“Alternativa” Ma Non Troppo, Anzi Sofisticata Ed Elegante. Neko Case – Hell-On

neko case hell-on

Neko Case – Hell-On – Anti-

Neko Case non è più una “giovanotta”, 47 anni compiuti (sempre dire l’età delle signore), una carriera iniziata nel 1994, ma il primo disco da solista è del 1997: all’inizio, per quanto valgano le etichette, era più alternative country, nel primo album appunto del 1997 The Virginian, e pure nel successivo Furnace Room Lullaby, ma già Blacklist virava verso lidi più rock, anche se poi l’esibizione all’Austin City Limits del 2003 era ancora in un ambito “Americana” con tanto di cover di Buckets Of Rain di Dylan.

Poi da Fox Confessor… del 2006 il suono si fa più “lavorato”, ma a tratti anche spensierato, visto che Neko Case aveva anche una sorta di carriera parallela con i New Pornographers, più orientati verso un sound power-pop, definirlo commerciale forse è una esagerazione, ma i dischi in Canada vendono in modo rispettabile. Whiteout Condition è l’ultimo disco del 2017 in cui canta Neko, e l’album in trio del 2016 con Laura Veirs e KD Lang il penultimo uscito https://discoclub.myblog.it/2016/06/29/le-csn-degli-anni-2000-caselangveirs/ . E proprio la Lang appare come voce di supporto in Last Lion Of Albion, il delizioso secondo brano di raffinato stampo pop di questo nuovo Hell-On, -co-prodotto, come altri sei del CD, da Bjorn Ytlling di Peter, Bjorn And John, che ha curato la quota svedese dell’album e il mixaggio complessivo del disco. La title track Hell-On è stata scritta con Paul Rigby, chitarrista e collaboratore abituale della Case, mentre Doug Gillard è l’altro chitarrista, e nella parte americana dell’album collaborano anche Joey Burns dei Calexico, Steve Berlin e Sebastian Steinberg, un brano “lunare” e soffuso, dove Neko suona la kalimba, e ci sono anche cello e autoharp.

Da Stoccolma arriva pure Halls Of Sarah, delicata e complessa, con la base strumentale incisa in Arizona, come le voci di Laura Veirs e Kelly Hogan. A questo punto facciamo un piccolo salto nel passato: siamo nel settembre del 2017, quando alle tre del mattino Neko Case riceve una chiamata dagli Stati Uniti in cui le viene comunicato che la sua casa nel Vermont sta bruciando e non ci sono speranze di salvare nulla, tutti i suoi possedimenti vanno in fumo, si salvano solo i cani e le persone care. Ma la nostra amica, che a dispetto dell’aspetto esteriore tranquillo è una tipa tosta, decide di completare comunque l’album, infatti nei contenuti appaiono vari richiami a questa vicenda, a partire dal titolo e dalla copertina, dove la Case appare con il capo ricoperto di sigarette e con la sua strana acconciatura che prende fuoco. Si sa che spesso dalle disgrazie nascono spunti di resilienza ed in effetti l’album nel complesso risulta una dei suoi migliori https://www.youtube.com/watch?v=j5MPRCf2M9U , con una clamorosa eccezione in Bad Luck (altro riferimento) che sembra quasi un brano della futura reunion degli Abba, e che francamente, esprimo un parere personale, a qualcuno piacerà, ci poteva risparmiare, tra ritmi disco-pop e coretti insulsi molto kitsch https://www.youtube.com/watch?v=MnCRbKyn1KY .

Invece molto meglio, sempre prodotta da Ytlling, la lunga e maestosa ballata Curse Of The I-5 Corridor che vale quasi da sola l’album, e in cui la Case duetta con Mark Lanegan, e con le voci, quella chiara e cristallina di Neko e quella bassa e profonda di Lanegan che si intrecciano con risultati assolutamente affascinanti, a tratti anche solari,  grazie alle tastiere di Burns e alla batteria di Matt Chamberlain. Molto bella Gumball Blue, scritta con Carl A.C. Newman dei New Pornographers, che aggiunge la sua voce a quella della Hogan, della Lang e di vari altri vocalist per una pop song raffinata e composita, dove si apprezzano il violino di Simi Stone e pure il synth di John Collins, vogliamo chiamarlo, parafrasando Nick Lowe, “pure pop for now people” https://www.youtube.com/watch?v=ccNWxAB8hk8 ? Anche la sognante Dirty Diamond ha complessi arrangiamenti, con  doppia chitarra e batteria, altro “alt-pop” elegante dove spicca la voce sicura e brillante della nostra amica https://www.youtube.com/watch?v=Ki7wQbTGPXI .

Oracle Of The Maritimes, scritta con Laura Veirs, suono avvolgente, molte chitarre acustiche ed elettriche, cello, piano, clavicembalo e la voce che quasi galleggia sulla base strumentale, con un ottimo crescendo finale. Winnie, dove tra le altre appare anche Beth Ditto, buona ma nulla di memorabile, mentre più interessanti Sleep All Summer, scritta e cantata a due voci con Erich Bachmann, da tempo anche nella sua touring band e ancora My Uncle’s Navy, di nuovo con Newman, che grazie anche alla stessa Case a piano e chitarre ed alla pedal steel di Jon Rauhouse rimanda in parte alle sonorità del passato, tra wave e alt-country https://www.youtube.com/watch?v=cPkr54tl1gw . Pitch Or Honey, con un misto di strumenti tradizionali e drum machines e synth incombenti mi piace meno, ma non inficia il giudizio complessivamente più che positivo dell’album.

Bruno Conti

Dopo Trent’Anni E’ Ancora Una Goduria! Roy Orbison – Black & White Night 30

roy orbison black and white night

Roy Orbison – Black & White Night 30 – Legacy/Sony CD/DVD – CD/BluRay

Nella seconda metà degli anni ottanta ci fu una meritoria operazione di revival per quanto riguardava il grande Roy Orbison, uno degli originali rock’n’roller del periodo d’oro della Sun Records: dopo i fasti (e le tragedie personali) degli anni cinquanta e sessanta, la figura di Roy cadde nel dimenticatoio per tutti i settanta (anche se in quel periodo continuò ad incidere) e soprattutto nel primo lustro degli eighties; il primo a tirare fuori il nostro dalla naftalina fu il regista David Lynch, che nel suo controverso ma famoso film Blue Velvet diede una parte centrale alla canzone In Dreams. Poi ci fu il Grammy vinto per il duetto con k.d. lang in Crying, e nel 1987 il doppio album In Dreams, contenente versioni rifatte da capo a piedi dei suoi classici. Ma la parte centrale dell’operazione di recupero di “The Big O” fu il concerto tenutosi nel Settembre del 1987 al piccolo Cocoanut Grove di Los Angeles, un evento che rimarrà negli annali come Black & White Night, in quanto il bianco e nero era sia il dress code della serata che la tecnica con cui venne girato il filmato. Il concerto ebbe un enorme successo (passò via cavo per la HBO ed uscì anche al cinema), tanto che dopo due anni uscì anche in CD e VHS (ed in DVD diversi anni dopo): peccato che nel 1989 il vecchio e malandato cuore di Orbison avessa già ceduto, senza avere il tempo di godersi il successo del suo vero e proprio comeback album, lo splendido Mystery Girl (invece riuscì a vedere il suo nome di nuovo in testa alle classifiche con il primo disco del supergruppo dei Traveling Wilburys, formato con George Harrison, Bob Dylan, Tom Petty e Jeff Lynne).

Oggi i figli di Roy, curatori degli archivi dopo la morte della madre Barbara (che era anche la manager del nostro, oltre che la seconda moglie), ripubblicano quella storica serata nel trentennale del suo svolgimento (ma sono già passati trent’anni? Quasi), in un’elegante confezione contenente sia il CD che il DVD (o, per la prima volta, il BluRay), ed aggiungendo anche dei bonus per rendere il piatto ancora più succulento. Le cose che saltano all’occhio (e all’orecchio) sono la nitidezza dell’immagine nonostante il bianco e nero e la purezza del suono, completamente rimasterizzato, ma soprattutto il fatto che per questa edizione tutto il filmato sia stato rimontato da capo a piedi, utilizzando riprese inedite effettuate con telecamere diverse da quelle del video originale, rendendolo quindi accattivante anche per chi possedeva il vecchio DVD o VHS. Ed è un immenso piacere godere nuovamente di quella magica serata, che vede in Roy un frontman carismatico ed in forma smagliante, accompagnato da una house band coi controfiocchi, la TCB Band, ovvero il backing group di Elvis Presley negli ultimi anni di carriera: Glen D. Hardin al piano, Jerry Scheff al basso, Ron Tutt alla batteria e soprattutto l’inarrivabile chitarrista James Burton, che sarà il vero protagonista della serata, dopo Roy ovviamente.

Ma questa Black & White Night è passata alla storia anche per la quantità impressionante di “amici” sul palco ad accompagnare Orbison, un vero e proprio parterre de roi che comprende un insieme di backing vocalists composto da Jackson Browne, J.D. Souther, Steven Soles, Bonnie Raitt, Jennifer Warnes e k.d. lang, più un trio di chitarristi formato da Bruce Springsteen, Elvis Costello e T-Bone Burnett (che è anche il cerimoniere), e Tom Waits all’organo e chitarra acustica (completano il quadro Mike Utley alle tastiere, Alex Acuna alle percussioni ed un quartetto d’archi). E la cosa che si nota è che nessuno degli ospiti invade lo spazio di Roy, non ci sono neppure duetti (solo il Boss armonizza con il leader in due brani, Uptown eDream Baby https://www.youtube.com/watch?v=ANy4x3wgTSA ), anzi guardano al nostro con immenso rispetto e devozione, quasi intimoriti dal suo particolare carisma (Orbison ha sempre avuto una presenza magnetica pur non muovendo un muscolo durante le sue esibizioni, tanto bastava la sua voce formidabile per entusiasmare): la sola presenza di Waits, uno che fa fatica a muoversi anche per promuovere sé stesso, è indicativa in tal senso. E’ quindi, lo ribadisco, un immenso piacere riascoltare (e rivedere) il grande Roy alle prese con le sue inimitabili ballate, veri e propri classici quali Only The Lonely https://www.youtube.com/watch?v=4YG__LBJVZ0 , In Dreams, Crying (cantata da solo nonostante la presenza della lang), It’s Over, Running Scared, Blue Bayou, canzoni nelle quali la voce allo stesso tempo gentile e potente del nostro è davvero l’arma in più; ma se Roy è famoso più che altro come balladeer, in questo concerto ha grande spazio anche l’Orbison rocker, con versioni strepitose e coinvolgenti Dream Baby, Mean Woman Blues (durante la quale Roy gigioneggia e si diverte con il suo tipico brrrrrrrr), e due incredibili versioni di Ooby Dooby e Go!Go!Go! (Down The Line), con Burton che fa letteralmente i numeri con la sua sei corde.

Ci sono anche un paio di brani nuovi, che finiranno due anni dopo su Mystery Girl (la marziale The Comedians, scritta da Costello, e la pimpante (All I Can Do Is) Dream You), ed un gran finale con una Oh, Pretty Woman da urlo, più di sei minuti di grande rock’n’roll con Burton che sotterra tutti nella jam finale, entusiasmando non poco il pubblico del piccolo club (nel quale si riconoscono Kris Kristofferson, Billy Idol e l’attore Patrick Swayze). Abbiamo detto dei bonus, sia nella parte audio che video: due nel concerto principale (la lenta Blue Angel, assente anche dalla trasmissione televisiva dell’epoca, ed una versione alternata e più sintetica di Oh, Pretty Woman), più un mini-concerto segreto tenutosi a fine serata e con un pubblico ristretto, cinque canzoni che erano presenti anche nella setlist principale, ed eseguiti più o meno allo stesso modo (ma Claudette secondo me è più riuscita), che nel CD sono assenti ma proposti a parte come download digitale con tanto di codice, una pratica piuttosto antipatica a mio parere. Conclude il tutto un documentario di poco più di dieci minuti con immagini tratte dalle prove e brevi interviste ad alcuni ospiti della serata, un filmato interessante ma forse non indispensabile. Black & White Night era uno dei migliori live degli anni ottanta, ed in assoluto una delle cose migliori della carriera di Roy Orbison, e questa ristampa ce lo riconsegna in tutto il suo splendore.

Marco Verdi

Le CSN In Gonnella Degli Anni 2000? Forse, Ma Non Solo: Case/Lang/Veirs

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Case/Lang/Veirs – Case/Lag/Veirs – Anti/Epitaph

Quando alcuni mesi fa (ma ne parlavano da tempo tra loro, e nel 2013 su Warp And Theft della Veirs era già successo)) Neko Case, k.d. lang Laura Veirs, in stretto ordine alfabetico), hanno deciso di unire le loro forze per registrare un album insieme, la prima obiezione che era stata fatta a questo progetto era quella dell’equilibrio da raggiungere tra i tre diversi talenti impegnati in questa operazione. Va detto subito che mi pare ci siano riuscite, in quanto le tre cantanti hanno saputo realizzare comunque una serie di canzoni dove le loro voci si amalgamano alla perfezione, in uno stile che, come ricordo nel titolo del Post, può essere considerato una sorta di versione 2.0  e femminile dei gloriosi intrecci vocali dei Crosby Stills Nash dei tempi d’oro: ovvero, tutte e tre a turno mettono a disposizione le proprie canzoni e si alternano alla guida dei vari brani, ma poi armonizzano in modo splendido, praticamente in tutte le canzoni contenute in questo disco, prodotto in modo misurato e brillante dal marito di Laura Veirs, Tucker Martine, che ha registrato l’album nei propri studi casalinghi di Portland, Oregon, utilizzando anche una sezione archi e dei fiati, oltre ad una serie di musicisti non celeberrimi (probabilmente il più noto dei quali è Glenn Kotche, il batterista dei Wilco) ma assai efficaci nel ricavare il meglio dal materiale proposto dalle tre autrici.

Non tutti i 14 brani sono forse dei capolavori, ma l’album si ascolta con piacere e pur evidenziando l’indie-pop raffinato di Neko Case, il folk intellettuale e brillante di Laura Veirs (un po’ alla Suzanne Vega) e il jazzy pop sognante e brillante a livello vocale di k.d. lang, a tratti sorprende per le citazioni (certo non nuove, ma sempre gradite) di Best Kept Secret, un rock solare e californiano, mosso e di impronta rock, direi quasi alla Bangles, ed è inteso come un complimento, con le voci, guidate da Neko Case, che fluttuano con estrema godibilità sul tappeto di archi e fiati di stampo beatlesiano realizzato da Martine, mentre chitarre e tastiere e sezione ritmica confezionano un delizioso tourbillon di frizzante pop, nella accezione più brillante e nobile del termine. In alcuni brani, come nell’iniziale Atomic Number, l’intreccio delle voci rasenta la perfezione assoluta, con un’aria malinconica ma serena che esce dalle note di questa splendida canzone. O nella magnifica Song For Judee,dedicata ad una delle più geniali, brillanti e sfortunate cantautrici dell’epopea californiana, quella Judee Sill che fu grande almeno come le sue contemporanee Joni Mitchell, Laura Nyro Carole King, e in questo brano gli agganci con il country-pop west-coastiano di CSN ci sta tutto, tra viole sognanti, pianoforti e una batteria delicata che aggiungono tratti quasi barocchi a questo brano sempre malinconico, ma pervaso comunque da questa aurea serenità senza tempo.

I brani più riconoscibili sono indubbiamente quelli di k.d. lang., Blue Fires, Honey And Smoke 1.000 Miles Away ci rimandano a quell’allure tra jazz e pop dei migliori brani di Ingenue, il suo disco più conosciuto, impreziositi dalle armonie delle amiche Case e Veirs. Ma è nei momenti corali che le tre eccellono, in Delirium sembra di ascoltare quasi dei Mamas And Papas trasportati per incanto ai giorni nostri (senza Papas, solo Mamas) o qualche girl group d’antan che ci delizia con questo pop raffinato, dove una “scivolata” di organo Farfisa o un colpo di tamburello sono posizionati con incredibile precisione tra gli svolazzi vocali. Green Of June, fonde il folk-rock al pop più complesso, sempre tra archi, marimbe, vibrafoni, tastiere e chitarre acustiche, mentre le voci richiamano gruppi come  Renaissance, Fairport Convention o i californiani It’s A Beautiful Day e i Joy Of Cooking di Terry Garthwaite Tony Brown. Anche Behind The Armory si muove in quello spettro sonoro tra la Annie Haslam più folk e qualche tocco di Suzanne Vega Laura Marling, meno intellettuali e più “popolari”.

Supermoon potrebbe uscire proprio dal primo album della Vega, anche se le voce di Laura Veirs è meno monocorde e gli intrecci armonici e l’uso degli archi aggiungono un tocco di “dream folk”. Però è quando le voci si sommano, come nella corale I Want To Be Here, che le tre ragazze ricordano gli intrecci vorticosi dei CSN citati all’inizio, in versione femminile e con un’altra prospettiva sonora, ma l’idea di base è quella. Niente male pure Down o la sognante e morbida Why Do We Fight, dominata dalla splendida voce della canadese k.d. lang, con le altre che le fanno da damigelle d’onore, per poi affidare la conclusione ad un altro dei pezzi forti di questo album, una Georgia Stars dove la Case (o è la Veirs?) rievoca di nuovo questa specie di folk futuribile, discendente lontano di quello cerebrale della Mitchell, figlio di quello indie alternative della Vega e sempre graziato dai brillanti florilegi di voci e strumenti che interagiscono in modo perfettamente calibrato. Forse, anzi sicuramente, si tratta di musica già sentita, ma confezionata così come non la si ascoltava da tempo, quindi merita la vostra attenzione.

Bruno Conti

Due Grandi Voci Femminili. La Prima Dal Canada: Apriamo Il Borsellino Di Ulisse E Troviamo Tante Belle Canzoni, Forse Persino Troppe! Jane Siberry – Ulysses’ Purse

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Jane Siberry – Ulysses’ Purse – Sheeba Music/CD Baby

Jane (Stewart) Siberry nasce il 12 ottobre del 1955 a Toronto, in Canada: inizia la sua carriera musicale con alcuni gruppi di rock alternativo locale alla fine degli anni ’70 (allora si chiamava new wave) e poi pubblica il primo album da solista, l’omonimo Jane Siberry nel 1981, da allora, tra album ufficiali di studio, live e antologie ne ha pubblicati più di 20, compresi alcuni realizzati sotto lo pseudonimo di Issa, quando per un breve periodo, tra il 2006 e 2009, dopo avere venduto tutti i suoi averi tramite eBay (la casa di Toronto e i suoi strumenti musicali inclusi, ma non la sua collezione di album di Miles Davis, il suo musicista preferito insieme a Van Morrison e Joni Mitchell), si immerge in un misticismo pastorale influenzato dalle religioni orientali e dall’amore per la natura. Se volete leggere quello che avevo scritto ai tempi su di lei lo trovate qui http://discoclub.myblog.it/2010/05/20/cd0c383d1c6ffa6e05aecf6c823ee077/. Da allora mi è capitato di parlare della cantante canadese solo in un’altra occasione, quando aveva partecipato ad un evento benefico per raccogliere fondi, poi pubblicato dalla True North come Concert For St, Stephens nel 2013, ma registrato nel 2005 e quindi antecedente gli ultimi eventi della carriera musicale della Siberry. Diciamo che se l’album più noto di Jane è quel When I Was A Boy del 1993, prodotto da Brian Eno Michael Brook, il disco che contiene il singolo Calling All Angels, cantato in coppia con con K.D. Lang (e apparso anche nella colonna sonora di Until The End Of The World), tutta la sua discografia è ricca di gioiellini sonori sparsi un po’ in tutti gli album e quindi vi consiglierei eventualmente di cercare la doppia raccolta Love Is Everything – The Jane Siberry Anthology.

jane siberry love is everything

Per quanto purtroppo non di facile reperibilità, ma si trova, con un po’ di pazienza, cercando in rete, come pure gran parte della sua produzione, che è, in ogni caso, tutta degna di nota, con alcune punte di grande qualità. Anche questo ultimo album Ulysses’ Purse non contribuirà a “diffondere il verbo” della sua bravura, visto che si trova principalmente attraverso il canale CD Baby e costa un bel 20 dollari, più le spese di spedizione. Però se volete approcciare per la prima volta, o continuare a seguire, se siete già dei fans, il talento vocale ed artistico di questa splendida cantante, il disco mi sembra decisamente buono. L’album ha avuto una gestazione lunghissima, doveva già uscire nel 2014 con il titolo di Consider The Lily, grazie ad un crowdfunding di 30.000 dollari canadesi che dovevano servire a coprire parzialmente i costi della registrazione del CD. Poi la raccolta ha superato decisamente quell’obiettivo e quindi Jane Siberry (che ha anche un carattere particolare ed una attitudine di vita quasi da nomade) si è presa i suoi tempi, ha più volte annunciato e poi rimandato il disco, che alla fine è uscito da qualche settimana, anche se, purtroppo, vista la scarsa reperibilità e l’elevato costo, se ne sono accorti in pochi.

Per i siti e le riviste musicali specializzate la Siberry spesso viene catalogata sotto un generico “dream pop”, che per quanto abbastanza accurato nel descrivere il suo stile, è anche abbastanza riduttivo. Lo usereste per parlare di gente come Joni Mitchell, Kate Bush, Van Morrison, Laurie Anderson,  a cui spesso viene accostata? Non credo, e quindi vediamo di approfondire i contenuti di questo Ulysses’ Purse, che nei suoi tredici brani e quasi 70 minuti di musica, contiene “quasi” fin troppe canzoni: secondo molti è meglio fare dei dischi più succinti e meno lunghi, piuttosto che disperdere le idee in un elevato numero di canzoni o in un minutaggio eccessivo. Il sottoscritto è della scuola opposta: secondo me, posto che, salvo rarissime eccezioni, il disco perfetto non esiste, meglio avere tante canzoni tra cui scegliere ed a cui affezionarsi, sentendone alcune meno, ma poi (ri)scoprendole magari con il tempo, che tagliare brutalmente i contenuti dei dischi (come in passato hanno fatto quasi tutti, da Dylan a Springsteen, a Petty, allo stesso Van Morrison, salvo poi, anni dopo, pentirsi e andare quindi al recupero dei propri archivi “perduti”). Pertanto meglio un album forse troppo lungo e non perfetto, se qualche canzone piace meno, pazienza, si salta al momento, ma poi si può recuperare in un secondo momento, con un’altra disposizione d’animo. Posto che il brano abbia comunque qualche spunto di interesse, se è brutto, rimane tale. Qui direi che di pezzi brutti non ce ne sono.

Curiosamente, ma anche no, in Ulysses’ Purse, la Siberry torna a collaborare con la vecchia amica K.D. Lang (https://www.youtube.com/watch?v=z-CnYAJc-Q0) e la prima cosa che si nota, dalla prima nota che esce dalla sua bocca in Hide Not Your Light, è che la nostra amica non ha perso nulla di quella voce stupenda che mi ha sempre affascinato: compassionevole, appassionata, sognante, con quel timbro vocale che oscilla tra il soprano ed il contralto è sempre un vero piacere ascoltarla. Il disco è anche una sorta di salto nel passato, con l’apparizione di vecchi collaboratori (tra gli oltre 25 musicisti che appaiono nell’album), come Ken Myhr alla chitarra, che non suonava con la Siberry dal disco del 1993, o lo stesso John Switzer, a lungo bassista, e compagno, della musicista di Toronto, con i figli Jacob Hallie (che pare sia depositaria del suo vecchio guardaroba), ma anche Kevin Breit, anche lui chitarrista, a lungo con Norah Jones, o i talenti vocali di Mary Margareth O’Hara, altra grandissima vocalist, Rebecca Jenkins Maria Doyle Kennedy, le cui voci si intrecciano con quella di Jane in intricate armonie che sbucano all’improvviso nel dipanarsi delle canzoni. Canzoni che oscillano, come di consueto, tra un sound carico di quella leggera elettronica che ha sempre caratterizzato anche il sound dei dischi anni ’80, ballate pianistiche, persino qualche escursione nel rock e nel pop, come nella “radiofonica” (magari!) e splendida Everything You Knew As A Child, dove chitarre elettriche, tastiere e batteria, si mescolano con oboe, archi e fiati, oltre a quelle voci stratificate e sognanti, quasi eteree nel loro dipanarsi. Oppure come nella citata, iniziale, Hide Not Your Light, dove un cello, una tromba e il piano fanno da contrappunto alle massicce iniezioni di voci corali che circondano quella della Siberry.

O ancora nella splendida e conclusiva Let Me Be A Living Statue, dove le voci di Jane Siberry e poi di K.D. Lang (quando arriva, si riconosce subito) si avvolgono, si accarezzano, si sovrappongono, in un magico ed emozionante interscambio vocale, sottolineato da un bellissimo accompagnamento di archi, che ha quasi l’intensità di un instant classic, una sorta di Hallelujah per gli anni 2000. Ci sono parecchie altre canzoni molte belle, tra l’altro tutte parecchio lunghe, tra i cinque e i sei minuti, con Morag che supera i sette, una ballata pianistica, sempre caratterizzata da questi crescendi elttroacustici, dove piano, cello, chitarre acustiche, archi e altri strumenti acustici sottolineano la voce stratificata e ricca di eco della Siberry e dei suoi collaboratori vocali per ottenere questo effetto carezzevole ed  avvolgente. Spesso nei brani si aggiungono effetti sonori presi dalla natura e da ciò che ci circonda e se ascoltati in cuffia mentre si cammina, magari in una metropoli, come ha fatto il sottoscritto, rendono ancora più affascinante e “diverso” l’ascolto, come nella soffusa Dark Tent, dove cello, oboe, piano, violino e delle tastiere elettroniche si contendono l’attenzione dell’ascoltatore, oltre alla voce sempre magnifica ed evocativa di Jane.

Molto bella pure Walk On Water, dove delle percussioni discrete, un walking bass e le solite splendide armonie vocali, sono arricchite da una steel guitar malinconica. Meno immediato il suono quasi “ambient” di Anytime, dove una chitarra circolare e armonie quasi beatlesiane, potrebbero conquistarci con ripetuti ascolti. L’orientaleggiante Geranium ha più di una parentela con certe cose di Kate Bush, Tori Amos o persino Bjork, mentre nell’alternanza cantato-parlato della complessa Five And Dime si ascolta quasi una sorta di stream of consciousness, un flusso di coscienza che ha qualche punto di contatto con la Joni Mitchell di Don Juan’s Reckless Daughter, anche se la voce è meno cristallina e più discorsiva. Mama Hereby è quasi una ninna nanna orchestrale che potrebbe venire da qualche colonna sonora dei film Disney, con In My Dream che ci riporta alla Kate Bush più onirica e ricercata (ma queste cose Jane Siberry le ha sempre fatte). Altro poema in musica è The Great Train, inizio e chiusura, parlato e in sordina, che poi si apre su un ricco arrangiamento dove le voci sono nuovamente al centro della musica, ricercata e di non facile fruibilità ma che verrà apprezzata, spero, come peraltro tutto l’album, da chi ama una musica “diversa” dal 95% di quello che si ascolta oggigiorno. Forse i fan del rock più tradizionale è meglio che stiano alla larga, più che di sognare rischiano di farsi dei “grandi sonni”, lo ammetto, ma per chi vuole sperimentare, se riuscite a recuperare l’album, potrebbe essere una piacevole sorpresa. Domani parliamo di Mary Coughlan!

Bruno Conti

NDB, Purtroppo i video delle canzoni del nuovo album non sono disponibili su YouTube per cui ho inserito un po’ di video presi dal passato della nostra amica. Se volete potete ascoltarlo o scaricarlo (a pagamento) qui http://store.janesiberry.com/album/ulysses-purse-2016

Suadenti Atmosfere, Sempre Dal Canada ! Lynne Hanson – River Of Sand

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Lynne Hanson – River Of Sand – Continental Song/IRD

In questi ultimi anni non è stato infrequente incontrare ed apprezzare nuovi talenti femminili apparsi quasi improvvisamente alla ribalta musicale, in particolare delle “ladies” della musica d’autore dal paese delle “Giubbe Rosse”. La “signorina” in questione porta il nome di Lynne Hanson, arriva da Ottawa, Ontario, è giunta al quarto lavoro, dopo l’esordio con Things I Miss (06), seguito da Eleven Months (08), e l’acclamato Once The Sun Goes Down (10), vincitore del Colleen Peterson Award, In questi ultimi anni si è fatta conoscere girando tutto il Canada e Stati Uniti, approdando anche in Europa (Scozia e Olanda) con una serie di concerti che oltre a dimostrare il suo talento, evidenziavano una progressiva crescita sia nella qualità del “sound”, sia nella cura dei testi, aiutata dalla sua amica e produttrice canadese Lynn Miles (un’altra cantautrice da riscoprire, con ottimi dischi alle spalle e vincitrice del Juno Award).

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Anche questo River Of Sand è prodotto dalla Miles, e vede la Hanson accompagnata da bravi musicisti di “area”, tra i quali Phil Shaw Bova, MJ Dandeneau, Andres Derup, Mike Dubue, Jonathan Ferrabee, Keith Glass, Fraser Holmes, Gilles LeClerc, Lyndell Montgomery, Bob Stagg, e come coriste Rebecca Campbell e la stessa Lynn Miles, il tutto per quarantacinque minuti di tematiche sulla solitudine.

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Si incomincia a risalire il fiume con la melodia che scorre dalla title track River Of  Sand https://www.youtube.com/watch?v=2fdauZd1FYE , indi passando per le note alcooliche di Whiskey And Tears, una ballata di dolore come This Too Shall Pass https://www.youtube.com/watch?v=SuhUeIvaEww , e l’eclettico drumming di Waiting By The Water, con la pedal steel in bella evidenza. Il viaggio lungo la sabbia del fiume prosegue con il suono ammaliante di Heaven And Hell https://www.youtube.com/watch?v=wBYBKd5ymIU , il dolce suono del mandolino nell’acustica Tightrope, lo splendido assolo della pedal steel in una ballata dolcissima come Foolish Things, e lo spiazzante “uptempo” di Good Intentions. Ci si avvicina alla foce del fiume con le note vellutate di un pianoforte in Colour My Summer Blue, gli arpeggi malinconici di una commovente That Old House, attraccando a riva con le sonorità country di Trading In My Lonesome, firmata insieme alla  Miles. Sentendo questo River Of Sand, viene da chiedersi come faccia da decenni il freddo Canada a  sfornare cantautrici di vaglia (a partire dalla più brava, Joni Mitchell, passando per K.D. Lang, Buffy Sainte-Marie, Jane Siberry, Sarah Harmer, Kathleen Edwards, Mary Margaret O’Hara, e tantissime altre), tutte depositarie di una tradizione fortemente radicata con il cantautorato nordamericano, con suoni dalle belle melodie, strumentazione acustica in evidenza, su un tessuto di brani folk di rara bellezza. Aggiungo che Lynne Hanson è in possesso di una delle voci più belle, duttili ed espressive attualmente in circolazione, che, se volete approfondire, vi accompagnerà in queste piovose giornate autunnali, e non solo!

Tino Montanari

Novità Di Settembre Parte Ia. Neko Case, North Mississippi Allstars, Volcano Choir, Reckless Kelly, Sweet Relief III

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E siamo arrivati anche a settembre: consueta lista delle uscite previste per domani, martedì 3 settembre (le date che leggete abitualmente sul Blog, sono indicative e sono quelle segnalate da case discografiche, etichette e siti degli artisti, per cui può capitare che i CD siano in circolazione anche prima di quella data, ma in modo diciamo non ufficiale). Questa settimana escono anche le due ristampe di Mike Oldfield, Crises e Five Miles Out in vari formati, di cui cui vi avevo parlato già nel lontano giugno, dell’ottimo Okkervil River avete letto ieri, esce pure un CD+DVD, DVD o Blu-Ray di Bryan Adams, Live At Sydney Opera House, il nuovo Over The Rhine, Meet Me At The Edge Of The World, di cui vi ha parlato chi scrive, il doppio Rarities di Rod Stewart e altri dischi, tipo Nine Inch Nails e John Legend, che non rientrano nel target del Blog. Più parecchie altre novità interessanti che trovate divise in due parti, come sta diventando abitudine consolidata.

Neko Case era all’incirca da quattro anni, dai tempi di Middle Cyclone, che l’aveva portata nei Top 5 delle classifiche di Billboard, che non pubblicava un nuovo album. Anni che sono stati ricchi di problemi, tra cui una leggera forma di depressione, anche causata dal ricordo macerato per le perdite dei genitori e dell’amata nonna che erano state accantonate e in questo disco vengono affrontate di nuovo con forza. Già il titolo, lunghissimo, è indicativo, The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You. Perchè vedete due diverse copertine? Perché anche la Anti non si è tirata indietro da questa “sciagurata” abitudine della doppia versione, normale e Deluxe, ma in un disco singolo, una con tre brani in più dell’altra, molto più costosa e anche, in questo caso, con copertine e confezioni diverse. Per il resto il disco mi sembra molto bello, con la partecipazione di membri assortiti di Los Lobos, Calexico, My Morning Jacket, Camera Oscura e componenti  vari del suo “secondo gruppo”, i New Pornographers, con cui ha cantato in cinque album, oltre ai sei da solista, un paio di Live e molte collaborazioni, e la Case si conferma una delle cantautrici più brave ed eclettiche in circolazione.

Dopo l’ottimo Keys To The Kingdom del 2011 temp-086ee697a949edee280239fe48ea96b8.html, e “decine” di progetti collaterali, tornano i North Mississippi Allstars con un nuovo album di studio, World Boogie Is Coming, sempre per la loro etichetta Song Of The South e con la partecipazione, come è consuetudine nei loro dischi, di molti ospiti, da Lightnin’ Malcolm, Duwayne e Garry Burnside, Kenny Brown, Alvin Youngblood Hart, Sharde Thomas, Chris Chew, Sid e Steve Selvidge, financo Robert Plant, ma all’armonica, nei due brani iniziali. Consueto, ma sembre benvenuto, album di southern rock blues elettrico.

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Seconda “terzina” di uscite.

I Volcano Choir sono l’ennesimo gruppo di Bon Iver (o meglio di Justin Vernon), oltre agli Shouting Matches, di cui qualche mese fa era uscito il debutto Grownass Man. Repave è il secondo disco per questa sigla, dopo Unmap del 2009, che vede insieme Vernon con alcuni componenti di The Collections Colonies Of Bees, per un sound più “rude” e sperimentale rispetto al suo moniker da solista, differente anche dal semi rock-blues diretto, in trio, degli Shouting Matches. L’etichetta è la Jagjaguwar, file under alternative indie-rock-

E i Reckless Kelly dei fratelli Braun sotto cosa li cataloghiamo? Alternative country-rock. Ah, va bene. Oppure anche come “bravi”, semplicemente. Long Night Moon. che esce per la loro No Big Deal Records. dovrebbe essere l’undicesimo disco, compresi i Live, e li conferma tra i migliori eredi della grande tradizione del country-rock classico misto al southern rock del loro Texas natio, con tante chitarre e belle canzoni dalle armonie irresistibili.

Quella dei dischi della serie Sweet Relief, per la raccolta di fondi per la ricerca sulla sclerosi multipla, giunge al terzo capitolo, dopo il disco dedicato a Victoria Williams, affetta dalla malattia e il secondo, con le canzoni dello scomparso Vic Chesnutt. Questa volta, per Sweet Relief III: Pennies From Heaven il tema del disco ruota intorno alle canzoni sull’aiuto e l’assistenza a chi ha bisogno e c’è la solita pattuglia di ottimi cantanti sul CD distribuito dalla Vanguard:

Ron Sexsmith                  Pennies From Heaven

Shelby Lynne                  Brother Where Are You

Sam Phillips                     Big Spender

k.d. lang                           How Did You Find Me Here

Ben Harper                      Crazy Love

Genevieve Toupin            Heart Of Gold

Joseph Arthur                   If I Needed You

Rickie Lee Jones              Surfer Girl

Tina Schlieske                  With A Little Help From My Friends

Victoria Williams               Change Is Gonna Come

She & Him                         King Of The Road

Eleni Mandell                    I’ll Be Home

Jackson Browne               Don’t Let Us Get Sick

Per una buona causa e l’occasione per i fans di alcuni cantanti presenti di arricchire la loro collezione.

Domani il seguito delle uscite del 3 settembre.

Bruno Conti

Una Canadese Tira L’Altra! Il Ritorno Di k.d. lang and the Siss Boom Bang – Sing It Loud

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k.d. lang and the Siss Boom Gang – Sing It Loud – Warner/Nonesuch

E’ ovvio che non stiamo parlando di tende ma di una delle più belle voci prodotte dal Canada e dalla musica tutta. Questo nuovo album che esce nell’anno in cui compirà 50 anni ce la ripresenta per la prima volta con un gruppo fisso ad accompagnarla come non accadeva dai tempi dei Reclines. Secondo qualcuno questo da solo non è sufficiente a rendere questo Sing it Loud il suo disco migliore dai tempi di Ingenue. Per chi scrive sì, intanto questa volta (con un’unica ma significativa eccezione) si tratta tutto di materiale originale scritto da Kathryn Dawn e dalla sua band e qui starebbe l’inghippo perché secondo altri il meglio della sua produzione risalirebbe alle sue collaborazioni (anche come autrice) con l’ottimo musicista, sempre canadese e coetaneo, Ben Mink. Potrebbe essere, ma ciò non toglie che in questo CD nuovo la Siss Boom Gang, guidata dal produttore e polistrumentista Joe Pisapia ha aggiunto un carattere di spontaneità e freschezza (si dice che l’album sia stato registrato dal vivo in studio in presa diretta) e si sono prodigati anche come autori dei brani.

Sin dagli inizi si capisce che l’atmosfera è quella giusta,  I Confess è la migliore canzone di Roy Orbison degli ultimi venti anni, e non è un’impresa da poco considerando che “The Big O” se ne è andato alla fine del 1988, scritta dalla stessa Lang con la coppia Joshua Grange e Daniel Clarke (tastierista il secondo e colui che si occupa di dobro e baritone guitar il primo). Baritone guitar che caratterizza il torch and twang della successiva A Sleep With No Dreaming con la voce di kd lang che galleggia con soprannaturale lievità sulla base fornita dal gruppo. Chiaramente non state (stiamo) ascoltando un disco di rock ma una delle voci più straordinarie prodotte dalla musica pop americana negli ultimi 50 anni (non per nulla Tony Bennett, che è uno che di voci se ne intende e che ha fatto un disco con lei, l’ha definita una “classica cantante di ballate degli anni ’50”, ovviamente riportata ai giorni nostri). Come viene ribadito da The Water’s Edge un’altra dolcissima ballata firmata, come la precedente, dalla coppia lang/Pisapia: una chitarra acustica, una pedal steel sullo sfondo e non solo e quella “voce” potente e naturale che inchioda le note con una precisione stupefacente come sapeva fare il suo grande maestro Roy Orbison. Aggiungete un tocco di reverbero, una bella produzione e voilà i giochi sono fatti.

La nostra amica non è stata mai stata una rocker ma di tanto in tanto lo ha sfiorato e in Sugar Buzz, con le chitarre elettriche di Pisapia e Grange in evidenza, l’organo di Clarke in spolvero ed una sezione ritmica più grintosa, ci ritorna e avvicina temi musicali quasi Beatlesiani, provate a pensare a come potrebbe essere Don’t Let Me Down o qualche pezzo del Lennon più sognante nella sua versione.

Sing it Loud, scritta dal solo Pisapia ha una atmosfera “a little jazzy”con il banjo e il dobro in evidenza su una ritmica vagamente (ma giusto un poco) da bossanova. Inglewood con una pedal steel guitar in primo piano è un brano country di quelli che costellavano la prima parte della sua carriera, ma country di qualità, da portatore di sane tradizioni e “radici”.

Habit Of Mind scritta ancora con Clarke e Grange è un altro mid-tempo dove il dobro si amalgama alla perfezione ancora una volta con la steel e i coretti del gruppo aggiungono di nuovo quella vaga patina beatlesiana alla voce pressoché perfetta di kd lang. Si diceva di una unica eccezione al materiale scritto in proprio, si tratta di una cover del bellissimo brano dei Talking Heads Heaven, un altro brano sognante e dalle atmosfere sospese e raffinate che conferma le capacità interpretative della Lang in grado di calarsi nei brani altrui con una classe unica (e mi vengono in mente Crying di Roy Orbison e Hallelujah di Leonard Cohen via Jeff Buckley, per citarne un paio). Versione da incorniciare e da riascoltare più volte.

Anche la conclusiva Sorrow Nevermore ha una marcia in più rispetto al materiale contenuto nel precedente album Watershed che era comunque un buon album ma meno efficace di questo Sing It Loud che in una canonica recensione si meriterebbe le sue belle tre stellette e mezzo o se preferite un rotondo 7. L’edizione Deluxe (acquistabile solo sul suo sito o in quello della Nonesuch, per essere precisi) contiene 4 brani in più, pergamena e libretto con i testi. Era in pre-order ma forse lo trovate ancora qui sing-it-loud-expanded-edition.

Se amate le belle voci qui c’è “Trips for cats” o trippa per gatti se preferite! L’ho inserita come Disco UFO perchè il CD è entrato nei TOP 3 australiani, Top 10 canadesi e ha sfiorato i TOP 30 negli States. Non male!

Bruno Conti

Con Leggero Anticipo 3. Uscite Da Confermare, Ma Anche No! Emmylou Harris, Kd Lang, Fleet Foxes, Brandi Carlile, The Cars,Steve Miller Band, Stevie Nicks Eccetera

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Dopo i primi due post di gennaio torniamo a questa rubrica di anticipazioni a lunga gittata (aprile-maggio, le altre uscite marzo le lascio per rubriche di novità “normali): confermate per aprile le uscite di Paul Simon, Foo Fighters e Robbie Robertson vediamo quali sono le altre novità “sicure” di prossima programmazione, al di là dei fastidiosissimi TBA e Tbc che denotano dischi che non hanno nè titoli ne date certe, quindi niente Box di Joni Mitchell, niente ristampe presunte di Van Morrison, niente dischi nuovi di Chris Barber con ospiti a go-go (esce ai primi di settembre).

Iniziano con un terzetto (anzi 4) delle migliori voci femminili in circolazione: K.d. Lang pubblica il nuovo album il 12 aprile per la Nonesuch, è il primo con una band fissa dai tempi dei Reclines, il gruppo si chiama Siss Boom Bang e l’album è intitolato Sing It Loud. Come al solito per i perversi meccanismi del mercato discografico in pre-order sul sito della Lang o della Nonesuch si può trovare una versione speciale con 4 brani in più.

Sempre il 12 aprile ma per la Decca/Rounder esce il nuovo album di Alison Krauss & Union Station Paper Airplane. Fallito il progetto di dare un seguito al disco con Robert Plant Raising Sand vincitore di sei Grammy nel 2007, inclusi quelli pincipali non si è mai capito se perché ci sono stati dei dissapori o semplicemente Plant si era rotto di aspettare T-Bone Burnett (del quale, notizie fra poco), la Krauss è ritornata con il suo gruppo gli Union Station con cui aveva registrato Lonely Runs Both Ways. Pochi sanno che Alison Krauss è l’artista femminile che ha vinto più premi nella storia della musica, ben 26!

Il 26 aprile per la Nonesuch esce il nuovo CD di Emmylou Harris Hard Bargain. Anche in questo caso esiste(rà) una versione Deluxe doppia con DVD allegato con 6 brani filmati e interviste varie. Contiene un brano dedicato a Kate McGarrigle e uno a Gram Parsons (dopo tanti anni evidentemente non dimenticato)!

Della quarta, Brandi Carlile, secondo me la migliore delle “nuove” cantautrici in circolazione e che lo scorso anno mi ha dato un bidone concertistico causa vulcano in aprile e poi di nuovo a novembre per mancanza fondi. Per consolarci il 26 aprile o 3 maggio esce un CD Live At Benaroya Hall (la stessa del live dei Pearl Jam, bravi! D’altronde è a Seattle). Accompagnata da una orchestra sinfonica ci delizierà con i suoi migliori brani e qualche cover gustosa. Etichetta Sony. Se non la conoscete è l’occasione buona.

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Per la serie “a volte ritornano”: Mike & The Mechanics il gruppo dell’ex (?) Genesis Mike Rutherford torna con il nuovo album The Road il 12 aprile su etichetta CMG. E’ il primo del nuovo secolo, non ci sono più i vecchi cantanti Paul Carrack e Paul Young (quello dei Sad Café) sostituiti da Andrew Roachford ( è proprio lui) e dal canadese Tim Howar dei “famosissimi” Vantramp. Apperò!

Nel caso dei Cars dobbiamo risalire addirittura al 1988 ma anche loro riappaiono con un nuovo disco Move Like This di cui non so assolutamente nulla se non il titolo, Move Like This, l’etichetta Hear Music/Concord e la data di uscita, 10 maggio. Speriamo bene.

Chi è già alla fase 2 del ritorno è la Steve Miller Band che con il bluesato Bingo dello scorso anno ci aveva regalato un buon disco (meglio delle recenti penose ristampe). L’etichetta è sempre la Roadrunner/Warner, la copertina è sempre di Storm Thorgerson, la data è il 10 maggio. Viene annunciato come l’ultimo disco dove compare l’armonica di Norton Buffalo, scomparso nel 2009, ma l’avevano già detto per l’album dello scorso anno. Non manca neppure la cattiva abitudine di fare due versioni diverse, quella “Special” con 4 brani in più curiosamente più costosa, strano!

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Su questi tre nutro maggiori speranze. Steve Earle pubblica il nuovo album sempre su etichetta New West il 26 aprile prossimo, si chiama I’ll Never Get Ouf Of This World Alive. Naturalmente non manca la versione Deluxe con DVD del Making Of. Produce…indovinato, T-Bone Burnett e c‘è un duetto con la “sora” Earle, Allison Moorer.

Il 3 maggio esce per la Reprise (lei è una fedelissima) il nuovo di Stevie Nicks In Your Dreams. Anche qui nulla saccio.

Sempre il 3 maggio esce il nuovo dei Fleet Foxes Helplessness Blues.

Quando avrò ulteriori notizie aggiornamenti tempestivi.

Bruno Conti

Questo E’ Un Tributo! Stars Salute Joni Mitchell

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Stars Salute Joni Mitchell – DVD Immortal -2010

Non sempre queste serate di tributo sono destinate a rimanere nella memoria (farei una eccezione per la straordinaria serie dei concerti della Rock and Roll Hall Of Fame e qualche altro sparso qui e là) ma estenderei l’eccezione anche per questo concerto che si è tenuto nel lontano aprile del 2000 all’Hammerstein Ballroom di New York City e che vede la luce in DVD in questi giorni.

Intanto perché, come è sua consuetudine, è presente anche la festeggiata, Joni Mitchell, che in più di una occasione ha dichiarato che ben vengano questi tributi, ma ove possibile e finché la salute la assiste vuole partecipare come per una forma scaramantica, “ci sono quindi esisto ancora!”.

Poi perché il cast è veramente notevole: a partire dalla House Band guidata dall’ex marito Larry Klein, produttore e bassista, gli eccellenti chitarristi Dean Parks e Greg Leisz e la magica tromba con sordina di Mark Isham, tanto per citarne alcuni.

Gli ospiti e le canzoni: si parte, in tono minore, con una versione rock di Raised on Robbery, molto easy, cantata da Wynonna Judd e Bryan Adams e anche se Joni Mitchell nel suo palco a pochi metri dai cantanti sembra apprezzare, la partenza non è delle migliori.

Da qui in poi è un crescendo inarrestabile, con alti e bassi, ma sempre su livelli di assoluta eccellenza. A partire da Cyndi Lauper che esegue una versione di Carey intensa e raffinata, cantata con grande classe e partecipazione, veramente molto bella.

Proseguendo con una versione acustica di Woodstock eseguita da Richard Thompson, che la rende propria, come fosse una canzone scritta da lui e questo lo sanno fare solo i fuoriclasse.

Molto bella e trascinante la versione di Big Yellow Taxi cantata a due voci da Mary Chapin Carpenter e Shawn Colvin due delle discepole più fedeli di Joni. Con sorpresa finale con l’ingresso di James Taylor per un gioioso finale. Taylor che rimane sul palco per eseguire una immortale River uno dei brani più belli dal repertorio della cantante canadese e che il buon James rende con impeccabile gusto e misura. Wynonna Judd si riabilita con You Turn Me On I’m A radio molto vicina allo spirito della versione originale.

Che KD Lang abbia una delle voci più belle in circolazione viene confermato ancora una volta dall’esecuzione scintillante della dolcissima Help Me. Chi sovrasta tutti, a livello vocale, è la straordinaria Cassandra Wilson che regala fuochi pirotecnici vocali con una jazzatissima Dry Cleaner From Des Moines.

Le Sweet Honey In The Rock scelgono The Circle Game per la loro esibizione accapella, solo voci e qualche piccola percussione. Tornano Mary Chapin Carpenter e Shawn Colvin per una delle canzoni più amate di Joni Mitchell, la fantastica storia di Amelia.

Richard Thompson, nuovamente, è quello che più di tutti rivisita, alla propria maniera, da pari a pari, come fosse una canzone dal suo repertorio (l’ho già detto e lo ripeto) una Black Crow che diventa una feroce cavalcata chitarristica nel suo inconfondile e unico stile, grande versione. Anche Elton John in serata di buona vena personalizza da par suo la celebre Free Man In Paris.

Una delle sorprese della serata è Diana Krall, che da sola, seduta al suo piano regala al pubblico una intensissima e profonda versione di A case Of You, una delle più belle che mi è capitato di sentire e, sicuramente uno degli apici assoluti nella carriera della parimenti canadese signora Costello, veramente notevole.

Irritualmente, ma stiamo parlando della più grande cantautrice della storia della musica rock, Joni Mitchell sale sul palco per eseguire una versione orchestrale di Both Sides Now maestosa e molto classica. Gran finale con una corale The Circle Game cantata da tutto il cast ma un po’ buttata lì.

Una serata ad alta densità femminile (rara in questi tributi) e un DVD che mi sento di consigliarvi, anche se la qualità video non è delle più memorabili, molto pastellosa come spesso accade per i prodotti della Immortal di provenienza misteriosa ma con un audio molto buono (comunque non costano molto).

Bruno Conti

Novità Febbraio 2010: David Byrne & Fatboy Slim, Kd Lang, Cranberries Live, Nomadi etc.

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Questa volta titolo semplice, una veloce carrellata su alcune importanti (e non) uscite discografiche del mese di febbraio.

Prima di tutto un aggiornamento su una telenovela, anzi due: il nuovo album di Natalie Merchant Leave Your Sleep è stato ulteriorment posticipato, la nuova data parrebbe e sottolineo parrebbe il 6 aprile 2010.

Altra precisazione: il nuovo album di Peter Gabriel Scratch My Back, fermi tutti, confermato il 12 febbraio in Italia e il 15 a livello internazionale, avrà comunque anche una versione doppia deluxe. Contenuto non strabiliante, ma collezionisti e fans occhio alla penna: i pezzi in più, quattro, sono dei remix di The Book of love, My Body is a cage, Heroes e, attenzione, di Waterloo Sunset (Oxford London Temple Version) che non è contenuta nell’album.

Quella signora che vedete effigiata a inizio post, non avete le traveggole, è proprio Imelda Marcos: una strana accoppiata, David Byrne e Fatboy Slim le ha dedicato una “opera rock” dal titolo Here Lies Love, uscirà per Nonesuch/Warner a metà mese, questa è la tracklist

Disc 1

  1. Here Lies Love'(Vocals By Florence Welch Of Florence And The Machine)
  2. ‘Every Drop Of Rain (Vocals By Candie Payne And St Vincent)
  3. You’ll Be Taken Care Of (Vocals By Tori Amos)
  4. The Rose Of Tacloban (Vocals By Martha Wainwright)
  5. How Are You? (Vocals By Nellie Mckay)
  6. A Perfect Hand (Vocals By Steve Earle)
  7. Eleven Days (Vocals By Cyndi Lauper)
  8. When She Passed By (Vocals By Allison Moorer)
  9. Walk Like A Woman (Vocals By Charmaine Clamor)
  10. Don’t You Agree? (Vocals By Róisín Murphy)
  11. Pretty Face (Vocals By Camille)
  12. Ladies In Blue (Vocals By Theresa Andersson)

Disc 2

  1. Dancing Together (Vocals By Sharon Jones)
  2. Men Will Do Anything (Vocals By Alice Russell)
  3. The Whole Man (Vocals By Kate Pierson)
  4. Never So Big (Vocals By Sia)
  5. Please Don’t (Vocals By Santigold)
  6. American Troglodyte (Vocals By David Byrne)
  7. Solano Avenue (Vocals By Nicole Atkins)
  8. Order 1081 (Vocals By Natalie Merchant)
  9. Seven Years (Vocals By David Byrne And Shara Worden)
  10. Why Don’t You Love Me?'(Vocals By Cyndi Lauper And Tori Amos)
Sembra molto interessante, è già stata eseguita tre o quattro volte in concerto ma sulla carta o meglio, su disco, fa un altro effetto. Ovviamente non mancherà la classica edizione deluxe con 2 CD, un DVD e un libro.
I Cranberries, di cui si intensificano le voci di una imminente reunion, hanno pubblicato/stanno pubblicando, in Italia il 19 febbraio un album dal vivo registrato tra il 1994 e il 1998, titolo Bualadh Bos: The Cranberries Live, “Batti le Mani” per i non avvezzi al gaelico.
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Sempre intorno a metà mese, sempre su etichetta Nonesuch/Warner uscirà una succosa raccolta dedicata all’artista canadese, anche in questo caso versione doppio CD per i “poveri” e versione deluxe 3 CD + DVD per i famosi “pirla” di cui parlavo tempo or sono, tracklist come segue.

Special Features

 

  • DVD:
  • Constant Craving (From Ingénue, 1992)
  • Just Keep Me Moving (From Even Cowgirls Get the Blues: Music from the Motion Picture Soundtrack, 1993)
  • Hush Sweet Lover (From Even Cowgirls Get the Blues: Music from the Motion Picture Soundtrack, 1993)
  • Miss Chatelaine (From Ingénue, 1992)
  • The Mind of Love (From Ingénue, 1992)
  • Crying (with Roy Orbison) (From Hiding Out: Original Motion Picture Soundtrack, 1987)
  • You’re OK (From All You Can Eat, 1995)
  • Summerfling (From Invincible Summer, 2000)
  • Love Is Everything (From Hymns of the 49th Parallel, 2004)
  • Hallelujah (Live at the 2005 Juno Awards)
  • Helpless (Live at the 2005 Juno Awards)
Track List

 

Disc 1: The Best Of K.D. Lang Vol. 1

  1. Trail of Broken Hearts (Originally released on Absolute Torch and Twang, 1989)
  2. Constant Craving (Originally released on Ingénue, 1992)
  3. Air That I Breathe (Originally released on Drag, 1997)
  4. Helpless (Originally released on Hymns of the 49th Parallel, 2004)
  5. You’re OK (Originally released on All You Can Eat, 1995)
  6. Western Stars (Originally released on Shadowland, 1988)
  7. The Valley (Originally released on Hymns of the 49th Parallel, 2004)
  8. Summerfling (Originally released on Invincible Summer, 2000)
  9. Miss Chatelaine (Originally released on Ingénue, 1992)
  10. I Dream of Spring (Originally released on Watershed, 2008)
  11. Hallelujah (Originally released on Hymns of the 49th Parallel, 2004)

Disc 2: The Best Of K.D. Lang Vol. 2

  1. Help Me (Originally released on A Tribute to Joni Mitchell, 2007)
  2. Hush Sweet Lover (Originally released on Even Cowgirls Get the Blues: Music from the Motion Picture Soundtrack, 1993)
  3. Beautifully Combined (Previously Unreleased)
  4. Crying (with Roy Orbison) (Originally released on Hiding Out: Original Motion Picture Soundtrack, 1987)
  5. Love for Sale (From the film The Black Dahlia, 2006)
  6. Golden Slumbers / The End (Originally released on Happy Feet: Music from the Motion Picture, 2006)
  7. Barefoot (From the film Salmonberries, 1991)
  8. Moonglow (with Tony Bennett) (Originally released on Tony Bennett: MTV Unplugged, 1994)
  9. So in Love (Originally released on Red, Hot & Blue, 1990)
  10. Calling All Angels (with Jane Siberry) (Originally released on Until the End of the World: Music from the Motion Picture Soundtrack, 1991)
  11. Hallelujah (Previously unreleased)

Disc 3 – Rarities

  1. I’m Sitting on Top of the World (Originally released on The Prize Winner of Defiance, Ohio: Music from the Motion Picture, 2005)
  2. Sexuality (Originally released on All You Can Eat, 1995)
  3. Skylark (Originally released on Midnight in the Garden of Good and Evil: Music from and Inspired by the Motion Picture, 1997)
  4. Helpless (Live from KCRW, October 12, 2008)
  5. Western Stars (Live from KCRW, October 12, 2008)
  6. Wash Me Clean (Live from KCRW, October 12, 2008)
  7. Thread (Live from KCRW, October 12, 2008)
  8. Once in a While (Live from KCRW, October 12, 2008)
  9. I Dream of Spring (Live from KCRW, October 12, 2008)
  10. Smoke Rings (Live from KCRW, October 12, 2008)
  11. The Right to Love (Live from KCRW, October 12, 2008)
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Infine, per questo primo aggiornamento, visto che con le tracklist mi sono un po’ dilungato nel post, una breve notizia anche dal fronte italiano: la EMI sta per pubblicare… esatto, a metà mese, una doppia antologia I Nomadi ed Altre Storie: Best and Rarities del periodo 1965-1979, un’altra dirà qualcuno? Il secondo Cd però, cito testualmente il comunicato stampa “Contiene 17 tracce rarissime mai rese disponibili prima d’ora”. Il tutto a prezzo speciale.
Bruno Conti