Un “Bluesman” E Un Uomo Fortunato! Popa Chubby – I’m Feelin’ Lucky The Blues According To Popa Chubby

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Popa Chubby – I’m Feelin’ Lucky The Blues According To Popa Chubby – 2 CD Dixiefrog
Popa Chubby festeggia 25 anni di carriera (ufficiale, perché come dimostra il dischetto allegato nella versione europea di questo CD c’è stato anche un periodo pre-Chubbian) tornando sotto l’egida della Dixiefrog nel vecchio continente, mentre in America uscirà per la Cleopatra Records, con un’altra copertina https://www.youtube.com/watch?v=q_VHUjCw3pM . Discograficamente parlando l’esordio, con due album indipendenti, e con l’ottimo Booty And The Beast per la Columbia, avviene intorno a metà anni ’90, ma il primo utilizzo dello pseudonimo viene fatto risalire al 1989, prima il nostro amico era semplicemente Ted Horowitz (e lo è tuttora) e il suo raggio d’azione musicale includeva una serie di band e collaborazioni con amici di infanzia e di scuola nell’area newyorkese, Brooklyn in particolare, che dalla new wave e dal punk Post CBGB si spingeva fino all’hip hop e ad altri esperimenti musicali, contenuti nel dischetto bonus di questo album, di cui alla fine. Poi Popa è stato travolto dall’amore per il Blues, il rock’n’roll e il mito Hendrix e le sue scelte sono cambiate drasticamente, portando a una lunghissima serie di album che lo hanno fatto conoscere come uno dei chitarristi più interessanti dell’ultimo quarto di secolo.

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Dopo un periodo di appannamento, gli ultimi due album per la Provogue, Back To New York City e, soprattutto, Universal Breakdown Blues http://discoclub.myblog.it/2013/04/19/piovono-chitarristi-3-anteprima/ , avevano segnato un suo ritorno alla miglior forma, ora confermata, anche se non completamente, dall’uscita di questo I’m Feelin’ Lucky, The Blues According To Popa Chubby, che fin dal titolo la dice lunga sull’approccio musicale dell’omone newyorkese. Blues sicuramente, ma anche tanto rock come dimostrano le sinuose spire di una Three Little Words che su un ritmo quasi santaneggiante, sostenuto dalle tastiere dell’ottimo Dave Keys (nomen omen), permette al nostro di occuparsi subito con profitto della sua chitarra, qui in modalità wah-wah, non selvaggio ma raffinato. La title-track, I’m Feelin’ Lucky,  nelle parole del suo autore, è “baddass funk”, e ascoltandola non è difficile capire perché, ritmi sincopati, tra James Brown e il rock, a cura di Francesco Beccaro, al basso e Chris Reddan, alla batteria, solito wah-wah, sorta di appendice immancabile alla chitarra del nostro, con soli pungenti e coinvolgenti https://www.youtube.com/watch?v=W4yAU22QTgc .

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Primo ospite, l’eccellente Mike Zito, sempre più lanciato, per un duetto/duello nella poderosa Rock On Bluesman, uno slow blues di quelli tiratissimi ed intensi, con le chitarre che si inseguono alla grande, con le voci dei due protagonisti che si dividono anche la parte cantata del brano, veramente bello, una sorta di “northern rock”, se mi posso permettere, vista la provenienza del buon Ted https://www.youtube.com/watch?v=PQerjkjbDIU . One Leg At A Time viaggia a tempo di un divertente R&R, da sempre tra le musiche care al Chubby https://www.youtube.com/watch?v=PFniWEQ-r5o , mentre per la classica Rollin’ And Tumblin’, dal groove quasi allmaniano, viene sfoderato l’immancabile bottleneck, e Horowitz appare anche in ottima forma vocale https://www.youtube.com/watch?v=-RqJ7DmF-g4&list=PLuKtKAhCWyrZ3_mCFnFsLKCRUwPKmd_2i&index=10 . Come To Me è l’altro duetto al calor bianco, con la concittadina Dana Fuchs, una che di rock e di blues se ne intende, e grazie alla sua voce potentissima si va sempre più imponendo come una delle rare cantanti contemporanee in grado di competere con le grandi del passato, senza esagerare i due, grazie ad un’ottima chimica umana, ci regalano una bella canzone di classico stampo rock con venature soul, sentire per credere; Save Your Own Life è un bel mid-tempo di stampo 70’s con l’organo a regalare quel sapore retrò del vecchio hard rock, mentre la chitarra macina note.

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I’m A Pitbull (Nothing But Love) è una simpatica canzoncina dedicata da Popa Chubby a questa razza di cani dall’aspetto fiero ma dall’animo gentile e servizievole, almeno nel giudizio basato sulla frequentazione giornaliera del suo “miglior amico”! Too Much Information è uno dei brani migliori di questo album, una sorta di ballata elettroacustica dalla ritmica raffinata, che fa da preludio ad un altro rock moderato, ma dalle interessanti aperture chitarristiche, come The Way It Is, che conclude un buon album, magari non eccelso, con due o tre punte di eccellenza. Nel secondo CD troviamo brani del giovane Ted Horowitz, tre a nome Bloodclot, band tra heavy e punk anni ’80 e new wave-rock, tipico dell’epoca, i Noxcuse, sinceramente non memorabili, con il nostro spesso al basso e non particolarmente distinguibile, lo strano esperimento di I Can’t Fix you, un demo molto rudimentale, il “beat poet rock” con i City Opus e Joe Labelle, le prime avvisaglie del futuro Popa Chubby nella rudimentale I’m Giving Up e nella lunga Steef Jam, i due brani più interessanti anche se non indispensabili, e il rap a tempo di hip-hop con gli Street Docs in Popa Chubby Is An Old Ass Man, visto che è gratis accettiamo, ma francamente se ne poteva fare a meno.

Bruno Conti

Meglio “Solo” Che Accompagnato, O Anche Non Un Vero Texano Ma… Mike Zito And The Wheel – Songs From The Road

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Mike Zito And The Wheel – Songs From The Road – CD+DVD Ruf Records

Questa volta telecamere e tecnici della Ruf (o chi per loro), sono in trasferta in Texas, al Dosey Doe In The Woodlands, nei sobborghi di Houston. A differenza di altri titoli recensiti della serie, parliamo del DVD (visto che i contenuti sono più interessanti, e diversi, nel supporto video). La confezione si vende sempre insieme, il CD ha undici brani, il DVD tredici: però il DVD ha sei brani non presenti nel disco audio (più un lungo contenuto extra), che a sua volta ha tre canzoni non inserite nel DVD. Non facevano prima a farli uguali, dato che sono uniti? Sì, ma SSQCD (sono strane queste case discografiche, ci devono essere dei pensatori non indifferenti alle spalle di queste mosse)! Quello che conta è che il contenuto è tra i migliori in assoluto di questa serie Songs From The Road. Mike Zito, oltre ad essere uno dei Royal Southern Brotherhood, ha anche una avviata carriera solista, con i suoi The Wheel, e l’ultimo album, Gone To Texas , ma anche i precedenti non sono male, è stato segnalato da chi scrive tra le cose migliori in ambito rock-blues-roots-soul-southern, c’è un po’ di tutto nella sua musica e io ve lo ricordo http://discoclub.myblog.it/2013/06/15/girovagando-per-il-sud-degli-states-mike-zito-gone-to-texas/ .

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Anzi, vi dirò di più, lo preferisco in questa versione rispetto ai RSB. Ma torniamo sul palco, Zito è accolto come uno di casa (anche se in effetti è un texano oriundo di St. Louis, Missouri) sull’accogliente palco del piccolo locale caratteristico Dosey Doe, il pubblico è caldo e affettuoso e Mike li ripaga con una grande prestazione: Don’t Break A Leg, posta in apertura, sembra un incrocio tra James Brown e l’Average White Band, un funky-rock che, grazie anche alla presenza di Jimmy Carpenter al sax, scalda i presenti. Greyhound è subito un grande brano di stampo southern, ma con un riff stonesiano, venature soul e con Mike Zito bollente alla slide. I Never Kwew A Hurricane, scritta con il “socio” Cyril Neville, è un’ottima ballata deep soul che mette in evidenza la bella voce roca del nostro, nonché l’ottimo lavoro del sax di Carpenter, che è il solista del brano, e ottima spalla di Zito in tutto il concerto. Hell On Me è il primo Texas rock-blues, con chitarra, organo (Lewis Stephens, a occhio un veterano di mille battaglie) e sax a spalleggiare Mike, che inizia a pigiare sul pedale del wah-wah con mucho gusto. Notevole anche Pearl River, nuovamente firmata con Neville, uno slow blues di grande intensità, con Zito ispirato sia nella parte vocale come in quella solistica, con un assolo da sentire, per tecnica e feeling.

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Dirty Blonde è sempre Texas blues, ma innervato anche da una dose di R&R, grazie alla presenza del sax e con Stephens che ci regala un bel intervento quasi barrelhouse al piano, prima di lasciare spazio alla solita chitarra malandrina. One Step At A Time è una bellissima canzone scritta da Anders Osborne, con Zito che passa all’acustica e trasforma questa ballata mid-tempo con accenti quasi segeriani (nel senso di Bob). Ottimo anche Subtraction Blues, un funky-blues-rock alla Little Feat, con Stephens e Zito che fanno i Payne e i Lowell George (o Barrére, fate voi) della situazione, mentre Judgment Day, scritta con Gary Nicholson, è il momento Stevie Ray Vaughan della serata, un ennesimo Texas Blues, ma di quelli veramente “cattivi”, sempre sostenuto dall’ottimo lavoro di raccordo del sax, la solista ci regala un assolo, diviso in due parti, teso e lancinante, rilanciato da un finale che termina in un’orgia di wah-wah. Gone To Texas è la canzone più bella di Mike Zito, praticamente la storia della sua vita verso la redenzione, un southern rock d’autore, cantato a voce spiegata, melodia ben delineata e la parte strumentale che ricorda la Marshall Tucker Band per quella interazione sax/chitarra (eh, Toy Caldwell, bei tempi).

Let Your Light Shine On Me, solo voce e chitarra acustica, è l’occasione per un simpatico siparietto, con la piccola figlia di Zito che sale sul palco ad “aiutare” il babbo, che poi, per il finale del concerto, passa a una bellissima Gibson Flying V azzurra, quella a freccia per intenderci, infila il bottleneck e anche un blues di quelli duri e puri, Natural Born Lover, torrenziale e travolgente, con la slide che vola scatenata sul manico della chitarra. L’ultimo brano, Texas Flyer, è un altro funky blues molto coinvolgente, con tutto il gruppo in spolvero. Negli extra del DVD, c’è una sezione chiamata Storyteller Videos (sulla falsariga della trasmissione di VH1) dove Zito racconta la genesi di tre suoi brani e li esegue in acustico: Tornando al CD, troviamo ancora una bella cover di Little Red Corvette di Prince, quasi springsteeniana, una “libidinosa” Rainbow Bridge, che ricorda ancora il miglior Seger e C’mon Baby, altra lunga ballatona struggente. Gli americani dicono “Value For Money”, non posso che ribadire, gran bella musica. La recensione è finita, ma me lo sparo un’altra volta e confermo, meglio “solo” (ossia senza RSO), che “male” accompagnato!

Bruno Conti   

La Difficile Arte Del Disco-Tributo! A Blues Tribute To Creedence Clearwater Revival

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A Blues Tribute To Creedence Clearwater Revival – Cleopatra Records

Un tributo blues ai Creedence? Però! Poi ho letto che era della Cleopatra Records, e qui ci è scappato un bel uhm, perché la qualità dei prodotti della casa americana è molto ondivaga. Spesso il problema dei tributi (non solo questi della Cleopatra) è quello della discontinuità, della volatilità nel reparto qualità di questo tipo di prodotti: artisti molto diversi, riuniti nel nome di una passione, di un amore per l’artista a cui viene dedicato questo omaggio, e in qualche caso solo per biechi motivi di esposizione mediatica, in quanto alcuni  degli artisti coinvolti, per dirlo con una frase fatta, ma efficace, “c’entrano come i cavoli a merenda”. In questo caso, come il titolo lascia intendere, il pericolo dovrebbe essere molto circoscritto: “un tributo Blues”! Poi tra i nomi leggi, Blitzen Trapper, Mynabirds, Spirit Family Reunion, Dead Man Winter, Leroux, ohibò, forse mi son perso qualcosa, non sapevo costoro facessero blues. Ma nello stesso tempo, prima di ascoltarlo, mi sono pervenute voci molto confortanti che iniziavano a parlare del miglior tributo ai Creedence mai uscito. A questo punto non rimane che ascoltarlo!

creedence 1 mike zito sonny landreth

E devo dire che se non è il migliore mai uscito sicuramente rientra nel novero di quelli riusciti. In siffatte operazioni è quasi inevitabile che qualche brano mediocre o meno riuscito ci scappi, ma qui la percentuale è bassa, in compenso ce ne sono alcuni che valgono il prezzo di ammissione da soli. A partire da una versione ferocissima, e stupenda, di Fortunate Son, posta in apertura, che vede Mike Zito, voce solista, perfetta per l’occasione e Samantha Fish, voce di supporto, entrambi ottimi chitarristi, unire le forze con la vorticosa chitarra slide di Sonny Landreth (in questo caso ovviamente il solista è lui, ubi maior minor cessat) in forma strepitosa. Ma anche chi deraglia dallo spirito del blues, e anche da quello dei Creedence, come la formazione a guida femminile dei Mynabirds, se lo fa con il gusto e l’inventiva utilizzati per una versione psichedelica, sognante e rarefatta, ma anche molto bella di Bad Moon Rising, come quella che ascoltiamo in questo CD, si può “tollerare”. Intollerabile, viceversa, per chi scrive, la versione poco riuscita di Proud Mary fatta dai Blitzen Trapper, gruppo che non mi dispiace in assoluto, ma qui pare assolutamente fuori contesto, in una versione “molto alternativa”, ma anche brutta, tra le peggiori mai ascoltate, il brano reso irriconoscibile, va bene reinterpretare, ma qui si tenta il delitto di lesa maestà, per uno dei brani più belli della band di Fogerty, forse ho esagerato, magari a qualcuno piacerà, ma parliamo dei cavoli a merenda di cui sopra.

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Oltre a tutto, in questo tributo, a differenza di altri casi, si sono scelti (quasi) tutti i brani più celebri della band. E quindi ecco scorrere una Down On The Corner che rispetta lo spirito roots ante litteram che aveva su Willy And The Poor Boys, nella versione quasi acustica degli Spirit Family Reunion, banjo, fisarmonica, una batteria minimale e una voce rauca adatta alla bisogna, per una versione spartana ma godibile, a Kalamazoo potrebbe piacere. Anche Have You Ever Seen The Rain, nella versione dei Dead Man Winter, mantiene questo spirito acustico e delicato, per una canzone che rimane stupenda. I Leroux portano lo spirito della loro città, New Orleans, ad un gruppo e ad una band che le paludi e il bayou dei dintorni lo hanno bazzicato, non male la versione, tra southern, cajun e Little Feat, di Looking Out My Back Door. Who’ll Stop The Rain diventa un vibrante blues nella rilettura gagliarda che ne fa Duke Robillard, anche in ottima forma vocale. Molto canonica pure la rilettura di Up Around The Bend della South Memphis String Band, ossia Alvin Youngblood Hart, Jimbo Mathus (alla batteria) e Luther Dickinson, come fossero tre amici che si ritrovano in garage per fare un po’ di casino!

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Will Wilde, di cui ignoravo l’esistenza prima di questo tributo, è un’armonicista inglese che riporta lo spirito blues nel disco e potrebbe rientrare in quella new wave di artisti britannici, come gli Strypes, che ci riportano agli albori del blues inglese, veramente gagliarda la rilettura di Susie Q, il brano a firma Dale Hawkins https://www.youtube.com/watch?v=hM9TIhvKEC4 La chitarra di Smokin’ Joe Kubek e la voce di Bnois King ci riportano nel sud degli States per una buona versione di Run Through The Jungle, minacciosa il giusto e niente male anche la Green River di Kirk Fletcher, che rialza la quota blues del tributo. Che raggiunge l’altro picco di qualità con una bellissima Born On The Bayou dei fratelli Schnebelen, Danielle, Kris e Nick, ossia i Trampled Under Foot, che ancora una volta confermano tutto quello di bene che si dice di questo gruppo, grande voce e grande musica. Quindi, in conclusione, molte più luci che ombre, forse non troppo blues, ma tanto rispetto ed amore per la musica dei Creedence!  

Bruno Conti

Novità Di Agosto, Parte II. Lucero, Mirel Wagner, Sinead O’Connor, Charlie Simpson, Mike Zito, Dan Michaelson, Brian Setzer

lucero live from atlanta

Proseguiamo con la disamina delle uscite del periodo, queste sono, più o meno, le uscite, di questa settimana, tra il 12 e il 13 agosto. Partiamo con il doppio CD dei Lucero Live From Atlanta https://www.youtube.com/watch?v=MDQ7DKB6-kE , questi sono i brani:

Disc 1:
01. I Can Get Us Out Of Here
02. On My Way Downtown
03. Nights Like These
04. Sounds Of The City
05. I’ll Just Fall  https://www.youtube.com/watch?v=0tSWpOSbY-M
06. Union Pacific Line
07. Sweet Little Thing
08. Slow Dancing
09. Women & Work
10. Raising Hell
11. Texas & Tennessee
12. Breathless Love
13. Goodbye Again
14. Juniper
15. Tonight Ain’t Gonna Be Good
16. My Best Girl

Disc 2:
01. Like Lightning
02. Summer Song
03. It Gets The Worst At Night
04. That Much Further West
05. Mom
06. The War
07. All Sewn Up
08. What Else Would You Have Me Be?
09. Tears Don’t Matter Much
10. Drink Till We’re Gone
11. Rick’s Boogie
12. Bastard’s Lullaby
13. It May Be Too Late
14. A Dangerous Thing
15. The Last Song
16. Fistful Of Tears

Si tratta del meglio delle registrazioni tratte da tre date, 22-23-24 novembre del 2013, per la band di Ben Nichols, in trasferta da Memphis ad Atlanta per l’occasione, 32 brani registrati con la formazione a sette, con fiati e tastiere, southern-country-punk-rock potremmo definirlo, comunque un gran disco, etichetta Ingrooves/Liberty, c’è anche un quadruplo vinile a tiratura limitata. Nei prossimi giorni recensione completa.

mirel wagner when the cellar

Altro personaggio che mi ha incuriosito: questo When The Cellar Children See The Light Of Day, etichetta Sub Pop, è il secondo album di Mirel Wagner, cantante finlandese (ci tiene a sottolinearlo) ma di chiare origini etiopiche. Una nera munita di solo di una chitarra acustica e di una voce particolare ed affascinante, non potentissima ma ben servita dalla produzione di Vladislav Delay, un “mago” della musica elettronica, che in questo caso si è limitato a dare al suono una vastità e una profondità molto ben calibrate, con voce e chitarra al centro dell’attenzione. La curiosità deriva dal fatto che Mojo ha assegnato al disco ben cinque stellette, il massimo (intitolando la recensione “Dead dead good, volendo intendere sia la qualità dei contenuti che i testi, molto bui e negativi, dove alla fine, se ci fate caso, tutti muoiono) ma in generale riviste e siti sono state molte generosi, diciamo che mediamente il voto sta tra l’otto e il dieci, presentata come una sorta di ibrido, di discendente indiretto di Robert Johnson e Billie Holiday, magari esagerando, come al solito, ma non voglio sottostimare la bravura di questa venticinquenne di Helsinki https://www.youtube.com/watch?v=b9cmrU7xH5M . Lo stile, tra folk e blues, ma anche con echi acustici della musica “buia”, da murder ballads, di Nick Cave Pj Harvey, di tanto in tanto si aggancia anche alle sonorità di Laura Marling o della prima Tracy Chapman, mentre la voce potrebbe avvicinarsi ad una Hope Sandoval in trip acustico. Craig Armstrong aggiunge qualche tocco di colore, una chitarra elettrica qui, un cello, un piano, ma gli strumenti sono appena accennati e non distolgono dall’intensità della musica https://www.youtube.com/watch?v=l9i0hDNBdZM . Per il momento interessante, anche di più, poi, tempo permettendo, vedrò cosa mi consiglia un ascolto più approfondito. Brava, in ogni caso.

sinead o'connor i'm not bossy

Cè chi arriva e chi rtiorna, come Sinead O’Connor, che si presenta con una nuova etichetta, la Nettwerk, ed un nuovo album, I’m Not Bossy, I’m The Boss, che la riporta, secondo la critica, parzialmente, agli “splendori” dei primi dischi, soprattutto per Uncut, altri sono stai meno gentili. Una O’Connor vamp e con parrucca nera, in versione sexy (anche se ultimamente era apparsa alquanto appesantita a livello fisico): però il disco avrebbe dovuto uscire con il titolo di The Vishnu Room, con un’altra copertina, anzi la sua nuova etichetta, con grande gioia, immagino, ha dovuto ritirare il CD già pronto per la distribuzione e sostituirlo con quello con la nuova copertina.

sinead o'connor the vishnu room

Il risultato è un disco piacevole (non sono mai stato un grandissimo fan, a parte i primi due album e qualche deriva folk-celtica-spirituale nel corso degli anni), anche commerciale, dal sound “rock” https://www.youtube.com/watch?v=jMzY_KQIKjU , con The Vishnu Room, la canzone, più raccolta https://www.youtube.com/watch?v=NN8ChuvHoeo  e James Brown, in coppia con Seun Kuti, la più strana, una sorta di funk-soul inconsueto per la cantante irlandese, Harbour la più vicina alle vecchie sonorità https://www.youtube.com/watch?v=oKNelucDNjI . Ovviamente non manca le versione Deluxe con tre tracce extra.

charlie simpson long road home

Charlie Simpson è un musicista inglese di 29 anni, con già alle spalle una lunga carriera, otto album (ed alcuni EP) pubblicati finora: tre con i Busted, compreso un live, per il gruppo pop-punk, poi con i Fightstar, gruppo più rock con venature hard, molto amato dalla rivista Kerrang, ne ha pubblicati altri quattro. Infine nel 2010 il gruppo è entrato in una fase di pausa, che dura tuttora, per permettere a Simpson una carriera solista, prima con un EP e poi con un album Young Pilgrim nel 2011. Devo ammettere che quel poco che avevo sentito della musica del nostro amico non mi aveva mai particolarmente allettato, ma questo nuovo Long Road Home,pubblicato dalla Nusic Sounds ai primi di agosto, con la produzione di Steve Osborne (giro U2/Placebo), mi sembra più interessante https://www.youtube.com/watch?v=w1rtm4fK6QI . Influenzato da un lungo tour americano dello scorso anno, questo disco esplora un suono indie-folk più da cantautore https://www.youtube.com/watch?v=mHr6vwnfQB0 , comunque entrando direttamente al quarto posto delle classifiche inglesi (già frequentate con i dischi precedenti), con un sound dove piano e chitarre acustiche ed elettriche permettono alla voce gradevole di Simpson, spesso rinforzata da quella dei suoi musicisti (per creare un effetto corale), di emergere https://www.youtube.com/watch?v=mfzR9HeoCJI . Niente di trascendentale, ma del piacevole pop-rock di stampo britannico con influenze americane.

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Di Dan Michaelson (ex leader degli Absentee) e dei suoi Coastguards mi ero già occupato sul Blog qualche tempo fa (qui se volete leggere http://discoclub.myblog.it/2010/11/25/temp-de032d2d808c33dbe94d498cb5b1496e/), tralasciando però di segnalare i due dischi successivi del 2011 e 2013, peraltro sempre buoni: la settimana prossima, il 18 agosto, per la piccola etichetta londinese The state51 Conspiracy, esce il nuovo album, Distance, come i due precedenti https://www.youtube.com/watch?v=3JJy8_xfIGg , 8 brani, poco più di 30 minuti di musica, mentre Shakes era un po più lungo. Ma al di là della durata, la qualità rimane sempre elevata, questo stile minimale dominato dalla voce di Michaelson, sempre in primo piano, con uno sfondo di chitarre, tastiere e una sezione ritmica presente ma discreta, che raramente accelera i tempi https://www.youtube.com/watch?v=1-UYb5hRY9M . Se vi piacciono Bill Callahan, o dei Red House Painters meno narcotici, siamo da quelle parti, musicalmente parlando, canzoni per piccoli piaceri da distillare.

mike zito songs from the road cd dvd

Mike Zito, l’ottimo chitarrista e cantante texano, alterna la sua attività tra i Royal Southern Brotherhood ( http://discoclub.myblog.it/2014/07/20/capitolo-secondo-piu-o-meno-royal-southern-brotherhood-heartsoulblood/) e la carriera solista ( http://discoclub.myblog.it/2013/06/15/girovagando-per-il-sud-degli-states-mike-zito-gone-to-texas/). Ora, come di consueto per la Ruf Records, esce questo Songs From The Road, di nuovo nella formula CD+DVD, che lo ritrae con i suoi The Wheel in un concerto registrato al Dosey Doe in The Woodlands, Texas il 10 gennaio di quest’anno, alle prese con il solito repertorio fatto di rock, blues, southern, soul, con ampio spazio per la chitarra e con la voce maschia e potente spesso in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=JKVY-VzOXNA . Questo il repertorio:

  1. Dont’ Break A Leg
  2. Greyhound
  3. I Never Knew A Hurricane
  4. Hell On Me
  5. Pearl River
  6. Dirty Blonde
  7. One Step At A Time
  8. Subtraction Blues
  9. Judgment Day
  10. Gone To Texas
  11. Let Your Light Shine On Me
  12. Natural Born Lover

Il DVD ha un paio di brani in più e sei canzoni diverse rispetto al CD, quindi repertorio ricco mi ci ficco! Presumo che se ne parlerà più diffusamente in futuro, per il momento https://www.youtube.com/watch?v=QXBkrDhTlDM

brian setzer rockabilly riot

Già dal titolo, Rockabilly Riot, questo nuovo album segna il ritorno totale al vecchio amore musicale di Brian Setzer, praticato a fondo, ad inizio carriera, con gli Stray Cats, mai dimenticato, ma “tradito” con lo swing, il blues, il country e il rock, anche dei dischi strumentali, nella sua lunga carriera da solista e con la Brian Setzer Orchestra. Se proprio vogliamo essere sinceri è già la terza volta che Brian Setzer intitola un suo disco “Rockabilly Riot”, la prima volta era un tributo alla Sun Records, la seconda volta per il Live dello scorso anno, tutti sulla sua etichetta Surfdog Records, come questo https://www.youtube.com/watch?v=Zbmi6iEi7yc , che porta il sottotitolo All Original, per non confonderlo con gli altri e anche per segnalare che si tratta solo di materiale originale, solo canzoni scritte da Setzer, niente cover questa volta, ma la grinta e il tiro sono quelli giusti, uno dei suoi migliori dischi da molto tempo a questa parte https://www.youtube.com/watch?v=xQaSBw_LEtM .

Fine della parte II, non escludo una quarta puntata vista la notevole mole di dischi interessanti usciti nel periodo, e anche di prossima uscita nella seconda parte di Agosto, per non parlare dell’inizio di Settembre, per il momento è tutto, alla prossima!

Bruno Conti

Capitolo Secondo, Più O Meno! Royal Southern Brotherhood – heartsoulblood

Royal Southern Brotherhood – heartsoulblood royal southern brotherhood back cover

Royal Southern Brotherhood – heartsoulblood – Ruf Records/Ird

Facendo un po’ di contabilità spicciola questo è il terzo album che esce in circa due anni, dalla primavera 2012, a nome Royal Southern Brotherhood (compreso il CD+DVD dal vivo Songs From The Road), un disco solista per ciascuno dei tre leader del gruppo, Devon Allman, Cyril Neville e Mike Zito, in rigoroso ordine alfabetico, due dischi anche per il batterista della band, Yonrico Scott, mentre il bassista Charlie Wooton, che io sappia, si è limitato a partecipare al disco di Deanna Bogart. In ogni caso hanno anche trovato il tempo per riunirsi a Los Angeles per registrare questo heartsoulblood con il loro produttore Jim Gaines https://www.youtube.com/watch?v=Nd1wrfJy9n0(che come dicevo in relazione al disco omonimo precedente, chi scrive lo non ama particolarmente, ancora meno in questa occasione in cui si fa aiutare da David Z). http://discoclub.myblog.it/2012/05/11/famiglie-reali-royal-southern-brotherhood/

Royal Southern Brotherhood 1

Intendiamoci, due signori professionisti, però con il vizietto delle contaminazioni tra rock, soul, funky, blues e certa musica dalle sonorità “moderne” che ogni tanto fa a cazzotti con le attitudini dei loro assistiti, ma è un punto di vista personale. Ovviamente le contaminazioni fra generi diversi sono all’ordine del giorno per questo gruppo, anzi sono una delle loro ragioni di vita, ma non sempre riescono alla perfezione. Il migliore del mazzo, a giudicare dai dischi solisti, dovrebbe essere il chitarrista e cantante Mike Zito, ma anche il secondo chitarrista Devon Allman tiene alta la bandiera di famiglia e così pure il quarto dei fratelli Neville, Cyril. Vi sto forse dando l’impressione di parlare di un disco brutto? Tutt’altro, però mi sembra sempre che manchi quel “piccolo” quid che distingue i “grandi” dagli onesti artigiani, seppure di notevole caratura. World Blues, uno sforzo compositivo di gruppo che apre le danze è un gran brano, molto Allman meets Neville, chitarre, solista e slide, ciondolanti tra rock, southern e blues, con un notevole suono d’assieme e la giusta grinta anche della sezione ritmica, bella partenza https://www.youtube.com/watch?v=QoDctjmEgY4 . Rock And Roll, un titolo che non assoceresti d’acchito con Cyril Neville, è viceversa un bel tuffo nelle radici della musica rock classica, da Memphis a New Orleans sulle ali di una slide tagliente, d’altronde proprio lo stesso Cyril ha detto che “il R&R è il figlio del R&B” e lo ribadisce nel testo di questa canzone https://www.youtube.com/watch?v=IYU6SpTGZv0 .

Royal Southern Brotherhood 2

Groove On, viceversa, stranamente, visti gli autori Allman e Zito, è un funky molto marcato che sta fra Neville Brothers e Santana, magari con risultati non straordinari, anche se il lavoro delle due soliste, e del contorno ritmico, è assolutamente pregevole https://www.youtube.com/watch?v=i0j5I-AaYCA . Here It Is, costruita su un giro di basso di Charlie Wooton, porta la firma di Zito, Scott e Wooton per la musica, ma secondo me il suono è molto farina del sacco dei due produttori, tanto groove e poca musica https://www.youtube.com/watch?v=zrFWg_J3wGU . Ancora tanto funky e poco rock (per non parlare di blues o soul) per una Callous, discreta ma che fa rimpiangere i migliori Neville, suoni molto nitidi e produzione di pregio, a fronte di poca sostanza, anche se l’impegno vocale e strumentale, soprattutto nella parte finale, è notevole e dal vivo avrà un altro impatto. Decisamente meglio Ritual, più rock ancorché pasticciato e non diretto verso i lidi che il loro nome richiederebbe. Shoulda Known, finalmente, è una bella ballata sudista che è nelle corde della famiglia Allman, scritta da Devon ricorda le cose migliori del babbo Gregg, con l’aggiunta anche di una forte componente deep soul.

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Let’s Ride, firmata da Cyril e Omari (?!?, da dove sbuca, questo mi mancava nella famiglia, a occhio direi il figlio) Neville, è a sua volta una cavalcata nel suono della dinastia di New Orleans, funky e rock mescolati con la consueta perizia https://www.youtube.com/watch?v=9w3RcXDEwg4 . Trapped, di nuovo firmata dalla band al completo è un altro buon esempio delle due anime del gruppo, rock e soul, quando funzionano insieme, ma manca sempre quell’ulteriore passo qualitativo, anche se ad averne di ensemble di questo livello. She’s My Lady francamente non saprei, smooth soul anni ’70, morbido e levigato, che in inglese si traduce proprio con smooth, mah! Takes A Village, è un’altra bella ballata, questa volta di Mike Zito, dall’impronta blues elettroacustica, difficile gridare al miracolo però, mentre il rock blues sudista torna in Zona Cesarini con una vibrante Love And Peace che ci riporta a temi più energici, quantunque sempre un po’ incompiuti, insomma la somma dei singoli non aumenta il valore del gruppo.

Bruno Conti

Girovagando Per Il Sud Degli States. Mike Zito – Gone To Texas

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Mike Zito & The Wheel – Gone To Texas – Ruf Records 

Forse non entrerà nelle liste assolute dei top di fine anno ma questo nuovo album di Mike Zito è assolutamente tra i migliori nel suo genere. Già ma che genere è? Intanto, come diranno altri, perché lo dice lui stesso nelle note di copertina, è un disco autobiografico. Canzoni che raccontano come il Texas, in un certo senso, gli ha salvato la vita. Ha trovato la compagna della sua vita, ma anche la salvezza dalla dipendenza da droghe che aveva caratterizzato una lunga fase della sua esistenza. Prendere un Greyhound e andare da St. Louis, la sua città, al Texas, per un americano non è una cosa difficile, ma Zito racconta nelle sue canzoni questa storia come una sorta di redenzione.

Naturalmente nel suo percorso musicale ci sono anche altri quattro album (tra cui un live), usciti dal 2008 ad oggi, tutti validi, oltre alla carriera parallela con i Royal Southern Brotherhood, di cui è uno dei soci fondatori (con Cyril Neville e Devon Allman, insieme ai quali firma un brano a testa per questo Gone To Texas), quindi il southern rock è sicuramente uno dei generi presenti in questo album, per rispondere alla domanda precedente.

Non manca una forte dose di blues (e la Ruf Records è una etichetta che “capisce” il genere a fondo). Il disco è registrato ai Dockside Studios di Maurice, in Louisiana, e quindi il gumbo sonoro della Crescent City è un altro degli elementi del sound, come evidenzia in modo stupendo la slide di Sonny Landreth, presente in una canzone come Rainbow Bridge, che potremmo definire “swamp Blues”, ma ricorda moltissimo anche le pagine migliori del songbook dei Little Feat o di John Hiatt, con la voce di Susan Cowsill (una dei componenti dei Wheel) a dare ulteriore spessore al suono del gruppo, con una presenza alla Bonnie Raitt o alla Susan Tedeschi, per citare un’altra band con cui hanno affinità elettive.

Gruppo che ha una sezione ritmica solidissima e piena di fantasia, nelle persone di Rob Lee alla batteria e Scot Sutherland al basso, a cui aggiungiamo un Jimmy Carpenter che si disimpegna a sax e percussioni e aumenta la quota soulful della formazione. Quindi ricapitolando abbiamo un suono “sudista”, nell’accezione più ampia del termine, dove confluiscono rock, soul, blues, R&B, tante chitarre (e Mike Zito è un signor chitarrista), belle voci, lo stesso Mike, Susan Cowsill, Carpenter, anche Delbert McClinton, che appare a duettare con il leader in una sontuosa The Road Never Ends. Ma tutto il disco è ricco di belle canzoni, a partire dalla emozionante title-track, Gone To Texas, che ricorda quelle ballate southern mid-tempo che ai tempi facevano Allman Brothers o Marshall Tucker, percorsa dalle chitarre di Zito, dal sax di Carpenter e guidata dalla voce di Mike, che è anche un signor cantante, devo rivalutare il suo ruolo nei Brotherhood.

I Never Knew A Hurricane è un’altra ballata deep soul (scritta con Cyril Neville) con l’organo di Lewis Stephens che è un ulteriore elemento portante nel sound del gruppo e mette in evidenza il duettare tra Zito e la Cowsill, oltre al sax di Carpenter che si integra perfettamente al suono d’insieme. Suono che ricorda molto anche la qualità di Hiatt e McClinton oltre ai sudisti e agli altri citati. Ma il sound si può incattivire di brutto, come in Don’t Think Cause You’re Pretty, dove il nostro amico, voce distorta e slide tagliente dimostra (o conferma) di essere anche un bluesman a tutto tondo. E lo ribadisce nell’acustica Death Row, un folk blues dalla grande atmosfera, solo voce, National steel con bottleneck, un tamburello e tanto feeling. In questa alternanza di stili c’è spazio anche per il funky sanguigno di una carnale Don’t Break A Leg, con accenti di James Brown e Sly Stone o per la ballata pianistica Take It Easy, firmata da Delbert McClinton e interpretata alla grande da Mike, un blue eyed soul con il bollino di qualità. La già citata The Road Never Ends, attribuita a Devon Allman e Mike Zito, vede la partecipazione di McClinton, anche all’armonica ed è un bluesone con slide a a cavallo tra Allmans e un Bob Seger d’annata.

Subtraction Blues il genere lo dichiara fin dal titolo, ma è di nuovo quello meticciato dei Little Feat o dei musicisti di New Orleans, con chitarra, piano e sax a dividersi i compiti con ottimi risultati. Per Hell On Me Zito estrae dal cilindro anche un vigoroso wah-wah che si fa largo tra sax, organo e lo voci di Mike e Susan, per dimostrare, se ce n’era bisogno, che questo signore è anche un solista coi fiocchi. Voices In Dallas è uno dei brani che raccontano la sua odissea passata con le droghe, sempre con ritmi bluesati e ancora con un’ottima slide e organo in bella evidenza, oltre al sax baritono di Carpenter. Sempre slide anche per la trascinante Wings Of Freedom altro brano rock che mi ha ricordato nuovamente il miglior Bob Seger e conclusione acustica con la cover acustica del blues di William Johnson Let Your Light Shine On Me. Un disco di sostanza, caldamente consigliato a chi ama la buona musica!   

Bruno Conti     

“Famiglie Reali” – Royal Southern Brotherhood”

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Royal Southern Brotherhood –  Ruf Records

Questo disco segna l’incontro tra i rappresentanti di due delle “Famiglie Reali” della musica del Sud degli Stati Uniti: gli Allman, di Jacksonville, Florida, ma Devon, il figlio di Gregg, è nato a Corpus Christi, Texas e i Neville, da New Orleans, Lousiana, nella persona di Cyril, il quarto dei fratelli. Oddio, se proprio vogliamo andare a vedere non sono i migliori del lotto nelle rispettive famiglie, ma comunque due musicisti dalla carriera più che rispettabile e se uniti ad un altro “veterano” della scena rock americana, il chitarrista e cantante Mike Zito, la terza punta della corona, il risultato finale ha un suo certo appeal. Non guasta la presenza di due solidi musicisti come Yonrico Scott (dalla Derek Trucks Band) e Charlie Wooton (dei Wood Brothers) che costituiscono una sezione ritmica ricca di inventiva. La Ruf Records li ha messi insieme al produttore Jim Gaines, di cui non sempre amo tutte le produzioni ma che ha una indubbia sensibilità per il rock ed il blues e un certo suo sound professionale, commerciale ma non oltre i limiti di guardia e comunque orientato verso gli album soprattutto di chitarristi (Santana e Stevie Ray Vaughan tra i suoi “clienti). E in questo album di debutto degli RSB le chitarre hanno un ruolo preponderante anche se i tre leader si alternano come voci soliste con risultati apprezzabili. Certo, non abbiamo Gregg Allman o Art e Aaron, ma la fusione tra il rock sudista nel DNA di Devon e il classico sound “nero” marchio di fabbrica della famiglia Neville, decisamente funziona.

Se uno dovesse giudicare solo sull’apertura strepitosa dell’iniziale New Horizons, firmata dalla coppia Neville/Zito e dove l’incontro tra il soul carnale dei migliori Nevilles e il rock classico è pressoché perfetto, tra chitarre assatanate e intrecci vocali di gran classe, si potrebbe pensare ad un album di prima fascia, per mutuare un termine calcistico. Il resto non è poi sempre su questi livelli ma la “Fratellanza Reale Sudista” ha comunque molte frecce al proprio arco: l’inizio di Fired Up potrebbe far pensare al Willy DeVille del periodo di New Orleans e poi evolve in un classico groove funky-rock tipico dei Neville Brothers del periodo di Yellow Moon, con chitarre fluide e santaneggianti e un tripudio di percussioni a cura dello stesso Cyril che ha scritto il brano con il bassista Wooton. Left My Heart In Memphis è il primo contributo di Devon Allman, una bella ballata blues ma ricca anche di accenti soul con le chitarre a sottolineare il cantato ricco di pathos del “giovane” della famiglia (quest’anno compie 40 anni anche lui ma sapete che nel Blues a quell’età vengono considerati degli sbarbati). Moonlight Over The Mississippi ancora dell’accoppiata Zito/Neville è nuovamente un bel misto di funky, blues e rock con chitarre sinuose anche con wah-wah, su un tappeto ricco di percussioni.

Poi questa formula viene applicata su un brano che, ohibò, mi pare di sovvenire: firmata da Hart/Hunter, Fire On The Mountain è l’unica cover di questo album, tra ritmi vagamente reggae, una slide insinuante e il solito wah-wah innestato, il classico dei Grateful Dead subisce nuovamente un trattamento alla Neville Brothers, molto percussivo ma ricco nel reparto chitarristico. Ways About You ancora uno slow R&B della premiata ditta Zito/Neville comincia a mostrare qualche crepa di ripetitività, il sound è piacevole ma a lungo andare non siamo di fronte a brani di spessore eccelso e non sempre le chitarre possono ovviare ai difetti (piccoli ma comunque presenti). In Gotta Keep Rockin’ emerge alla superficie quel gusto di Gaines per le produzioni rock anni ’80 da FM, c’è anche del southern ma è quello del periodo più commerciale, niente di male, sempre buona musica, basta saperlo. Nowhere To Hide è ancora una composizione di Devon, elettroacustica e piacevole, ma nulla di memorabile.

Hurts My Heart del solo Mike Zito, è il brano più southern di questo album, tra ritmi rock, chitarre spiegate e belle armonie, come molto buono è il groove bluesy della successiva Sweet Jelly Donut con una bella slide ad insaporire un sound che per una volta fonde alla perfezione Allman e Neville. All Around The World, senza infamia e senza lode, è un altro brano rock dalla penna di Zito (che stranamente è l’autore principale del gruppo), mentre la conclusiva Brotherhood è una bella cavalcata strumentale che sicuramente diventerà occasione per lunghe jam strumentali in concerto ma già in questa versione concisa di quattro minuti continua a far intravedere le potenzialità di questa nuova Band.

Bruno Conti

Giovani Talenti Crescono! Samantha Fish – Runaway

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Samantha Fish – Runaway – Ruf Records          

Ormai i dischi con ragazze chitarriste (e cantanti) che si cimentano con il Blues sono tantissimi. L’ultima della lista è questa Samantha Fish che esordisce come solista con questo Runaway ma già pochi mesi orsono aveva pubblicato, sempre per la Ruf, un Girls With Guitars insieme a Dani Wilde, inglese e Cassie Taylor, americana. Anche la Fish viene dagli States, Kansas City, Missouri come i fratelli Schnebelen dei Trampled Under Foot che per il sottoscritto rimangono un gradino più in alto.

Comunque la giovane Samantha Fish (21 anni), ha grinta, classe, una bella voce anche se non memorabile, scrive le sue canzoni, si è scelta un ottimo produttore nella persona di Mike Zito e anche nell’unica cover presente nell’album, Louisiana Rain denota buoni gusti musicali. Proprio la ballata sudista di Tom Petty con una bella slide che la percorre denota un percorso diverso dal blues più canonico che compone gran parte del disco, insieme al duetto con Zito nel solido rock tra southern e Stones di Push Comes To Shove, firmata da entrambi, indica un percorso più variegato alla Susan Tedeschi o Bonnie Raitt, vedremo.

Nel frattempo giovani talenti crescono con il minaccioso groove di Down In The Swamp dove l’acerbità parziale della voce è compensata da un notevole lavoro chitarristico mentre nella title-track Runaway a ritmo di boogie à la Hooker denota una varietà di stili e modalità all’interno di un percorso Blues di fondo. Nello slow Today’s My day alterna acustica ed elettrica slide e canta con passione mentre in Money To Burn una bella atmosfera sospesa con improvvise aperture della solista dimostra che la ragazza ha talento.

L’hanno definita l’Ana Popovic americana e direi che ci sta: quando sfodera il wah-wah d’ordinanza nella grintosa Leavin’ Kind le analogie ci sono anche se l’altra, anche in questo caso, ha una classe superiore. Qualche brano non brilla, ad esempio Otherside of The Bottle è abbastanza superfluo e la conclusiva Feelin’ Allright con la sua atmosfera da jazz after hours non c’entra molto con il resto e la sua statura di vocalist non può fare la differenza.

Globalmente la ragazza se la cava brillantemente e le consiglierei di insistere su quello stile rock and soul dei due brani citati all’inizio e dell’ottima Soft And Slow.

Bruno Conti