Se Vi Capita Di Prendere Un Cappuccio A New York (o L.A). Every Mother Counts 2012

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Every Mother Counts 2012 – Starbucks Entertainment/Hear Music


Se vi capita di essere ( o di andare) negli Stati Uniti, oppure se conoscete qualcuno che ve la può spedire è uscita nel mese di maggio questa compilation che viene venduta in esclusiva nei negozi della catena Starbucks ed è legata ad una giusta causa, ossia quella di raccogliere fondi per l’associazione con lo stesso nome del titolo del disco, fondata dall’ex modella Christy Turlington Burns per aiutare a diffondere una maggiore conoscenza sulla situazione della mortalità infantile in giro per il mondo, http://everymothercounts.org/. Causa degna e cast più che degno per un album ricco di brani in esclusiva donati dagli artisti che partecipano alla “campagna”:

The full track listing for the CD is as follows. Songs with an asterisk indicate previously unheard tracks.

Bono and the Edge “Original of the Species” (acoustic) *
Eddie Vedder ” Skipping” *
Paul Simon and Edie Brickell “Pretty Day” *
Faith Hill “Wish for You”
Sade “The Sweetest Gift”
Lauryn Hill “I Remember”
Rita Wilson “Baby I’m Yours” *
Diana Krall “Don’t Fence Me In” *
Seal “Secret”
Dave Matthews Band “Sister” (live) *
Sting “Fragilidad”
Alanis Morissette “Magical Child” *
Edward Sharpe & the Magnetic Zeros “Mother” *
David Bowie “Everyone Says ‘Hi'”
Cedella Marley “Get Up Stand Up” *
Beck “Corrina, Corrina” *
Rufus Wainwright “Instead of the Dead” *
Patti Smith “Somalia” *
Coldplay “Yellow” (acoustic) *



Mica male, peccato che nella “vecchia Europa” non è prevista, per il momento, nessuna pubblicazione!

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2011! Un Anno Di Musica, Bis

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La prima lista dei migliori del 2011, quella “ufficiale” dei canonici 10 che poi apparirà anche sul Buscadero l’ho pubblicata i-migliori-dischi-del-2011-un-anno-di-musica.html, ma come promesso o minacciato mi ero riservato di ampliarla con tutto il resto che mi è piaciuto musicalmente in questo anno che sta per finire. Dopo aver partorito quella lista in seguito a lunghe “agonie” subito me ne sono venuti in mente a decine altri che avrebbero meritato (aiutato dal mio “collega” che vedete ad inizio Post) e in qualità di “duce unico”, amministratore e compilatore del Blog ve le sparo giù, magari a rate, tenendo a parte le categorie Box, Ristampe e Outsiders, e senza dimenticarmi della promessa di pubblicare il meglio delle varie riviste di settore. L’avvertenza è anche quella di non fare dei Post troppo lunghi (per quanto graditi da chi legge) e di non caricare troppi video e immagini che rendono la pagina “pesante” per chi non ha una buona connesione Internet, quindi cerco di dividere il “Best Of the Rest” magari in ordine cronologico come si è presentato durante l’anno, partiamo. Ah, dimenticavo, ringrazio e apprezzo complimenti ma anche eventuali critiche che appaiono nei Commenti, leggo tutto anche se non sempre rispondo e vi rinnovo l’offerta se volete pubblicare i vostri “migliori dell’anno” nell’ambito musicale.

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Il primo disco molto bello dell’anno, e che avrei inserito tra i Top 10, è stato quello degli Over The Rhine The Long Surrender… 

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Gregg Allman – Low Country Blues

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Sean Rowe – Magic

 

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North Mississippi Allstars – Keys To Kingdom

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Amos Lee – Mission Bell

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Brandi Carlile – Live At Benaroya Hall

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Paul Simon – So Beautiful Or So What (Collector’s Edition), così ne approfitto per ricordarvi questa ulteriore versione doppia, dopo la normale e la Deluxe uscite ad Aprile, a metà Novembre è uscita un ulteriore versione con un DVD con 5 brani registrati dal vivo alla Webster Hall di New York con So Beautiful or So What,” “Dazzing Blue,” “The Afterlife,” “Mother and Child Reunion,” e “Slip Slidin’ Away.” E che caspita!, non si può comprare 18 volte lo stesso disco! O sì?

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David Bromberg – Use Me

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Dave Alvin – Eleven Eleven

 

Questo però nei migliori dieci lo dovevo mettere! Se volete potete considerare questo Post anche come un “consiglio per gli acquisti natalizi” o come quelle compilations che una volta si facevano in cassetta e poi in CD e ora sull’Ipod, il piacere di consigliare agli amici!

Fine della prima rata, a seguire…

Bruno Conti

Novità Di Ottobre Parte IV. John Prine, Thomas Dolby, Ane Brun, Vince Gill, Deer Tick, Ray Charles, Paul Simon, Kimball Jamison

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Seconda lista di novità per questa settimana.

Partiamo con il “nuovo” album di John Prine, si tratta di un doppio CD intitolato The Singing Mailman Delivers ed esce nel 40° anniversario della pubblicazione del suo primo album. Sono registrazioni effettuate nel 1970 quando Prine si divideva ancora tra la sua professione ufficiale di postino e quella di cantante. Il primo CD riporta registrazioni effettuate nell’agosto del 1970 negli studi della stazione radiofonica WFMT dopo una intervista con il leggendario Studs Terkel, il secondo CD è la registrazione di un concerto tenuto, sempre a Chicago, al Fifth Peg, dove Prine muoveva i primi passi in attesa della pubblicazione di John Prine, il primo disco. Ovviamente molti dei brani sono gli stessi nei due CD anche se in versioni differenti e quindi il doppio esce per la Oh Boy al prezzo di uno. Si tratta di materiale d’archivio inedito molto interessante e troviamo versioni embrionali di alcuni brani che poi sono entrati nella storia della canzone d’autore come Hello In there, Souvenirs, Illegal Smile, Angel From Montgomery e molte altre, in totale 23 brani, 11 dal broadcast radiofonico e 12 dal concerto dal vivo.

Dopo una lunga pausa discografica che si protraeva dal 1992 di Astronauts and Heretics torna anche Thomas Dolby, che nel frattempo si era occupato di altre cose, non ultima la produzione di piattaforme per giochi ed altro materiale tecnologico e le loro relative colonne sonore. Questo nuovo A Map Of The Floating City è il quinto album del musicista e produttore inglese (ha prodotto tra gli altri tre album dei Prefab Sprout e co-prodotto Dog Eat Dog con Joni Mitchell): questo nuovo album nasce dall’idea di una distopia avvenuta durante la II Guerra Mondiale quando la storia prende una diversa piega da quella effettiva e si biforca verso altre prospettive che ruotano intorno a questa “Città Galleggiante”. La musica è stata anche utilizzata per un videogioco dello stesso nome ma esce pure in due diverse versioni per la Lost Toy People, una doppia con il secondo CD tutto strumentale e quella principale che vede la presenza di molti ospiti. Thomas Dolby ha annunciato in alcuni comunicati stampa che nonostante le premesse non si tratta di un album di musica elettronica e da quello che ho potuto sentire non posso che confermare, molto interessanti le partecipazioni, da Regina Spektor a Imogen Heap, Mark Knopfler e Natalie MacMaster nonchè Eddie Reader. Sentiremo.

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Ane Brun è una cantante norvegese molto brava con una lunga carriera alle spalle (quattro album di studio, due live e un paio di compilations) ma per molti è conosciuta per la sua recente partecipazione ai tour e ai dischi di Peter Gabriel. Questo nuovo It All Starts With One (già al numero 1 delle classifiche svedesi) esce nella solita doppia versione, singola con dieci brani e doppia con 18 brani. Etichetta Genepool Records, non di facile reperibilità in Italia per chi frequenta ancora gloriosamente (e giustamente) i vecchi negozi di dischi, ma si trova in rete.

Vince Gill è uno dei migliori, e più conosciuti, cantanti country, ma è anche un grande chitarrista e quindi il titolo di questo nuovo CD è quanto mai promettente, Guitar Slinger. Esce il prossimo 25 ottobre (come gli altri dischi citati in questo Post) per la MCA Nashvile, dopo una pausa di cinque anni dal precedente These Days (e ben tre raccolte uscite nel frattempo). E’ tutto materiale originale firmato da Gill e anche in questo caso c’è l’immancabile versione Deluxe, singola, con tre brani in più. Per chi non lo ricordasse Vince Gill ha militato anche nei Pure Prairie League, una delle migliori formazioni country-rock, tra la fine anni ’70 e i primi ’80.

Quarto album per i Deer Tick, si chiama Divine Providence ed esce la settimana prossima per la Partisan Records. Dopo la pausa con i Middle Brother tornano con un nuovo album che dovrebbe rinverdire le promesse dei primi due dischi. Quel “nuovo filone” americano dove militano anche Low Anthem, Fleet Foxes, Bright Eyes, Dawes e molti altri, per intenderci. Esce a prezzo speciale.

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Ennesimo materiale inedito per Ray Charles. Questa volta si tratta di un DVD, Live In France 1961, che contiene due concerti registrati al Festival Jazz di Antibes nel luglio del ’61, allora i concerti duravano poco. Anzi, ci sono pure 6 brani in più tratti da altre date tenute nello stesso Festival. Inutile dire che si tratta di “The Genius” al massimo del suo splendore. Filmato in 16 mm, quindi ottima qualità esce per la Eagle Vision.

Se non ve ne foste accorti quest’anno parecchi musicisti hanno compiuto 70 anni e quindi vai con festeggiamenti e pubblicazioni discografiche per ricordare l’evento. Ma un bel doppio antologico per Paul Simon, visto che ne saranno solo una decina, non lo vogliamo pubblicare? Certo che sì! E allora vai con un bel doppio Songwriter per la CBS Records. E un bel inedito per i fans così possono spendere un po’ di soldi? Mettiamo una versione dal vivo di The Sound Of Silence registrata alla Webster Hall in questo 2011 e aggiungiamo anche una versione di The Boxer Live al Central park nel 1991 e Bridge Over Troubled Water cantata da Aretha Franklin. Se obiettate che ci sono già un tot di collections in circolazione vi ricordano che i brani di questa antologia sono stati scelti personalmente dallo stesso Simon. Ah bé allora!

I nomi Kimball Jamison non dicono molto ai più, ma se vi ricordo che si tratta dei cantanti rispettivamente di Toto e Survivor vedo dei fremiti di eccitazione in voi! O no? In ogni caso questo CD omonimo esce in questi giorni (anzi è uscito il 18 ottobre) per la Cargo/Frontier Records. E c’è pure un DVD nella confezione con il making of dell’album e un paio di videoclip. I brani sono firmati da ex componenti di Mr.Mister, Toto, Survivor, John Waite e altri, ma nessuno di loro appare nell’album. Quindi fate vobis.

Anche per oggi è tutto.

Bruno Conti

Still “Simon” After All These Years. Paul Simon – So Beautiful Or So What

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Paul Simon – So Beautiful Or So What – Hear Music/Concord/Universal CD+DVD 12-04-2011

Siamo in dirittura d’arrivo, martedì prossimo esce ufficialmente (ma non nel Regno Unito, dove evidentemente valgono delle regole diverse ed uscirà a meta giugno) il nuovo album di Paul Simon So Beautiful Or So What, il primo dopo il non riuscitissimo accoppiamento con Brian Eno per il precedente Surprise del 2006, tra folk ed elettronica ma che alla fine aveva troppo sommerso di sonorità le canzoni del disco rendendole opache e non troppo fruibili, e poi, detto fra noi, non c’erano molti brani particolarmente memorabili.

Paul Simon è un “gusto” ben definito ma con mille sfumature e il ricongiungimento con il vecchio amico Phil Ramone, che già aveva co-prodotto con lui quello Still Crazy After All These Years che ho parafrasato nel titolo del Post, ha favorito questo ritorno alla semplicità complessa che è la migliore caratteristica di questo signore che è uno dei pochi “geni” della musica contemporanea come ha giustamente sottolineato Elvis Costello recensendo questo album.

Album che non è un capolavoro assoluto, meglio dirlo subito, sono dieci canzoni per circa 38 minuti (quindi la “cosiddetta” durata perfetta), ma secondo il sottoscritto non ci sono brani memorabili anche se la qualità di ogni singola canzone è medio-alta, con qualche eccezione. Se volete sapere (ma anche se non volete, tanto ve lo dico lo stesso) per me il suo disco più bello, tra tanti bellissimi, rimane uno dei suoi più sottovalutati ovvero Hearts And Bones.

Ad esempio l’iniziale Getting Ready For Christmas Day sentita in anteprima nel video che circolava in YouTube da qualche mese mi era sembrata più bella e ficcante. Ora mi sembra una canzoncina ritmata costruita attorno ad un campionamento della voce del Reverendo JM Gates al quale Simon ha aggiunto la chitarrina ficcante di Vincent Nguini, la batteria scarna e minimale del Grizzly Bear Chris Bear, la sua acustica ritmica e niente basso ma il risultato finale è un po’ fiacco.

Molto meglio il soca della successiva The Afterlife dove i ritmi si mescolano con la melodia e la chitarra elettrica ricorda certe sonorità tipiche di Ali Farka Touré mentre il testo cita vecchi classici del R&R da Be Bop A Lula a Ooh Papa Doo con assoluta nonchalance e senza sforzo apparente in questa fusione tra il rock e la world music (per semplificare molto) che è sempre stato tra le qualità dell’innovatore Simon che già nell’album omonimo del 1972 con Mother Child Reunion (che era reggae prima del tempo, per un occidentale e bianco) e prima ancora con El Condor Pasa fu uno dei primissimi a fondere musica pop occidentale e poliritmi afro-americani.

Anche la successiva, dolcissima Dazzling Blue, riscrive appunto il suo amore per il folk più puro e genuino con percussioni quasi alla Nanà Vasconcelos , armonie vocali fantastiche (che provengono dal gruppo bluegrass di Doyle Lawson & Quicksilver) e chitarre acustiche ed elettriche che accompagnano improvvisi quasi scat vocali e vaghe nenie orientali, tutto molto bello.

Rewrite, con tanto di allegra fischiettata nel finale, unisce percussioni e ritmi minimali a fioriture di strumenti acustici a corda (guitaron?) su cui si adagia la voce pacata e matura del nostro amico per un brano che senza essere memorabile è comunque molto piacevole e racconta i ricordi di un veterano del Vietnam.

La raffinata ballata pianistica (Mick Rossi alla tastiera ma secondo me Phil Ramone a ordire nelle retrovie) Love And Hard Times ma con archi e chitarre acustiche che ampliano lo spettro sonoro è Paul Simon classico, l’avrebbe potuta donare all’amico/nemico Art che probabilmente ne avrebbe fatto buon uso, Questo non vuol dire che la versione sia scarsa era solo una suggestione.

Love Is Eternal Sacred Light è uno dei brani più complessi e ritmati, quasi rock, con una chitarra elettrica aggressiva, l’armonica a bocca, un flauto sullo sfondo, la batteria scarnificata di Bear ma manca forse allo spettro sonoro il pulsare di un basso tipo quello di Armand Sabal-Lecco che colorava i ritmi del “suo” live al Central Park che riepilogava Graceland e Rhythm Of The Saints.

Amulet è un breve strumentale acustico che ci ricorda i suoi trascorsi folk nella Londra degli anni ’60 dove agivano Bert Jansch, John Renbourn e il grande Davy Graham.

Questions For The Angels è una bellissima canzone tipica del canone del miglior Paul Simon e si respirano le arie newyorkesi tanto care al nostro amico che cita nel testo anche Jay-Z (ma lo cita solo per fortuna). Brano dolce, acustico, come al solito fintamente semplice ma molto raffinato.

Love and Blessings riprende certe tematiche di Graceland, dove gospel, blues e doo-wop si mescolano ai ritmi (anche musicali) della Savana per quelle fusioni ritmiche irresistibili tipiche del miglior Simon.

Per finire So beautiful or so what la title-track che racconta vividamente la storia dell’omicidio di Martin Luther King con tanti piccoli particolari nel testo che solo un grande poeta può profondere a piene mani. La musica è complessa e incalzante con una chitarra elettrica dal riff ricorrente sul quale si inseriscono sullo sfondo campionamenti di voci medio-orientali, battiti ritmici sia dell’acustica di Simon che della batteria di Bear e un clima sonoro molto acceso e vario che giunge fino alla citazione del gospel Saviour Pass Me Not.

A fine anno (il 13 ottobre) ne compie 70 ma non si direbbe. Well done Mister Simon!

P.S. Il DVD contiene un documentario con il Making of e relativa intervista, il video clip di Christmas Day, due tracce audio bonus e due esibizioni dal vivo create appositamente per il DVD. Quindi piatto ricco mi ci ficco!

Bruno Conti

Con Leggero Anticipo 4. Uscite Da Confermare: Bruce Springsteen, Tedeschi-Trucks Band, Warren Haynes

Visto che non ho ancora avuto il tempo per ascoltare bene il nuovo Paul Simon e comunque manca qualche settimana all’uscita (12-04) vado con le previsioni “secolari”, così un po’ alla rinfusa.

Cominciamo col il vecchio Bruce (Springsteen): ma qui si va nel campo delle pie speranze. Pare che che Steven van Zandt in una intervista ad una radio di Philadelphia abbia detto che il suo pard sta lavorando a un progetto solista (ma per il 2012, non eccitatevi) che potrebbe essere un seguito delle Seeger Sessions o un vero e proprio album solo prima di tornare a lavorare con la E Street Band. Su un versante più sicuro (ma difficile da scalare) il 16 aprile per il Record Store Day 2011 uscirà un 10 pollici in vinile di Springsteen: Gotta Get This Feeling/Racing In The Street, questo qui sotto. Buona Ricerca!

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Tedeschi-Trucks Band Revelator in uscita il 7 giugno prossimo per la Sony Masterworks. Questo è il link per il sito http://www.tedeschitrucksband.com/ dove troverete un altro link per iscrivervi alla mailing list e poi vi mandano nella posta un ulteriore link per scaricare gratuitamente un brano tratto dal nuovo album, chiaro?

Tracklist:

1. Come See About Me
2. Don’t Let Me Slide
3. Midnight In Harlem
4. Bound For Glory
5. Simple Things
6. Until You Remember
7. Ball And Chain
8. These Walls
9. Learn How To Love
10. Easy Way Out
11. Love Has Something Else To Say
12. Shelter

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Warren Haynes – Man In Motion – 10-05-2011 Stax/Universal

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Tracklist:

1. Man In Motion
2. River’s Gonna Rise
3. Everyday Will Be Like A Holiday
4. Sick Of My Shadow
5. Your Wildest Dream
6. One A Real Lonely Night
7. Hattiesburg Hustle
8. A Friend To You
9. Take A Bullet
10. Save Me

Musicisti: Ivan Neville, organo e background vocals, Ian McLagan piano, Ruthie Foster backing vocals, George Porter Jr. basso, Ron Holloway sax. Registrato ai Pedernales Studios di Willie Nelson. Video del brano già eseguito nel concerto di Natale…

Qualche bella notiziola, direi che per oggi può bastare.

Bruno Conti

Toh, Chi Si Rivede! Edie Brickell

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Edie Brickell – Edie Brickell – Racecarlotta Records

The Gaddabouts – The Gaddabouts – Racecarlotta Records

Spesso quando ascolto dei nuovi dischi sono soggetto alla frenesia della prima impressione, sindrome a cui è soggetta molta gente, che come me, ascolta tanta musica e spesso non ha il tempo per riascoltare molte volte i dischi perché nel frattempo tantissimi altri se ne sono accumulati non per smania di collezionismo (che secondo me è una malattia più grave) ma semplicemente per una specie di compulsivo desiderio di avere sempre musica nuova da sentire.

Da quando ho questo Blog (e in ogni caso in una trentina di anni accumulati come collaboratore del Buscadero) ho comunque la necessità di risentire lo stesso album più volte per ricavarne poi un giudizio ponderato, questo perché come ho detto altre volte, e ribadisco, il sottoscritto, a differenza di quanto fanno nel 90% dei Blog (e riviste) non pratica la geniale arte del copia e incolla ma i dischi li ascolta sul serio e con passione, di tanto in tanto magari sbagliando nei giudizi che sono comunque personali ma frutto di una ponderata riflessione. Il primo ascolto rimane un discrimine eccellente per accertarti sei stai ascoltando una tavanata galattica, perché quella la riconosci subito, ma i tanti dischi che galleggiano tra il discreto e i buono sono spesso soggetti all’umore del momento. Per cui se un disco all’inizio non vi piace tantissimo prendete un bel respiro (ma anche due o trecento), armatevi di pazienza e risentitelo altre due o tre volte (magari leggetevi una bella recensione su questo Blog per confrontare le opinioni), perché il vostro giudizio potrebbe cambiare, e poi, eventualmente, calatelo nella tazza del cesso o nella triste pigna del “ma perché l’ho comprato?”.

Ad un primo ascolto l’impressione ricavata da questo nuovo omonimo disco della “Signora Paul Simon”, Edie Brickell non era particolarmente brillante (e neanche ad un secondo ascolto), poi in questa piacevole mattina domenicale di gennaio mentre facevo un po’ di pulizie casalinghe l’ho inserito nuovamente nel lettore e mi è apparso in una nuova luce, quella giusta.

Il disco, prodotto da Charlie Sexton (garanzia di qualità e che già aveva realizzato con la Brickell l’album Volcano del 2003) è il suo terzo da solista, più 3 dischi con i New Bohemians di cui il primo, Shooting Rubberbands At The Stars, conteneva la famosissima What I Am, e uscito nel 1988, era stato uno dei primi dischi che aveva visto rinascere quel rock classico americano al femminile degli anni ’70 che poi avrebbe visto susseguirsi artiste come Sheryl Crow, Sarah McLachlan, Alanis Morissette, Tori Amos via via fino a Norah Jones e con mille diverse gradazioni di stili fino ai giorni nostri. Quindi, se non una innovatrice, la Brickell ha quantomeno inaugurato una (contro) tendenza dopo molte schifezze degli anni ’80 (rischiarati però dalla nascita dei 10.000 Maniacs di Natalie Merchant, che è di un’altra categoria).

Oltre ai 3+3 dischi citati (e un paio di raccolte) la nostra amica ha fatto parte anche di una sorta di supergruppo, gli Heavy Circles, con il “figliastro” Harper Simon (l’inglese stepson e stepmon per “matrigna” sono molto più fini) ed una serie di “Figli di…”:Sean Lennon, Martha Wainwright e Inara George. Il disco è uscito nel 2008 e, purtroppo, visto che non era malaccio, non se ne è accorto nessuno. Il disco precedente di Edie Brickell con la parziale reunion dei New Bohemians, Stranger Things era del 2006, quindi non è che poi fosse così assente dal mercato come il titolo di questo Post farebbe supporre. Oltretutto quell’avventura si è conclusa in modo tragico con la morte del tastierista Carter Albrecht ucciso in incidente domestico nel 2007 e di cui la Brickell ha voluto completare l’album solista incompiuto e poi pubblicarlo per la sua etichetta, la Racercarlotta. Nel frattempo, in questi anni, un pezzetto alla volta, e infatti Albrecht appare ancora in moltissimi brani, la Texana Brickell ha lavorato a questo nuovo album solista, ma anche al disco d’esordio dei Gaddabouts.

Come vi dicevo l’ascolto mattutino ha reso giustizia a questo disco: sin dal primo brano ti ritrovi calato in una atmosfera solare e divertente, molto pop anni sessanta ma anche California primi anni ’70, Give It Another Day è una vera ventata di ottimismo, con il suo groove scanzonato, un pianino insinuante e la chitarra di Sexton che azzecca un assolo nitido e ficcante, breve ma godurioso come pochi, mentre la brava Edie si diverte e ci diverte come raramente era capitato nella sua carriera. Pill è un altro ottimo esemplare di questo pop scanzonato e quasi beatlesiano (o Beach Boys) con consueta zampatina di Sexton e la sua chitarra e delle armonie vocali deliziose.

Fino a qua difficilmente, in un Blind test, l’avreste riconosciuta, anche se quel birignao (vogliamo chiamarlo “pigro accento texano”) rilassato era lì in agguato e riemerge nella bella Been So Good un brano che è quintessezzialmente suo, indolente e rock al tempo stesso, come nei brani migliori del disco d’esordio, e sono già tre belle canzoni di fila, niente di trascendentale per l’amor di dio (se no mi sparano) ma molto, molto piacevole. Ci vogliono anche dischi così per metterti di buonumore.

Always è un’altra divertente canzone basata su un piano molto presente e che quasi si infila in un barrelhouse accelerato soprattutto nell’assolo mentre 2 O’ Clock in the morning è il primo brano tranquillo di questa raccolta, sempre con la bella voce in primo piano ma un po’ irrisolta ancorché ben suonata da ottimi musicisti. On The Avenue con i suoi ritmi irresistibili ti fa muovere prima il piedino e poi il resto del corpo e ricorda sia i pezzi più ritmati dell’augusto consorte sia quella What I Am che le ha donato fama imperitura, Charlie Sexton ci regala un’altra piccola perla chitarristica e lei canta in quel suo modo inconfondibile ricco di esuberanza facendoci esclamare, “ci piaccion le tardone” (scusa Edie!), visto che la sbarbine degli Skiantos sono cosa del passato (anche lei ci ha i suoi bravi 44 anni quasi 45 a marzo, critico cinico e crudele! Ma lo trovate in tutte le biografie). Molto piacevole anche Waiting For Me guidata da una chitarra acustica molto insinuante su una ritmica sbarazzina. You Come Back ha un andamento molto soul, quasi funky, ma raffinatissimo, direi alla Steely Dan degli anni d’oro, divertimento ma con cervello. It Takes Love con le sue tastiere in evidenza e una piccola sezione archi è più romantica e meno solare ma sempre con quel tocco di classe in più. La conclusione è affidata a Bad Way un brano che mi ha ricordato una sorta di versione femminile di Randy Newman o ancora quegli Steely Dan appena citati. E fa uno!

Gaddabout era il nome di un album solista di Steve Gadd del 1984, con una “S” aggiunta alla fine è anche il nome di un nuovo (super)gruppo che vede a fianco del grande batterista, Edie Brickell al canto e una spruzzata di chitarra, Andy Fairweather-Low tutte le altre chitarre e le armonie vocali e Pino Palladino al basso. Che incidentalmente sono i musicisti che suonavano nel disco citato prima della Brickell, Volcano del 2003.

Steve Gadd, detto per inciso, è un batterista fantastico che ha suonato in zilioni di dischi (quasi tutti quelli di Paul Simon) ma per il sottoscritto si è meritato un posto nella storia della musica per quel meraviglioso assolo (che non è un assolo) all’interno del brano Aja nell’album omonimo degli Steely Dan, una meraviglia di equilibri sonori dove duetta alla pari con il sax di Wayne Shorter (e con tutti gli altri)!

Genere musicale? Pensate a Still Crazy After All These Years di Mister Paul Simon o alle cose più belle di Norah Jones. Molto raffinato e chic.

Qualche titolo? Le prelibatezze vocali di Mad Dog, veramente molto vicino stilisticamente alla Jones, ma Edie Brickell queste cose le fa da anni. La ritmata Feelin’ Better con Gadd in evidenza, ma anche l’organo dell’ospite Joey DeFrancesco e il clarinetto di Dan Block che sottolineano le linee vocali molte misurate della Brickell. Il country-jazz molto raffinato di Let it slide, le avventure in quel di New Orleans di You have an idea (Good Idea), l’old time jazz fischiettato di Remind Me, il blues-rock tirato e chitarristico di Go, ce n’è un po per tutti i gusti nelle tredici canzone che compongono questo album.

Quindi doppia uscita e risultati più che lusinghieri (e interscambiabili) anche se magari non sempre memorabili per queste nuove proposte di Edie Brickell.

Bruno Conti

P.S. Scusate il ritardo ma ieri (domenica) ci sono stati dei problemi nel circuito MyBlog.it.

Con Leggero Anticipo. Uscite Future da Confermare: Lucinda Williams, Cowboy Junkies, Low Anthem, Paul Simon, Joe Walsh, Drive-By Truckers & Marianne Faithfull!

Visto che lo fanno tutte le “riviste serie” mi adeguo anch’io. Una bella lista di uscite future, alla rinfusa e da confermare!

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Partiamo da Lucinda Williams, il 1 marzo dovrebbe uscire (il condizionale vale per tutte le notizie) il nuovo album Blessed. L’etichetta è la Lost Highway, il produttore Don Was, tra gli ospiti Elvis Costello e Matthew Sweet. La DeLuxe Edition conterrà le Kitchen Tapes, ovvero dei demos dei brani contenuti nell’album registrati, ovviamente, in cucina! Tra i brani contenuti Soldier Song, Buttercup e Seeing Black scritta in memoria di Vic Chesnutt.

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Il nuovo Low Anthem Smart Flesh esce il 22 febbraio per la Nonesuch. Registrato in una vecchia fabbrica di sughi per pasta dismessa vede il trio alle prese con altri strumenti improbabili che questa volta vanno dallo scacciapensieri allo stilofono e con un pipistrello watch?v=Qc_vvSB22Zo.

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Il 18 gennaio esce il 2° capitolo delle Nomad Series dei Cowboy Junkies, si chiama Demons ed è la famosa raccolta di brani di Vic Chesnutt. Lo trovate, per il momento, sul loro sito, in varie combinazioni http://latentrecordings.com/cowboyjunkies/demons-pre-order/

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Il 15 febbraio, sempre per la ATO records, la loro nuova etichetta, esce Go-Go Boots il nuovo disco dei Drive-By Truckers. Questo l’ho già sentito (è uno di quelli che sto “studiando” per i prossimi post). Mi pare molto, ma molto bello. Se all’inizio erano stati indicati come i nuovi Lynyrd Skynyrd mi sembra che in questo disco (ai primi ascolti) Patterson Hood e soci abbiano realizzato una sorta di nuovo On The Beach. Insomma Neil Young d’annata come riferimento e ottimi brani anche dagli altri componenti della band.

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Qui siamo proprio di secoli in anticipo, comunque il 12 aprile, anche lui approdato alla Hear Music/Universal, esce il nuovo Paul Simon So Beautiful Or So What. Getting Ready For Christmas Day, il nuovo singolo è già disponibile per il download digitale.

E sembra pure molto piacevole. Si parla però anche di una collaborazione con Snoop Dogg nell’album, speriamo bene!

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E’ lui o non è lui? Certo che è lui! In una pausa del tour degli Eagles, Joe Walsh ha avuto il tempo di registrare il suo primo album solista da 18 anni a questa parte. Non si ancora il titolo, dovrebbe uscire questa primavera e sarà prodotto da Jeff Lynne.

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Concludiamo questo giro di news con il nuovo album di Marianne Faithfull, si chiama Horses And High Heels, uscirà il 31 gennaio per la Naive e questa è la tracklist con titoli ed autori (tra cui la stessa Marianne che torna a firmare parecchi brani), produce il “solito” Hal Willner.

1/ The Stations (Written by Greg Dulli, Gregory E, Lanegan and Mark William)

2/ Why did we have to part (Written by Marianne Faithfull and Laurent Voulzy)

3/ That’s how every empire falls (Written by R.B Morris)

4/ No reason (Written by Jackie Lomax)

5/ Prussian blue (Written by Marianne Faithfull and David Courts)

6/ Love song (Written by Lesley Duncan)

7/ Gee baby (Mary Alma Baker/ Tyler T Texas, Sylvia Robinson, JJ Johnson)

8/ Goin’ back (Written by Carole King and Gerry Goffin)

9/ Past present future (Written by Arthur Butler, Jerry Leiber and George Francis “Shadow” Morton)

10/ Horses and high heels (Written by Marianne Faithfull and Doug Pettibone)

11/ Back in baby’s arms (written by Allen Toussaint)

12/ Eternity (written by Marianne Faithfull and Doug Pettibone)

13/ The old house (written by Franck McGuiness and Leo Abrams)

Produced by Hal willner Executive producer: François Ravard Recorded and mixed by Mark Mingham Mastered by John Fischbach.

Non c’entra niente ma mi sembrava carino inserirla per chi, come me, non l’aveva mai vista.

e pure questa…

Alla prossima.

Bruno Conti

Il Miglior DVD Musicale Dell’Anno (E C’è Pure In CD) -The 25th Anniversary Rock and Roll Hall Of Fame Concerts

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Rock And Roll Hall Of Fame Concerts – The 25th Anniversary – Time Life 3 DVD – 2 Blu-ray – 4 CD

Ovviamente arrivano importati dagli States ma in giro si vedono e si trovano. Se, come vi ho detto qualche giorno fa è stato sicuramente il più bel concerto degli anni che vanno dal 2000 al 2009, questo uscito ora è altrettanto certamente il miglior DVD ( o Blu-ray o cofanetto di CD) relativo ad un concerto (anzi due) pubblicato in questo 2010.

D’altronde dove trovate in un DVD (o in altri formati) tutti insieme sullo stesso palco: CROSBY, STILLS & NASH, Bonnie Raitt, Jackson Browne, James Taylor, STEVIE WONDER, Smokey Robinson, John Legend, B.B. King, Jeff Beck, PAUL SIMON, David Crosby & Graham Nash, Dion Dimucci, SIMON & GARFUNKEL, ARETHA FRANKLIN, Annie Lennox, METALLICA, Lou Reed, Ozzy Osbourne, Ray Davies, U2, Bruce Springsteen, Patti Smith & Roy Bittan, Mick Jagger, Fergie & will.i.am, JEFF BECK, Sting, Buddy Guy, Billy Gibbons/ZZTop, BRUCE SPRINGSTEEN & THE E STREET BAND, Sam Moore, Tom Morello, John Fogerty, Darlene Love, Billy Joel. Ho dimenticato qualcuno? Little Anthony & The Imperials, Jerry Lee Lewis, Black Eyed Peas.

Ma manco a Woodstock si era vista una tale concentrazione di artisti, insieme, da soli o nelle combinazioni più laocoontiche. 51 brani tratti dallo special televisivo della HBO vincitore dell’Emmy Award, più 16 brani non mandati in onda dalla HBO sul DVD o sul Blu-ray per un totale di 5 ore e 30 minuti. “Solo” 54 brani nella versione CD.

E’ veramente Natale! (La fascetta del DVD riporta anche un’offerta che non so se vale anche fuori dagli Stati Uniti, comunque acquistandolo ti regalano 12 numeri della rivista Rolling Stone). Sciambola!

Imperdibile.

Bruno Conti

Anche Lui Di Nome Fa Conor. The Villagers – Becoming A Jackal

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The Villagers – Becoming A Jackal – Domino/Self

Mi vedo costretto a ribadire (ma con piacere) un concetto espresso qualche tempo fa: sarà che la case discografiche (major e non) sono talmente disperate da pubblicare qualsiasi cosa gli venga proposta, sarà che l’acqua nei rubinetti è addizionata da qualche sostanza proibita “euforizzante, sta di fatto che ultimamente escono sempre più spesso dischi di spessore e contenuto “inconsueti”, dagli Slummers di ieri, passando per John Grant, da Jesca Hoop a Anais Mitchell, lo stesso CD doppio della Natalie Merchant, Susan Cowsill, Carrie Rodriguez, lo stesso Micah P.Hinson, ma ne sto citando, alla rinfusa,  alcuni di cui vi ho parlato in tempi più o meno recenti, sembrano ritrovare il gusto per la ricerca di sonorità meno artefatte più acustiche, o elettriche, a seconda dei casi, un ritorno a una sorta di neotradizionalismo come ribellione ai cantanti da “talent show” o ai “campionatori” selvaggi che si fanno belli con i (vecchi) successi degli altri.

Mi sembra che uno dei punti di svolta (ma era già in corso) sia questo ritorno della musica “Folk” nell’accezione più ampia del termine iniziata da gruppi come i Low Anthem, i Deer Tick, i Mumford and Sons in Inghilterra… Ecco che ci siamo arrivati, l’ho presa un po’ lunga ma ci siamo arrivati – dimenticavo,  anche alcuni “grandi vecchi”, tipo Robert Plant con Alison Krauss o Peter Wolf, stanno sfornando fior di dischi e che dire di John Mellencamp, il nuovo Better Than This è bellissimo, mi prudono i polpastrelli dalla voglia di scriverne (l’ho sentito, l’ho sentito!) ma esce il 24 agosto mi sembra un po’ prestino, va bene l’elasticità dei Blog ma ora che esce se ne sono dimenticati tutti, fine della digressione – dicevo del nuovo movimento folk che conta tantissimi altri nomi che non citeremo. Una volta nell’ambito folk era compresa gente come Dylan, Joni Mitchell, Eric Andersen, Simon & Garfunkel che poi inglobavano altri mille generi nella loro musica: proprio Mumford and Sons, per lo spirito e l’attitudine e Simon And Garfunkel, per la musica sono i due nomi che mi sentirei di accostare a Conor O’Brien, irlandese ventisettenne (ma dalla foto ne dimostra molti meno), factotum di questi Villagers.

Nel senso che fa tutto lui: con pazienza certosina, uno alla volta, ha registrato lui tutti gli strumenti, archi e flicorno esclusi, ottenendo un risultato sorprendente, un disco che profuma di folk, rock da camera, musica tipicamente britannica dell’epoca dorata a cavallo tra Sessanta e Settanta, ma anche brillanti melodie vicine al sound di Paul Simon o Neil Young, e tra i contemporanei il geniale Paddy McAloon dei Prefab Sprout o i Divine Comedy, ma anche i canadesi Arcade Fire o, un altro che di eccessi sonori, se ne intende, Rufus Wainwright. Nei brani più intimisti l’intenso e lennoniano Elliot Smith, ma se ne potrebbero citare altri, tutta gente brava, il risultato finale, per quanto, ovviamente, derivativo, allo stesso tempo è originale e assai intrigante.

Dall’iniziale “sinfonietta” alla Scott Walker di I Saw The Dead, complessa e molto arrangiata, che ci riporta anche ai fasti del Nick Drake o di David Ackles, due che archi e arrangiamenti complessi li maneggiavano con cura e grande arte si passa a Becoming A Jackal, un brano che ricorda il Paul Simon dell’epoca del sodalizio con Garfunkel, armonie vocali, sempre di O’Brien le voci, che si intrecciano con chitarre acustiche, tastiere e una sezione ritmica molto variegata e inventiva, in un suono al contempo deliziosamente pop e raffinato.

Ship Of Promises con la sua andatura mossa mi ha ricordato i crescendi voluttuosi dei Mumford and Sons, con la sua voce che si carica di eco, ora epica ora secca, la batteria galoppante, un organo avvolgente, e mille altri strumenti che strato dopo strato arricchiscono un suono geniale.

The meaning of the ritual, con archi e corno inglese (avevo detto flicorno, correggo) è una folk song cameristica, dolce e malinconica nella migliore tradizione dei folksingers britannici. Home, con il suo leggiadro call and response con un coro di tanti piccoli O’Brien è un altro delizioso esempio della sua classe cristallina, le improvvise aperture strumentali con quei crescendi raffinatissimi sono tocchi di genio. Ma non ne saprei scartare una: That Day con i suoi continui cambi di ritmo, colpi di timpano, acustiche arpeggiate, piano e voci che si sovrappongono continuamente, in quel giusto equilibrio tra pop e canzone d’autore. Non dimenticate che questo disco è andato come un siluro alle vette delle classifiche irlandesi, indie ma anche mainstream e lì continua a rimanere.

The Pact (I’ll Be Your Fever) è un allegro brano pop tra un Simon & Garfunkel d’annata e i Prefab Sprout meno intimisti, i coretti e la voce di O’Brien tra falsetto e vibrato sono una gioia per le nostre orecchie e il ritmo ti fa muovere il piedino inesorabilmente.

Ripeto sono belle tutte: Set The Tigers Free, la malinconica Twenty-Seven Strangers e To be Counted Among Men ma un’ultima citazione la vorrei dedicare a Pieces, un altro brano dal crescendo irresistibile cantato in un falsetto quasi da crooner che lentamente cresce fino a “diventare veramente uno sciacallo”, come recita il titolo dell’album, con un ululato liberatorio e sorprendente che ti diverte e ti intriga per la follia improvvisa che ne scaturisce, fantastico.

Piccoli talenti (nel senso di statura) crescono: da Jools Holland in solitaria e il video di Becoming A Jackal.

P.s L’altro Conor era Oberst, quello dei Bright Eyes, altro grande “nuovo” talento.

Bruno Conti

A Volte Ritornano! Peter Gabriel – Scratch My Back

peter gabriel scratch my back.jpgPeter Gabriel – Scratch My Back

E come tornano! Dopo “soli” otto anni da Up torna Peter Gabriel con un album bellissimo, sorprendente, un album di cover che non sono cover, sono reinterpretazioni fantastiche di brani di autori celebri e di artisti emergenti.

Quando vi avevo anticipato tempo fa l’uscita dell’album, forse, fra le righe, traspariva un certo scetticismo.

Nulla di tutto ciò, il disco è magnifico (sto esaurendo gli aggettivi): il progetto sulla carta era ambizioso, un disco per sola voce, orchestra e piano, dove venivano ripresi una serie di brani più o meno celebri e rielaborati in un arrangiamento orchestrale, senza strumenti rock, sezione ritmica, niente. Potenzialmente, diciamocelo francamente, una “palla” tremenda o il rischio di un eccessivo cerebralismo, per usare termini più educati.

Invece il buon Peter ne esce alla grande: coadiuvato dal violista e orchestratore neozeolandese John Metcalfe (qualcuno ha detto Durutti Column?) e dal grande produttore americano Bob Ezrin (che recentemente aveva collaborato alla ripresa live del celebre Berlin di Lou Reed), ha estratto dal cilindro non il classico coniglio, pensando alla colonna sonora di Long Walk Home, ma un piccolo capolavoro che rivaleggia con il meglio della sua produzione.

Sulla rivista Jam Claudio Tedesco ha redatto un ottimo articolo che racconta la genesi e la conclusione di questo progetto, ma, secondo me, ha calcato un po’ troppo la mano sull’aspetto “classico contemporaneo” della musica contenuta in questo album: sicuramente è un album non facile ma mai difficile (ovviamente non è adatto ai fans di Lady Gaga e forse anche degli ultimi Genesis, una cattiveria!), per intenderci, un album che ho amato molto e che di tanto in tanto torno ad ascoltare come Lorca di Tim Buckley, è bellissimo, ma ascoltato in una tarda serata estiva, magari in cuffia, con le finestre aperte, al termine della “seduta” ti lascia forte la tentazione di gettarti dalla finestra stessa. Tornando a questo Scratch My Back l’elemento portante di tutto il progetto è la “voce” di Peter Gabriel, che è la vera protagonista di questo disco, ora “nuda” solo con un piano che la accompagna come in I Think It’s Going To Rain Today, la malinconica ballata di Randy Newman o nella straordinaria rivisitazione di Boy In The Bubble di Paul Simon, solare e gioiosa nella versione originale, rallentata e struggente nella versione di Gabriel, veramente intensa, con la voce che ti convoglia mille sentimenti, una voce che nella maturità rimane inconfondibile.

E che dire della versione di Heroes di David Bowie? All’inizio devi “entrare” nello spirito del brano, rallentato e minimale, con quegli archi minacciosi ed incombenti che avvolgono la voce di Peter, soffusa e bowiana all’inizio, via via più sicura e potente in un crescendo emozionante. Ma anche i brani dei “giovani” sono molto belli: My Body Is A Cage degli Arcade Fire gode del trattamento full orchestra, maestoso e travolgente, anche in questo caso un crescendo entusiamante, introdotto dal piano e dai fiati, con la voce di Gabriel che assume delle tonalità quasi alla Lamb Lies Down on Broadway, molto teatrali, per salire di tono a mano a mano, mentre l’orchestra realizza un crescendo molto vivace e un finale dove appare anche un coro. Molto bella anche The Book of Love dei Magnetic Fields già apparsa nella colonna sonora di Shall We dance e scelta come nuovo singolo.

Molto dolce ed evocativa, la pianistica Flume dei Bon Iver (che come i Magnetic Fields sono il nome dietro cui si nasconde un singolo musicista), mentre Après Moi di Regina Spektor (l’unica donna coinvolta nel progetto) è uno degli episodi più movimentati e dall’arrangiamento assai teatrale, qualcuno l’ha definita l’erede di Kate Bush, sarà per questo che Gabriel l’ha scelta (pensiero malizioso). Comunque i brani sono tutti belli, Philadelphia di Neil Young e Power to the heart di Lou Reed, rendono omaggio a due grandi della musica.

Il disco, registrato, parte negli Air Studios di George Martin e parte negli studi della Real World, esce il prossimo 15 febbraio. Il 13 febbraio Peter Gabriel compirà 60 anni. Una coincidenza?

Bruno Conti