L’Arte Della Slide Guitar! Ron Hacker – Live In San Francisco

ron hacker live in san francisco.jpg

 

 

 

 

 

 

Ron Hacker – Live In San Francisco – Ronhacker.com

Quando, circa un anno e mezzo, parlavo del precedente disco di Ron Hacker, (bravi-ma-sconosciuti-ron-hacker-and-the-hacksaws-filthy-anim.html), in termini più che lusinghieri, tra le cose dette, una, scontata, ma non per questo meno vera, era che sarebbe stato bello se il nostro amico avesse registrato un bel album dal vivo (si dice sempre, sarà scontato, ma per certi tipi di performers, è la pura verità), magari al Saloon, che era il locale dove Hacker era solito esibirsi, Non è passato neppure un anno, e tac, registrato il 30 novembre del 2011, ma pubblicato oggi, esce questo Live In San Francisco, non al Saloon ma al Biscuits And Blues, che a giudicare dal rumore di ambiente e da quello del pubblico, che si percepisce dal CD, a occhio (e a orecchio), deve essere una venue dove possono entrare poche decine di persone, ma non è il numero che fa la qualità.

Non posso che confermare quanto di buono detto su Ron Hacker, che è sicuramente uno dei migliori nell’arte della slide e che dal suo strumento estrae ogni stilla possibile di blues, potente e ad alta densità, degno dei migliori Johnny Winter, John Campbell, o Ry Cooder annate con Taj Mahal , già citati in passato e qui ribaditi, con il più lo spirito dei grandi bluesmen, da John Lee Hooker e Elmore James passando per Willie Dixon, Sleepy John Estes (pard del suo “maestro” Yank Rachell), Son House e in generale di tutti i grandi che vengono rivisitati nel vorticoso stile di Hacker.

Quello che si ascolta in questo album è del Blues di grande energia, nulla di nuovo ma eseguito con una forza, una grinta e una maestria che dividono il grande disco dal compitino eseguito con poca voglia. Siamo quindi di fronte ad un album di blues elettrico, molto “carico”, ma sempre all’interno dei parametri delle classiche 12 battute e che sfiora il rock-blues senza mai varcarne completamente i confini labili. E comunque è un bel sentire. Dai primi secondi di Ax Sweet Mama, un brano appunto di Estes, che apre il concerto con un bottleneck solitario e la voce di Ron Hacker, capisci subito di trovarti di fronte a qualcuno che conosce a fondo la materia, la vive fin nelle pieghe più recondite e la riversa sul pubblico in un torrente di note (il brano, se la memoria non mi difetta è conosciuto anche come Sloppy Drunk). Il basso pulsante di Steve Ehrmann e la batteria di Ronnie Smith innestano i ritmi classici che stimolano la creatività di Hacker, che prende subito di petto una versione cattiva di Meet Me In The Bottom, un brano di Willie Dixon per Howlin’ Wolf, che però come in molte storie del blues, potrebbe essere anche Down In The Bottom, che facevano anche gli Stones, che a sua volta era una bastardizzazione di Lawdy Mama, con testo e musica riveduti e corretti, ma nel blues funziona così e nessuno si offende (per la verità il buon Willie un poco si era incazzato con Page e Plant, ai tempi), per non sbagliare Ron ci dà dentro alla grande. Poi si accelera a tempo di boogie, per uno sfolgorante medley tra Baby Please Don’t Go e Statesboro Blues, suonati come Dio comanda e che si innestano uno dentro all’altro come un coltello nel burro. Welfare Store è un vecchio classico di Sonny Boy Williamson, lento e cadenzato con chitarra e voce che scandiscono le note come se ne andasse della vita dell’interprete, che aggiorna il testo del brano al presidente Obama (che è perfetto perché fa rima con mama) e ai giorni nostri.

My Bad Boy è un brano originale scritto dallo stesso Hacker e dedicato al figlio quando questi aveva 18 anni (ora ne ha 40 e Ron ne compirà 68 quest’anno), e il risultato non sfigura con i classici fin qui sfornati, ma Death Letter di Son House è sempre un gran brano e questa versione è veramente gagliarda, con la slide che viaggia rapida e tagliente. Uno dei maestri dello stile, forse l’inventore, è stato il grandissimo Elmore James, di cui viene riproposta It Hurts Me Too, una delle più belle canzoni mai scritte (e suonate) nell’ambito Blues. Two Timin’ Woman, strepitosa, a livello di boogie, potrebbe dare dei punti a Winter, Thorogood e forse anche a Hound Dog Taylor e anche il match con Johnny Winter nella “sua” Leavin’ Blues, potrebbe finire in un bel pareggio. Per concludere la serata (e il disco) in bellezza, un bel brano di John Lee Hooker come House Rent Blues ci sta proprio a pennello. Tra l’altro Hacker racconta che in una serata con Roy Rogers gli capitò di suonare il brano proprio di fronte al suo autore, ottenendo da quel vocione inconfondibile un responso positivo, che è come avere la laurea honoris causa e anche noi gliene conferiamo con piacere una, in Blues, che non rimanga un segreto!

Bruno Conti

“Nuove” Voci Dall’America. Miss Tess – Sweet Talk

MissTessSweetTalk.jpg

 

 

 

 

 

 

Miss Tess – Sweet Talk – Signature Sounds

In effetti si tratta di un gruppo, Miss Tess And The Talkbacks, che sono una diretta prosecuzione di Miss Tess & The Bon Ton Parade, e se proprio vogliamo, trattasi di Miss Tess, una pimpante ed eclettica cantante, nativa del Maryland ma newyorchese d’adozione, con 3-4 baldi giovanotti che la accompagnano, chitarra, basso, batteria, più l’occasionale steel guitar e tastiera. Genere? Bella domanda. Mah, vediamo, potremmo dire Americana, visto che ci sono elementi di jazz, country, blues, rock(and roll), western swing e canzone popolare, frullati in uno stile che, di volta in volta, spazia tra un genere e l’altro.

Brani che iniziano con un assolo di contrabbasso o prevedono al loro interno un assolo di batteria non si possono proprio definire pop e quindi fate uno sforzo di immaginazione e provate a pensare ad una Norah Jones più brillante, modello Little Willies o ad una Madeleine Peyroux meno meditativa, senza per questo voler dire che Miss Tess sia più brava, solo come indicazione musicale. Tra l’altro il suo stile si è evoluto da quello del primo gruppo (autore di una manciata di dischi, tra studio e live), i Bon Ton Parade, che prevedendo un clarinetto in formazione erano più jazzati, all’attuale formazione, che avendo introdotto una chitarra solista che si affianca a quella ritmica di Miss Tess, spazia più spesso anche in territori country swing, I’d Never Thought I’d Be Lonely, brillante e cantata con aria sbarazzina, o Everybody’s Darling altro divertente episodio quasi western swing alla Asleep At the Wheel, o proprio country, con tanto di pedal steel, come la bella ballatona Save Me St.Peter.

Ma gli elementi della ballata jazz non sono ovviamente scomparsi, come l’iniziale Don’t Tell Mama, che inizia solo chitarra elettrica e voce alla Peyroux e poi si trasforma in un potente jazz-blues con spazio per gli assolo della chitarra di Will Graefe e del batterista storico della formazione Matt Meyer. Ma c’è anche la vorticosa Adeline, con basso acustico e batteria in overdrive e l’organo di Sam Kassirer che si divide gli spazi solisti con la chitarra, a dimostrazione che siamo proprio a cospetto di un gruppo e non solo di una cantante ben accompagnata. If You Wanna Be My Man ha quel suono anni ’40-’50 dell’era pre R&R, con la bella voce di Miss Tess in evidenza ma People Come Here For Gold è un gagliardo rock and roll che farebbe la gioia dei Blasters o di Bonnie Raitt, con di nuovo l’organo a supportare le chitarre.

Introduction, come dice il nome, è il preludio, solo contrabbasso, della felpata, country meets latin, This Affair, deliziosa e delicata. Detto prima dei brani country disseminati nel CD, rimangono New Orleans, che vi lascio immaginare che tipo di brano possa essere (e il nome del precedente gruppo di Miss Tess faceva pensare ad una formazione dedita a cajun, soul e altre delizie dalla Crescent City), con un pianino insinuante che si affianca alle consuete chitarre, e la conclusiva I Don’t Want To Set The World On Fire, l’unica cover, una canzone anni ’40 degli Ink Spots, una torch song che permette di gustare appieno le qualità vocali di Miss Tess che aggiungiamo, di diritto, tra le cantanti che vale la pena di scoprire ed ascoltare!

Bruno Conti   

Un’Idea Più Che Brillante, Geniale! Transatlantic Sessions 5, Volume Three with Aly Bain & Jerry Douglas, Per Non Dire Degli Altri!

transatlantic sessions 5.jpgtransatlantic sessionsdvd 5.jpg

 

 

 

 

 

 

Transatlantic Sessions 5 Volume Three with Jerry Douglas & Aly Bain – Whirlie Records CD o DVD

Questa delle Transatlantic Sessions è state veramente un’idea brillante. Partorita dalle brillanti menti della BBC Scotland, BBC 4 e dalla RTE, la televisione di stato irlandese, questa serie nasce nel lontano 1995 con l’idea di unire musicisti provenienti dai due lati dell’oceano, country e folk principalmente, ma con contributi anche dal blues e dalla canzone d’autore. Il tutto avviene in uno studio fornito dalla Pelicula Studio Films di Glasgow dove una house band fissa accoglie durante queste sessions la crema della musica “roots” proveniente da tutto il mondo. E noi perché ne parliamo solo adesso, dopo l’uscita di quindici CD e 5 DVD (ma i dischetti sono nove in totale) complessivamente? Non lo so, ma l’importante è parlarne! Prima di vedere cosa succede in questo ultimo capitolo (per il momento), cerchiamo di capire chi si è avvicendato nel corso degli anni.

I “padroni di casa” sono Aly Bain, prodigioso violinista delle Shetland, fondatore dei Boys Of The Lough nel lontano 1972 e Jerry Douglas, di cui forse si farebbe prima a dire con chi non ha suonato, maestro della chitarra resonator e della lap steel e presente in oltre 1600 dischi dagli anni ’70 ad oggi (tra le ultime collaborazioni importanti quelle con Paul Simon, Mumford and Sons, Alison Krauss, Clapton e Costello, ma sono proprio una minima parte della sua discografia); con loro ci sono, o ci sono stati, Russ Barenberg (USA), John Doyle (Irlanda via Usa, ex dei Solas), Noillaig Casey (anche lei dall’Irlanda, violinista e moglie di Arty McGlinn), John McCusker (ex di Kate Rusby e ora marito di Heidi Talbot, un po’ di gossip), Michael McGoldrick  (tin whistle e uileann pipes, attualmente con la band di Mark Knopfler), Donald Shaw (dalla Scozia, accordion e tastiere, viene dai Capercaillie, nonché marito di Karen Matheson) e, tanto per non farci mancare nulla, Danny Thompson al contrabbasso e James Macintosh (degli Shooglenifty) alla batteria. E questi sono “solo” gli accompagnatori.

Tra gli ospiti, a partire dal 1995: Mary Black, Guy Clark, Iris DeMent, Dick Gaughan, Emmylou Harris, Donal Lunny (un nome ricorrente, c’è anche nella nuova stagione), John Martyn, Kate & Anna McGarrigle, Karen Matheson, Kathy Mattea, Rufus Wainwright e tantissimi altri, in un incrocio vorticoso di scambi (pensate al trio Black, Dement, Harris o alla stessa Emmylou con Guy Clark, John Martyn con Kathy Matthea, in una versione da sballo di May You Never, le McGarrigles, con Rufus, Emmylou Harris e Dick Gaughan, cose da non credersi, per una prima annata “quasi” irrepetibile). Ma poi negli anni a venire, arriveranno, Paul Brady, Rosanne Cash, Nacncy Griffith, Ricky Skaggs, Maura O’Connell, Sharon Shannon e, dopo una lunga pausa, dal 2007, ora con una cadenza biennale (negli anni dispari registrano, l’anno dopo pubblicano, prossimo capitolo 2013-14): ancora Paul Brady, Iris DeMent, Sharon Shannon, Julie Fowlis, Joan Osborne, Darrell Scott, Eddi Reader e ancora, James Taylor, Allison Moorer, Liam O’Maonlai, Martha Wainwright, Karen Casey, di nuovo Rosanne Cash ed una infinità di altri.

Per questa stagione troviamo Eric Bibb (che è in uno dei volumi precedenti, ma il DVD li riporta tutti insieme) e…, veniamo a bomba, Alison Krauss in una bellissima versione di I Believe In You di Bob Dylan, Jerry Douglas, Sam Bush, Donal Lunny che guidano tutto il “cucuzzaro” in un notevole strumentale dello stesso Jerry, Route Irish. Eddi Reader, tanto brava quanto sottovalutata (tutti si ricordano solo della canzoncina dei Fairground Attraction), canta da par suo una deliziosa Dragonflies scritta con Boo Hewerdine, Phil Cunningham guida tutti gli strumentisti in un medley strumentale di gighe e reels, poi sostituito da Donal Lunny per la sua Cunla. In Leaving Limerick la voce solista è quella di Muirreann Nic Amhlaoibish (ma nomi normali no?) degli ottimi Danù e per un brano in gaelico di cui mi rifiuto di scrivere il titolo la scozzese doc Kathleen MacInnes con la partecipazione di Sarah Jarosz.

Poi un altro brano, definito Breton Set, con la guida di John McCusker, una bellissima Windows Are Rolled Down cantata alla grande da Amos Lee (con Sarah Jarosz e Alison Krauss) e un altro Dylan da antologia, Ring Them Bells, splendida anche in questa versione celto-americana cantata da Sarah Jarosz e non potendo avere il Morrison originale ci accontentiamo del giovane Iain che canta, benissimo (prendere nota, molto bravo) la sua Broken Off Car Door. Ci sono altri quattro brani tra cui una notevole Litte Girl Of Mine In Tennessee, con il trio Sam Bush, Bela Fleck e Jerry Douglas (oltre a tutti gli altri, che comunque appaiono a rotazione in tutto il CD)! Se avete avuto una vincita alla lotteria o un’eredità vi consiglierei di acquistare tutta la serie, meglio in DVD, anche se costano un pacco di soldi e non sono di facile reperibilità. Non per nulla vincitore del premio per il miglior disco tradizionale in terra d’Irlanda (MG Alba Awards 2011). Una meraviglia!

Bruno Conti

Aggiungiamo Alla Lista Dei Bluesman. Mike Wheeler – Self Made Man

mike wheeler.jpg

 

 

 

 

 

 

 Mike Wheeler – Self Made Man – Delmark

Ecco un altro “giovane” e pimpante artista blues, su piazza (Chicago) da soli trenta anni, questo dovrebbe essere il suo secondo album da solista, ma ha suonato (e suona) con molti dei migliori artisti della scena locale e non. Ad esempio è apparso anche con un paio di musicisti di cui mi è capitato di parlare in questi ultimi tempi: Linsey Alexander e, soprattutto, con i Chicago Playboys dell’ottimo Big James ( big+james+and+the+chicago+playboys), entrambi compagni di etichetta, ovvero per la mai doma Delmark, sempre alla ricerca di artisti in grado di perpetrare la lunga storia del Blues (o meglio, Alexander e Wheeler incidono per la Delmark, Big James per la Blind Pig)!

Nei Chicago Playboys (con cui suona dal 1998 ed appare in 5 dei loro CD), Mike Wheeler ha sviluppato anche una notevole attitudine per il funky, il r&B e il soul, da unire al classico Chicago blues, caratteristica che (nel suo piccolo) lo avvicina a uno come Albert King, che nei suoi dischi su Stax sapeva abilmente miscelare tutte queste sonorità. Wheeler, naturalmente, non è a quei livelli, ma si difende alla grande, bella voce, senza esagerare, un suono della solista limpido e pungente, con il giusto rilievo alla parte ritmica, in alternativa a soli brevi e ficcanti ma ricchi di gusto. E questo Self Made Man sicuramente soddisferà il palato degli appassionati del genere.

Si tratti del lungo funky-soul bluesato dell’iniziale Here I Am, con la solista in bella evidenza. ben supportata dall’organo vintage del bravo Brian James, che si concede dei piacevoli interventi, o il classico swing di Big Mistake, con James al piano ad alternarsi con la chitarra di Wheeler. Anche la title-track, Self Made Man predilige ritmi funky ed evidenzia l’influenza di Albert King, con l’armonica di Omar Coleman ad aggiungere pepe all’esecuzione. Nel CD c’è posto anche per il classico shuffle di I’m Missing You, canonico blues nelle sonorità care all’etichetta di appartenenza, con qualche svolazzo dell’organo di James che prepara il terreno per il solo di Wheeler. Join Hands è super funky, con tanto di basso “slappato” dell’onesto Larry Williams.

Let Me Love You è proprio il classico di Willie Dixon, ma suonato con una patina di modernità, alla Robert Cray per intenderci. Siamo al settimo brano e ancora nessun bello slow blues di quelli dove puoi strapazzare la chitarra per la goduria dei “chitarrofili”? You’re Doing Wrong rimedia alla grande con Wheeler che esplora il manico della sua chitarra con la giusta dose di abbandono. Walkin’ Out The Door paga il giusto tributo all’altro grande King, B.B, con il suo ritmo marcato e le linee sinuose della solista in alternanza al piano. Ritmi nuovamente sincopati per Get Your Mind Right con armonica e organo a dare man forte alla voce e chitarra di Mike Wheeler. Anche I Don’t  Like It Like That ha quel sound funky alla Albert King, Albert Collins o Johnny Guitar Watson, con l’aggiunta di organo Hammond, come pure Moving Forward nuovamente con il basso molto carico di Williams e le lunghe linee soliste della chitarra. Per concludere, un brano che si chiama Chicago Blues (c’è bisogno di dire altro?) e I’m Working nuovamente tra funky e R&B con la chitarrina ritmica del leader a dettare i tempi.

Per essere “uno che si è fatto da sé”, non male, aggiungiamo alla lista!

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2012: Atto Finale. Buscadero, Jam E Mucchio

buscadero n.1.jpg

 

 

 

 

 

 

E siamo arrivati all’ultima puntata di questa lunga cavalcata tra le migliori uscite discografiche del 2012. L’ultimo atto è dedicato a Buscadero, Jam e Mucchio (Selvaggio).

Vi chiederete il perchè della copertina del Buscadero qui sopra! Non avendo ancora trovato in rete quella dell’ultimo numero, il 352 del gennaio 2013, e non avendo voglia di scannerizzarla – comunque ci sono effigiati i Rolling Stones Live In London – ho recuperato quella del n.°1 del lontano dicembre 1980. La classifica dei migliori è invece quella del 2012 e risulta dalla somma delle scelte di redattori e collaboratori (anche qui si è leggermente “ciurlato” nel manico sommando i voti dei due dischi di Neil Young) e questo è quanto è risultato…

POLL 2012 I MIGLIORI DELL’ANNO

Neil Young & Crazy Horse – Psychedelic Pill/Americana 19 voti

neil young psychedelic.jpgneil young americana.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Bob Dylan – Tempest 16 voti

bob dylan tempest.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Ry Cooder – Election Special 14 voti

ry cooder election special.jpg

 

 

 

 

 

 

alla pari con

Bruce Springsteen – Wrecking Ball 14 voti

bruce springsteen wrecking ball.jpg

 

 

 

 

 

 

 

The Avett Brothers The Carpenter 10 voti

avett brothers the carpenter.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Mark Knopfler – Privateering 9 voti

mark knopfler privateering.jpg

 

 

 

 

 

 

alla pari con

Mumford And Sons – Babel/Road The Red Rocks 9 voti

mumford babel gentlemen of the road edition.jpg-mumford-sons-babel-617-409.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Leonard Cohen – Old Ideas 8 voti

leonard cohen old ideas.jpg

 

 

 

 

 

 

 

alla pari con

Alabama Shakes – Boys And Girls 8 voti

alabama shakes.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Willie Nelson – Heroes 7 voti

willie nelson heroes.jpg








alla pari con

Counting Crows – Underwater Sunshine 7 voti

counting crows underwater sunshine.jpg








Visto che ce ne sono due alla pari al decimo posto, in totale sono undici artisti (e 13 titoli).

 

jam_198.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Passiamo alla “concorrenza”! Come sapete Jam non fa una lista dei migliori ma sceglie i cosiddetti “Jammies”, per cui vi segnalo, per par condicio, i vincitori di 11 categorie.

Disco Dell’Anno

Bob Dylan – Tempest

bob dylan tempest.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Album Italiano

Francesco De Gregori – Sulla Strada

francesco de gregori sulla strada.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Ex Aequo

Afterhours – Padania

afterhours padania.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Album Live

Led Zeppelin – Celebration Day

led zeppelin celebration day cd.jpg







Album Folk And Roots

Mumford And Sons – Babel

-mumford-sons-babel-617-409.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Album Black

Otis Taylor – Contraband

otis taylor's contraband.jpg

 

 

 

 

 

 

 

di cui peraltro sono riusciti ad invertire la copertina con l’album world dell’anno di Ebo Taylor

Vintage

Velvet Undergound And Nico – The Velvet Underground and Nico

velvet underground and nico box.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Album Tributo

Artisti Vari – Chimes Of Freedom The Songs Of Bob Dylan

Chimes_cover.jpg

 

 

 

 

 

 

 

DVD

Muddy Waters and The Rolling Stones – Checkerboard Lounge

live at checkerboard lounge.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Emergenti

Alabama Shakes

AlabamaShakesPR071211.jpg

 

 

 

 

 

Album Jazz

John Surman – Saltash Bells

john surman saltash.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Quelli del Mucchio sono gli “Oscar”, facciamo sempre 11!

leonard cohen old ideas.jpgcat power sun.jpgdr.john locked down.jpgbob dylan tempest.jpggiant giant sand.jpg

 

 

 

 

 

mark lanegan.jpgbruce springsteen wrecking ball.jpgrufus wainwright our of the game.jpgscott walker.jpgmusica. bruno conti. discoclub,buscadero,jam,mucchio selvaggio,neil young,bob dylan,leonard cohen

 

 

 

 

 

neil young psychedelic.jpg






Leonard Cohen – Old Ideas

Cat Power – Sun

Dr. John – Locked Down

Bob Dylan – Tempest

Giant Giant Sand – Tucson

Mark Lanegan – Blues Funeral

Patti Smith – Banga

Bruce Springsteen – Wrecking Ball

Rufus Wainwright – Out Of The Game

Scott Walker – Bisch Bosch

Neil Young & Crazy Horse – Psychedelic Pill

E direi che per quest’anno può bastare, vi ho fatto risparmiare qualche decina di euro per tutte le riviste musicali italiane e straniere che non vi siete comprati.

Tra un anno si vedrà per il 2013 (nel frattempo, magari, se ne uscirà ancora qualcuna dei lettori e non degli addetti ai lavori potremmo parlarne). Nella mia posta elettronica avevo ricevuto anche quella di Amazon.com, ma mi sono dimenticato di inserirla.

Bruno Conti

Un’Esplosione Di Energia. Gighe E Reels Per il 3° Millennio! Dropkick Murphys – Signed And Sealed in Blood

dropkick murphys signed and sealed.jpg

 

 

 

 

 

 

Dropkick Murphys – Signed And Sealed In Blood – Born And Bred/Universal/Coop

Ottavo album per la celtic-punk, celtic-rock, celtic punk-rock, boh(?) band di Quincy, Massachussetts, a due passi da Boston area metropolitana, un po’ come Monza e la Brianza rispetto a Milano. Il genere musicale però è più quello della periferia di Dublino o di Belfast, intrecciato con le radici del punk americano e inglese. Ovvero, partire sui 200 all’ora con una melodia e finire sui 300, con qualche piccola varaizione sul tema. Il penultimo disco, Going Out In Style, una sorta di concept album, era stato in un certo senso quello della consacrazione, con tanto di partecipazione di Springsteen in Peg ‘o My Heart, una seconda versione Deluxe (pubblicata qualche mese dopo, per l’incazzatura di grandi e piccini, con un secondo CD Live aggiunto come bonus) e un suono più vario e ricercato (senza esagerare) rispetto ai dischi del passato (e del futuro).

Eh sì, perché quanto potevano resistere senza quei brani tipici, singalong misto a street punk? Un minuto? Neanche. Nel primo brano The Boys Are Back (un omaggio alla vecchia The Boys Are Back In Town dei Thin Lizzy?), direi dopo 30 secondi, chitarre acustiche, accordion, bagpipes, mandolino e banjo vengono sommersi da un muro di chitarre elettriche e dal ritmo adrenalinico della sezione ritmica, con tutta la frontline dei cantanti impegnata a squarciagola nei tipici cori ad alta gradazione alcolica che sono tipici di questa musica, non per questo disprezzabili, “it’s only music for fun” e “sono alla ricerca di guai!”. Prisoner’s Song rilancia e rincara la dose, con la fisarmonica e il banjo che cercano di farsi strada tra le pieghe del brano. Ovviamente questo tipo di musica, ritmo e sudore, secondo le intenzioni dei suoi esecutori, si dovrebbe gustare appieno dopo un certo numero di pinte di birra o bicchierini di whiskey, ma per la salute dei v(n)ostri fegati, anche da sobri il piedino lo fa muovere e si capisce che non è proprio DIY campata in aria, dietro ci sono una ventina di anni di esperienza sui palchi di tutto il mondo, nella speranza di diventare gli eredi dei Pogues (e con la concorrenza di Flogging Molly e nelle isole britanniche, dei Levellers e degli stessi rientranti Pogues).

Rose Tattoo, il singolo, è più ricco di colori folk d’Irlanda che di sventagliate punk, e si lascia apprezzare con mandolini e acustiche che si amalgano più che cercare di “combattere” con la sezione ritmica, anche i flautini e mandolini impazzano e il banjo dell’ospite Winston Marshall dei Mumford and Sons aggiunge un afflato britannico alle operazioni. Il testo del brano è quello che comprende il titolo dell’album ” This one means the most to me/Stays here for eternity/A ship that always stays the course/An anchor for my every choice/A rose that shines down from above/I signed and sealed these words in blood/I heard them once, sung in a song/It played again and we sang along…”. E’ una breve oasi di pace prima della ripresa delle ostilità con Burn.

Ma da qui in avanti l’alternanza tra Irlanda e combat punk-Rock (questo non l’avevo detto) si fa più consistente: Jimmy Collins’ Wake avrebbe fatto il suo figurone nei vecchi vinili dei Pogues, con la sua aria paesana, mentre The Season’s Upon Us, per quanto sempre corale e combattiva, ha profonde radici nella musica popolare, ed è anche un bel brano, che non guasta. Battle rages on è di nuovo indemoniata, a tutto singalong con chitarre elettriche metalliche che sciabolano tra voci e fiati in minoranza. Don’t tear us apart, addirittura con un piano che fa una breve apparizione iniziale, evidenzia le similitudini con le radici à la Clash di certa musica dei Pogues (e dei Dropkick Murphys). My hero resta sempre da quelle parti, con una chitarra elettrica vagamente spingsteeniana che tira le fila del brano, sempre tirato a velocità supersonica.

Out Of The Town è un grintoso pezzo elettrico, quasi convenzionale nel sound, rock puro e semplice con la solità coralità vocale ma pochi elementi folk e punk, molto piacevole. Out Of Our Heads con banjo, flautino e fisarmonica in evidenza, a lottare duramente con la parte elettrica e la ritmica del settetto americano, riapre le danze per futuri sviluppi live. End Of The Night è una ballatona a tempo di valzer che ricorda i brani più coinvolgenti dei Pogues dei tempi d’oro e conclude in gloria un disco che si merita la sufficienza piena anche se non fa gridare al miracolo. Sapete cosa aspettarvi, i “soliti” Dropkick Murphys, simpaticamente casinisti e caciaroni, ma anche buoni musicisti.

Esce domani in molti paesi e il 15 gennaio in Italia.

Bruno Conti

Palla Al Centro…E Una Bella Chitarra! Rosie Flores – Working’s Girl Guitar

rosie flores working.jpg

 

 

 

 

 

 

Rosie Flores – Working’s Girl Guitar – Bloodshot Records

Spiego subito il titolo (vero, Marco?). Nel 1986 usciva una bellissima compilation intitolata A Town South Of Bakersfield, l’etichetta era l’Enigma Records, poi sarebbe uscito anche il CD, per la Restless, con il secondo volume aggiunto (e ce n’è stato pure un terzo meno valido). Su quel disco muovevano i primi passi quelli che sarebbero stati i campioni del country “alternativo” degli anni a venire: c’erano Jim Lauderdale, Candye Kane, Katy Moffatt, Lucinda Williams, Dwight Yoakam e Rosie Flores (insieme a molti altri di cui si sono perse le tracce). La Warner, su etichetta Reprise, mise sotto contratto entrambi, e nel 1986 uscì il primo disco di Yoakam, Guitars, Cadillacs, Etc., Etc. mentre l’anno successivo usciva Rosie Flores, l’omonimo debutto della nostra amica, sempre con la produzione di Pete Anderson e Rosie veniva presentata dalla stampa (e dalla casa discografica) come la risposta femminile a Dwight. Inutile dire (la storia è sempre quella) che a seguito delle non congrue, per l’etichetta, vendite dell’album, la Flores venne mollata all’istante. Comunque quel disco è rimasto un piccolo classico del genere, ristampato più volte in CD, prima dalla Rounder nel 1997 con il titolo Honky Tonk Reprise e con 6 tracce aggiunte e nel 2008 dalla American Beat Records nella sua forma originale.

Già ma genere era? Un misto di country “californiano” per la spinta di Anderson, unito alle radici musicali della Flores, una nativa texana, con abbondantissime spruzzate di rockabilly, rock and roll, la giusta dose di roots music, il tutto condito da una bella voce squillante, innamorata di Elvis, della female Elvis (ma allora è un vizio!) Janis Martin (ma anche Wanda Jackson non scherzava!) e con una passione anche per i Beatles e le belle melodie in generale. E, il che non guasta, anche un notevole virtuosismo alla chitarra. Chitarra, una copia di Telecaster denominata James Trussart Deluxe Steel Topcaster, che troneggia anche nella copertina del suo nuovo CD, Working’s Girl Guitar, che la riporta in parte ai fasti dei primi dischi, oltre al già citato esordio anche gli ottimi After The Farm e Little Bit Of Heartache. Già il precedente Girl Of The Century, pubblicato sempre dalla chicagoana Bloodshot Records nel 2009, mostrava segnali di risveglio ma questo nuovo dischetto, nei suoi 33:18, mi sembra più che buono.

Dalle cavalcate chitarristiche (ma non solo) della “galoppante” title-track dove Rosie Flores, oltre alla sua perizia alla lead guitar mette a frutto l’eccellente gruppo che la accompagna, Tommy Vee e Noah Levy a basso e batteria, le tastiere affidate a T Jarrod Bonta e Red Young, oltre al grandissimo, come sempre, Greg Leisz alla pedal steel. La Flores, a dispetto dei 62 anni compiuti (sono veramente maleducato, sempre a dire l’età delle signore!), mostra ancora una grinta invidiabile. Le “libidini chitarristiche” vengono reiterate nella potente Little But I’m Loud, con i backing vocals di una brava Teal Collins. Ma anche quando i ritmi rallentano, come nella bellissima ballata Yeah yeah, dove il country di gran classe, contrassegnato dalla deliziosa pedal steel di Leisz, incontra le melodie di John Lennon, per un brano sognante e delicato che ricorda i brani della maturità del grande John. I titoli sono invertiti nella copertina ma Surf Demon #5, come da titolo, è un divertente strumentale a tempo di surf dove tutto il gruppo ha l’occasione di mettersi in mostra. Mentre Drugstore Rock And roll è il sentito omaggio al brano più celebre di quella Janis Martin citata prima, “it’s only R&R but we like it”.

Love Must Have Passed By è una cover di un vecchio brano, quelli romantici e strappalacrime dell’era pre-Beatles, scritto da tale Robert Thomas Velline, in arte Bobby Vee, che è presente anche in questa versione come seconda voce (in fondo ha più o meno l’età dei vari McCartney, Jagger, Richards, Dylan & co.). Se anche il brano successivo ha un’aria familiare è perche si tratta di uno dei brani del primo Elvis Presley (che sarebbe il “male Janis Martin”), classe ’56, e anche in questo caso Rosie Flores conferma di meritare il suo appellativo di controparte femminile di Dwight Yoakam con il suo stile sincopato e vigoroso. If (I Could Be With You) è una cover di un bel brano R&B scritto da Lavelle White e cantato con passione dalla Flores. Che nel finale estrae il classico cilindro dal coniglio (o è viceversa?) con una bella versione, jazzy e notturna, di While My Guitar Gently Weeps, sempre Beatles ma George Harrison, se il brano è bello lo puoi fare a tempo di tarantella, samba o flamenco, ma se hai talento viene sempre bene. E a Rosie Flores certo il talento non manca. Sarà il classico dischetto di “culto” ma si ascolta con piacere, palla al centro!

Bruno Conti

Una Certa Aria Di Famiglia. Luka Bloom – This New Morning

luka bloom this new morning.jpg

 

 

 

 

 

 

Luka Bloom – This New Morning – Skip/Compass Records

In attesa delle nuove uscite del 2013 mi dedico al “recupero” di dischi che, per un motivo o per l’altro, ho trascurato in questo 2012 appena finito.

Come i lettori del Blog sapranno, (tra le tante) ho una particolare predilezione per la musica folk, in tutte le sue forme, e nello specifico per gli artisti irlandesi. Luka Bloom, per motivi che non saprei indicarvi con precisione, è sempre stato uno dei miei preferiti in assoluto tra coloro che comunemente si definiscono “beautiful losers”, sin dai tempi in cui si chiamava ancora Barry Moore anzi, Kevin Barry Moore per l’anagrafe di Newbridge, County Kildare, Ireland, la stessa città dove era nato Christy Moore, dieci anni prima. Sarà un caso? Essendo fratelli non direi proprio. Alla fine degli anni ’70, una copertina marrone con un giovane barbuto in primo piano e dei lineamenti che mi ricordavano qualcosa aveva attratto la mia attenzione. Il disco si chiamava Treaty Stone e l’etichetta, come direbbero “Bisteccone Galeazzi” o “Gianniminà” era la mitica Mulligan Records (per gli strani casi della vita, ma non troppo, ora distribuita in America dalla Compass Records, l’etichetta negli States di Luka Bloom), quella, per intenderci, della Bothy Band, del primo Paul Brady, di Andy Irvine, di Mick Hanly, di Matt Molloy, in Irlanda dei primi dischi dei Boomtown Rats di Bob Geldof, con uno “gnomo” (?) con bastone nel logo, fondata da Donal Lunny, altro “mitico” musicista irlandese, pard di Christy Moore nei Planxty e Moving Hearts.

Perché vi dico tutto questo? Non lo so. No, lo so: quel disco (uno dei pochi vinili ancora in mio possesso, visto che non è mai uscito in CD, almeno credo), era prodotto da Christy Moore e Brian Masterson, e si apriva con un brano Girl, che era il mio primo approccio con la voce particolare, direi evocativa di Barry Moore, ma poi subito a seguire c’era una versione, che ai tempi ritenni stupenda, del traditional Black Is The Colour, una di quelle canzoni da groppo in gola e poi ancora uno strumentale, Little Martha And Me, in omaggio allo stile di Duane Allman e Dicky Betts, dove Barry mostrava anche il suo virtuosismo di fingerpicker. E c’era anche la prima versione di Bury My Heart At Wounded Knee, un brano  ispirato dal libro che è una sorta di storia del West americano, che avrebbe reinciso come Luka Bloom nella sua “seconda” carriera.

Per farla breve, se no la recensione diventa di Treaty Stone, all’epoca Barry Moore sviluppò una forte tendinite che lo obbligò a mutare il suo stile musicale dal fingerpicking degli esordi ad un approccio con plettro, pennate ampie e ricche di suggestione, con un’aura anche di pop raffinato e con la grande tradizione dei songwriters americani nelle sue sonorità (senza dimenticare il fratello, il più grande folksinger prodotto dalla terra d’Irlanda). Ma questo arriverà più tardi, dopo ancora un paio di dischi con il suo vero nome, quattro o cinque anni a suonare punk in una band irlandese e infine l’acquisizione del nome d’arte, mutuato a metà dal brano di Suzanne Vega e a metà dal nome del protagonista principale dell’Ulisse di James Joyce. Il primo album omonimo, venne pubblicato e poi ritirato nel 1988, ma Riverside del 1990, con le stupende Delirious e The man Is Alive (dedicata al padre), e il successivo The Acoustic Motorbike del 1992, entrambi su Reprise/Warner, sono dischi bellissimi anche risentiti oggi e contengono tutti i pregi (e i “piccoli” difetti, per chi scrive, mentre altri lo apprezzano in modo minore) dell’arte di di Luka Bloom. Se proprio vogliamo i suoi dischi, che continuo ad apprezzare in toto, per un un ascoltatore casuale, forse, non hanno una qualità costante, ci sono, sempre, almeno due o tre brani strepitosi, mentre il resto potrebbe sembrare meno valido (potrebbe…)

Anche questo This New Morning (ci siamo arrivati, avevo pensato di fare una recensione “breve , poi mi scappa la mano sulla tastiera e mi lascio trasportare) seguìto di Dreams In America di un paio di anni fa, ha le caratteristiche abituali dei dischi di Bloom: si parte con una delle sue ballate avvolgenti, stupende, How Am I To Be?, con quella voce che ti accarezza il cuore, la chitarra che disegna traiettorie romantiche e mai banali, breve ma subito intensa.

A Seed Was Sown, il primo capolavoro del disco, la storia dell’incontro di Elizabeth & Mary, è uno di quei brani quasi “storici”, tipici della musica di Luka, nasce dalla visione in televisione della storica visita di Elizabetta II in Irlanda e del suo incontro con Mary McAleese, la presidentessa della repubblica d’Irlanda, nel “Giardino dei Ricordi”, che ricorda tutte le vittime della lunghissima faida tra cattolici e protestanti, quasi un reportage, un emozionante resoconto del commovente incontro tra le due donne, arricchito da una musica dolce e profonda percorsa anche dal suono di un’orchestra, è da sentire per credere (la trovate qui sotto), la voce calda dell’autore regala dei brividi particolari, difficili da descrivere, ma quasi palpabili.

Molto bella anche Heart Man, un brano corale con varie voci e strumenti che si intrecciano, perché per questo album Luka Bloom, ha radunato vecchi e nuovi musicisti del giro folk irlandese, gente che aveva già collabrorato in passato con lui, come Donal Lunny, Steve Cooney, Glen Hansard dei Frames e Swell Season, la grande cantante Rita Connolly, Iarla O Lionàird degli Afro Celt Sound System, Conor Byrne al flauto, che suona più o meno in tutti i suoi album dal lontano 1990, in questo brano c’è anche l’accordion di Mairtin O’Connor, a lungo nei De Danann. L’arpa in Capture A Dream non so chi la suona ma crea un bel contrasto con il flauto di Byrne e una sezione di archi per un suono tipicamente gaelic folk, reso più suggestivo da brevi passaggi recitati dallo stesso Luka. I testi di Bloom poi non sono mai banali, al di là delle consuete storie d’amore molto complesse ed elaborate: The Race Runs, ispirata dalla biografia di Sonia O’Sullivan una delle atlete olimpiche irlandesi, racconta le impressioni di corsa dei grandi atleti durante i loro sforzi, visti dall’interno, dal punto di vista dello sportivo.

I brani totali sono quattordici, compresa l’immancabile traccia nascosta e sono tutti molto belli, vi lascio il piacere di scoprire quelli non citati, perché spero di avervi incuriosito rispetto alla musica di questo “piccolo” grande musicista che risponde al nome di Luka Bloom, ma vorrei ricordarne ancora uno: Gaman, ispirato dal terribile disastro nucleare di Fukushima in Giappone, la parola è un termine giapponese che indica un certo tipo di stato d’animo, la dignità del popolo giapponese, bene descritta in questa canzone che ancora una volta ci mostra le inconsuete traiettorie che danno ispirazione alla sua musica.

La versione del video non è quella che si ascolta sul CD ma è comunque affascinante, come lo è questo signore che fa veramente della bella musica, lontana da mode, generi musicali e classifiche, senza tempo. I suoi dischi sono tutti valdi, esistono anche dei DVD dal vivo se volete sperimentare, forse il tutto non è di facile reperibilità ma vale assolutamente la pena di fare qualche ricerca per poi goderne! Better late than never, la ricerca continua…

Bruno Conti

Novità Di Gennaio Parte I. Rolling Stones, Dropkick Murphys, Pere Ubu, Wooden Wand, Rita Chiarelli E Altro

rolling stones crossfire.jpgdropkick murphys signed and sealed.jpgpere ubu lady from shangai.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Prime uscite discografiche del 2013, già da martedì prossimo 8 gennaio (non in Italia) cominceranno a uscire i primi titoli interessanti. Con l’inizio dell’anno, nella prima decina di giorni usciranno molti nuovi CD che usufruiranno della finestra dei 50 anni di diritti d’autore (almeno nel Regno Unito), ovvero, molti titoli classici “minori” di Beatles, Dylan, Presley, Cash e di vari altri nomi importanti verranno pubblicati, non con i titoli e le copertine originali (non tutti) ma con la fatidica scritta “Original Recording”, per cui, occhio alla penna, rischiate di ricomprarvi per l’ennesima volta gli stessi dischi, sia pure ad un prezzo budget. La maggior parte saranno su etichetta Hallmark, anche con marchio Pickwick, soprattutto il materiale del gruppo RCA/CBS, quindi ora Sony/BMG: il 1° di Dylan uscirà sia per la Hallmark, come anche per la Xtra Records con il titolo Bob Dylan And The New Folk Movement con 12 canzoni aggiunte di Joan Baez, Dave Van Ronk, Judy Collins e Bob Gibson, tre a testa, queste le due copertine…

bob dylan 1st album.jpgbob dylan and the new folk movement.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Il fenomeno non è nuovo, ma ora siamo arrivati alla fatidica fine del 1962, quando nascevano i primi LP di successo e il mercato passava dal R&R e la musica pop più spensierata, ai primi gruppi e cantautori. Per esempio anche i Beatles rientrano in questo giro (con grande “gioia” dei collezionisti”): questo Beatles Early Years, appunto della Hallmark, è in pratica il disco con Tony Sheridan, ma per la “finestra” di fine 1962 comprende come bonus anche Love Me Do e P.S. I Love, il primo singolo di ottobre ’62…

beatles early years.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Usciranno anche molti album del primo periodo Motown, Meet The Supremes, Marvelettes Smash Hits ’62, The Jazz Soul Of Little Stevie Wonder…

meet the supremes.jpgmarvelettes '62.jpglittle stevie wonder.jpg

 

 

 

 

 

 

 

E questi hanno anche tutti le copertine originali non solo la scritta “Original Recording”. Ma ci saranno anche titoli di Cliff Richard, Johnny Cash, Elvis Presley, James Brown, il primissimo album di Willie Nelson …And Then I Wrote, quando sembrava Mike Bongiorno da giovane, senza occhiali.

willie nelson and then i wrote.jpg

 

 

 

 

 

 

 

E moltissimi altri titoli. Quindi, stando attenti alle fregature, anche materiale molto interessante, ad un prezzo che dovrebbe arrivare “al massimo” sull’equivalente di 6-7 euro, non so se arriveranno anche in Italia ma in rete si trovano con facilità.

Ma veniamo alle primi “vere” novità di questo 2013. Li vedete effigiati ad inizio Post.

Partiamo con l’attesissimo DVD ( o Blu-Ray) Crossfire Hurricane dei Rolling Stones. La loro prima biografia ufficiale in video completa, dalle origini ai giorni nostri, con Bill Wyman, Brian Jones e Mick Taylor tutti presenti nel vortice dell’uragano che gira sulla copertina del DVD ed il cui titolo è preso da un verso di Jumpin’ Jack Flash. L’escamotage del documentario, diretto da Brett Morgen, è che i “vecchi Stones”, Jagger, che è il coordinatore delle operazioni, Richards, Watts e Wood, non appaiono in video nelle interviste e nella narrazione, ma sono voci fuori campo. 142 minuti circa, la gran parte del materiale, dicono, mai vista, esce per la Eagle Rock (con sottotitoli pure in italiano, da noi uscirà verso fine gennaio, il 22 credo) e si preannuncia come un evento, l’ennesimo, per il 50° Anniversario della più grande Rock and Roll Band della storia. E i Beatles? Sarà l’anno buono per vedere finalmente Let It Be in DVD? Mah, sembrerebbe.

Nuovo album per i Dropkick Murphys, si chiama Signed And Sealed In Blood, l’etichetta è la Born & Bred Records via Universal, il produttore come al solito è Ted Hutt. Non manca la Deluxe Edition, che si trova solo sul loro sito, ma anche la versione per il download di iTunes avrà 3 brani in più. Data di uscita l’8 gennaio all over the world e il 15 da noi in Italia.Lo sto ascoltando in questi giorni e mi sembra buono, se riesco, recensione intorno al giorno dell’uscita, nel frattempo…

 

Tornano anche i Pere Ubu con il loro primo album “dance” della storia, uhm, argh (?!?!). Si chiama Lady From Shanghai, esce per la nuova etichetta, Fire Records, e la band di David Thomas festeggia i 35 anni dall’uscita del primo album The Modern Dance. Ed ora, scusate il gioco di parole hanno fatto, almeno dicono, un disco proprio di “dance moderna”! Boh, sentiremo, ma dai primi ascolti direi che non fa per me, anche se la parola dance è molto relativa per questo tipo di musica. In mancanza di video attuali vediamo (anzi sentiamo) come era la “Modern dance” 35 anni fa.

 

wooden wand blood oaths.jpgrita chiarelli music from the big house dvd.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Altri “clienti” della Fire Records sono i Wooden Wand, ossia James Jackson Toth e soci, che pubblicano un nuovo album, Blood Oaths Of The New Blues, in questo inizio di 2013, un seguito in scala minore e più rarefatta, rispetto a Briarwood dello scorso anno, ma con la stessa formazione e la stessa qualità. Ad un primo ascolto mi sembra molto bello…verificare please, qui sotto.

E per finire questo primo giro di uscite, esce anche il DVD Music From The Big House, un documentario girato nelle famosa Angola Prison, Louisiana State Penitentiary per chi gli vuole dare il suo nome. Avevo parlato della colonna sonora di questo documentario realizzata un paio di anni fa la-musica-rende-liberi-rita-chiarelli-music-from-the-big-hou.html, in termini più che positivi. Schiacciate sul link e leggete, poi se volete, sul mercato americano è uscito (anzi uscirà l’8 gennaio) anche il DVD per la MoMo Bay – Gaiam. Mi rendo conto che non sarà facile da reperire, nel caso accontentatevi del CD, anche se…questa è grande musica!

Per il primo aggiornamento anteprima novità del 2013 questo è tutto.

Bruno Conti

I Migliori Dischi Del 2012: Ultimi Arrivi Bis. Sempre In Zona Addetti(o) Ai Lavori

crisi-mercato-discografico-ragioni.jpeg

 

 

 

 

 

 

 

L’industria discografica è sempre più in crisi, ma alcuni “appassionati”, anche “addetti ai lavori” cercano di propagandare ancora della buona musica, queste sono le scelte di uno di loro (seguiranno le sue migliori ristampe dell’anno).

Claudio Magnani – Best of 2012 (mi dice che sono in “stretto” ordine di preferenza” e così io pubblico)!

donald fagen sunken condos.jpgmusica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectorsmusica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectors

 

 

 

 

 

 

 

musica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectorsmusica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectorsmusica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectors

 

 

 

 

 

 

 

musica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectorsmusica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectors

 

 

 

 

 

 

 

musica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectorsmusica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectors

 

 

 

 

 

 

 *NDB Anche se per un titolo si è un po’ “ciurlato nel manico”, visto che quello di David Murray è uscito ad Aprile del 2011.

ALBUM:

 

1.      DONALD FAGEN / SUNKEN CONDOS

http://www.youtube.com/watch?v=OfOUm1WxRGk

 

2.      DAVID MURRAY CUBAN ENSEMBLE / PLAYS NAT KING COLE EN ESPANOL

http://www.youtube.com/watch?v=5tLJ54aaAR4

 

3.      JOHN MAYER / BORN AND RAISED

http://www.youtube.com/watch?v=chLFi2cFxzo

 

4.      GADDABOUTS / LOOK OUT NOW

http://www.youtube.com/watch?v=PAGMf8TRoew

 

5.      HISS GOLDEN MESSENGER / POOR MOON

http://www.youtube.com/watch?v=wASmkiC_K9I

 

6.      EDWARD SHARPE & THE MAGNETIC ZEROS / HERE

http://www.youtube.com/watch?v=Sj0Ha7Xkw7Y&list=UUcweRe-7h8ZMNpH_KD-7l_w&index=1

 

7.      JEB LOY NICHOLS / THE JEB LOY NICHOLS SPECIAL

http://www.youtube.com/watch?v=52Dfd0sgqHs

 

8.      DR. JOHN / LOCKED DOWN

http://www.youtube.com/watch?v=guUN-5Xpdt0

 

9.      TINDERSTICKS / THE SOMETHING RAIN

http://www.youtube.com/watch?v=5v1eFVOj4is

 

10.  DIRTY PROJECTORS / SWING LO MAGELLAN

http://www.youtube.com/watch?v=o_qFaFl7JVc


musica. bruno conti. discoclub,donald fagen,david murray,john mayer,gaddabouts,hiss golden messenger,edward sharpe and the magnetic zeros,jeb loy nichols,dr. john,tindersticks,dirty projectors







 

 

DVD:

 

EDWARD SHARPE & THE MAGNETIC ZEROS, OLD CROW MEDICINE SHOW, MUMFORD & SONS / THE BIG EASY EXPRESS

http://www.youtube.com/watch?v=WxDASw6Ry9c

 

FILM:

 

LE BELVE di OLIVER STONE

http://www.youtube.com/watch?v=khIzg-T7xEw

 

LA TALPA di TOMAS ALFREDSON

http://www.youtube.com/watch?v=k38ORFRKr-w

 

ARGO di BEN AFFLECK

http://www.youtube.com/watch?v=tVDZxevktOE