo tour italiano con i Mandolin’ Brothers. Attendo fiducioso (e magari anche qualche recensione, come promesso)!

Bruno Conti

Un “Nuovo Amico” Parla di Un Vecchio Amico! Tom Waits – Amsterdam, Concertgebouw 4.11.1985

*NDB

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Con questo Post inauguriamo la collaborazione di Jimmy Ragazzon dei Mandolin Brothers con questo Blog, visto che il contenuto viene dalla “notte dei tempi” mi calo nei panni del Numero Uno e anche il carattere del Post è diverso dal solito.

Bruno Conti

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TOM WAITS

Amsterdam, Concertgebouw, 4 novembre 1985

AN UNFORGETTABLE “TRIP”

Premessa:

Purtroppo mi ero perso il concerto di Tom Waits  a Londra per pochi giorni nel ’79, e quindi non potevo mancare anche questa nuova occasione data dal Raindogs Tour, soprattutto avendo un buon aggancio ad A’dam e quindi la possibilità di trovare il biglietto. Arrivato in Olanda però, vengo a sapere che no, non avevo il biglietto, dato che il mio amico Andy si era svegliato tardi…

Quindi, passata l’incazzatura, andiamo davanti al Conservatorio ore prima, per cercare di trovarne almeno uno. Sbraitando in inglese ed olandese alla fine un giovane punk mi cede l’agognato tagliando con un ragionevole sovrapprezzo e, dopo avergli offerto una birra, entro al concerto.Questo è il mio indelebile ricordo.

 

Una Amsterdam fredda e piovosa, già invernale, attendeva tranquilla l’arrivo di Tom Waits, senza alcuna pubblicità, se non sui giornali specializzati, ma con tutti i biglietti venduti in sole 6 ore di prevendita. Erano passati anni dall’ultimo tour europeo e l’attesa era davvero grande, soprattutto per il nuovo corso della musica di Waits, intrapreso negli albums “Swordfishtrombone” e “Raindogs”.
Ed è un pubblico eterogeneo, fatto di conoscitori ed assidui frequentatori dei piccoli mondi raccontati da Waits, quello che si raccoglie sui gradini del Concertgebouw, il conservatorio di Amsterdam, per una serata che si preannuncia indimenticabile.
Una volta all’interno della splendida sala, la strana disposizione ed il tipo di strumenti musicali sul palco, dà una idea della particolare atmosfera che si crea subito sulle note introduttive di “Underground” che ci presentano un Waits ammiccante, in camicia a righe e pantaloni neri, scarpe italiane a punta ed un piccolo Borsalino di feltro grigio che sposta in continuazione.
Il viaggio inizia subito, lungo le strade della sua mente popolate da meticci cubano-cinesi, marinai in procinto di salpare verso Singapore, piccoli boss italiani, cittadine astemie della campagna australiana, ragazze fuggite da casa in cerca di qualcosa che non conoscono. Ed anche tristi call girls, hobos ed angeli della desolazione sulle orme di Jack Kerouac e le ispirazioni musicali del blues e di Cole Porter.
Anche gli strumenti, tra cui alcuni inventati da lui, ricreano l’atmosfera del sogno, del continuo susseguirsi di razze e culture, occidente ed oriente, con piatti balinesi, marimbas, glass armonica, calliopes e pump organs, lungo sentieri artistici tracciati da Howlin Wolf, Harry Partch , Hoagy Carmichael.
Si snodano così due ore di spettacolo, costellate da occasionali dialoghi con il pubblico, battute, storielle e piccoli scherzi che fanno di Tom Waits un perfetto entertainer. Sembra parlare sporco e rozzo così come canta con sentimento o suona il piano con estrema delicatezza, spesso accogliendo le molte richieste di un pubblico attento e preparato.
Accompagnato da una grandissima band costituita da Marc Ribot alla chitarra e tromba, Greg Coen al basso, Ralph Carney al sax, Steve Hodges alla batteria ed il funambolico Michael Blair alle più varie percussioni, ha scelto dal suo repertorio brani recenti e classici come “Tom Traubert Blues” ,”29 dollars”,”Jersey Girl”, “Downtown Train”, “Clap Hands”, “Union Square” ed altri.
Alcune canzoni tristi e spezzacuore, altre allegre, ricche di pathos, di assurdità ed aneddoti autobiografici, ballate, jazz, blues, mambo, teatro, ma con tutta la sua anima immersa in ogni brano.
Richiamato a gran voce per tre bis consecutivi, ha concluso lo show con la dolcissima “Time” e tutto il pubblico in piedi a rendere omaggio ad un grande artista, poeta e cantore della strada.
Alla fine, camminando verso casa sotto una pioggia sottile, incontro il mio amico olandese all’uscita del Paradiso, dove ha appena ascoltato Nico, la ex voce dei Velvet Underground ed il suo nuovo gruppo. Vorrebbe raccontarmi qualcosa, ma guardandomi, capisce che stanotte avrò ben altro per sognare . . .

Jimmy Ragazzon

 

 

 Alla prossima!

Servizio Concerti: Mandolin Brothers, Breve Tour

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E’ sempre un piacere fare un po’ di promozione quando non si risolve in una sorta di marchetting. Quindi quando ho ricevuto una mail di Jimmy Regazzon che mi annunciava un breve tour dei Mandolin Brothers, è stato quasi naturale, e spontaneo, condividerlo sul Blog, per gli amanti della buona musica. Come sapete il gruppo fa parte di quel prode manipolo (forse pattuglia, perché in effetti sono di più di quello che si pensa) di musicisti che mi piace definire “Italiani per caso”, visto che la musica che fanno ha sicuramente un piglio internazionale e non ha nulla da invidiare ai colleghi di oltre oceano.

Ma bando alle ciance, nelle parole di Jimmy, queste sono le date:

Un’occasione da non perdere: roots rock live con i Mandolin’ Brothers al completo!

Si comincia venerdì 9 novembre al Cowboy’s Guest Ranch di Voghera, nel buon vecchio Oltrepo’ Pavese! Sweet home!
Sabato 10 saremo all’Una e trentacinque circa di Cantù, nella nuova ed ampliata location, sempre a Cantù ma in via Papa Giovanni XXIII, 7. Per riabbracciare Carlo e amici!
Sabato 24 novembre una serata speciale a Spaziomusica, con la partecipazione di Edward Abbiati dei Lowlands.
Inoltre ci sarà a breve una capatina del quartetto acustico in quel gioiellino che è il Banco di Zoagli, sabato 1 dicembre.
See you on the road!

http://www.mandolinbrothersband.com/

Le prime due date sono stasera e domani, quindi affrettarsi.

Bruno Conti

“Americani” Di Lombardia! Chemako

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Chemako – “Chemako” – Ultrasound Records

Spesso…spesso? Di tanto in tanto mi capitano tra le mani album (ok, CD) i cui autori potrebbero provenire da qualche desolata e sperduta landa degli Stati Uniti d’America, in un ipotetico territorio che sta tra Memphis, Tennessee, la Lousiana di New Orleans o perfino il Texas, Austin o anche dai sobborghi di Chicago, poi leggi le note del libretto: Belgioioso, Pavia, Lombardia, Italy. Ohibò, ma allora è proprio vero che in quei dintorni, come testimoniano i “miei amici” Lowlands o Jimmy Regazzon e i suoi Mandolin Brothers (e tanti altri, qualcuno ha detto Chicken Mambo?), c’è qualcosa nell’aria che ti rimanda alla migliore musica americana.

Quando mi è stato recapitato questo dischetto da recensire, come al solito, ero pronto a valutarlo con il gusto dell’appassionato che da tanti anni si premura di cercare di ascoltare e poi “divulgare” tramite il Bog e sul Buscadero della buona musica (soprattutto da quando sono diventato più stanziale e giro meno per concerti), e non è propriamente un fan della musica italiana ma, sin dal primo ascolto, questi “giovani” Chemako mi hanno portato ad esclamare: “ma dove vi eravate nascosti!”. Intanto il nome, presumo sia ispirato dal nomignolo indiano di Ken Parker nella sua saga fumettistica, un po’ l’equivalente di Aquila della Notte per Tex Willer, Colui Che Non Ricorda, ma potrei sbagliarmi. E invece i tre Gianfranco “French” Scala, Roberto Re e Stefano Bertolotti, ricordano benissimo, direi che hanno imparato a menadito la lezione del Blues, ma non Solo quello (con la S maiuscola) e ora la riprongono con piglio professionale e grande passione in questo loro esordio discografico.

Come riportano le note del libretto, inserito in una tasca dello sciccosissimo digipack che racchiude questo CD, firmate da Jimmy Regazzon in quel di Cà del Bruno (un segno del destino? Il Bruno risponde) i Chemako sono un trio di musicisti che hanno una grande passione per il Blues e tutta la musica che gli gira intorno, per parafrasare uno dei pochi cantautori italiani che vale la pena ascoltare. Dal primo arpeggio di banjo nei primi secondi di Red Diamond Train ti accorgi di essere a bordo per un giro musicale che ti affascinerà, blues del delta incarnato anche da un dobro e dall’armonica dell’ospite Fabio Bommarito. Altra particolarità del disco è l’assenza di un vocalist fisso nella formazione (anche se…) e quindi, con saggezza, se non sai cantare fai fare il suo mestiere a chi è in grado di farlo al meglio: nell’album si alternano diversi cantanti, da Shan Kowert della traccia iniziale, voce vissuta e adatta allo spirito del brano, con il supporto di Annie Acton ai controcanti, si passa ad una deliziosa Angelica Depaoli in azione nella bellissima Maintenance Free, un brano country got soul got blues che non ha nulla da invidiare a quelle contaminazioni “rockiste” à la Susan Tedeschi con Derek Trucks al seguito dell’ultimo disco, che discendono a loro volta, in una lunga sequenza, da Delaney & Bonnie, Bonnie Raitt, la carovana di Mad Dogs & Englishmen, il Clapton americano e Gianfranco Scala con la sua elettrica e mandoguitar non fa rimpiangere i nomi citati. Sound professionale che nemmanco ai Fame Studios dei Muscle Shoals (ogni tanto esageriamo), con un pianino aggiunto affidato a Riccardo Maccabruni che riscalda i cuori dell’ascoltatore. 

Sempre piano ma elettrico per l’incipit della successiva Lost My Way, con il vocione di Marcello Milanese (una via di mezza tra Richie Havens e Roger Chapman) che sarà il cantante della formazione nel prossimo futuro: un ballatone midtempo atmosferico con una slide insinuante e una solista che si rincorrono dai canali del vostro stereo con sonorità quasi cinematografiche e cooderiane. Let It Burn Wild cantata con intensità da Debbi Walton è quasi un gospel profano, acustico, solo chitarra e ukulele e un basso solitario ad accompagnare la voce malinconica dell’ennesima ospite del disco. Altro ospite, altro regalo: arriva anche Jimmy Regazzon che non si accontenta di scrivere le note del CD ma appare anche come cantante ed armonicista nel Blues puro di Dry Your Tears che si avvale anche di un secondo armonicista Alexander Von Braunmuhl per allargare lo spettro sonoro del brano percorso anche dalla National Triolian di Paolo Canevari.

Piccolo interludio: i primi 5 brani sono firmati tutti da Gianfranco “French” Scala e Gianni Rava.

Ripendiamo, come fosse un vecchio LP. Save The Moon è una delicata e dolcissima ballata che ci trasporta nei territori della vecchia West Coast quando il country si mescolava al rock nei dischi di Jackson Browne, Linda Ronstadt o di Gram & Emmylou, canta ancora una volta Angelica Depaoli mentre il buon Scala aggiunge anche una Resophonic al suo armamentario di chitarre, oggi comunque Rosanne Cash o Patty Griffin o Lucinda Williams fanno ancora questa musica e questo brano non sfigurerebbe nel loro repertorio. Di colpo siamo sbalzati su un battello che percorre il Mississippi e la voce di Milanese e le chitarre di Scala e la slide del “Gnola” ci accompagnano verso sonorità più gagliarde quasi in odore di rock-blues, ideali per una bella jam dal vivo. Altra ospite, altra voce femminile, Gayla Drake Paul che si scrive e si canta The Ocean Song dai suoni elettroacustici con il flugelhorn di Max Paganini che gli dà quel tocco vagamente jazzy e blue eyed soul. Tears for breakfast, cantata con passione da Annie Acton, ha quel ritmo incalzante che avevano i primi brani dei Dire Straits, quelli più “americani” del primo album, con l’elettrica di Scala che punteggia con i suoi continui interventi il tessuto sonoro del brano e la sezione ritmica che ci dà dentro.

Una delle più belle canzoni scritte da George Harrison All Things Must Pass è l’unica cover del CD, altro brano tratto da un disco che mescolava meravigliosamente mille stili e generi in una serie di canzoni memorabili, questa versione più acustica e raccolta con “la solita” slide è cantata ancora una volta da Angelica Depaoli, bella musica. Per concludere un blues dai ritmi “militari” con una slide minacciosa, Momma’s Words e il sax di Gianni Rava a fare le le veci del basso in una sorta di omaggio alle marching bands di New Orleans: canta Martell Walton (ma non era Debbi?). Traccia nascosta strumentale conclusiva con acustica e fisarmonica che guidano brevemente le danze. Non so dirvi il significato recondito delle tre galline nella penultima pagina del libretto ma pare sia importante.

Mi sono dilungato troppo? Come mi piace dire: ecchisenefrega, il Blog è mio, spero lo leggano gli appassionati della buona musica e qui ce n’è parecchia e quindi ve lo consiglio vivamente, se non lo trovate in giro provate http://www.chemako.com/index.php/it/ o guardate qui.

Bruno Conti