Capitolo Terzo: Forse Non Sarà Poi Così Malvagio! SuperHeavy – SuperHeavy

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SuperHeavy – SuperHeavyA&M/Universal 20-09-2011

L’uscita è confermata per il 20 settembre (19 in Inghilterra) e dal video di presentazione che hanno messo sul loro sito, una sorta di “un disco in cinque minuti e mezzo”, non sembra neanche malaccio…

Dire bello è troppo ma si intravedono segnali di vita sul pianeta SuperHeavy, in ogni caso questa è la lista dei brani:

  1. Superheavy
  2. Unbelievable
  3. Miracle Worker
  4. Energy
  5. Satyameva Jayathe
  6. One Day One Night
  7. Never Gonna Change
  8. Beautiful People
  9. Rock Me Gently
  10. I Can’t Take It No More
  11. I Don’t Mind
  12. World Keeps Turning                  
  13.  

Visto il gruppo paventavo la “Super tavanata galattica!” invece forse il buon vecchio Mick Jagger riesce a fare un disco fuori dagli Stones decente, ma vedremo, mai parlare troppo presto (e per essere onesti Wandering Spirit del 1993 non era male, ma Goddess In The Doorway era uno dischi più brutti degli ultimi duecento anni)! Giuro che fino all’uscita non ne parlo più ma è il tipico argomento balneare.

A proposito di estate e Ferragosto, domani lista delle uscite discografiche del 15 agosto, altro che periodo di pausa!

Bruno Conti

E Intanto John Hiatt Non Sbaglia Un Colpo! Dirty Jeans And Mudslide Hymns

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John Hiatt – Dirty Jeans And Mudslide Hymns – New West/Ird

Il titolo del Post parafrasa una vecchia canzone di Carboni che faceva riferimento a Dustin Hoffman (e forse l’ho anche già usato, ma ne scrivo talmente tanti che non mi ricordo, forse no) e si può applicare anche a John Hiatt e a questo suo nuovo Dirty Jeans…. Si diceva che è il ventesimo album di studio del musicista di Indianapolis (oltre a Live, raccolte e ai Little Village) e la bilancia pende sempre dalla parte della qualità.

Ci saranno le solite critiche: i dischi sembrano sempre “simili” tra loro, la voce a qualcuno dà “fastidio”, da quando non fa più la vita dell’outsider con sesso, droga e rock’n’roll (ma da anni ormai) le canzoni hanno perso quella patina di vita ai limiti, borderline, si tira dietro anche la figlia nelle tournée. Ma io rispondo, meglio tanti dischi di Hiatt, tutti uguali tra loro, comunque sempre belli, che decine, anzi centinaia di album inutili che escono ogni mese. La voce, ormai, è un gusto acquisito, ruvida ma gentile, subito riconoscibile, è una sorta di marchio di fabbrica, come per Springsteen, Petty, Morrison sai subito con chi hai a che fare. Oltre a tutto, in Italia, il nostro amico John è conosciuto soprattutto per Have A Little Faith In Me, che era la musica di una pubblicità di un budino e manco nella sua versione, e peraltro rimane, a detta di Hiatt, il suo miglior brano o quello che meglio lo rappresenta, però di canzoni belle ne ha scritte tantissime nel corso degli anni, per sé e per gli altri.

Per esempio, Train To Birmingham, che in concerto esegue da parecchio tempo e di cui esiste, tra gli altri, una bella cover di Kevin Welch, potrebbe essere una delle migliori canzoni in assoluto dedicate alla cittadina dell’Alabama, insieme a Boulder To Birmingham di Emmylou Harris, When Jesus left Birmingham di Mellencamp, Birmingham di Randy Newman, tanto per citarne alcune che ricordo ma ce ne sono a decine, anche Sweet Home Alabama la cita nel testo. Ebbene, un brano così bello, non lo aveva mai inciso fino a oggi, non solo, in un’intervista ha dichiarato che risale addirittura a 40 anni fa, una canzone scritta quando aveva circa 19 anni e mai utilizzata. Per la serie che c’è gente che ucciderebbe per scrivere certe canzoni ma, sfortunamente, non può e lui le scarta, e quasi ogni anno pubblica immancabilmente un disco nuovo.  La versione incisa per questo album, con la slide di Doug Lancio in evidenza, ha la serena consapevolezza della musica attuale di John Hiatt, tra country, blues e southern roots music come nelle sue migliori abitudini. Anche un brano come la conclusiva When New York Had Her Heart Broken, che è più farina del sacco del produttore Kevin Shirley a livello musicale, e nelle sue derive ambientali ricorda vagamente certe produzioni di Lanois, è un brano scritto una decina di anni fa in occasione dell’attacco alle Torri Gemelle e poi non usato, rispolverato per l’occasione su richiesta dello stesso Shirley, che si trovava a New Yo rk con la famiglia e ha un particolare ricordo di quell’avvenimento. Non sarà bellissima, ma emoziona e ha un suo fascino particolare, diverso dallo stile abituale di Hiatt.

Il resto è il “solito” Hiatt ma averne di dischi così: dopo vari ascolti mi sembra di poter dire che siamo più o meno ai livelli del precedente The Open Road (uno dei suoi migliori in assoluto), ci mette un attimo di più a entrarti in testa ma è pieno di belle canzoni. Dal rock tirato e chitarristico dell’iniziale Damn This Town con la solita slide di Lancio in caccia di assoli, la ritmica di Patrick O’Hearn e Kenny Blevins sempre precisa e inventiva, forse la differenza è nel suono più “professionale” di Shirley con la batteria più marcata, una coloritura delle tastiere che rimangono ai limiti della percezione ma incidono nel suono, la voce in primo piano, ma non mi sembrano elementi fastidiosi e si notano nei brani più mossi. Nei “suoi” pezzi come la ballata a tempo di valzerone country ‘Til I Get My Lovin’ Back con la pedal steel di Russ Pahl in grande spolvero, torna il suo proverbiale romanticismo e il suono ti si adatta come un paio di vecchi calzini, con rispetto parlando. I Love That Girl ha l’aspetto gioioso delle canzoni più allegre di Hiatt con il call and response irresistibile dei cori che si riallaccia alle migliori tradizioni del R&B più spensierato e lui la canta con una convinzione ammirevole.

Lo spettro sonoro si arricchisce del country-folk blues acustico della deliziosa All The Way Under con il mandolino di Lancio a duettare con una fisarmonica paesana.

Don’t Wanna Leave You Now è una delle sue classiche slow songs avvolgenti, impreziosita (o appesantita, a seconda dei punti di vista) da un sontuoso arrangiamento orchestrale di Shirley, che ricorda certe canzoni del canone di Van Morrison, ascoltate il basso di O’Hearn che ricorda i giri armonici di David Hayes. Detroit Made, di nuovo rock, riporta lla mente, per certi versi, la classica Memphis In The Meantime con la band che gira alla grande e con Lancio che si conferma degno erede dei chitarristi che lo hanno preceduto nella band di Hiatt, Cooder e Landreth in primis! Hold On For Your Love è un altro di quei lenti epici, in crescendo, che appartengono alla sua migliore tradizione, forse già sentito ma si riascolta con gran piacere anche perché lui canta, mi ripeto, con decisa e ritrovata convinzione (da qualche album a questa parte) le sue storie tipicamente americane e non manca anche in questo brano l’assolo di Lancio, veramente protagonista in questo CD.

Di Train To Birmingham abbiamo detto, Down Around My Place, con l’organo di Reese Wynans che aggiunge spessore ad un brano che è tra le perle dell’album con la sua atmosfera di nuovo epica e chitarristica, quasi acida, vagamente Younghiana, conferma il momento di grazia del cantautore dell’Indiana. Manca Adios To California, di nuovo ballata ritmata di confine con la lap steel di Pahl in grande spolvero che risponde alle chitarre di Lancio per un brano ancora una volta di grande fascino e con quella bellissima voce, tra le migliori in circolazione, che ti cattura inesorabilmente

Per me, molto bello, come sempre tra i migliori dell’anno, poi fate voi, ma state attenti che vi controllo!

Bruno Conti

Avviso Per I Naviganti! The Duke And The King

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The Duke And The King – The Duke And The King – Silva America

Va bene che siamo in pieno agosto ma la fregatura è sempre dietro l’angolo! Quello che vedete sulla sinistra non è il terzo album dei The Duke And The King, gruppo nato da una costola dei Felice Brothers ed autore di quei due bellissimi dischi usciti nel 2009 e 2010, ma una sorta di “riassunto” per il mercato americano dei suddetti dischi. E comunque questi sono bravi, take a listen…

Quindi niente disco nuovo (e neppure nessuna canzone nuova) ma una selezione di brani tratti da Nothing Gold Can Stay e Long Live The Duke and The King (qui se volete leggere la recensione scritta lo scorso anno ma-che-bello-the-duke-and-the-king-long-live-the-duke-and-th.html). E questa la tracklist del nuovo album:

1. If You Ever Get Famous
2. Shaky
3. The Morning I Get To Hell
4. No Easy Way Out
5. Union Street
6. Hudson River
7. You And I
8. Shine On You
9. O’ Gloria
10. Have You Seen It?
11. One More American Song
12. Don’t Take That Plane Tonight

Potete comprarlo lo stesso ma a questo punto, se già non li avete, sarebbe meglio acquistare i due “originali”, entrambi bellissimi! Se invece volete persistere esce il 16 agosto negli Stati Uniti. Questo per l’informazione.

Bruno Conti

Un Jonathan Tira L’Altro, Da Laurel Canyon (E Dintorni) Jonathan Wilson – Gentle Spirit

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Jonathan Wilson – Gentle Spirit – Bella Union

Dopo ripetuti ascolti che procedono alacremente da un po’ di tempo a questa parte non posso dire “Habemus Papam” ma ci avviciniamo parecchio. Il giudizio su questo CD di debutto di Jonathan Wilson Gentle Spirit è oscillato tra l’indispensabile e il molto bello a seconda delle giornate (e tra l’altro non è manco il debutto perché nel 2007 ne aveva già pubblicato un altro intitolato Frankie Ray che secondo la mitologia ed alcuni cronisti sarebbe stato registrato ma non pubblicato, ma invece, in modo sotterraneo ma circola): sono ancora indeciso tra le due opzioni perché il disco mi piace parecchio, ma non so se vale le quattro stellette che gli ha assegnato Mojo e poi vi spiegherò il perché

Intanto vediamo chi è costui, nato a Forest City, North Carolina il 30 dicembre 1974 (secondo Wikipedia e altre biografie, ma alla domanda di un cronista che gli chiede “sei nato a Spindale, North Carolina nel 1977?” risponde affermativamente, quindi si deve essere “fumato” qualcosa di forte o inizia a creare il proprio mito?) ma da lunghi anni residente in California, prima Laurel Canyon poi Echo Park, Los Angleles dove è ora ubicato il suo studio di registrazione. Infatti la sua reputazione nasce come produttore e liutaio (costruisce e ripara chitarre che pare siano fantastiche e ricercatissime dai colleghi): ha prodotto i due album dei Dawes con i quali ha spesso collaborato, anche nel recente tour europeo con Jackson Browne, ma anche dischi di J. Tillman dei Fleet Foxes, Mia Doi Todd, James Gadson, un tributo a Roy Harper (e qui prende molti punti) con Will Oldham, Chris Robinson dei Black Crowes, Andy Cabic dei Vetiver tra gli altri. Ha suonato anche nei dischi di Gary Louris e Erykah Badu, Johnathan Rice (di Jenny And Johnny) e Neal Casal. E tutti costoro, più o meno, sono presenti in questo nuovo Gentle Spirit che, se mi chiedeste, a bruciapelo, a cosa assomiglia di più vi direi immediatamente If I Could Only Remember My Name di David Crosby.

Lo spirito è quello, anche se non la voce, e qui la mia prudenza nel giudizio, quelle libere collaborazioni della California inizio anni ’70 dove i musicisti in un interscambio di musica e idee (e qualche droga per espanderle, ma qui lo dico e qui lo nego, sottosegretario Giovanardi!) suonavano liberamente nei dischi dei colleghi; in questo album il principio viene ripreso in grande libertà, in tredici brani per oltre 78 minuti di musica, un disco che non si misura sui singoli brani ma nel suo insieme, anche se alcuni sono migliori di altri, comunque. Si oscilla tra il folk acido e la psichedelia morbida dei Mad River o dei Quicksilver più rurali, passando per il già citato Crosby e le acrobazie chitarristiche di Stills e Young ma niente Nash. Ma tra le influenze anche il folk raffinato di Roy Harper e di Nick Drake e certe cose più “morbide” ancorché psichedeliche dei Pink Floyd di Meddle o Atom Heart Mother.

 

Tutta “roba” buona: dall’inizio pastorale di Gentle Spirit che dà il titolo alla raccolta con oboe, mellotron e chitarre, tante chitarre, acustiche ed elettriche, una sezione ritmica molto presente nel suono stereo analogico (Gerald Johnson e Gary Mallaber della vecchia Steve Miller Band) , volutamente vintage del brano, con la voce ora sospirata, ora in un leggero falsetto di Jonathan Wilson, e senza accorgerti i 6 minuti e passa ti scivolano addosso in modo piacevolissimo. Il semi country iniziale alla Neil Young di Can We Really Party Today si stempera in una serie di cambi di tempo leggeri ed eterei come la musica che trasportano con echi di musiche “antiche” e l’eco vero che Wilson dispensa in abbondanza nelle sue canzoni, con pianoforte e viole che colorano il sound del brano che nella parte finale galleggia su uno stupendo intervento dell’organo di Adam MacDougall (presumo, non ho ancora l’album tra le mani) dei Black Crowes, tra citazioni di cannabis e vaghe proteste sociali ed ecologiche.

 

Desert Raven con il riff circolare e continuo delle due chitarre soliste (lui e Andy Cabic dei Vetiver) che si rispondono dai canali dello stereo è assolutamente meravigliosa, Quicksilver+Crosby+Stills+Grateful Dead, Calfornia in excelsis (ma qualche momento ricorda anche quelle improvvise accelerazioni elettriche nei dischi di Roy Harper o Michael Chapman che era anche un signor chitarrista come Wilson). E sono passati quegli altri otto minuti senza accorgersene, cullati dalla voce serena  e dalle armonie degli “ospiti” del nostro amico. Canyon In The Rain, introdotta dal rumore (indovinato!) della pioggia è un’altra piccola meraviglia di equilibrismi sonori sulle onde delle improvvisazioni sonore, acustiche queste volte ma sempre con quel suono curato, naturale ed analogico che dà il giusto spazio a tutti gli strumenti e anche alla ritmica mai invadente ma comunque discretamente presente.

 

Natural Rhapsody con le sue chitarre-gabbiano sognanti, il basso alla Phil Lesh e la voce alla Gilmour, suona come avrebbero potuto suonare i Pink Floyd di Meddle in una ipotetica jam con i Grateful Dead e CSN&Y, altri 8 minuti di pure delizie sonore. Cinque brani 35 minuti, non male come inizio. Pausa centrale di riflessione: Ballad Of The Pines è Music Is Love di Crosby incrociata con Blackbird di Stills, quasi! The Way I Feel, una cover psych di Gordon Lightfoot con le sue chitarre più grintose e in libertà di improvvisare è una sorta di gustoso antipasto della “gloriosa ” Jam finale, gli oltre dieci minuti acidi di Valley Of The Silver Moon dove l’organo del grande Barry Goldberg si aggiunge agli altri musicisti per una cavalcata che non ha nulla da invidiare ai duelli chitarristici tra Neil Young e Danny Whitten ai tempi di Cowgirl In The Sand, più narcotica e lisergica magari con echi dei citati Mad River e un cantato quasi solenne di Jonathan Wilson. Ci sarebbe anche il valzerino folk quasi Beatlesiano di Don’t Give Your Heart To A Rambler, il blues acido di Woe Is Me, e la Younghiana Magic Everywhere che ricorda le atmosfere di On the Beach, e tanta altra carne al fuoco che vi lascio scoprire. Sicuramente una delle sorprese dell’anno, se sarà un “capolavoro” lo deciderà il tempo, sicuramente ricorda album, musiche e artisti che i capolavori li hanno creati, con rispetto e grande bravura e creatività. Perditempo astenersi, richiede concentrazione totale e capacità di sognare, altamente consigliato! Esce domani, 8 agosto in tutto il mondo e il 30 agosto in Italia (chiuso per ferie).

Bruno Conti

 

Capisco I Crolli Di Borsa! U2! Achtung Baby Uber Deluxe Edition?!? E Altro…

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U2 – Achtung Baby 20 Anniversary Edition -6 CD + 4 DVD – 01-11-2011 Uber Deluxe Edition

Vi avviso prima così fate in tempo a prepararvi! Quella del crollo in borsa vorrebbe essere una battuta ma non troppo: se i fans degli U2 sparsi per il mondo devono sborsare, 400 euro, 330 sterline o quasi 600 dollari dei loro risparmi per prenotare questo mega cofanetto le riserve subiranno un drastico calo. E’ proprio vero che non c’è limite alla provvidenza (e alle pretese delle case discografiche), vediamo cosa contiene questo manufatto a forma di scatola da puzzle:

CD di Achtung Baby, CD di Zooropa (quindi ci risparmiano la deluxe?) e quattro interi CD di B-Sides e re-workings (nel senso di “nuove  versioni”?) di materiale inedito registrato durante le sessions tenute a Berlino.

4 DVD, tra cui Zoo TV: Live From Sidney, From The Sky Down, che è un nuovo documentario girato per l’occasione e che sarà presentato in anteprima al Toronto International Film Festival l’8 settembre (com’era successo per Springsteen lo scorso anno), tutti i videoclip e non meglio specificato (al momento) bonus material.

5 singoli in vinile chiaro con le copertine originali, 16 stampe d’arte tratte dalla copertina con relativo contenitore, un libro in brossura di 84 pagine, una copia della rivista Propaganda, 4 spillette, un pacchettino di adesivi, una copia dei famosi occhiali da sole di Bono tipo “The Fly”. E questa è la lista che viene segnalata, ma guardando la foto del Box che vedete qui sopra mi pare di notare anche un paio di vinili formato LP. Perché naturalmente, a parte, esce anche la versione vinile quadrupla.

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Passiamo alle versioni per “poveri”: c’è una Super Deluxe che Ok non ha tutta la memorabilia e i vinili ma ha comunque i 6 CD, 4 DVD,libro e stampe e ve la cavate con 100 euro (circa) e vi risparmio le altre valute. Curiosamente in Europa dovrebbe uscire su etichetta Mercury.

Infine versione doppia con album e B-sides e rarità.

E’ il disco con One (vista in YouTube più di 7 milioni e mezzo di volte per ogni versione ufficiale, si dice più 100 milioni globalmente e una delle più belle canzoni degli ultimi venti anni), mi piaceva abbastanza ma non mi hai entusiasmato, parlo dell’album (molto meglio di Zooropa e Pop comunque), penso che opterò per la versione doppia. L’ho scritto sopra ma lo ribadisco anche qui: uscita il 1° novembre. Quando avrò altri dettagli vi terrò informati. Cominciate a risparmiare!

Bruno Conti

Toh! Guarda Chi Si Rivede! Sly Stone – I’m Back! Family And Friends

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 Sly Stone – I’m Back! Family And Friends – Cleopatra Records

Se ne lasciava passare un altro erano 30 anni dall’ultimo album pubblicato, il non particolarmente memorabile (per usare un eufemismo) Ain’t But The One Way. Anche la partecipazione al Coachella del 2010 non faceva presagire nulla di buono e invece questo “ritorno” sembra migliore di quello già provato nel 1976 con Heard Ya Missed Me, Well I’m Back. Non è chiaro quando sia stato registrato questo album e con chi visto che la Cleopatra Records è soprattutto un’etichetta dedicata alle ristampe (e il Live inedito del Cactus era proprio bello cactus) e anche se i pezzi sono i classici si tratta sicuramente di nuove versioni visto la presenza di molti ospiti. E ci sono anche tre pezzi “nuovi” che non sono malvagi da quello che ho potuto sentire. Esce il 16 agosto negli Stati Uniti e il 23 agosto in Europa. Questa è la lista dei brani con relativi ospiti. Come potete notare ci sono parecchi remix ed extended versions di cui si poteva fare a meno. Va bene che è una bella canzone ma Dance To the Music c’è tre volte…

1. Dance To The Music feat. Ray Manzarek (The Doors)
2. Everyday People feat. Ann Wilson (Heart)
3. Family Affair
4. Stand! feat. Carmine Appice (Vanilla Fudge/Rod Stewart) & Ernie Watts (Frank Zappa/The Rolling Stones)
5. Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin) feat. Johnny Winter
6. (I Want To Take You) Higher feat. Jeff Beck
7. Hot Fun In The Summertime feat. Bootsy Collins
8. Dance To The Music (Extended Mix)
9. Plain Jane
10. His Eye Is On The Sparrow
11. Get Away

BONUS MIXES [CD ONLY]

12. Dance To The Music (Club Mix)
13. Family Affair (Dubstep Mix)
14. Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin) (Electro Club Mix)

Esce anche in vinile. Poteva andare peggio, visto il personaggio: gli interventi di Beck, Winter e Ray Manzarek sono di sostanza e Ann Wilson ha sempre una gran voce, e, a parte i remix, il sound è molto vicino a quello delle versioni originali. Potrebbe essere anche una occasione per riscoprire gli album originali! Bellissimi!

Bruno Conti

Country-Rock “Classico” Dagli Anni ’70, Ma Non Solo! Jonathan Edwards – My Love Will Keep

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Jonathan Edwards – My Love Will Keep – Appleseed Recordings/Ird

Questo CD è quietamente uscito da un mesetto circa e me lo stavo “studiando” da un po’ per parlarne sul Blog. Partiamo dal centro questa volta, non dalla fine o dall’inizio del disco o della storia: il quinto brano si apre con una breve introduzione pianistica, poi entra una sezione di archi e la bella voce di Jonathan Edwards, non avendo letto i titoli dei brani le parole mi ricordavano qualcosa, ma il tempo da ballata romantica lo trasforma completamente, però quando parte il ritornello immortale, anche senza gli yè-yè originali, non si può non riconoscere She Loves You dei Beatles. Altri, Emmylou Harris in testa (grande amica e con cui Edwards ha collaborato in Elite Hotel del 1975), avevano realizzato cover di Lennon-McCartney in stile country con risultati alterni. Questa versione, per il sottoscritto, è una delle migliori cover ascoltate in assoluto del repertorio Beatles, ma per la serie il mondo è bello perché è vario, su All Music (il famoso portale di musica dove però tutti i dischi, anche i più “oscuri”, stranamente sono bellissimi, le tre stellette e mezzo e quattro si sprecano) questo brano non incontra i favori del recensore che lo stronca in modo brutale, salvo poi dare al CD i canonici, e in questo caso meritati, tre punti e mezzo. 

Perché questo disco di Jonathan Edawrds My Love Will Keep ci riconsegna un autore e cantante, a 40 anni esatti dal suo esordio omonimo su Capricorn del 1971 che conteneva la sua unica hit americana Sunshine (ma da un milione di copie e 4° posto nelle classifiche di Billboard), un brano folk-country-pop contro la guerra del Vietnam che avrebbe segnato la sua carriera poi proseguita con una serie di ottimi album tra cui Honky-Tonk Stardust Cowboy, Have A Good Time For Me (entrambi ristampati dalla Collectors’ Choice in CD) e Lucky Day (live), Rockin’ Chair, Sailboat e un altro Live (per questi ha provveduto la Wounded Bird). Tutto questo negli anni ’70, poi nel 1985 un ottimo album bluegrass con i grandi Seldom Scene Blue Ridge e comunque una serie di album (tra cui ancora moltissimi dischi dal vivo, tre addirittura negli anni 2000) che ci portano fino ai giorni nostri e questo album per la Appleseed che profuma di country-rock e bluegrass mescolati insieme come facevano i primi dischi di Eagles, Poco, Dillards, Ozark Mountain Daredevils, Flying Burrito Brothers, insomma le stelle del genere in quegli anni.

Ma torniamo all’inizio. Il disco si apre con Surrounded, un brano dove la lap steel, la mandola e le chitarra di Duke Levine (una vita con Mary-Chapin Carpenter ma una presenza di qualità in una miriade di dischi a partire da questo, bellissimo il break chitarristico nella già citata She Loves You)) si fondono con il basso, il mandolino e la chitarra acustica del titolare del disco, che sfodera anche una voce calda e piacevole che può ricordare un Glenn Frey, un Paul Cotton o un Dan Fogelberg dei tempi d’oro, se unite la seconda voce femminile di Claire Lynch, una delle nuove giovani stelle del bluegrass-country recente, il risultato è musica di grande qualità, arricchita anche dal violino di Mike Barnette. Johnny Blue Horizon, dedicata a John Denver, è anche meglio, sembra saltare fuori dai solchi di uno dei primi due dischi degli Eagles o da From The Inside dei Poco, armonie vocali da sballo, con le voci di Edwards e Claire Lynch a cui si unisce Tom Dean, un break centrale di doppio mandolino con Joe Walsh e Taylor Armerding, e piano, chitarre e tutto l’insieme perfetto per questo tributo. Il brano che dà il titolo a questo album, My Love Will Keep, scritta da Mark Sanders e Adrienne Young è un’altra delizia country-rock dall’andatura saltellante con una pedal steel e il piano che la percorrono, e le armonie vocali fantastiche create questa volta di Edwards e Moondi Klein.

Un salto negli stati del Sud per una Crazy Texas Moon, dove Moondi Klein e la pedal steel di Charlie Rose rimangono ma si unisce anche l’armonica di Edwards per un brano country bluesato che può ricordare certe cose del primo Lyle Lovett. Certo tutta musica datata e derivativa, ma di un gran bello (nei prossimi giorni vi parlerò di un altro disco “nuovo”, “datato” e meraviglioso di tale Jonathan Wilson, bellissimo). Di She Loves You abbiamo detto, How Long è un altro dei pezzi dal vecchio repertorio di Edwards composta negli anni ’70 come l’iniziale Surrounded e mai incisa, questo è un veloce e vivace bluegrass alla Dillards ancora con Claìre Lynch alla seconda voce e una serie di interventi strumentali di violino, mandolino, banjo, armonica e chitarra elettrica che sono molto coinvolgenti.

This Island Earth è un vecchio brano degli anni ’80 di un gruppo che cantava a cappella, bravissimi, si chiamavano Nylons e questa versione di Edwards è molto bella, ricca di effetti di eco sulla voce e con armonie vocali da brividi con la figlia Grace e Philippe Aeglae, una ballata lenta e spirituale di grande impatto sonoro ed emozionale. La fusione tra country e musica celtica è stata tentata con successo molte volte nel passato, questa volta basta il penny whiste di Jonathan (vero polistrumentista) da aggiungere alla miriade di strumentisti che arricchiscono questa delicata Lightkeeper.

John Brannen è un bravissimo cantautore americano tra roots e heartland rock come direbbe la sua voce in Wikipedia, ma in effetti, per me, in questa Tomorrow’s Gonna Come scritta in compagnia di Henry Gross e Tommy Rocco, distilla in modo perfetto lo stile dei primi Eagles di cui è stato anche recente collaboratore, Jonathan Edwards esegue alla perfezione aggiungendo il tocco della sua armonica ad una canzone già bella di suo. Everybody Works In China scritta ancora dal vecchio amico di Edwards, Henry Gross e già incisa con Henry Paul degli Outlaws una ventina di anni fa, aldilà della risonanza che ha acquisito a livello di testo, sembra un brano, di quelli belli, di Jimmy Buffett o James Taylor, con quella sua aria fintamente dimessa e invece ricca di melodia e malinconia.

Altro momento bellissimo è la cover di un brano di un altro dei tanti “Beautiful Losers” che calcano i palcoscenici americani, parlo di Jesse Winchester e la canzone si chiama Freewheeler e quel diavolo di un Jonathan Edwards si inventa anche un ukulele a 8 corde da unire all’immancabile armonica per una versione che si colloca tra canzone d’autore e cowboy song, deliziosa in ogni caso. Per finire in gloria un altro brano stupendo, una epica Sailor’s Prayer dal repertorio di Rod MacDonald con le voci di Claire Lynch e Jonathan Edwards che ancora una volta armonizzano ai limiti della perfezione.

In definitiva se amate country, bluegrass, canzone d’autore, semplicemente la buona musica, con una produzione da major ma il piglio di una etichetta indipendente, questo è un piccolo gioiello di uno dei tanti segreti ben custoditi della musica americana.

Bruno Conti 

Il Migliore Del “Colonnello”! Steve Cropper – Dedicated

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Steve Cropper – Dedicated – 429 Records/Fontana/Universal

Mi avevano detto di aspettare fino alla data di uscita prima di parlare di questo nuovo CD di Steve Cropper, ma visto che per l’Italia sarà il 30 di agosto, mentre negli Stati Uniti esce martedì prossimo 9 agosto rompo gli indugi e ve ne parlo. Il disco è molto bello, sicuramente il migliore come solista per Steve “The Colonel” Cropper che però, non dimentichiamolo, ha inciso una valanga di dischi con Booker T & The MG’s e suonato in tutti i dischi più belli della Stax, da Otis Redding a Sam And Dave passando per Wilson Pickett e Eddie Floyd. E poi, ed è il motivo per cui è conosciuto in Italia, ha suonato con i Blues Brothers di John Belushi e Dan Aykroyd.

E’ ancora un giovanotto, i 70 li compie il 21 ottobre, come testimonia questo disco, bellissimo come si è detto, ma anche per merito di ospiti e amici che suonano in questo tributo. Perché anche Cropper che è un “mito” ha avuto a sua volta degli “eroi” che nel suo caso erano i Five Royales uno dei gruppi storici del doo-wop e poi con contaminazioni con gospel e R&B anche del nascente soul che contribuirono a definire. In particolare Pete “Lowman”, uno dei tre fratelli Pauling, che era la colonna del gruppo e che, come in molte storie della musica non a lieto fine, morirà da alcolizzato nel 1973.

Ma prima ha fatto in tempo a scrivere alcune pagine indimenticabili con una serie di canzoni che resterranno sempre nella memoria collettiva della musica popolare (anche per merito di queste versioni).

Si parte con Steve Winwood che ci regala una 30 Second Lover scoppiettante che non ha nulla da invidiare ai suoi vecchi hits con lo Spencer Davis Group, visto che la voce rimane miracolosamente intatta nel tempo. Bettye Lavette ancora una volta si riconferma come la “vecchia” Diva del Soul più in forma e pimpante anche in questa Don’T Be Ashamed cantata in duetto con Willie Jones.

Breve intermezzo. Nel disco suonano: Steve Cropper, chitarra (eh va beh, ovvio), David Hood basso e Spooner Oldham, tastiere, in una inedita alleanza tra Stax e Muscle Shoals, Steve Ferrone e Steve Jordan si alternano alla batteria, Neal Sugarman dei Dap Kings (gruppo di Sharon Jones, ma anche di Amy Winehouse) si occupa dei fiati. Mentre Jon Tiven (che in alcune recensioni misteriosamente diventa Joe e suona i fiati, per la serie informarsi mai?) si occupa della produzione del disco insieme allo stesso Cropper. Voi direte, e come fai a saperlo? Perchè ho recensito un disco di un suo “protetto” Troy Turner jon%20tiven, e mi ha anche gentilmente ed educatamente ringraziato nei Commenti.

Fine intermezzo. Ovviamente con tutto quel ben di Dio di musicisti sarebbe difficile fare male. Proseguendo, troviamo Baby Don’t Do It in duetto tra un BB King in gran forma e la figlia di un suo “discepolo” Shemekia Copeland, diventata cantante di grande bravura. Molto particolare e godibile la versione di Dedicated To The One I Love che tutti ricordano nella versione di Mama Cass dei Mamas and Papas e che Lucinda Williams, non potendo competere a livello vocale, trasforma in un suo pezzo con l’aiuto di un altro “grande vecchio” Dan Penn.

John Popper (L’ex Blues Traveler) con armonica al seguito se la cava più che bene in My Sugar Sugar. Neanche a dire che quando siamo in ambito soul Delbert McClinton è nel suo elemento e la versione di Right Around The Corner è tra le cose migliori del disco. Nel disco di un chitarrista un brano strumentale non può mancare: e infatti ce ne sono due (facciamo due e mezzo), Help Me Somebody e Think, più Slummer The Slam, in duetto con Buddy Miller, che è anche cantato ma è l’occasione per “lasciare andare” le chitarre per i due musicisti. Uno potrebbe pensare che anche I Do il brano dove appare Brian May potrebbe essere uno strumentale e invece il vecchio “Queen” rispolvera le sue vecchie doti di “armonizzatore” usate in alcuni brani di Mercury e risulta tra i più rispettosi del doo-wop del brano originale, ovviamente modernizzato alle sonorità attuali.

Sharon Jones è, forse, la migliore delle cantanti soul delle ultime generazioni e la conferma è questa ottima e ritmata Messin’ up che potrebbe sembrare un brano di James Brown (che invece aveva cantato Think che qui appare come strumentale). Bettye Lavette le risponde con una sontuosa deep soul gospel ballad come Say it. Dan Penn era più noto come autore che come cantante ma qui sfoggia una voce alla Ray Charles bianco per una bellissima Someone Made You For Me.

Mancano due brani per concludere: Come On And Save Me, un duetto tra Dylan LeBlanc, che forse appare per meriti di famiglia (in quanto figlio di…), e ancora una esplosiva Sharon Jones. Lucinda Williams, “williamizza” se si può dire When I get Like This e conclude in gloria questo piacevole tributo. Inutile dire che Steve Cropper lavora di fino con la sua chitarra nella maggior parte dei brani, da perfetto “comprimario” di gran classe quale è sempre stato, non gregario o “spalla”.

Non ho trovato video in rete relativi a questo album per cui ho messo qualche “classico”, se volete altre informazioni home.html

Bruno Conti

“Viaggi Spaziali”, Nel Nuovo Cofanetto EMI Dedicato Agli Hawkwind – Parallel Universe

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HawkwindParallel Universe/A Liberty-U.A. Anthology 1970-1974 -3CD – EMI Catalogue

Prosegue la meritoria serie di cofanetti dedicata dalla EMI inglese alla ripubblicazione di materiale classico dai propri archivi. Nel caso di questo box degli Hawkwind non è stata applicata la tecnica dell’opera omnia come era stato fatto per Hollies, Frankie Miller, UFO e Barclay James Harvest recentemente ma si è optato per un disco triplo ricco di rarità e inediti ed una selezione di materiale da quel periodo. “Opera omnia” ovviamente è riferito solo a quanto inciso per le etichette del gruppo EMI e, in ogni caso, il cofanetto ha il solito prezzo molto contenuto, sotto i 20 euro.

Ecco la track list completa, in uscita il 22 agosto p.v.:

Track List – Disc 1:
01. Hurry On Sundown [original mono single]
02. Mirror Of Illusion [mono single edit]
03. You Know You’re Only Dreaming [original 1970 version] * previously unreleased *
04. Reason Is [alternate version] * previously unreleased *
05. Be Yourself [alternate mix] * previously unreleased *
06. Seeing It As You Really Are [from the album: ‘Hawkwind’]
07. Hog Farm * previously unreleased *
08. Kiss Of The Velvet Whip [aka ‘Sweet Mistress Of Pain’ – 1971 version] * previously unreleased *
09. You Shouldn’t Do That [from the album: ‘In Search Of Space’]
10. Master Of The Universe [original vocal take] * previously unreleased *
11. Children Of The Sun [from the album: ‘In Search Of Space’]
12. Paranoia [‘Greasy Truckers Party’ version – live]

Track List – Disc 2:
01. Brainstorm [from the album: ‘Doremi Fasol Latido’]
02. Space Is Deep [from the album: ‘Doremi Fasol Latido’]
03. Lord Of Light [from the album: Doremi Fasol Latido’]
04. Take What You Can * previously unreleased *
05. Silver Machine [original single mix]
06. Seven By Seven [original single alternate vocal mix] * previously unreleased *
07. Born To Go [‘Space Ritual’ version – live]
08. Down Through The Night [‘Space Ritual’ version – live]
09. Accumulator [‘Space Ritual’ version – live]
10. Sonic Attack [‘Space Ritual’ version – live]

Track List – Disc 3:
01. Ejection
02. Urban Guerrilla [original single]
03. Brainbox Pollution [full-length version] * previously unreleased *
04. It’s So Easy [original studio version] * previously unreleased *
05. You’d Better Believe It [Rockfield studios version] * previously unreleased *
06. Psychedelic Warlords {Disappear In Smoke} [single version]
07. Wind Of Change [alternate version] * previously unreleased *
08. Paradox [remix – single edit]
09. Hall Of The Mountain Grill [from the album: ‘Hall Of The Mountain Grill’]
10. Lost Johnny [from the album: ‘Hall Of The Mountain Grill’]
11. D-Rider [‘1999 Party’ version – live]
12. Watcher [‘1999 Party’ version – live]               

Per gli amanti del gruppo di Dave Brock (e Lemmy) un vero must.

Bruno Conti

Un DVD Di Stagione Per Della Musica Senza Tempo. Cambridge Folk Festival 2010 With Natalie Merchant, Kris Kristofferson, Seth Lakeman, Julie Fowlis & Many More

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 The co-operative Cambridge Folk Festival 2010 – Dvd- Delphonic/Smooth Operations/Proper

Oggi ero di umore “arti visuali” applicate alla musica e quindi vi consiglio vivamente questo DVD di cui vado a parlarvi. Siamo ovviamente nell’ambito della musica folk ma nell’accezione più ampia del termine: ogni anno in quel di Cambridge si svolge da molti anni un Festival dedicato al folk e tutto quello che gli gravita attorno e, di tanto in tanto, escono dei CD o DVD dedicati all’argomento. Quello di quest’anno ovviamente fa riferimento all’edizione del 2010 e, per gli amanti del genere (ma anche no) è un piccolo gioiellino.

Qui, oltre ai grandi nomi, rischiate di scoprire della musica e dei musicisti ancora in grado di emozionare: si parte con Seth Lakeman, che è un cantautore nella tradizione che discende dai Martin Carthy, Christy Moore fino al fratello di Moore, Luka Bloom e arriva alle ultime generazioni anche femminili che comprendono Cara Dillon (che è sua cognata) e Kathryn Roberts e Kate Rusby, che negli anni ’90 erano con lui negli Equation (non so quanti li ricordano). Una generazione che fonde il folk con elementi pop ma è in grado di essere inserita a fondo nella tradizione: i dischi di Lakeman, che sono parecchi, entrano spesso nei Top 20 delle classifiche inglesi pop e lui piace fisicamente anche al pubblico femminile (i primi piani della regia del DVD evidenziano degli occhi tra il ceruleo e il verde e gli fanno quasi la radiografia ai denti), ma nello stesso tempo ti propone brani dal taglio tradizionale come Kitty Jay solo violino, voce e stompin’ feet o ballate ricercate e raffinate come Changes e di impianto sociale come Solomon Browne, insomma è uno bravo.

I Burns Unit sono un gruppo misto scozzese-canadese che unisce Karin Polwart e Emma Pollock dei Delgados con King Creosote, Mc Soom T e altri musicisti che provengono dal rap, dal pop e dalla musica neo-etnica e fondono tutti questi mondi insieme: qui li potete ascoltare in What Is Life.

Inutile dirvi chi è Natalie Merchant, Leave Your Sleep è stato uno dei dischi più belli del 2010 e in questo DVD ne vengono riproposti tre brani con un organico ovviamente ridotto rispetto agli oltre 100 musicisti che hanno partecipato al doppio album: The Peppery man e If No-one ever marries me sono il lato più introspettivo e malinconico di una delle voci più belle della musica internazionale mentre il divertente cajun Adventures of Isabel quello più scanzonato.  (il video non c’entra ma è un brano di Sandy Denny).

A seguire troviamo Julie Fowlis che è una delle nuove stelle del folk britannico, scozzese per la precisione e canta in gaelico, quest’anno ha pubblicato un CD dal vivo e nella sua porzione di spettacolo propone sia un medley strumentale dove si cimenta al tin whistle accompagnata dal suo ottimo gruppo in gighe e reels e poi un brano gaelico che ne mette in risalto la voce Hug Air A’ Bhonaid Mhoir. Non assomiglia a Runrig o Capercaillie, che cantano anche loro in gaelico ma hanno un sound elettrico, qui siamo nel tradizionale.

The Quebe Sisters Band è un gruppo di tre sorelle americane che fanno del country, old time e western swing, cantando all’unisono con delle belle armonizzazioni e suonando tutte e tre il violino, molta bella la cover di Cold Cold Heart di Hank Williams.

I Carolina Chocolate Drops sono una formidabile string band, un trio di colore che si aggrega alla rinascita di questo stile, guidata da gente come gli Old Crow Medicine Show (ma è giusto per fare un nome, incredibilmente in America ce ne sono a decine e vendono e riempiono festival e concerti): in questo Dvd eseguono una fantastica Hit ‘Em Up Style, un trio di poco più che ventenni formidabili che trascinano il pubblico solo con banjio, violino, lo human beatbox di Adam Matta e la voce incredibile, tra gospel e folk di Rhiannon Giddens. Sempre in ambito di “fusioni”, pensate ad un incrocio tra i Buena Vista Social Club e i Chieftains ed avrete una vaga idea di quellio che fanno i Salsa Celtica nella loro Pa’l Rumberos.

E che dire di un gruppo come gli Imagined Village fondato da Simon Emmerson degli Afro Celt Sound System? Immaginate (appunto) un incrocio tra l’Incredible String Band, i Pentangle, i Quintessence e non so chi altri, tra sitar, chitarre, contrabbassi, violini e facce note come Eliza e Martin Carthy, Chris Wood e, in passato, anche Billy Bragg e Sheila Chandra. Il sound è affascinante e assolutamente da investigare, in questo DVD eseguono The Handweaver and the Factory Maid e una cover di Space Girl di Pete Seeger e Ewan McColl. 

Cosa si può dire di uno degli ultimi grandi della musica (e punto)? Che intanto si presenta vestendo i suoi oltre 70 anni (facciamo 75) senza colori improbabili della capigliatura, con una voce che ha visto mille battaglie e uno stile chitarristico approssimativo, ma a uno come Kris Kristofferson che ha scritto brani come Me And Bobby McGee, Help Me Make It Through The Night e Sunday Morning Coming Down cosa puoi dire. Gliele fai cantare, con tanto di dedica a Janis e ascolti.

Gli Show Of Hands sono un altro formidabile duo folk britannico (ora trio con una contrabbasista e cantante aggiunta dalla pettinatura punk ma bravissima, per la cronaca Miranda Sykes), originari di Devon dove sono risultati in una votazione i più grandi “devoniani” battendo gente come Sir Francis Drake e Agatha Christie (e i Muse). I due brani, Keys of Canterbury e Country Life vi faranno capire il perché.

Conclude il Cd la musica dall’est per ottoni e percussioni (alla Bregovic per avere una vaga idea) di Boban e Marko Markovic con Devla. Ci sono anche cinque brani registrati nel dietro le quinte dell’edizione 2008 tra cui spiccano Two Tears di Eliza Carthy, l’indiavolato folk-punk-rock dei Levellers con The Cholera Well e una stupenda cover di Time di Tom Waits cantata da Heidi Talbot, accompagnata da Boo Hewerdine e dal marito John McCusker, altri due grandi musicisti tanto per gradire.

Si fa un po’ fatica a trovarlo ma è sicuramente uno dei DVD musicali più interessanti della stagione.

Bruno Conti