Un’Altra “Rampolla” Di Gran Classe, Sempre Più Degna Figlia Di Tanto Padre. Amy Helm – This Too Shall Light

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Amy Helm – This Too Shall Light – Yep Rock

Anche nel recensire il precedente album di Amy Helm https://discoclub.myblog.it/2015/08/02/degna-figlia-tanto-padre-amy-helm-didnt-it-rain/ non avevo potuto fare a meno di citare, sin dal titolo, lo stretto grado di parentela di Amy con quella che giustamente è considerata una delle figure più importanti della scena musicale americana, ovvero il babbo Levon Helm, di cui peraltro la nostra amica è stata negli ultimi anni di vita del musicista dell’Arkansas, una delle più strette collaboratrici a livello musicale, oltre a coltivare nello stesso periodo una carriera in proprio come leader di quella piccola grande band che sono stati (e forse saranno ancora, visto che non hanno mai ufficializzato un eventuale scioglimento), ovvero gli Olabelle  https://discoclub.myblog.it/2011/09/01/forse-non-imprescindibile-ma-sicuramente-molto-bello-ollabel/, oltre ad essere apparsa nel corso degli anni come ospite in dischi dei musicisti più disparati che si possono considerare suoi spiriti affini. Per questa nuova avventura This Too Shall Light, il suo secondo album da solista, la Helm ha scelto di farsi produrre da un artista che di solito è garanzia di qualità, per cui ha preso baracca e burattini e si è trasferita dall’amata base casalinga in quel di Woodstock a Los Angeles, agli United Recording Studios di Hollywood, quelli dove opera abitualmente Joe Henry, perché è lui che ha curato la cabina di regia di questo nuovo disco, coadiuvato dalla solita pattuglia di eccellenti musicisti che abitualmente si alternano nei dischi di Henry: Jay Bellerose alla batteria, Jennifer Condos al basso, Adam Minkoff alla chitarra acustica, l’ottimo tastierista Tyler Chester (alcuni ascoltati anche nel recente album di Joan Baez https://discoclub.myblog.it/2018/03/12/uno-splendido-commiato-per-una-grandissima-artista-joan-baez-whistle-down-the-wind/ , prodotto proprio da Henry), con l’aggiunta alle chitarre di Doyle Bramhall II, altro produttore ed arrangiatore di valore, di cui a giorni è in uscita un nuovo album Shades, che lo conferma ancora una volta ottimo come gregario di lusso per altri musicisti, ma non del tutto convincente in proprio, come leggerete a breve nella mia recensione.

Tornando al disco della Helm, un altro degli ingredienti fondamentali è la presenza di molte voci di supporto, oltre a Bramhall e Minkoff, anche JT Nero Allison Russell, che sono essenziali nel creare quella ambientazione gospel-soul che tipicizza il folk-country-rock, vogliamo chiamarla Americana music, che da sempre caratterizza la musica di Amy. Importante è anche stata la scelta dei brani: Joe Henry, per chiarire quale tipo di musica avrebbe voluto creare ha fatto sentire alla Helm Motel Shot di Delaney & Bonnie, che non è una brutta base di partenza da cui sviluppare le sonorità di un disco. Che poi l’album sia venuto meno “esuberante” e più intimo e raccolto è dovuto anche alla personalità ed alla voce forse meno esplosiva della Helm stessa. Comunque un ottimo disco, che si apre sulle note della title track This Too Shall Light, un brano scritto da M.C. Taylor Josh Kaufman degli Hiss Golden Messenger, che benché “nordisti” come Amy, hanno, come lei, un profondo amore per la musica del Sud degli States, per il gospel e e il soul, meticciati con il rock e il blues, e il cui testo cita Voices Inside (Everything Is Everything) di Donny Hathaway, uno degli autori considerati minori della musica nera, ma grande talento: la canzone è una delle più mosse del disco, una ballata mid-tempo guidata dalla chitarrina insinuante di Bramhall, dalle tastiere risonanti di Chester e dalle voci di supporto che avvolgono la calda e partecipe tonalità di Amy che intona la melodia con spirito delicato ma forte al contempo di questa splendida canzone che conferma la classe innata della figlia di Levon, lei che si ispira da sempre a personaggi come gli Staples Singers per la propria musica intrisa di vibrante spiritualità.Odetta che è il brano che lo stesso Joe Henry ha portato alle sessions, è stato ovviamente riadattato per la voce e lo stile più emozionale della Helm, cantante dalla voce sempre carica di pathos, un brano elettroacustico, molto variegato, ma anche vicino alle traiettorie sonore più raffinate degli arrangiamenti della Band, con piano, soprattutto, e chitarra acustica, in bella evidenza, che sposano il country-gospel-rock con l’appeal di una cantautrice classica, sempre con le voci di supporto immancabili in questo dipinto sonoro.

Milk Carton Kids, altri recenti “clienti” di Joe Henry, offrono alla causa la loro Michigan, dal secondo disco Prologue, un brano che grazie all’organo fluente di Chester, che rimanda a quello del grande Garth Hudson, è un altro acquerello delizioso e delicato che unisce le distese dei Grandi Laghi del nord con la musica del più profondo Sud, un altro gospel soul di grande intensità vocale e strumentale, con l’organo che mi ha ricordato anche il suono quasi “classico” del non dimenticato Matthew Fisher dei Procol Harum, una meraviglia cantata in modo quasi trasfigurato dalla nostra amica. Anche Allen Toussaint, un’altra delle leggende del deep soul intriso di gospel della musica di New Orleans, viene omaggiato con una intensa rilettura di una delle sue canzoni più vicine allo spirito sociale della dichiarazione per i diritti sociali come Freedom For The Stallion, altra piccola meraviglia di equilibri sonori dove la voce trae ispirazione da quella di grandi cantanti nere come Gladys Knight Ann Peebles, ma anche di Mavis Staples, ed il breve break chitarristico di Bramhall è un’altra piccola perla, all’interno dello scrigno. Mandolin Wind era una delle più belle canzoni nel disco più bello di Rod Stewart Every Picture Tells A Story, e uno, vista la presenza di una mandolinista provetta come Amy Helm, degna erede del babbo anche nell’uso di quest strumento, si sarebbe aspettato un uso massiccio dello stesso, invece astutamente nell’arrangiamento viene sostituito dalla slide insinuante di Bramhall, eccellente nel suo contributo alla grana sonora malinconica e romantica del pezzo, dove anche tutto il resto della band, piano in primis, fornisce un apporto corale ad una interpretazione vocale da incorniciare. Ancora un organo sontuoso apre la parafrasi sonora di un brano come Long Daddy Green, una canzone di impianto jazzy di una cantante minore come Blossom Dearie, che Amy ascoltava con grande piacere nella sua formazione musicale giovanile e che rinasce a nuova vita come un blues solenne frequentato dai fantasmi delle grandi voci del passato.

Papà Levon viene ricordato con un brano scritto da Robbie Robertson The Stones I Throw, una composizione che viene dal periodo pre-Band, 1965, quando si chiamavano ancora Levon And The Hawks, un brano gioioso ed esuberante, nuovamente tra gospel, rock e soul, in quello stile che poi avrebbero perfezionato negli anni a venire, ma che era già perfettamente formato all’epoca e viene felicemente catturato in questa elegante riproposizione. Per Heaven’s Holding Me, l’unico brano originale scritto a quattro mani dalla Helm con Joe Henry, Paul Owen e Ted Pecchio, Amy estrae per una unica volta dalla custodia il suo mandolino, per una canzone d’amore gentile e dai sentimenti delicati dove spicca ancora la grande sensibilità ed il talento di interprete sopraffina di una voce per l’occasione anche fragile e quasi vicina al punto di rottura, ma che però non si spezza, sempre sorretta comunque dalla estrema raffinatezza degli arrangiamenti che circondano il suo percorso sonoro. T-Bone Burnett è sicuramente uno dei grandi rivali di Joe Henry tra i produttori più bravi e ricercati in circolazione, ma per l’occasione appare come autore di River Of Love, un brano poco noto tratto dal suo album omonimo del 1986, altra canzone di ottima fattura, con il piano nuovamente in bella evidenza, ancora una volta a sottolineare quello spirito gospel e soul malinconico, veicolato quasi in modo vulnerabile dalla voce raccolta e intima, sempre comunque ben sostenuta dalle sottolineature precise dei cantanti di supporto. E proprio un gospel tradizionale come Gloryland, cantato a cappella dalla Helm con il supporto corale di tutti gli altri vocalists, chiude un album che la conferma come una delle interpreti più interessanti e solide della musica d’autore. In definitiva direi veramente un bel disco, per chi ama la buona musica.

Bruno Conti

Degna Figlia Di Tanto Padre! Amy Helm – Didn’t It Rain

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Amy Helm – Didn’t It Rain – Entertainment One

Amy Helm (come è stato ricordato moltissime volte, ma ripetiamolo) è la figlia di Levon Helm e Libby Titus, due artisti e cantanti: uno, tra i più grandi prodotti dalla scena musicale americana, batterista e cantante con The Band, poi solista per lunghi anni, l’altra, meno nota, ha pubblicato un paio di dischi interessanti, entrambi omonimi, usciti nel ’68 e ’77, ma è famosa anche per essere stata, dopo la fine della storia con Helm, la compagna per qualche anno di Mac Rebennack Dr. John ed in seguito di Donald Fagen, che ha sposato nel 1993, dopo una breve convivenza. Quindi la musica ha sempre avuto una parte rilevante nella vita di Amy, nata nel 1970, negli anni migliori della carriera di Levon, ma poi cresciuta a contatto con alcuni musicisti tra i più geniali della storia del rock. Senza andarne a ricordare le carriere si direbbe che la loro influenza, soprattutto quella di Levon Helm, con cui Amy ha a lungo collaborato, soprattutto negli ultimi anni di vita del babbo, sia stata fondamentale nello sviluppo di un proprio percorso musicale: prima con le Ollabelle, grande piccola band, autrice di quattro piccoli gioellini sonori nella prima decade degli anni ’00, http://discoclub.myblog.it/2011/09/01/forse-non-imprescindibile-ma-sicuramente-molto-bello-ollabel/, poi, ma anche contemporaneamente, nelle varie formazioni del padre, Levon Helm Band, Dirt Farmer Band, Midnight Ramble Band, oltre ad una quantità di collaborazioni impressionanti con i migliori musicisti del settore roots, le più recenti con The Word, Larry Campbell e Teresa Williams, ma in precedenza anche con Rosanne Cash, David Bromberg, Blackie And The Rodeo Kings e mille altri, fino a risalire a Kamakiriad, il disco di Donald Fagen del 1993, la prima partecipazione importante, anche se il suo CV vanta puree la presenza, all’età di 10 anni, nel disco per bambini In Harmony dei Sesame Street, dove però erano coinvolti, oltre alla mamma Libby, Carly Simon James Taylor, Linda Ronstadt, Bette Midler, i Doobie Brothers.

Come la stessa Helm ha ricordato in una intervista, negli anni ’80 (un periodo in cui la musica di suo padre era stata quasi dimenticata) la giovane Amy ascoltava Lisa Lisa Cult Jam, Cameo e i Run D.M.C., anche se il padre le aveva già fatto conoscere la musica di Ray Charles e Muddy Waters, fino alla seconda metà degli anni ottanta non aveva mai sentito per intero un disco della Band finché la madre non le diede una cassetta di Music From Big Pink, che, nei continui ascolti sul bus che la portava al college di New York dove studiava, le cambiò la vita. Saltando di palo in frasca, dopo la morte di Levon, avvenuta nel 2012, la Helm è diventata anche la curatrice, con la collaborazione di Larry Campbell, degli studi di The Barn, sulle Catskill Mountains, il mitico luogo dove si svolgevano (e tuttora si svolgono) le leggendarie Midnight Rambles, l’ultima avvenuta nella primavera di quest’anno, pochi giorni dopo la scomparsa del cane di Levon, chiamato “Muddy”, in onore di voi sapete chi. Ma negli anni dal 2010, quando uscì l’ultimo disco delle Ollabelle, Amy Helm ha anche iniziato la registrazione del suo primo disco come solista, nei primi tempi ancora con la presenza di Levon Helm (alla batteria in tre pezzi dell’album) che gentilmente le concedeva grauitamente l’uso dei propri studi, e poi con l’aiuto del suo nuovo gruppo, gli Handsome Strangers, con i quali ha re-inciso parte dei brani contenuti in Didn’t It Rain, per ultilizzare la notevole bravura di questi musicisti (dal vivo sono bravissimi, come potete constatare nei vari video inseriti nel Post). Naturalmente i musicisti di talento si sprecano in questo CD, da Byron Isaacs, polistrumentista e produttore del disco, nonché compagno di avventura già negli Ollabelle, a Bill Payne e John Medeski alle tastiere, Larry Campbell, Chris Masterson e Jim Weider alle chitarre, Daniel Littleton, anche lui chitarrista di gran classe, e David Berger alla batteria, che sono gli Handsome Strangers, oltre alle armonie vocali di Allison Moorer, Elizabeth Mitchell e Teresa Williams, per non citare che alcuni dei tantissimi musicisti che hanno contribuito alla riuscita di questo album.

Che, diciamolo subito, è molto bello; a livello qualitativo siamo dalle parti delle ultime prove di Rosanne Cash o Lucinda Williams, forse un filo inferiore, ma di poco. Dodici brani, firmati per buona parte dalla stessa Amy Helm, in collaborazione con Isaacs e, in un paio, Littleton, più quattro cover, magari non celeberrime, ma di grande fascino, di cui tra un attimo. Diciamo che si è presa i suoi tempi per arrivare a questo esordio solista, pubblicato a 44 anni, tra la famiglia, la morte del padre, i suoi impegni vari, ma nei cinque anni durante i quali Didn’t It Rain ha avuto la sua genesi ha lavorato con impegno per creare un disco che rimarrà nei cuori degli ascoltatori per il giusto tempo. L’apertura è affidata alla title-track, un gospel traditional sui diritti civili che era nel repertorio sia di Mahalia Jackson quanto di Mavis Staples (con cui la Helm ha diviso recentemente i palchi, in un tour che vedeva anche la presenza di Patty Griffin, che detto per inciso pubblicherà il suo nuovo album a fine settembre), un brano intenso, riarrangiato per suonare come un funky alla Meters, comunque con quel sapore di Louisiana che ogni tanto pervadeva anche l’opera del babbo, lei canta con voce limpida e pimpante, i musicisti ci mettono la giusta anima gospel soul e la partenza è subito scintillante, con il call and response con le vocalist ospiti, le chitarre taglienti e il groove di basso e batteria a sottolineare il tessuto sonoro del brano. Rescue Me è una bellissima ballata mid-tempo, una classica canzone da cantautrice, un potenziale singolo, con una melodia memorabilizzabile e un arrangiamento di gran classe, con tastiere, soprattutto il piano, e chitarre che girano leggiadre intorno alle voce della Helm.

Good News è un vecchio pezzo di Sam Cooke che ha perso l’Ain’t That del titolo originale, ma non lo spirito nero del brano, anche se in questa versione viene accentuata la componente blues che si allaccia allo spirito gospel dell’originale, con chitarre acustiche e slide, qualche percussione e la voce di Amy protagonista assoluta del brano. Deep Water è un delicato pezzo folk corale, di stampo prevalentemente acustico, con le solite ottime armonie vocali che rimandano al sound tipico Ollabelle, mentre Spend Our Last Dime, con il count off della voce spezzata di Levon Helm e il suo tocco inconfondibile alla batteria, è un bellissimo valzerone semi-country, scritto da Martha Scanlan, una bravissima cantautrice di cui vi consiglio di recuperare i pochi album che ha fatto, atmosfera vicina alle ultime prove rootsy di Rosanne Cash, altra figlia d’arte https://www.youtube.com/watch?v=SOLjBToKPmo . Chitarra con riverbero, batteria dal suono secco, basso che pompa, un organo avvolgente, penso opera di John Medeski (ma potrebbe anche essere Bill Payne) puro sound Memphis epoca Muscle Shoals per una deliziosa The Sky’s Falling https://www.youtube.com/watch?v=yEaQ-Qk6kcY . Bellissima anche Gentling Me, una canzone che porta la firma di Mary Gauthier e Beth Nielsen Chapman, dolce e sognante, una boccata di freschezza gentile, come evoca il titolo, nuovamente atmosfere folk per un brano che è puro piacere sonoro.

Roll Away ha una costruzione sonora più raffinata, blue-eyed soul di quello “serio”, con tastiere, chitarre e ritmica che permettono alla voce della Helm quasi di galleggiare su un costrutto sonoro jazz&soul degno delle grandi cantautrici degli anni ’70; per non parlare di un’altra ballata sontuosa come Sing To Me https://www.youtube.com/watch?v=yguKCcaQHYU  o di Roll The Stone, dove il banjo di Isaacs si sposa con l’organo alla Garth Hudson di John Medeski, piano e chitarra quasi telepatici con la sezione ritmica, per un altro tuffo nel deep soul gospel che tanto caro era a Levon Helm, curato fino nei minimi particolari sonori anche grazie al tocco gospel della batteria dei cantanti ospiti. E non è finita, Heat Lightning, ancora con Levon alla batteria, viaggia a tempo di rockabilly, con chitarre twangy e atmosfere country alla Band dietro l’angolo, mentre per la conclusiva Wild Girl, il chitarrista Daniel Littleton alza il riverbero della sua elettrica al massimo per creare un doveroso contrappunto ad una sofferta prestazione vocale in solitaria della brava Amy Helm, giusta conclusione per un album che conferma la classe di questa outsider di gran lusso, che forse non arriverà mai ai livelli del padre, ma quantomeno ci prova!

Bruno Conti

“Grandi Voci”: Dopo Beth Hart, Dana Fuchs – Bliss Avenue

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Dana Fuchs – Bliss Avenue – Ruf Records

Ho sempre avuto una predilezione per le grandi voci femminili rock, e negli ultimi anni sto avendo una serie di soddisfazioni, Beth Hart in primis (entrambe fanno I’d Rather Go Blind e Whole Lotta Love in modo incredibile) e in misura minore Grace Potter mi sembra si avvicinino al prototipo delle grandi cantanti del passato, e anche Dana Fuchs, che seguo da un po’ di anni, fa parte di questa famiglia. Passione per Janis Joplin (se ogni volta che qualcuno la nomina fosse possibile avere un soldino dal “topino dei denti”, avrei costruito un patrimonio, ma è la verità), Etta James, il rock degli anni ’70, quando era possibile fare un album libero da schemi musicali, rock, blues, soul, country, la musica dei Beatles e degli Zeppelin, tutte insieme nello stesso disco, aaahh che goduria!

Dana Fuchs ha seguito tutta la trafila, trasferita a New York dalla  Florida in cui viveva, negli anni ‘90, quando aveva 19 anni la tragedia di perdere per suicidio la sorella maggiore e la decisione di perseverare con la musica, i primi ingaggi Live nei locali della Grande Mela, l’incontro con Jon Diamond che era stato in precedenza il chitarrista di Joan Osborne (altra grande vocalist, l’avete vista in Love For Levon?), il primo disco in studio, Lonely For A Lifetime, uscito nel 2003 e ristampato lo scorso anno i-primi-passi-di-dana-fuchs-la-ristampa-di-lonely-for-a-life.html, la “scoperta” da parte dell’industria discografica che la sceglie per la parte di Sexy Sadie nell’immaginifico film Across The Universe della regista Julie Taymor (è la bella pennellona con i capelli ricciuti che canta con una voce della Madonna, Helter Skelter, Why Don’t We Do It In The Road, Don’t Let Me Down e altro). Ma prima ancora aveva fatto la cantante di jingle per MTV ed era stata l’interprete del musical Love, Janis (un destino in comune con Beth Hart, che l’aveva fatto prima di lei). In seguito, nel 2008, ha pubblicato un CD o DVD di difficile reperibilità, Live In NYC, che rende una idea della potenza esplosiva dei suoi concerti e finalmente viene messa sotto contratto dalla Ruf Records, che nel 2011 le pubblica il secondo disco di studio, Love To Beg. una-voce-straordinaria-il-disco-un-po-meno-dana-fuchs-love-t.html

Nel frattempo Dana Fuchs  perde anche il fratello in seguito ad un male incurabile. Alcuni di questi fatti sono l’ispirazione per i brani che compongono questo nuovo Bliss Avenue, forse il disco migliore della sua carriera: accompagnata dal fido Jon Diamond, che scrive tutte le musiche delle canzoni e con l’ottimo Glen Patscha dagli Ollabelle a organo e piano, già presente nel disco precedente, ma qui protagonista assoluto dei brani dal flavor più vicino al soul e al country e una sezione ritmica solidissima e swingante, con Shawn Pelton alla batteria e Jack Daley al basso. Dodici brani di notevole spessore che passano dal rock zeppeliniano dell’iniziale Bliss Avenue con la chitarra di Jon Diamond subito in evidenza (secondo alcuni non è un grande solista, ma per me è bravo, certo non è Bonamassa che ha fatto fare il salto di qualità a Beth Hart, ma rimane un chitarrista di tutto rispetto, anche eclettico). How Things Get That Way è un rock classico, con un bel riff anni ’70 e l’Hammond di Pascha pimpante al punto giusto. Handful Too Many è uno strano country-rock-blues in punta di piedi, con le vocalists di supporto Tabitha Fair e Nicki Richards che cominciano a farsi sentire. Fin qui, buono, lei canta benissimo ma manca quel quid, quella luce che si accende nella bellissima Livin’ On Sunday, coretti tra gospel e R&B, organo Memphis deep soul primi anni ’70, voce potente ma misurata, si comincia a godere.

Molto bella anche So Hard To Move, la canzone concepita sul letto di morte del fratello, dalla disgrazia nasce anche della grande musica, una intensa slow ballad ad alto tasso emozionale che si ispira a gente come Joplin e James ma poi si sviluppa come un brano al 100% di Dana Fuchs. Daddy’s Little Girl è un coinvolgente brano da Springsteen in gonnella, quello più spensierato e divertito mentre Rodents In The Attic è un rocker di quelli galoppanti, con ritmica e chitarra che tirano la volata ad una Dana incazzata per tutti quei “roditori” che le si agitano nel cervello dopo qualche bevuta di troppo (come espressione di gergo americana mi mancava). Baby Loves The Life è una notevole ballatona elettroacustica di quelle emozionali e anche Nothin’ In My Mind con chitarra acustica, piano e atmosfere country potrebbe uscire dalle sessions per Pearl, molto piacevole. Le chitarre tornano a fischiare e i ritmi accelerano per Keep On Walkin’ che suona come un incrocio tra Free e Creedence. Eccellente anche la ballata mid-tempo Vagabond Wind e la chiusura rock di Long Long Game che sembra uscire da Led Zeppelin III o IV. Per chi ama le belle voci e il rock, non necessariamente nell’ordine!          

Bruno Conti  

I migliori Dischi Del 2011! Un Anno Di Musica Ter

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Capitolo tre delle mie scelte dell’anno, le riviste “serie” pubblicano almeno 50 dischi per il meglio più le categorie “speciali e quindi sono in linea, proseguiamo…

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Blackie And The Rodeo Kings – Kings and Queens

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Garland Jeffreys – The King Of In Between

 

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Jonathan Wilson – Gentle Spirit

 

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Ollabelle – Neon Blue Bird

 

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Tom Russell – Mesabi

E questa, forse, è la canzone più bella dell’anno!

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Beth Hart Joe Bonamassa – Don’t Explain

 

Questa nel disco non c’è, ma è talmente bella…

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Laura Marling – A Creature I Don’t Know

 

Anche questo avrei dovuto metterlo nei Top 10, ma purtroppo come dice la parola sono solo dieci! Non ha 21 anni è impossibile, è troppo brava!

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JJ Grey & Mofro – Brighter Days

 

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Dirk Hamilton – Thug Of Love Live

 

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The Bridge School Concerts 25th Anniversary Edition

 

E il triplo DVD concorre come migliore dell’anno nella sua categoria.

Per oggi può bastare, fine della parte tre, segue!

Bruno Conti

Forse Non Imprescindibile Ma Sicuramente Moolto Bello! Ollabelle – Neon Blue Bird

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Ollabelle – Neon Blue Bird – Olabelle Music/Thirty Tigers

Nel breve spazio dedicato a questo album nella rubrica delle Anticipazioni mi ero spinto fino ad inserirlo, già fin d’ora, nella lista dei migliori dischi dell’anno, sulla scorta di un solo ascolto. Poi l’album, che è molto bello e confermo, l’ho sentito molte volte e come dico nel titolo del Post non è forse “imprescindibile” ma è buona musica e con i tempi che corrono non è poco. Ollabelle (ho deciso di optare per il neutro, né gli né le) è un quintetto di New York che prende il nome dalla cantante Appalachiana Ola Belle Reed e quindi il folk è molto presente nel loro suono, ma nella band milita Amy Helm (degna figlia di tanto padre) e quindi il country e il rock scorrono fluidi; nel gruppo sono presenti altri due cantanti, Fiona McBain e Tony Leone (ma cantano anche gli altri due) e quindi gospel, spiritual e soul vengono rivisti con ottimi risultati. Di solito la somma di queste musiche viene definita Americana e la Band di Levon Helm e Robbie Robertson è stata una delle iniziatrici di questo filone che congloba la musica delle “radici” e il rock.

Poi però bisogna essere bravi a farlo e sicuramente Ollabelle nei tre album che hanno preceduto questo Neon Blue Bird si sono costruiti una reputazione come una delle migliori “band” in circolazione: hanno girato tutte le “parrocchie”, sono partiti con un album omonimo pubblicato dalla DMZ/Columbia, sono passati alla Verve Forecast/Universal per l’ottimo Riverside BattLe Songs del 2006 e nell’interregno durante il quale la Universal li ha scaricati hanno pubblicato un bel disco dal vivo Before This Time per la Yep Rock. In questo periodo i tre cantanti sono diventati tutti e tre genitori quindi la registrazione del nuovo album ha richiesto i suoi tempi non ultimo quello di reperire tramite un finanziamento i fondi per fare questo CD. Quindi cinque anni e molte sessions dopo uno potrebbe aspettarsi un album discontinuo, frammentario e poco “centrato” e invece…

Sin dalle prime note di You’re Gonna Miss Me, una bella cover di un brano di Paul Kelly, quando le voci di Amy e Fiona cominciano a intrecciarsi su un tappeto di percussioni, banjo, tastiere, chitarre elettriche, ritmi funky che ricordano il gruppo di famiglia (sia Amy che il Bassista Byron Isaacs e saltuariamente anche il batterista Tony Leone suonano nella Levon Helm Band nelle loro mitiche serate “ramble”), a fronte di tutto ciò si capisce che siamo a bordo per una bella gita musicale. Che tocca il country delizioso e raffinato (con le solite armonie vocali meravigliose) di One More Time cantata dal tastierista Glenn Patscha per passare al country gospel blues trascinante del traditional Be Your Woman ancora con arrangiamenti vocali e strumentali di qualità incredibile, tra slide, armoniche, tastiere che si muovono con precisione millimetrica tra le pieghe della sezione ritmica.

Quando la qualità cresce ulteriormente e ti trovi ad ascoltare un ballata “spaziale” in tutti i sensi, ti “arrendi” e ti godi la musica: la voce di Fiona McBain che è l’autrice del brano, imposta l’atmosfera e canta in modo dolce e naturale, il controcanto di Amy Helm presto arriva nell’altro canale dello stereo, entra un organo celestiale, cori meravigliosi, piano, fisarmonica e chitarre e si realizza la cosiddetta “ballata perfetta”! Ovvero Wait For The Sun.

Brotherly Love è un Chicago funky Blues leggermente “acido”, dalla penna del bassista Isaacs con il gruppo che lo segue a menadito mentre Record Needle è una stupenda ballata dalla penna di Amy Helm che risponde qualitativamente a quella della McBain in una “lotta” di bravura per la gioia dell’ascoltatore, vogliamo dire “country gospel”? Ma diciamolo.

Lovin’ In My Baby’s Eyes è una cover di un soul-folk-blues del grande Taj Mahal (che tra poco sentiremo come ospite nel Live di Clapton/Marsalis) e Butcher Boy è un’altra delizia “Tradizionale” folk rivisitata dalla band con la consueta grande perizia e in questo caso, dolcezza mista a grinta. Rimane il tempo per una sentita versione di un brano del compianto Chris Whitley, con le “corde”, banjo, mandolino e chitarra in evidenza, Dirt Floor rinasce a nuova vita con un arrangiamento che si avvale anche delle loro grandi doti vocali e di un crescendo emozionante nella costruzione sonora. 

When I Remember To Forget scritta e cantata ancora da Fiona McBain con le immancabili celestiali armonie vocali della Helm conferma anche le loro capacità di inserirsi nel filone della canzone americana “pop” raffinata come ribadisce la cover finale del “classico” Swanee River sempre perfetta negli incredibili intrecci delle voci e degli strumenti di questo gruppo che si conferma una delle realtà (s)conosciute della musica americana e quindi da conoscere. Devo dire altro? Recatevi presso il vostro negozio preferito, fisico o virtuale e che l’ascolto abbia inizio. Non ve ne pentirete (se conoscete già, una gradita conferma)! Imprescindibile? Mah, forse.

Bruno Conti

Novità Di Agosto Parte II. Ollabelle, Eli Young Band, Guy Clark, Jeff Bridges, Bottle Rockets, Steepwater Band Eccetera

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Saltata una settimana ecco qui la sostanziosa uscita Ferragostana alla faccia della ferie, partiamo subito.

Nuovo album per gli (le) Ollabelle, non so mai che articolo usare visto che si tratta di uno dei gruppi dove meglio convivono due voci femminili, Amy Helm (degna figlia di tanto babbo) e Fiona McBain, con tre voci maschili (anche ottimi strumentisti), Glen Patscha, Byron Isaacs e Tony Leone. Devo dire che se gli album precedenti erano molto buoni questo è eccellente quasi eccezionale: cinque brani originali, due tradizionali riarrangiati e covers di Taj Mahal, Paul Kelly, Chris Whitley e una versione fantastica di Swanee River che fa impallidire quella pur buona che ne aveva fatto Hugh Laurie nel suo disco. Tra folk, country, gospel, soul, musica d’autore tutto confluisce in uno stile “americano” che ricorda moltissimo la Band dei tempi gloriosi anche se lì si rimane a livelli stratosferici, ma ci stanno lavorando. Se volete farvene un’idea qui c’è tutto l’album in streaming first-listen-ollabelle-neon-blue-bird. A me piace moltissimo, uno dei dischi dell’anno, si chiama Neon Blue Bird ed esce su etichetta Ollabelle/Thirty Tigers, il 16 agosto come tutti i dischi di questo Post (non in Italia ovviamente)! Ma quanto costa farle venire a suonare a casa? Vedi video sopra!

Torna anche Guy Clark, il nuovo disco si chiama Songs And Stories esce per la Dualtone, è dal vivo, la voce comincia a mostrare i segni dell’età ma è l’occasione per ascoltare una serie di brani, quindici, che hanno fatto la storia della musica country di qualità, brani originali e qualche cover come If I Needed You dell’amico Townes Van Zandt, inframmezzate da qualche storia come recita il titolo.

Rimanendo più o meno nello stesso ambito musicale esce il primo album omonimo di Jeff Bridges. Reduce dai successi di Crazy Heart, sempre con T-Bone Burnett alla produzione conferma che se un giorno dovesse abbandonare la carriera di attore come cantante non è affatto male. L’album che esce su etichetta Blue Note è decisamente bello. E lui ha una voce che mi ricorda in modo impressionante quella di Russel Smith degli Amazing Rhythm Aces. Non l’ha notato nessuno?

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Un trio di gruppi rock americani. Steepwater Band dopo l’ottimo disco dal vivo dello scorso anno Live At The Double Door tornano con un nuovo disco di studio Clava, su etichetta Diamond Day Records. Solito misto di rock-blues tirato, psichedelia, Black Crowes e Stones per il trio di Chicago.

Dopo il disco del 2009 Lean Forward prodotto da Eric Ambel, i Bottle Rockets approdano anche loro al disco, diciamo unplugged, con questo Not So Loud: An Acoustic Evening With…che dice già tutto dal titolo. Pubblica sempre la Bloodshot per un disco registrato alla Lucas School House di Saint Louis che ha chiuso nel 2008, quindi il concerto deve essere stato registrato tra il 2007 e il 2008.

Eli Young Band sono uno dei migliori gruppi country-rock ad uscire dai confini texani nell’ultima decade, Life At best è il loro quarto disco in studio più in live del 2006. Etichetta Republic Nashville. Se vi chiedete l’origine del nome i due leader sono Mike Eli e James Young, semplice no!

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Maria Taylor è una delle cantautrici “nuove” americane più interessanti, bella voce, arrangiamenti complessi, frequentazioni giuste. Ha già alle spalle una quindicina di albums, a nome suo, come Azure Ray, agli inizi di carriera come Little Red Rocket, collaborazioni con i Bright Eyes di Conor Oberst. Insomma una brava come conferma questo Overlook che esce per la Saddle Creek la stessa etichetta dell’appena citato Oberst. Viene da Birmingham, Alabama e se vi piacciono le cantautrici raffinate qui c’è materiale per voi. E nei prossimi giorni ho intenzione di dedicare un Post apposito ad alcune uscite relative a voci femminili poco conosciute perlopiù che per ragioni di tempo e spazio avevo tralasciato negli ultimi tempi, c’è musica buona.

Di Ana Popovic su questo Blog avevo recensito il suo ottimo DVD dal vivo An Evening At Trasimeno Lake ana%20popovic .La cantante e chitarrista serba pubblica un nuovo album Unconditional su etichetta Eclecto Groove Records che si mi sembra molto bello, registrato in quel di New Orleans con la produzione di John Porter, il nuovo Re Mida del Blues, che tutto quello che tocca rende oro, vede la partecipazione di Sonny Landreth alla slide. Bella copertina anche!

Dei War On Drugs si parlava un gran bene già dal 2008 quando pubblicavano il primo album Wagonwheel Blues e nel gruppo c’era ancora Kurt Vile che poi ha intrapreso la carriera da solista (con ottimi risultati, l’ultimo Smoke Ring For My Halo è decisamente un disco interessante)! Adam Granduciel è rimasto l’unico leader in questo Slave Ambient che esce per la Secretly Canadian e che fonde con maestria l’amore per Dylan, Springsteen e Petty con quello per My Bloody Valentine, Sonic Youth e la musica elettronica con un netto predominio dei primi. Veramente bello, potrebbe stupirvi, se volete farvi un’idea story.php?storyId=92608475.

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Tre CD con materiale “inedito” dal vivo registrato in diverse epoche. Martin Carthy & Dave Swarbrick pubblicano su etichetta Fellside questo Walnut Creek che raccoglie il meglio dai concerti tenuti in giro per il mondo tra il 1989 e il 1996 dai due “grandi” della musica Folk inglese che quest’anno compiono entrambi i 70 anni.

Anche Rick Wakeman comincia a sfruttare i suoi archivi. Questo Bootleg Box vol.1 è un cofanetto di cinque CD a prezzo speciale pubblicato dalla Floating World (questo è già uscito il 9 agosto, sto leggendo la lista dei concerti) che contiene un Live In Sweden del 1980, Live In Holland 1993, Live At Kabooze Bar USA del1985, e la parte più interessante con un doppio CD Live In Boston 1974 con le Sei Mogli e altro nella prima parte e Journey To the Centre Of The Earth completo.

Terzo e ultimo capitolo, questa volta doppio con copertina gialla (mi chiedevo dopo il Beatles Rosso e Blu cosa venisse), dedicato ai Beatlejam quel gruppo di musicisti provenienti da molte rock band americane che rifanno brani dei Beatles in chiave Jam. Questo si chiama Live At Webster Theatre e viene pubblicato sempre dalla FreeWorld.

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Per fare 13 questa è una chicca, si tratta di un CD dei Kippington Lodge Shy Boy: The Complete Recordings 1967-1969, un oscuro gruppo pop psichedelico che pubblicò una serie di singoli in quel periodo. Sono tutti riuniti in questo album con alternate takes, rarità e BBC sessions: la particolarità è che si tratta del primo gruppo di Nick Lowe, Brinsley Schwarz e Bob Andrews, futuri Brinsley Schwarz appunto e nei Rumour di Graham Parker. Anche questo è già uscito l’8 agosto su RPM Records, 15 brani un tutto.

E’ tutto anche per oggi, alla prossima!

Bruno Conti