Di Cover In Cover! Peter Mulvey – The Good Stuff

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Peter Mulvey – The Good Stuff – Signature Sound Records – 2012

Peter Mulvey da Milwaukee, Wisconsin, già autore di dischi promettenti nel passato, continua a fare ciò che ha sempre amato, il “busker” da subway, ricordando le ore passate nei sottopassaggi di Dublino o in quelli americani. I cantanti delle metropolitane prevalentemente eseguono “covers”, e cosi Peter (nel mio immaginario) si siede su una panchina ed esegue le canzoni predilette dei suoi “eroi” musicali, che sono un po’ anche i nostri (Leonard Cohen, Willie Nelson, Tom Waits, Joe Henry).  Mulvey, si era già cimentato in un esperimento simile con Ten Thousand Mornings (2002), registrato proprio in una stazione della metropolitana di Boston, e in quel lavoro aveva pescato da Elvis Costello, Randy Newman, Paul Simon, Bob Dylan, e anche in misura minore in Redbird (2003), con la complicità dei compagni di tour Jeffrey Foucault e Kris Delmhorst. Questo lavoro, The Good Stuff, è una raccolta più tradizionale di brani swing e ballate, dai risultati altalenanti, un disco che pur non essendo complesso, risulta non di facile lettura, specialmente nella rilettura di canzoni di autori standard come Duke Ellington e Thelonious Monk e contemporanei, come Melvern Taylor e Jolie Holland.

Peter. accompagnato da validi musicisti tra i quali il fido David Goodrich alle chitarre, Jason Smith alla batteria, Paul Kochanski al basso  e Randy Sabien al violino e piano, trasforma i pezzi dei suoi favoriti, li modella e li plasma secondo un sentimento puro e convinto, e la bella versione di Everybody Knows che inizia con una risata liberatoria, offre una scanzonata lettura del Cohen più creativo. La scelta delle canzoni da menzionare prosegue con I Don’t Know Why But I Do, un classico trascurato di Bobby Charles, con in evidenza il violino di Randy Sabien, la deliziosa Sugar , una rumba cantata in versione Paolo Conte, e la splendida Richard Pryor Addresses A Tearful Nation , pescata dal canzoniere del grande Joe Henry e precisamente dall’album Scar. Nella selezione sono presenti anche due brani strumentali, una Egg Radio di Bill Frisell in cui eccelle David Goodrich, e una dolce versione in chiave jazz, Ruby, My Dear di Thelonious Monk. Nella stessa occasione Peter Mulvey fa uscire anche un EP complementare con altri 6 brani registrati nelle stesse sessioni e con gli stessi musicisti, dal titolo di Chaser.

Peter Mulvey in questo The Good Stuff, dimostra quanto possa valere un lavoro di “covers” fatto con personalità, rispetto a composizioni non sempre di pari livello, ma si dimostra artista creativo e originale, dalle grandi possibilità, che mi auguro vengano dimostrate prossimamente con brani usciti dalla sua penna.

Tino Montanari

E Invece Si Chiamerà Proprio Così! Beach Boys Nuovo Album – That’s Why God Made The Radio

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Beach Boys – That’s Why God Made The Radio – Capitol – 05-06-2012

Alla fine hanno deciso, il nuovo album dei Beach Boys, giustamente, si chiamerà come il singolo, in uscita digitale in questi giorni, That’s Why God Made The Radio, nei negozi dal 5 giugno p.v., questa la lista completa dei brani compresi nel CD:

  1. “Think About the Days”
  2. “That’s Why God Made the Radio”
  3. “Isn’t It Time”
  4. “Spring Vacation”
  5. “Private Life of Bill and Sue”
  6. “Shelter”
  7. “Daybreak Over the Ocean”
  8. “Beaches in Mind”
  9. “Strange World”
  10. “From There To Back Again”
  11. “Pacific Coast Highway”
  12. “Summer’s Gone

E questa la canzone…

Promette bene, sta per tornare l’Estate perenne dei Beach Boys e con l’ultima canzone se ne andrà!

Bruno Conti

P.s. Oggi, causa problemi tecnici con il Blog, Post breve, veloce e domenicale.

“Nuovo Folk Canadese”! Great Lake Swimmers – New Wild Everywhere

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Great Lake Swimmers- New Wild Everywhere – Nettwerk Records 2012 – 2 CD Special Edition

Capita, ogni tanto, che qualche gruppo o artista, grazie al suo talento superiore, o alla forza trasversale della sua musica, riesca ad imporsi ad un pubblico più vasto, raggiungendo verticidi audience di solito più attenta al prodotto rock. Non fanno eccezione i Great Lake Swimmers canadesi erranti provenienti dallOntario, che sono in realtà un progetto dietro cui si cela  il songwriter Tony Dekker, vero artefice di questa formazione originaria di Toronto. New Wild Everywhere è il risultato della sesta fatica discografica di questo gruppo new folk, dopo l’esordio omonimo Great Lake Swimmers (2004), cui seguiranno Bodies and Minds (2005), Ongiara (2007), Lost Channels (2009), e lo splendido Unplugged The Legion Sessions (2010).

L’ensemble oltre al leader Dekker chitarra e voce, è composto da Erik Arnesen al banjo, Bret Higgins al basso, Greg Millson alla batteria, la dolce Miranda Mulholland al violino e voce, e una squadra di musicisti ospiti, tra cui Bob Egan (Blue Rodeo e Wilco) alla pedal steel, Mike Olsen al cello, e il pluristrumentista Michael Boguski. Tony e soci propongono un mix di folk-country-rock, riletto con una vena malinconica, che mi ricorda i Red House Painters del grande Mark Kozelek, per un lavoro registrato con l’immancabile attitudine lo-fi, per un sound concreto  e raffinato, con ballate ovattate e riverberate, scalfite dal suono acustico della chitarra, da un piano,  e dai vari strumenti a corda.

Si inizia con la crepuscolare Think That You Might Be Wrong dove il violino e arrangiamenti folkeggianti ben introducono il senso dell’intera raccolta. New Wild Everywhere e The Great Exhale sono più movimentate, mentre The Knife è un brano fascinoso con Miranda al controcanto. Si prosegue con Changes With The Wind il brano più country del disco, mentre Cornflower Blue è una ballata a cuore aperto, con arpeggio di mandolino, cantata con passione da Tony. Il ritmo ritorna a farsi più vivace con Easy Come Easy Go, dove le chitarre, il violino e un piano malandrino, danno una connotazione bluegrass alla canzone. Fields of Progeny e Ballad of a Fisherman’sWife sono brani country-style con largo dispiego di banjo e fisarmonica. Quiet Your Mind è una canzone che sembra quasi uno di quei brani lenti ed evocativi del miglior David Crosby, con qualche violino e flauto in più. Splendida. Chiudono il primo cd Parkdale Blues e On the Water brani malinconici e totalmente acustici, dove l’anima è tutta nelle corde della chitarra, e nella voce dimessa di Dekker.

Il Bonus allegato alle prime uscite del disco, rilegge in forma acustica New Wild Everywhere, The Great Exhale e Easy Come Easy Go, mentre la particolarità è rappresentata con raffinatezza da un brano Les Champs de Progèniture cantato in francese da Tony, accompagnato dalla voce femminile di Miranda Mulholland. I Will Never See The Sun è una ninna nanna folk a tempo di marcetta, cui seguono Something Heavy e What Was Going Through My Head, che sembrano quasi un recupero di vecchie sessions di lavori precedenti.

I Great Lake Swimmers si riconfermano una delle Band più interessanti del Nord America, una delle realtà del rock canadese odierno, un disco forse simile a tanti altri appartenenti al nuovo folk , ma capace di rinnovare quella tradizione musicale, fuori del tempo, ancorata in qualche modo alla vita e ai paesaggi della loro terra. New Wild Everywhere va maneggiato con cura e dedizione, ma è in grado in caso di ascolto, di aprire con naturalezza disarmante, orizzonti musicali inesplorati.

Tino Montanari

Uno Svedese Di New Orleans In “California”! Anders Osborne – Black Eye Galaxy

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Anders Osborne – Black Eye Galaxy – Alligator Records/Ird

Quando Anders Osborne ha lasciato la Svezia nel 1982, all’età di 16 anni, probabilmente non immaginava che dopo tre anni di “vagabondaggio” attraverso tutto il mondo si sarebbe stabilito a New Orleans, che sarebbe diventata la sua nuova casa. Ma dopo 27 anni la Louisiana è ormai la sua nuova patria e il musicista svedese ne è diventato uno degli esponenti artistici più rappresentativi. Con alle spalle una carriera che copre sei diverse case discografiche e undici album, inclusi due dal vivo, Osborne è un musicista eclettico e raffinato, che usando la musica della Crescent City come base, ha costruito uno stile molto diversificato che partendo da uno sound morbido e cantautorale si appropria di volta in volta, ma anche di brano in brano, di elementi blues, soul, rock, anche sperimentali, come in questo nuovo Black Eye Galaxy che forse è il suo migliore album in assoluto per la dovizia di elementi musicali messi in campo.

Registrato al Dockside Studio di Maurice, Lousiana, per l’etichetta Alligator (che ultimamente, detto per inciso, non sbaglia un colpo) si avvale della collaborazione alla produzione di Stanton Moore, batterista che insieme a Osborne ha curato il lato musicale mentre Warren Riker si è occupato più della parte tecnica. Sia come sia, il team di produttori ha conferito all’album una patina molto anni ’70, californiana, da dischi di rock classico, quelli dove non si aveva paura di misurarsi con diversi stili e generi. Anders, oltre che cantante dallo stile morbido direi molto à la Jackson Browne (almeno per quello che riguarda il tipo di voce), è musicista completo, chitarrista soprattutto, e di gran vaglia, ma si destreggia anche all’armonica, al piano e alle percussioni.

Il risultato oscilla tra l’hard blues veemente e trascinante dell’iniziale Send Me A Friend, dal groove Zeppeliniano con una slide impazzita che taglia il brano in due (lo stesso Osborne o l’altro chitarrista Billy Iuso), mentre la voce filtrata è quasi irriconoscibile. Mind Of A Junkie, che ricorda un passato non troppo lontano nel quale il nostro amico aveva sviluppato una tossico-dipendenza perniciosa, viceversa è uno slow spaziale dalle movenze sensuali che ricorda il meglio della West Coast incrociata con spunti jazzistici e psichedelici e un cantato indolente che richiama alla mente (almeno di chi scrive) il Joe Walsh di inizio carriera, anche nelle lunghe e liquide improvvisazioni chitarristiche che lo pervadono, in ogni caso un gran brano. Lean On Me/believe in you potrebbe essere un brano del repertorio del già ricordato Jackson Browne, una raffinata ballata midtempo che ricorda lo stile del grande cantautore tedesco (?!?) Non è forse nato a Heidelberg in Germania?) fino al perfetto intermezzo della slide che è puro Lindley. When I Will See You Again, nuovamente, si rifà al sound californiano, inserendo nel tessuto della canzone anche spunti Younghiani, soprattutto l’attacco e le lunghi parti di chitarra, mentre Black Tar, firmata insieme a Paul Barrere dei Little Feat, è un altro brano feroce e di stampo puramente rock, ancora con la voce pesantemente filtrata e le chitarre distorte e “cattive” che impazzano sul ritmo cadenzato della batteria. Si alza la puntina e finisce il primo lato: giuro, è la pura verita!

Scende la puntina e parte la seconda facciata: la title-track, Black Eye Galaxy,è un lunghissimo brano di undici minuti, che parte con movenze bluesate cantate sempre con quella voce browniana e poi si trasforma in una lunga jam acida e psichedelica degna dei Grateful Dead più sperimentali con le chitarre che estraggono dalle loro corde stille di gran classe e pura ispirazione che ci riportano alla Bay Area dei primi anni ’70. Tracking My Roots con un gradevole spunto di armonica in apertura è semplicemente una bella canzone, vagamente country e tipicamente weastcoastiana nel suo incedere, sempre con Neil nel cuore.

Louisiana Gold è più acustica e raccolta con piccole percussioni e chitarre acustiche che sostengono il cantato molto melodico di Anders Osborne in questo omaggio al suo stato di adozione, devo dire molto riuscito nella sua semplice raffinatezza, notare le armonie vocali, please! Dancing In The Wind, ancora con quella armonica non blues in apertura di brano, è un’altra piacevole ballata scritta con Paul Barrere, dolce e malinconica, quasi bucolica e sempre indebitata verso lo stile di Browne, forse anche per via della voce che per motivi fisiologici tanto lo ricorda, belle le armonie vocali a cura di moglie e figlia. Dopo un suono di campane che mentre sentivo il CD la prima volta, camminando per strada, mi ha stupito e sorpreso per la sua improvvisa e inaspetta apparizione ci avviamo in conclusione con una Higher Ground firmata insieme a Henry Butler, una sorta di gospel bianco cantato con grande partecipazione da Osborne accompagnato semplicemente da una sezione di archi e da un bell’ensemble corale che aggiunge pathos ad un brano inconsueto per le sue sonorità.

In definitiva un album che forse, anzi sicuramente, non salverà le sorti del rock ma altrettanto sicuramente rende il mondo migliore per una cinquantina di minuti abbondanti di buona musica. Una conferma!

Bruno Conti

P.s. Ufficialmente esce il 1° Maggio, ma circola già nei negozi delle nostre lande italiche.

Occupy This Album. Versione Definitiva 4 CD

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Occupy This Album – 4 CD – Razor & Tie – 15.05.2012 anche in versione download

Contrariamente a quanto annunciato nel mio Post del 7 febbraio scorso, alla fine uscirà anche una versione fisica in 4 CD di questo manifesto sonoro del movimento Occupy Wall Street. La versione digitale di brani ne conterrà 100 ma sinceramente non so se il contenuto musicale sia tale da giustificare un acquisto, considerando che il tutto è disponibile solo sul mercato americano e che alcuni dei brani sono versioni già note e non realizzate per l’occasione, come si era detto in un primo momento: molti degli artisti “celebri” hanno donato un loro brano già conosciuto.

Quelli di Patti Smith, Loudon Wainwright III, Lloyd Cole, Willie Nelson, Tom Morello, Yoko Ono, Jill Sobule & John Doe, Garland Jeffreys, Joel Rafael, Dar Williams, Lucinda Williams sono brani già editi. Mentre le canzoni di Jackson Browne, Deborah Harry, Richard Barone, Michael Moore (il regista) che fa The Times They Are A-Changin’, Ani DiFranco, Nancy Griffitth, Joseph Arthur, Third Eye Blind, Yo La Tengo, Warren Haynes Band, James McMurtry With Joan Baez & Steve Earle, David Crosby & Graham Nash, Arlo Guthrie & Family, Mogwai, Amanda Palmer e moltissimi altri che non conosco o non ho citato, sono inedite o dal vivo. In effetti scrivendo la lista dei partecipanti mi sono accorto che non sono poi così pochi i brani potenzialmente interessanti che sono tutti disponibili nella versione CD mentre quelli degli artisti meno noti sono nell’edizione per il download.

A voi l’ardua sentenza! Disponibile dal 15 maggio p.v.

Bruno Conti

E Chi E’ Costei? Rita Wilson – AM/FM

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Rita Wilson – AM/FM – Decca/Universal 08-05-2012

Chi è Rita Wilson? E soprattutto perché ne parlo? Lei è la “Signora Tom Hanks” e ha molti amici nel mondo del cinema e dalla musica. Questi ultimi sono accorsi in massa per partecipare alla realizzazione di questo AM/FM: tra gli ospiti infatti troviamo: Chris Cornell, Sheryl Crow, Jimmy Webb, Jackson Browne, Faith Hill, Vince Gill, and Patti Scialfa (ma “lui” non c’è?). Sono tutte cover di brani celebri degli anni ’60, AM e anni ’70, FM, astuta! Ovvero:

1. All I Have to Do is Dream
2. Never My Love
3. Come See About Me
4. Angel in the Morning
5. Walking in the Rain
6. Wichita Lineman
7. Cherish
8. You Were on My Mind
9. Good Times Charlie
10. Love has No Pride
11. Please Come to Boston
12. Will You Still Love Me
13. Faithless Love
14. River

Sentiremo!

Bruno Conti

Segnali Di Vita Dal Pianeta Beach Boys! That’s Why God Made The Radio.

Ieri è partito il tour dei Beach Boys, quello per festeggiare la reunion per i 50 anni di attività, la prima data era Tucson, Arizona e il 26 luglio saranno anche Roma alle Capanelle e il giorno successivo all’Arena di Milano. Con Mike Love e Brian Wilson e il resto della “famiglia” (chi c’è ancora, mancano all’appello Carl & Dennis Wilson), riuniti per la prima volta. Probabilmente il 5 giugno uscirà il nuovo album che non ha ancora un titolo definitivo ma è quasi pronto e mixato: si sarebbe dovuto chiamare That’s Why God Made The Radio, che titolo! Ma hanno detto che era troppo lungo e difficile da ricordare, peccato! Rimane il titolo del primo brano che anticipa l’uscita dell’album e se il buongiorno si vede dal mattino, da quello che si può ascoltare nel video qui sopra…

Prima ancora, solo in America, e solo nei negozi della catena WalMart, il 1° Maggio uscirà una “The Beach Boys 50th Anniversary Commemorative ‘Zine Pack”, una confezione con un libretto di 72 pagine con foto rare e nuove interviste realizzate per l’occasione, cartoline da collezione più un CD con 11 brani tra cui una versione di Do It Again incisa appositamente. Se avete amici o parenti negli States…

Bruno Conti

Novità Di Aprile Parte V. Jon Cleary, Jerry Jeff Walker, Waco Brothers, Josh Abbott Band, Kevin Ayers, Of Monsters and Men,Oli Brown, Kip Moore, Doug Paisley, Eccetera.

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Ultima lista di uscite discografiche per il mese di Aprile (forse), alcune in uscita oggi 24 aprile altre già disponibili.

Partiamo con il “nuovo” gruppo del momento, perché sapete che quasi ogni settimana ce n’è uno: questi Of Monsters And Men di cui è uscito il 3 aprile (ma non in Italia, dove uscirà il 15 maggio) l’album di debutto, questo My Head Is An Animal, sono una band islandese, ebbene sì, ma non c’entrano nulla con Sugarcubes o Sigur Ror, sono sotto contratto per la Universal Republic e lo scorso anno avevano pubblicato un EP. Al momento sono molto popolari in America dove hanno riscosso un significativo successo al South by Southwest ma anche le riviste specializzate inglesi ne hanno parlato bene e pure in Italia qualcosa si muove (lo sto ascoltando in questi giorni e conto di approfondire nei prossimi giorni). Per il momento diciamo che sono una formazione dove le voci di Nanna Bryndis Hilmarsdottir e Ragnar Porhalsson, quindi una femminile e una maschile, ben si amalgamano in uno stile che è stato paragonato a quello di Arcade Fire, Decemberists, Great Lake Swimmers, Death Cab For Cutie, Mumford and Sons, il filone del cosiddetto “nuovo folk-rock”, vogliamo dire retromani, così facciamo contenti i fans di Simon Reynolds (che mi ricorda un po’ il Catalano dei tempi di Arbore, viste le cose ovvie che dice).

Il pianista e sideman Jon Cleary contrariamente a quanto pensano tutti non è di New Orleans ma è originario del Kent in Inghilterra, comunque la musica della Crescent City è il suo pane quotidiano. Questo Occapella, edito la scorsa settimana dalla Fhq Records, lo vede alle prese con il repertorio di Allen Toussaint, con l’aiuto di Dr.John e della sua frequente datrice di lavoro Bonnie Raitt, entrambi presenti in questo CD. Per chi ama il funky-soul-R&B di New Orleans e il piano.

Doug Paisley è un eccellente cantautore canadese autore di due ottimi album tra cui Constant Companion di cui mi sono occupato per il Blog nell’Ottobre 2010, se volete verificare, temp-3507313775689154ecbe16f0fb3900d1.html. Questo Golden Embers è un mini album con 5 brani che conferma quanto di buono si era detto su di lui. Etichetta No Quarter.

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Tre ristampe interessanti.

La Emi inglese prosegue con la sua meritoria serie di cofanetti quintupli a special price dedicati ai nomi di “culto” che hanno fatto parte del proprio catalogo: Kevin Ayers The Harvest Years 1969-1974 raccoglie i cinque album incisi dall’ex Soft Machine per l’etichetta inglese, nelle versioni rimasterizzate e potenziate uscite qualche anno fa. Se non li avevate già acquistati si tratta di alcuni tra i migliori dischi della musica britannica di quel periodo: Joy Of A Toy, Shooting At The Moon (May I è uno dei brani più eleganti degli anni ’70) , Whatevershebringswesing, Bananamour e The Confessions of Dr.Dream che sono sicuro ai tempi (1974) era della Island, ma comunque è un bel disco e ci sta bene in questa antologia.

Dei T.Rex vi avevo già annunciato da mesi l’uscita di questo Electric Warrior, anche in versione SuperDeluxe oltre a quella canonica doppia distribuita dalla Universal. La settimana prossima riescono a special price anche tutti gli altri album della Band.

Jerry Jeff Walker rimarrà perennemente nella memoria degli appassionati per avere scritto Mr. Bojangles ma nel corso degli anni ha pubblicato anche un consistente (direi una quarantina) numero di album: questa ristampa doppia dell’australiana Raven raccoglie Walker’s Collectibles del 1974 e Ridin’ High del 1975, due tra i migliori, con sei tracce bonus + un raro singolo. Eccellente qualità sonora (anche il prezzo, purtroppo) e confezione molto curata come di consueti.

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Oli Brown, come già ricordato nel Post dedicato a Danny Bryant, fa parte di quella ondata di giovani bluesmen (Matt Schofield, Simon McBride, Ainsley Lister ed altri) che allietano le giornate degli appassionati del rock-blues britannico. Brown, poco più che ventenne, è il più giovane,ma con questo Here I Am è già al suo terzo album per la Ruf Records e conferma quanto di buono avevo scritto su di lui per il Buscadero.

Kip Moore è l’ultimo di una serie di cantanti che dai tempi di Springsteen fonde blue-collar rock e country (vogliamo dire Heartland Rock?). Questo Up All Night che esce in questi giorni per la MCA Nashville ne è un ulteriore esempio. Si aggiunge ad una lista di epigoni springsteeniani da Joe Eddie a Joe D’Urso passando per i molto più dotati Michael McDermott e Will T. Massey. Qui c’è più country ma non è malaccio.

Questo titolo non è pubblicato dalla Left Field Media ma il principio è sempre quello: prendere dei broadcast radiofonici classici e renderli disponibili in questi Live semiufficiali. Cowboy Angels di Emmylou Harris è l’ultimo della serie: con la Hot Band alla Boarding House di San Francisco questo è il periodo d’oro di Emmylou. Etichetta All Access, repertorio del primissimo periodo e molte cover, questi i titoli:

1. Cash on the Barrel Head
2. That s All It Took
3. Feelin Single, Seein Double
4. Coat of Many Colors
5. Amarillo
6. Together Again
7. Return of the Grievous Angel
8. Bluebird Wine
9. Tonight the Bottle Let Me Down
10. Boulder to Birmingham
11. Cry One More Time
12. Ooh Las Vegas
13. Shop Around
14. Hickory Wind
15. Jambalaya

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Tre album che girano tra Blues, roots, country-rock, southern e Americana.

The 44’s, nonostante il titolo del CD, Americana, fanno del blues-rock, con Kid Ramos che suona e produce, fondono i vecchi Canned Heat, Roomful Of Blues e Fabulous Thunderbirds, anche qualcosa dei primi Blasters. Etichetta Rip Cat Records, è il secondo album che fanno (ho come l’impressione che mi capiteranno tra le mani per il giornale)!

I Waco Brothers sono il side group di Jon Langford dei Mekons quando vuole fare del country-punk di qualità, incidono per l’etichetta Bloodshot, da cui il titolo Great Chicago Fire e questa volta è della partita anche l’ottimo Paul Burch dei Wpa Ballclub (ma ha suonato anche con Lambchop, Mark Knopfler, Vic Chesnutt, Exene Cervenka).

Cadenza biennale per gli album della Josh Abbott Band: questo Small Town Family Dreams è il terzo disco per il gruppo texano che fonde Red Dirt, Country e southern rock con ottimi risultati. Già il nome dell’etichetta è tutto un programma, Pretty Damn Tough Records.

E’ tutto, alla prossima.

Bruno Conti

“L’Ultimo Fuorilegge”? Ray Wylye Hubbard – The Grifter’s Hymnal

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Ray Wylie Hubbard -The Grifter’s Hymnal– Bordello Records 2012

Torna, a poco più di due anni dal suo ultimo disco, Ray Wylie Hubbard, uno dei migliori texani in circolazione in assoluto, musicista e cantautore di culto, con alle spalle una carriera sviluppata in un arco di tempo più che quarantennale. Ray è diventato subito famoso negli anni settanta per avere scritto Up Against The Wall, Redneck Mother, canzone resa celebre dal grande Jerry Jeff Walker, brano che ha contribuito a lanciare la sua carriera nell’ambito del settore “outlaws”. Hubbard non è solo un “country singer”, come quella canzone poteva far prevedere, ma anche un songwriter vicino al folk, al blues ed a certe linee melodiche tipicamente Dylaniane, con una discografia abbastanza lunga, dilatata nel tempo, tra alti e bassi, ma con alcuni album di spessore, su tutti Loco Gringo’s Lament, Dangerous Spirits, Delirium Tremolos, Crusades of the Restless Knights sino ai più recenti Growl e Snake Farm.

Sono almeno venti anni che Ray dispensa grande musica e The Grifter’s Hymnal non fa eccezione, anzi è facile collocarlo tra i suoi lavori migliori. A lavorarci sono essenzialmente lui e George Reiff (co-produttore del disco), con Rick Richards alla batteria, Billy Cassis e il figlio Lucas alle chitarre, Brad Rice al basso, e con alcuni ospiti davvero speciali come Ringo Starr (grande cultore di country music) e il pianista Ian McLagan, per dodici brani tra rock, blues e folk in cui predominano le atmosfere fangose e cupe, con sonorità  crepuscolari e desertiche, il tutto guidato da una voce fumosa che mastica blues ed una sezione ritmica sempre presente quando viene chiamata in causa.

Si parte con Coricidin Bottle un honky-tonky travolgente dove le percussioni la fanno da padrone, e sembra di sentire il sibilo di un serpente a sonagli. La seguente South of the River è una delle perle del disco, una ballata desertica, ben lavorata, con l’armonica in evidenza, cantata col cuore. Con Lazarus brano bluesato ed insinuante si viaggia sulle foci del Delta, mentre New Year’s Eve at the Gates of Hell, bella e roccata, si basa solamente su chitarre e batteria (niente basso). Moss and Flowers ricorda un altro superbo songwriter texano, ovvero James McMurtry, mentre Red Badge of Courage è un blues nero e tenebroso fino al midollo, con una slide maledetta. Si cambia registro con Train Yard un talkin’ blues dalla ritmica sostenuta, e nella seguente, divertente e ossessiva, Coochy Coochy, che vede come ospite Ringo Starr, l’autore del brano, che stando alle note del libretto canta e suona vari strumenti. Un recitativo introduce Mother Blues, ballata acustica cantata con voce cavernosa, che potrebbe essere usata come “soundtrack” di un film tratto da un romanzo di Cormac McCarthy. mentre la seguente Henhouse è forse il brano meno riuscito del lotto. Ray si fa subito perdonare con una splendida Count My Blessings, canzone nera e sporca, suonata divinamente e perfettamente coerente con il suo percorso musicale, e si chiude alla grande con Ask God una preghiera blues, con un refrain che ti ritrovi a cantarle dopo solo due ascolti.

Ray Wylie Hubbard durante la sua carriera ha sempre fatto i dischi che ha voluto, quando ha voluto, senza mai scendere a compromessi, ma andando diritto per la sua strada, e come sempre nelle sue opere, gli eroi non sono né buoni né cattivi, ma coloro che accettano la dura realtà della vita; un personaggio al quale, fortunatamente, per chi scrive, è mancata soltanto la celebrità. Cosa ci vuole per ascoltare un CD come The Grifter’s Hymnal? Lo spirito giusto, il tempo che serve, e dell’ottima Tequila.

 Tino Montanari

Novità Di Aprile Parte IV: Warren Haynes, Jack White, Gordon Lightfoot, Walter Trout, Marty Stuart, Peter Gabriel, Joe Satriani, Brendan Benson, Dandy Warhols

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Nuovo appuntamento con la rubrica degli appuntamenti discografici. Dalle statistiche del Blog vedo che è una delle più lette per cui la intensifico ancora e direi che possiamo passare rapidamente alle uscite di martedì 24 aprile.

Partiamo con 3 dischi dal vivo: il primo è il già annunciato triplo (2 CD + 1 DVD) della Warren Haynes Band, Live At The Moody Theater esce in America per la Stax ed in Europa per la Provogue/Edel. Si tratta del resoconto di una serata ad Austin durante il tour dello scorso anno, il 3 novembre. Registrato in HD e 5.1, durata circa due ore e mezza, la formazione è quella con la sezione fiati dei Line Horns e l’ospite MacLagan ex-Faces tastiere. Questo il repertorio completo eseguito nella serata:

SET ONE – 68:27
01. Man In Motion * 10:50.55
02. River’s Gonna Rise 9:07.61
03. Sick Of My Shadow 9:47.11
04. A Friend To You 5:55.45
05. On A Real Lonely Night 12:52.03
06. Power and The Glory 7:02.16
07. Invisible * 12:52.12


SET TWO Part 1 – 52:11
01. Take A Bullet #* 6:41.45
02. Hattiesburg Hustle # 8:10.14
03. Everyday Will Be Like A Holiday # 11:08.55
04. Frozen Fear > 6:15.60
05. Dreaming The Same Dream > 6:35.34
06. Pretzel Logic 13:19.58

SET TWO Part 2 – 56:18
07. Fire In The Kitchen * > 7:06.25
08. Change Is Gonna Come > 6:57.12
09. Spanish Castle Magic 7:05.00
10. Band Intros > Tear Me Down 11:47.38
11. Crowd/Encore Break 2:53.62
12. Your Wildest Dreams * > 11:29.05
13. Soulshine 9:00.03


Band—–
Warren Haynes – Guitar/Vocals
Alecia Chakour – Vocals/Tambourine
Nigel Hall – Keyboards/Vocals
Ron Holloway – Tenor Saxophone
Ron Johnson – Bass
Terrence Higgins – Drums
* Grooveline Horns
# Ian McLagan – Keyboards

Quello di Gordon Lightfoot All Alive, pubblicato dalla Warner/Rhino, raccoglie il meglio di una serie di concerti tenuti dal grande cantautore canadese alla Massey Hall di Toronto tra il 1998 e il 2001.

Peter Gabriel, purtroppo, ci sta rompendo un po’ i (ministri) Maroni, non nei contenuti ma nella forma: questo Doppio CD Live Blood edito dalla Eagle Rock/Edel è la versione espansa del singolo CD tratto dai concerti dello scorso anno e già contenuto nella versione Deluxe in cofanetto di New Blood Live In London. Ma sono esattamente gli stessi brani, nella esatta sequenza, che riportavano le versioni DVD e Blu-Ray. Va bene il completismo, ma a tutto c’è un limite. Uomo avvisato…comunque lo so, fan non salvato!

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Ma un bel doppio di Joe Satriani, Satchurated:Live In Montreal non ce lo vogliamo sparare? Sempre per la Sony è il quinto album dal vivo in meno di 20 anni. Ne ha fatti anche dodici in studio, tre EP e tre antologie, non si può dire che si risparmi.

Primo album da solista per un altro chitarrista (e cantante): Jack White arriva al suo “debutto” a nome proprio con questo Blunderbluss che ha avuto lusinghieri giudizi in giro per il mondo. La casa discografica è la XL Recordings (quella dei White Stripes) in Europa e la Third Man Records/Columbia negli Usa. Registrato in quel di Nashville è proprio il classico album “solo”: infatti White si è registrato tutti gli strumenti e le parti vocali, oltre ad avere composto tutti i brani, con l’eccezione di una cover di I’m Shakin’ di Little Willie John, cantante Blues e R&B anni ’50-’60, per intenderci quello di Need Your Love So Bad (di cui i Fleetwood Mac del mio benianimo Peter Green hanno fatto una versione sontuosa poi ripresa anche da Gary Moore).

Visto che siamo finiti in territori Blues, martedì esce per la Provogue il nuovo album di Walter Trout Blues For The Modern Daze. Mentore del recensito recentemente Danny Bryant e “cliente” di questo Blog un-grande-chitarrista-in-tutti-i-sensi-walter-trout-common-g.html, ancora una volta non delude le attese degli appassionati del buon Rock(blues)!

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Il veterano della country music, è in pista dagli anni ’70, Marty Stuart, dopo l’ottimo Ghost Train del 2010 ritorna con questo Nashville Volume 1:Tear The Woodpile Down, il secondo pubblicato per la Sugar Hill (che poi in effetti sarebbe il terzo, perchè ne aveva già inciso uno nel lontano 1982). Con la partecipazione di alcuni ospiti tra cui Hank III è un classico esempio di come si può fare del buon country.

Orfano di Jack White e dei suoi Raconteurs, casualmente in contemporanea(?), Brendan Benson ritorna alla carriera da solista pubblicando il quinto album a proprio nome, si intitola What Kind Of World esce a livello indipendente (Readymade in Usa, Lojinx in Europa). Registrato a Nashville, dove gli studi, a giudicare da queste uscite, erano affollatissimi, mescola il solito power-pop-rock di Benson con influenze 60’s e la partecipazione di musicisti del giro Big Star, Cardinals e Phantom Planet. Non male, mi ricorda il  Nick Lowe dei vecchi tempi.

Per concludere il giro odierno, ma domani ne ho altri in serbo, ci sono moltissime uscite interessanti in barba alla crisi, poi l’importante sarebbe anche venderli, ma cominciamo a parlarne: dicevo, per concludere il giro odierno, nuovo album, l’ottavo, per gli americani Dandy Warhols, si chiama This Machine ed esce per la loro etichetta The End, la Naive in Europa. Più alternative rock e meno power pop dei precedenti sembra interessante e si direbbe, tradotto in parole povere, con più chitarre e meno tastiere, ma sempre abbastanza commerciale anche nella “strana” cover di 16 Tons.

A domani.

Bruno Conti