Fleetwood Mac – Live – Warner 3CD/2LP/45rpm Box Set
Pensavo che i cofanetti Super Deluxe dedicati agli album dei Fleewood Mac nella loro “golden age” (1975-1987) fossero terminati dopo il recupero dell’omonimo Fleetwood Mac del 1975, che aveva seguito i vari Rumours, Tusk, Mirage e Tango In The Night: reputavo dunque che la Warner avesse deciso di fare a meno di riproporre il loro doppio dal vivo del 1980, intitolato semplicemente Live (o Fleetwood Mac Live come dice qualcuno), dal momento che tra il materiale bonus pubblicato nei vari box c’era sempre almeno un CD inedito dal vivo a parte Tango In The Night (ma semplicemente a causa del fatto che Lindsey Buckingham aveva lasciato la band prima dell’inizio del tour). Invece non è stato così, e quindi eccomi a parlare del nuovo box dedicato proprio al famoso doppio live del gruppo anglo-americano, un album che, anche se uscito nel 1980, faceva parte della gloriosa stagione dei grandi dischi dal vivo degli anni 70: il box si presenta esattamente con lo stesso concept dei precedenti, con la solita formula antipatica che accoppia i CD al vinile (in questo caso due vinili), una ripetizione inutile che serve solo a far lievitare oltremodo il prezzo (*NDB specie se avete già il doppio CD, che si trova ancora in giro a meno di 15 euro).
Il disco originale, che presentava canzoni tratte da varie date del Tusk Tour del 1979-80 (ma pure qualcosa dalla tournée di Rumours del 1977 ed anche un pezzo del 1975), occupa i primi due dischetti, mentre il terzo CD offre altre 15 performance totalmente inedite nuovamente prese da concerti americani ed europei del 1977, 1979, 1980 e perfino tre titoli dal Mirage Tour del 1982. Sul contenuto musicale niente da dire: i Mac sono stati spesso bistrattati dalla critica a causa del loro successo planetario e per il fatto di fare un pop-rock di stampo californiano decisamente commerciale, ma c’è pop e pop, e quello di Buckingham e soci era quanto di meglio si potesse trovare in giro all’epoca. Ed erano una grande band anche dal vivo, come confermano le tracce di questo box. Il disco originale, rimasterizzato alla grande, presenta una bella serie di hits e classici come Monday Morning, Say You Love Me, Dreams, Sara, Never Going Back Again, Landslide (all’epoca un pezzo poco noto di Stevie Nicks, ma negli anni è diventata un evergreen), Rhiannon, Go Your Own Way e la signature song di Christine McVieDon’t Stop, ormai quasi un inno. C’è anche una manciata di canzoni meno note ma non per questo meno belle (Over & Over, l’irresistibile Not That Funny, Over My Head) ed un notevole ripescaggio del periodo blues del gruppo con una notevole Oh Well di Peter Green: Buckingham non è Greeny, ma è comunque un chitarrista della Madonna e lo dimostra anche in I’m So Afraid, da sempre il “suo” momento nei concerti dei Mac, una buona rock song che diventa straordinaria grazie al lungo e strepitoso assolo finale di Lindsey.
Live conteneva anche un pezzo dal raro LP Buckingham Nicks (Don’t Let Me Down Again, quasi un southern boogie) e tre brani nuovi suonati nel backstage a beneficio della crew: la squisita Fireflies, pop-rock gioioso e solare della Nicks che non avrebbe sfigurato nel suo esordio solista Bella Donna pubblicato l’anno seguente, la delicata e suadente ballata della McVie One More Night ed un bell’omaggio ai Beach Boys con la poco nota The Farmer’s Daughter (tratta da Surfin’ USA, secondo album della band dei fratelli Wilson, 1963), eseguita con una splendida armonia a tre voci. Il terzo CD, quello inedito, intelligentemente non contiene brani ripetuti rispetto ai primi due, ma sono comunque presenti trascinanti versioni di pezzi famosi (Second Hand News, The Chain, Think About Me, Gold Dust Woman, Hold Me, Tusk, You Make Loving Fun) e di altri meno celebrati come l’incalzante What Makes You Think You’re The One, la raffinata Brown Eyes, puro pop a-la-McVie, il rock’n’roll in salsa pop Angel, la coinvolgente Sisters Of The Moon (che voce la Nicks), la pianistica e toccante Songbird e la rara Blue Letter, bella e coinvolgente. Ed inoltre una maestosa rilettura di un altro classico degli anni blues, The Green Manalishi, con un’altra prestazione maiuscola di Buckingham. Dulcis in fundo, il box contiene anche un 45 giri in vinile con le demo versions inedite di Fireflies e One More Night, reperibili solo su questo singolo.
A questo punto l’unico album di questa lineup dei Fleetwood Mac a non aver ancora beneficiato del trattamento deluxe è l’altro live del 1997 The Dance (dato che da Say You Will del 2003 mancava la McVie), ma sinceramente non so se la cosa rientri nei piani futuri del gruppo.
Elizabeth Cook – Aftermath – Agent Love/Thirty Tigers CD
Elizabeth Cook, singer-songwriter originaria della Florida, ha raggiunto nel 2020 i venti anni di carriera, due decadi nelle quali si è costruita un discreto seguito di fans grazie anche alla conduzione di uno show alla radio abbastanza popolare ed al fatto di essersi esibita per più di 400 volte alla mitica Grand Ole Opry di Nashville. I suoi sei album pubblicati tra il 2000 ed il 2016 hanno venduto bene pur non avendo raggiunto cifre stellari, e questo è dovuto principalmente al fatto che Elizabeth ha sempre voluto proporre una country music di qualità, certo con un occhio alla fruibilità radiofonica ma senza ricorrere a sonorità pop commerciali, anzi al contrario facendo spesso uso di arrangiamenti di stampo rock. Un chiaro esempio in tal senso è il nuovo album di Elizabeth, Aftermath (che arriva a quattro anni da Exodus Of Venushttps://discoclub.myblog.it/2016/08/13/recuperi-estivi-gruppetto-voci-femminili-3-se-country-voglio-dischi-cosi-elizabeth-cook-exodus-of-venus/), un disco che più che country ha influenze pop-rock californiane, con una produzione solida a cura di Butch Walker ed un suono forte ed elettrico.
La Cook è una brava songwriter e possiede una voce personale e grintosa, e questo nuovo lavoro mi ha ricordato in parte l’ultimo album di Margo Price, non come qualità di canzoni che qua è leggermente inferiore ma come tipo di sonorità: ogni tanto Elizabeth si fa prendere un po’ la mano ed in un paio di pezzi il sound è un po’ gonfio, ma va detto che non si scivola mai sotto il livello di guardia. L’iniziale Bones per esempio è quasi spiazzante, in quanto siamo di fronte ad una rock song elettrica dalle pieghe quasi psichedeliche e con un riff di stampo orientaleggiante, il tutto suonato con vigore da un manipolo di sessionmen sconosciuti ma indubbiamente validi https://www.youtube.com/watch?v=x3acSKlelJk . Con Perfect Girls Of Pop si ritorna con i piedi per terra per un pop-rock chitarristico dal ritmo spedito e melodia orecchiabile (il sound è di chiara matrice californiana, figlio di Tom Petty) https://www.youtube.com/watch?v=bAFyqfH36v0 , Bad Decisions è un midtempo cadenzato ancora tra pop e rock con un refrain immediato e strumentazione classica: non mi straccio le vesti se il suono è poco country, dal momento che stiamo comunque parlando di musica di qualità https://www.youtube.com/watch?v=J-rDhujsw60 .
Daddy, I Got Love For You è una ballata davvero splendida sfiorata ancora dal rock ma con un motivo decisamente toccante ed un bel pathos di fondo , a differenza della mossa Bayonette che ha un approccio strumentale godibile a base di piano e slide e la solita linea melodica piacevole che mette tutti d’accordo, mentre la limpida ed evocativa These Days ha un’atmosfera più country grazie al bellissimo uso della steel in sottofondo: la vedrei bene in un moderno film western. Stanley By God Terry è pop-rock di classe, ancora con la California sullo sfondo (praticamente ho tracciato il ritratto di Stevie Nicks) https://www.youtube.com/watch?v=XU71cez1y7A , Half Hanged Mary è l’ennesima rock song ben costruita, eseguita in maniera impeccabile e cantata con voce espressiva, When She Comes è più attendista e meno appariscente, ma dopo un paio di ascolti “arriva” anche lei. Il CD si chiude dopo cinquanta godibili minuti con Thick Georgia Woman, altro accattivante brano a metà tra rock e pop ed un mood trascinante https://www.youtube.com/watch?v=gaOI5djV36k , la languida ballata Two Chords And A Lie, nettamente la più country del lotto https://www.youtube.com/watch?v=mWDE4zrJQnM , e l’inatteso finale a tutto folk per voce e chitarra di Mary, The Submissing Years, un talkin’ vecchio stile con un chiaro rimando allo stile del grande John Prine, fin dal titolo che fa riferimento alla nota Jesus, The Missing Years. Bel disco, Mrs. Cook.
Stevie Nicks – Live In Concert: The 24 Karat Gold Tour – BMG Rights Management 2CD
A parte la sua gloriosa militanza all’interno dei Fleetwood Mac, la carriera solista di Stevie Nicks si avvicina ormai ai 40 anni, essendo Bella Donna, il suo disco di debutto al di fuori del gruppo che le ha dato la fama, targato 1981. Eppure in queste quattro decadi le testimonianze ufficiali dal vivo della bionda singer-songwriter fino a poco tempo fa si limitavano a The Soundstage Sessions del 2009, un live album a mio parere poco riuscito perché troppo breve (appena dieci canzoni) e per nulla rappresentativo della carriera della cantante di Phoenix, oltre ad essere troppo “perfetto” ed in sostanza prodotto in modo da sembrare un disco in studio. E’ quindi con soddisfazione che ho accolto l’uscita di questo Live In Concert: The 24 Karat Gold Tour, un doppio CD che è in pratica il primo vero disco dal vivo di Stevie, un album registrato come da titolo durante il tour del 2016 e 2017 susseguente al suo ultimo lavoro in studio 24 Karat Gold.
I diciassette brani contenuti in questo live vanno quindi a ricreare idealmente un concerto completo, pur essendo stati registrati nel corso di varie date (non specificate nel booklet interno), e vedono la Nicks accompagnata da una solidissima band capeggiata dal noto chitarrista e sessionman Waddy Wachtel, una mezza leggenda che ha suonato con chiunque, e con il contributo di Carlos Rios alla seconda chitarra, Ricky Peterson e Darrell Smith alle tastiere, Sharon Celani e Marilyn Martin ai cori e con la sezione ritmica formata da Al Ortiz al basso e Drew Hester alla batteria. Live In Concert è dunque un live album molto piacevole e ben fatto, che riepiloga in maniera soddisfacente buona parte della carriera della Nicks, la quale dal canto suo è ancora in possesso di una grande voce e di un carisma immutato: essendo però molti dei suoi pezzi più noti risalenti agli anni ottanta, qua e là il suono è un po’ gonfio e con un uso massiccio di sintetizzatori, ma fortunatamente sono episodi in netta minoranza rispetto al totale dei brani e perciò non vanno a scalfire più di tanto il giudizio finale.
La maggior parte dei pezzi appartiene ai primi due album di Stevie, Bella Donna e The Wild Heart (i migliori), come Gold And Braid che apre la serata in maniera potente e con Wachtel che piazza subito un assolo ficcante, la splendida Stop Draggin’ My Heart Around, che anche senza Tom Petty & The Heartbreakers rimane una grande canzone rock, un bel medley tra le due title tracks, l’ottima Enchanted, vivace ed orecchiabile pop-rock caratterizzato da un eccellente uso di pianoforte e chitarra e, nei bis, la trascinante Edge Of Seventeen, forse la più famosa tra le canzoni di Stevie fuori dai Mac, qui in una robusta versione di quasi dieci minuti. Per contro, la popolare Stand Back con tutti quei synth non mi è mai piaciuta e mai mi piacerà, e lo stesso vale anche per If Anyone Falls (peccato per l’assenza di After The Glitter Fades, forse la più bella ballata solista della Nicks). Dall’album in promozione, 24 Karat Gold, abbiamo la rockeggiante Belle Fleur, non male anche se forse già sentita, il robusto errebi di Starshine, suonato con indubbio vigore, e la tenue If You Were My Love, brano lento di discreta fattura.
Dal poco noto disco del 2011 In Your Dreams i nostri propongono la rock ballad elettroacustica New Orleans ed il toccante slow pianistico Moonlight (A Vampire’s Dream), otto minuti densi di lirismo che la cantante dedica a Prince; Stevie poi va a ripescare addirittura un pezzo dal rarissimo album Buckingham/Nicks (mai ristampato ufficialmente in CD, e sarebbe ora di farlo), cioè Crying In The Night, piacevole rock song chitarristica molto California anni 70. Chiaramente ad un concerto della Nicks uno si aspetta anche qualche brano dei Fleetwood Mac, e Stevie non delude, proponendo una tonica e coinvolgente rilettura di Gypsy, le sempre splendide Gold Dust Woman (notevole versione di oltre undici minuti con un crescendo di grande effetto, forse l’highlight dello show) e Rhiannon, il cui famoso riff di chitarra iniziale viene accolto da un boato; la delicata Landslide chiude in maniera intima ed emozionante un concerto quindi molto piacevole, degno di una grande e spesso sottovalutata artista come Stevie Nicks.
Margo Price – That’s How Rumors Get Started – Loma Vista CD
Terzo lavoro da solista per Margo Price, cantautrice dell’Illinois ma di casa a Nashville, dopo i due album usciti per la Third Man Records di Jack White (Midwest Farmer’s Daughter del 2016 e All American Made del 2017), entrambi destinatari di ottimi riscontri di critica e vendite sia in USA che, sorprendentemente, in UK, dove sono andati entrambi al numero uno delle classifiche country. Prima del suo esordio di quattro anni fa Margo aveva già alle spalle una solida gavetta, frutto della sua militanza in ben tre gruppi differenti insieme al marito chitarrista e songwriter Jeremy Ivey (Secret Handshake, Buffalo Clover, Margo & The Pricetags): proprio nei Pricetags ha militato anche un giovane Sturgill Simpson, e la Price si deve essere ricordata di questa vecchia amicizia quando ha scelto il produttore per il suo nuovo album (il primo per l’etichetta Loma Vista). E la scelta si è rivelata vincente, in quanto Simpson ha portato aria fresca e nuovi stimoli, aiutando Margo ad ampliare i suoi orizzonti andando oltre il genere country: il risultato è che That’s How Rumors Get Started (che doveva uscire in origine a maggio ma è stato spostato a luglio a causa della pandemia) si rivela fin dal primo ascolto come il disco migliore e più completo della Price, un album di ballate dal suono arioso e limpido, con il country quasi assente in favore di uno stile tra il pop ed il rock californiano classico.
Simpson ha indubbiamente contribuito con il suo talento (e lasciando fortunatamente da parte le sonorità discutibili del suo ultimo album, il deludente Sound & Fury), ma la maggior parte del merito va ovviamente alla titolare del lavoro, che ha scritto una serie di canzoni davvero belle ed ispirate, brani che denotano una maturità da cantautrice adulta ed esperta. Dulcis in fundo, Sturgill ha messo a disposizione di Margo una band rock al 100%, con eccellenze come il chitarrista Matt Sweeney (che ha suonato un po’ con tutti, da Adele a Johnny Cash, passando per Iggy Pop), il noto bassista Pino Palladino, il batterista James Gadson (Aretha Franklin, Marvin Gaye), e soprattutto l’ex Heartbreaker Benmont Tench, il più grande pianista rock vivente assieme a Roy Bittan, il cui splendido pianoforte è il fiore all’occhiello di gran parte delle canzoni contenute nell’album. L’album inizia ottimamente con la title track, bellissima ballad pianistica che si sviluppa fluida e distesa, con la splendida voce di Margo a dominare un brano che denota a mio parere una netta influenza di Stevie Nicks nel songwriting. Niente country, ma piuttosto un elegante pop-rock che profuma di Golden State.
Con Letting Me Down il ritmo aumenta e ci troviamo di fronte ad uno scintillante pezzo tra country, pop e rock contraddistinto da un bel lavoro chitarristico, il solito magistrale piano di Tench e, last but not least, un ritornello vincente di ispirazione, indovinato, Fleetwood Mac; in Twinkle Twinkle le chitarre si induriscono ed anche la sezione ritmica picchia più forte, Benmont passa all’organo e Margo mostra di trovarsi a proprio agio anche alle prese con un brano rock grintoso pur se leggermente inferiore ai precedenti. Per contro, Stone Me è splendida, una ballata tersa e solare servita da un motivo di notevole spessore ed una struttura di fondo che ricorda non poco certe cose di Tom Petty (con Tench come superbo “trait d’union”): canzone che è stata giustamente scelta come primo singolo. Hey Child è una rock ballad lenta e profonda dalla strumentazione classica (Simpson ha davvero fatto un ottimo lavoro), melodia dal pathos crescente con tanto di coro gospel e prestazione vocale da brividi da parte della Price, mentre Heartless Mind è basata su un giro di tastiere elettroniche ed una strumentazione più moderna e pop, ma rimane un brano gradevole e per nulla fuori posto.
E’ chiaro che io Margo la preferisco quando è alle prese con un sound più classico, come nella bella What Happened To Our Love?, un intenso slow di stampo rock basato al solito sul triumvirato piano-chitarra-organo, o nella strepitosa Gone To Stay, sublime rock song dal passo coinvolgente ed ancora “californiana” (il disco è stato inciso a Los Angeles, cosa che può avere in parte influito), nonché dotata di una delle migliori linee melodiche del disco e con l’ennesimo lavoro egregio da parte di Benmont. L’elettrica e diretta Prisoner Of The Highway è la più country del lotto (ma in versione sempre molto energica), con l’uso del coro a dare ancora un accento gospel davvero azzeccato; il CD, 36 minuti spesi benissimo, si chiude con I’d Die For You, ottima ballata lenta che offre un contrasto tra la melodia delicata e toccante (e che voce) ed un uso nervoso della chitarra elettrica sullo sfondo.
Con That’s How Rumors Get Started Margo Price ha superato brillantemente la difficile prova del terzo disco, regalandoci senza dubbio il suo lavoro più completo ed ispirato: consigliatissimo.
Quando due anni fa mi sono occupato dell’esordio “adulto” di Ashley McBrydeGirl Going Nowhere (i primi due lavori autodistribuiti sono introvabili da tempo), avevo esternato i dubbi che avevo avuto prima dell’ascolto riguardo alla bontà della proposta, in quanto il fatto che la ragazza incidesse da subito per una major come la Warner e si fosse affidata alla produzione di Jay Joyce, uno che non è mai andato tanto per il sottile, mi aveva fatto sospettare che la sua musica fosse equiparabile al pop becero che a Nashville spacciano per country https://discoclub.myblog.it/2018/06/06/la-ragazza-sa-benissimo-dove-andare-ashley-mcbryde-girl-going-nowhere/ . Niente di più lontano dalla realtà, in quanto dopo poche note avevo constatato che Ashley era una country girl coi fiocchi, autrice di una musica elettrica, roccata e coinvolgente basata sulle chitarre e con un notevole senso del ritmo, e che anche nelle ballate non cedeva mai alla melassa, il tutto suonato con una band ristretta ma che sapeva il fatto suo.
Ora la ragazza originaria dell’Arkansas concede il bis con Never Will, presentandosi sempre con Joyce in cabina di regia: anche questa volta avevo qualche dubbio pure se di natura diversa, e cioè se il buon successo di critica e pubblico ottenuto da Girl Going Nowhere non avesse fatto girare la testa alla McBryde facendola passare al “lato oscuro della Forza”. Ma fortunatamente Ashley conferma di essere una che sta dalla parte giusta di Nashville, e con Never Will ci regala altri quaranta minuti di country music vigorosa e direttamente imparentata con il rock, grazie ad una serie di canzoni scritte all’80% da lei seppur in collaborazione con altri (tra i quali la brava Brandy Clark) e ad un suono solo leggermente più “rotondo” di quello dell’album precedente: Joyce ha comunque lavorato bene anche questa volta, suonando anche gran parte degli strumenti e facendosi aiutare ancora da un gruppo non molto ampio di musicisti tra i quali spiccano Chris Sancho e Quinn Hill alla sezione ritmica, Chris Harris alla chitarra acustica e mandolino e Matt Helmkamp alla chitarra elettrica (strumento con il quale si esibisce anche la stessa McBryde, altro punto a suo favore).
I miei dubbi residui sono stati fugati fin dalla prima canzone Hang In There Girl, che ha un attacco chitarristico degno dei Rolling Stones ed un organo hammond a dare calore al suono: un brano diretto ed orecchiabile che dimostra che la ragazza non è l’erede di Reba McEntire ma una che sa roccare come si deve. One Night Standards è una country ballad dal ritmo pulsante sostenuta da una melodia evocativa ed una strumentazione elettrica e molto ariosa che si arricchisce man mano che il brano procede; Shut Up Sheila è un lento d’atmosfera dalle sonorità moderne ma comunque sotto controllo, che dopo un paio di minuti rivela un’anima rock potente che porta ad un crescendo dominato dalle chitarre, mentre First Thing I Reach For è un pimpante e delizioso esempio di puro country-rock d’autore (anzi, d’autrice), ritmo spedito e motivo incantevole, tra i più accattivanti del CD.
L’elettroacustica Voodoo Doll è una rock ballad cadenzata di sicuro impatto, nuovamente con le chitarre in primo piano e la sezione ritmica che non si tira certo indietro, a differenza della delicata Sparrow, un lento più nashvilliano ma senza eccessi di zucchero, bensì con un arrangiamento diretto e sempre con un retrogusto rock. Martha Divine è introdotta da un drumming ossessivo ed è un ottimo e solido country’n’roll dall’incedere trascinante, la corale Velvet Red è bucolica e con una splendida atmosfera sospesa tra folk e country d’altri tempi, Stone è una toccante oasi melodica e deliziosamente malinconica. Il CD termina con la ruspante title track, in cui viene ancora fuori lo spirito da rocker di Ashley (brano in cui riscontro ben presente l’influenza di Stevie Nicks), e con la bizzarra Styrofoam, unico momento da pollice verso del disco, in cui la nostra parla e canta su una base strumentale troppo pop e con un synth fastidioso, una canzone che faccio finta di non aver sentito e che comunque non va ad inficiare il risultato finale di Never Will, altro validissimo lavoro che conferma il talento di Ashley McBryde.
Nativa del Missouri, ma da parecchi anni gravitante a livello musicale nell’area di Los Angeles e dintorni, spesso impiegata da artisti che spaziano da Florence & The Machine a Jim James e Jenny O, ma soprattutto Father John Misty e Jonathan Wilson, che le produce questo Sinner, il suo terzo album, Leslie Stevens è stata presentata dalla stampa locale come una delle cantanti più interessanti di quel country californiano che si rifà però in parte anche ai nomi storici, visto che il suo timbro vocale è stato paragonato a Patsy Cline, Emmylou Harris e Dolly Parton , senza peraltro dimenticare un approccio più country-rock come evidenziato dal suo disco a nome Leslie Stevens & the Badgers o in The Donkey And The Rose. Come al solito la produzione di Wilson, che nel disco suona anche chitarre, basso, batteria, percussioni e perfino il mellotron, privilegia comunque anche aspetti più rock e West Coast, sottolineati dalla presenza del batterista James Gadson (Paul McCartney, B.B. King Band), del bassista Jake Blanton (The Killers), del pianista Keefus Ciancia (Elton John, T Bone Burnett) e del’ organista Nate Walcott (Red Hot Chili Peppers, Bright Eyes), tutti ottimi musicisti in grado di rendere variegato e brillante il sound del disco.
La voce è sottile, fragrante, quasi “timida”, come appare nella iniziale Storybook, con elementi vocali che ricordano le signore citate, in grado quindi di porgere delicatamente le emozioni delicate della canzone, sulle ali di un accompagnamento dove spiccano piano, organo, una acustica arpeggiata e la ritmica discreta, ma in grado di essere più assertiva in 12 Feet High, un pezzo dove il ritmo si fa più incalzante, la voce potrebbe ricordare la Stevie Nicks dei brani più felpati, con un timbro quasi sognante, ma con improvvise esplosioni di grinta controllata, che l’arrangiamento complesso studiato da Wilson mette in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=Cheb0VjrCL4 . Falling è una deliziosa country song old fashioned cantata con timbro squisito dalla Stevens, chiaramente ispirata da Cline, Harris e Parton e sull’onda di una pedal steel che sottolinea in modo incantevole la melodia, come pure il piano https://www.youtube.com/watch?v=2iRdVPSJ4p0 . Molto bella anche Depression, Descent, una riflessione sui tempi che stiamo vivendo, narrata con brio in questo vivace country-rock cantato a due voci con Jonathan Wilson, uno dei brani più godibili del disco, grazie alla ottima interpretazione vocale di Leslie e al consueto arrangiamento ad hoc del produttore californiano; You Don’t Have to Be So Tough è una ballata eterea e trasognata, sempre servita da un eccellente arrangiamento di Wilson, dove le chitarre sono appena accennate, ma avvolgono alla perfezione la dolente interpretazione della nostra amica, che poi si lascia andare ad un nostalgico tuffo negli anni ’50 di una Teen Bride che cerca di riprodurre con voluttà quel pop spensierato, ma con uno spirito sonoro raffinato e ricercato https://www.youtube.com/watch?v=4yf7EwA-vOU .
Sinner è un brano notturno e soffuso che potrebbe rimandare alle canzoni delle colonne sonore dei telefilm di David Lynch, se si fosse deciso di affidarne il cantato a Stevie Nicks e qui cantata in punta di ugola della Stevens; The Tillman Song racconta la storia vera dell’omonima stella del football americano che, al culmine della sua carriera, decise di arruolarsi ed andare a combattere in Afghanistan, dove fu ucciso in un controverso caso di “fuoco amico”, il ritmo della canzone è incalzante, rende bene e in modo solidale il tragico dipanarsi della vicenda, con la voce compartecipe della nostra amica che quasi galleggia sulle improvvise sferzate acide della solista di Wilson, veramente una bellissima canzone. Sylvie utilizza le armonie vocali della collega Jenny O. per regalarci un’altra piccola gemma, una tenue e dolce ballata che si avvale sempre di una melodia molto accattivante e godibile https://www.youtube.com/watch?v=-6Vfsrfb6Lo , come pure la conclusiva The Long Goodbye dove una “weeping” pedal steel evidenzia ancora una volta una ottima e profonda interpretazione vocale da brividi. Bruno Conti
Stevie Nicks – Stand Back 1981-2017 – Rhino/Warner CD – Deluxe 3CD
Lo scorso anno mi sono occupato dell’ottima retrospettiva tripla Solo Anthology di Lindsey Buckinghamhttps://discoclub.myblog.it/2018/10/16/un-esaustivo-viaggio-attraverso-la-carriera-solista-di-un-musicista-eccelso-ma-sottovalutato-lindsey-buckingham-solo-anthology/, mentre ho soprasseduto per l’ennesimo greatest hits dedicato ai Fleetwood Mac (Don’t Stop), in quanto a parte un brano prima disponibile solo in download ed un paio di rarità prese dal vecchio box The Chain non presentava nulla che non fosse già noto. Ora è la volta dell’altro membro di punta dei Mac, ovvero Stevie Nicks, di pubblicare un triplo CD antologico che si occupa del suo periodo da solista (esiste anche una versione singola con il meglio dei tre dischetti), intitolato Stand Back 1981-2017. (NDM: mi scuso con Christine McVie se ho definito la Nicks “altro membro di punta”, ma il mio giudizio tiene conto della carriera fuori dal gruppo, e non è che quella della ex moglie del bassista dei Mac sia stata memorabile). Le mie sensazioni su questo triplo dedicato alla Nicks sono contrastanti, in quanto tra i 50 titoli compresi non c’è l’ombra di un inedito, mentre qualche chicca e rarità sì, ma alla fine penso che si poteva fare molto meglio, anche perché di retrospettive di Stevie sul mercato ce ne sono già altre (mentre quella dell’ex consorte Lindsey era la prima) e almeno una di esse, il box del 1998 Enchanted, di inediti ne conteneva eccome.
Sulla statura artistica della Nicks (non quella fisica, che è piuttosto limitata) penso di non dover spiegare nulla: dotata di una grande voce, Stevie è sempre stata un’ottima songwriter, ed anche se non fosse diventata popolare all’interno dei Mac sono convinto che sarebbe emersa comunque. Non tutto ciò che ha pubblicato da solista è stato impeccabile, ma a volte più per scelte sonore (leggi anni ottanta) che altro, ma all’attivo ha almeno un capolavoro (il “debutto” Bella Donna) ed altri buoni lavori di ottimo rock di stampo californiano; Stevie ha poi sempre avuto frequentazioni giuste in termini di musicisti, e di conseguenza nei suoi dischi troviamo nomi che solo a leggerli c’è da leccarsi i baffi: Tom Petty & The Heartbreakers al completo, Bob Dylan (nella cover della sua Just Like A Woman, dall’album Street Angel, assente però in questo triplo), Roy Bittan, Waddy Wachtel, Russ Kunkel, Tony Levin, Steve Lukather, Davey Johnstone, Kenny Aronoff, Bernie Leadon, gli stessi Buckingham e Mick Fleetwood…e qui mi fermo (ho volutamente omesso tutti quelli con cui ha duettato, anche perché buona parte li troviamo sul secondo CD). Ma veniamo appunto al contenuto di questo triplo.
CD1. Il primo dischetto offre una panoramica tratta dai vari album di Stevie, e stranamente Bella Donna è quello meno rappresentato con due sole selezioni, la potente e trascinante Edge Of Seventeen e la splendida e countreggiante After The Glitter Fades, una delle migliori ballate della bionda cantante di Phoenix. Ma non è che le belle canzoni manchino, a partire dall’orecchiabile Rooms On Fire, perfetto pop-rock californiano, per proseguire con la roccata Blue Denim, scritta con Mike Campbell che è anche responsabile del bel riff chitarristico, la toccante ballata pianistica Has Anyone Ever Written Anything For You, la pimpante e grintosa Long Way To Go e la squisita e bucolica For What It’s Worth (che non è quella dei Buffalo Springfield). Alcune scelte non potevano mancare, ma non incontrano i miei gusti a causa di sonorità troppo “ottantiane”, come il brano che intitola la raccolta (contraddistinto da un invadente synth), If Anyone Falls, una buona canzone che avrebbe beneficiato di un arrangiamento più leggero, Talk To Me, che invece sembra un brano commerciale alla Tina Turner, la quasi orripilante I Can’t Wait e Planets Of The Universe, una vibrante rock ballad dal suono però troppo gonfio.
CD2. Dischetto dedicato ai duetti, alcuni di essi davvero degni di nota, come la famosa e bellissima Stop Draggin’ My Heart Around con Tom Petty (presente come partner anche nella meno nota, ed anche meno bella, I Will Run To You), una divertente e gioiosa Santa Claus Is Coming To Town con Chris Isaak, un paio con Sheryl Crow (e You’re Not The One è piuttosto rara, in quanto proviene da un lato B di un singolo di Sheryl), le deliziose Leather And Lace e Too Far From Texas, rispettivamente con Don Henley e Natalie Maines, la bella e raffinata Cheaper Than Free con l’ex Eurythmics Dave Stewart, e la rockeggiante You Can’t Fix This con i Foo Fighters. Ci sono anche due duetti risalenti al 1978 con Kenny Loggins e Walter Egan, ed uno (la strepitosa Gold) del 1979 con John Stewart, che mi fanno domandare perché il periodo di tempo citato nel titolo dell’antologia parta dal 1981. Infine, avrei fatto a meno delle collaborazioni con i Lady Antebellum, addirittura due, LeAnn Rimes e Lana Del Rey. CD3. L’ultimo dischetto si occupa delle incisioni dal vivo, con alla fine una manciata di brani finiti su colonne sonore (ma ne mancano diversi). E qui è dove avrei insistito di più nel cercare di inserire degli inediti, invece di rivolgermi a versioni già conosciute, seppur di grande valore.
La maggior parte dei pezzi live fanno parte del songbook dei Fleetwood Mac, come Gold Dust Woman, Dreams, Angel e Rhiannon che sono tratti dal bonus CD della recente ristampa di Bella Donna, una Landslide con l’Orchestra Filarmonica di Melbourne (presa da un’altra antologia di Stevie, Crystal Visions) e Sara, che insieme alle cover di Crash Into Me della Dave Matthews Band e Circle Dance di Bonnie Raitt proviene dalle Soundstage Sessions, concerto dal quale possiamo riascoltare anche una travolgente Rock And Roll dei Led Zeppelin (che però è più rara in quanto compariva solo sul DVD), in cui la Nicks se la cava alla grandissima; come ultimo brano dal vivo, una strepitosa e “byrdsiana” rilettura del classico di Jackie DeShannon Needles And Pins ancora con Petty e gli Spezzacuori, che era sul loro live del 1985 Pack Up The Plantation! Infine, cinque pezzi tratti da varie soundtracks, e se Blue Lamp (dal film Heavy Metal) e Sleeping Angel (da Fast Times At Ridgemont High) sono abbastanza note, If You Ever Did Believe, una rock song decisamente bella, e Crystal, entrambe dal film Practical Magic, lo sono molto meno. Il CD termina con la lenta ed intensa Your Hand I Will Never Let It Go, che essendo in origine sulla soundtrack di Book Of Henry del 2017, è il brano più recente della raccolta.
In definitiva, a parte il box Enchanted (che però si fermava al 1998), questo Stand Back 1981-2017 è la migliore antologia di Stevie Nicks presente sul mercato, ma ciò non toglie che si poteva fare qualcosa di più.
Naturalmente ora la Warner, il 22 marzo, pubblicherà come cofanetto a sé stante proprio quei 4 CD, per la gioia di chi aveva acquistato il Box proprio perché interessato a quelle rarità.Il tutto ad un prezzo indicativo particolarmente interessante e contenuto, intorno ai 30 euro, a differenza dei due Remastered che invece erano abbastanza costosi.
Comunque ecco di nuovo il contenuto:
CD1: 12” Mixes] 1. Running Up That Hill (A Deal With God) 2. The Big Sky (Metereological Mix) 3. Cloudbusting (The Organon Mix) 4. Hounds Of Love (Alternative Mix) 5. Experiment 1V (Extended Mix)
[CD2: The Other Side 1] 1. Walk Straight Down The Middle 2. You Want Alchemy 3. Be Kind To My Mistakes 4. Lyra 5. Under The Ivy 6. Experiment 1V 7. Ne t’enfuis pas 8. Un baiser d’enfant 9. Burning Bridge 10. Running Up That Hill (A Deal With God) 2012 Remix
[CD3: The Other Side 2] 1. Home For Christmas 2. One Last Look Around The House Before We Go……. 3. I’m Still Waiting 4. Warm And Soothing 5. Show A Little Devotion 6. Passing Through The Air 7. Humming 8. Ran Tan Waltz 9. December Will Be Magic 10. Wuthering Heights (Remix)
[CD4: In Others’ Words] 1. Rocket Man 2. Sexual Healing 3. Mna Na Heireann 4. My Lagan Love 5. The Man I Love 6. Brazil (Sam Lowry’s First Dream) 7. The Handsome Cabin Boy 8. Lord Of The Reedy River 9. Candle In The Wind
Stevie Nicks – Stand Back:1981-2017 – 3CD Atlantic/Rhino – 19-04-2019
Sempre il gruppo Warner pubblicherà in data 19 aprile un cofanetto dedicato a Stevie Nicks, sulla falsariga di quello uscito lo scorso anno, sempre in autunno e dedicato a Lindsey Buckinghamhttps://discoclub.myblog.it/2018/10/16/un-esaustivo-viaggio-attraverso-la-carriera-solista-di-un-musicista-eccelso-ma-sottovalutato-lindsey-buckingham-solo-anthology/ . Non sia mai che anche la sua compagna di vita ed avventure musicali non venisse debitamente omaggiata, anche se per la verità della bionda cantautrice di Phoenix era già stato pubblicato dalla Atlantic nel lontano 1998 un box triplo retrospettivo intitolato Enchanted, non più in produzione da anni, e che solo in parte si sovrappone come contenuti a quello attuale, pur presentando parecchie differenze, visto che arriva cronologicamente fino ai giorni nostri.
Ecco comunque i contenuti completi e dettagliati del nuovo Stand Back 1981-2017.
[CD1] 1. Edge Of Seventeen 2. Rooms On Fire 3. Stand Back 4. After The Glitter Fades 5. If Anyone Falls 6. Talk To Me 7. I Can’t Wait 8. Has Anyone Ever Written Anything For You 9. Long Way To Go 10. Maybe Love Will Change Your Mind 11. Blue Denim 12. Every Day 13. Planets Of The Universe 14. Secret Love 15. For What It’s Worth 16. The Dealer 17. Lady
[CD2] 1. Stop Draggin’ My Heart Around – with Tom Petty & The Heartbreakers 2. Leather And Lace– with Don Henley 3. Nightbird 4. I Will Run To You – with Tom Petty & The Heartbreakers 5. Two Kinds Of Love 6. Whenever I Call You ‘Friend’ – with Kenny Loggins 7. Magnet & Steel – with Walter Egan 8. Gold – with John Stewart 9. Too Far From Texas – with Natalie Maines 10. Sorcerer 11. You’re Not The One – with Sheryl Crow 12. Santa Claus Is Coming To Town – with Chris Isaak 13. Cheaper Than Free – featuring Dave Stewart 14. You Can’t Fix This – with Dave Grohl, Taylor Hawkins, and Rami Jaffee 15. Golden – with Lady Antebellum 16. Blue Water – featuring Lady Antebellum 17. Borrowed – with LeAnn Rimes 18. Beautiful People Beautiful Problems – with Lana Del Rey
[CD3] 1. Gold Dust Woman – Live 2. Dreams – Live 3. Angel – Live 4. Rhiannon – Live 5. Landslide – Live with Melbourne Symphony Orchestra 6. Sara – Live from The Soundstage Sessions 7. Crash Into Me – Live from The Soundstage Sessions 8. Circle Dance – Live from The Soundstage Sessions 9. Needles and Pins – Live with Tom Petty & The Heartbreakers 10. Rock and Roll – Live 11. Blue Lamp – from Heavy Metal Soundtrack 12. Sleeping Angel – from Fast Times At Ridgemont High Soundtrack 13. If You Ever Did Believe – from Practical Magic Soundtrack 14. Crystal – from Practical Magic Soundtrack 15. Your Hand I Will Never Let It Go – from Book Of Henry Soundtrack
Il 29 marzo verrà pubblicata anche una edizione singola con un estratto del contenuto del cofanetto.
Iain Matthews – Orphans And Outcasts – 4 CD Cherry Red – 26-04-2019
Alla fine di Aprile, il giorno 26, è prevista l’uscita di questo cofanetto Orphans And Outcasts dedicato a Iain Matthews, che come recita il sottotitolo raccoglie Demos, Outtakes And Live Performances. I più attenti, o quelli con la memoria migliore, ricorderanno che negli anni ’90 erano già usciti tre CD con lo stesso titolo, rispettivamente nel 1991, 1993 e 1998, per una piccola etichetta, la Dirty Linen, dischi che già da lunga pezza sono scomparsi nella notte dei tempi. Molti sapranno chi è Matthews, ma per i più giovani, o per chi lo ignora, ricordiamo che è stato il primo cantante dei Fairport Convention, poi negli anni ha militato nei Matthews Southern Comfort, nei Plainsong, negli Hi-Fi, insieme a David Surkamp dei Pavlov’s Dog, oltre ad avere registrato una serie di spesso meravigliosi album solisti, in bilico tra il miglior folk-rock britannico e la più luminosa musica west-coastiana. Nel box è raccolto materiale proveniente da tutti i periodi (con l’esclusione dei Fairport, ma con un brano dei Pyramid del lontano 1966) che è stato opportunamente rimasterizzato, ed è stato anche aggiunto un quarto volume con ulteriori rarità, live e outtakes.
Ecco la lista completa dei contenuti. Oltre a tutto pare che il cofanetto, a livello indicativo tra i 30 e i 35 euro, avrà anche un prezzo particolarmente appetibile.
[CD1: Vol. 1] Matthews Southern Comfort 1970: 1. Touch Her If You Can 2. Yankee Lady 3. Belle 4. Later On 5. I Believe In You Iain Matthews Radio Session 1971: 6. It Takes A Lot To Laugh 7. Not Much At All 8. Baby Ruth 9. Hearts (Outtake) 10. Christine’s Tune Plainsong Radio Session 1972: 11. Seeds And Stems 12. Spanish Guitar 13. Tigers Will Survive 14. Any Day Woman Miscellaneous: 15. Poor Ditching Boy (Outtake) 16. Even The Guiding Light (Live) 17. So Sad (Demo) 18. Groovin’ (Demo) 19. Let There Be Blues (Matthews/Lamb Demo) 20. New Shirt (Songwriting Demo)
[CD2: Vol. 2] Miscellaneous: 1. S.O.S. (‘Hi-Fi’ Demo, 1981) 2. Better Not Stay (‘Hi-Fi’ Demo, 1981) 3. What Do You Wish You Could Be (Songwriting Demo, 1982) 4. Perfect Timing (Songwriting Demo, 1982) 5. Voices (Songwriting Demo, 1982) 6. Action (‘Shook’ Demo, 1983) 7. Change (‘Shook’ Demo, 1983) 8. Rendezvous (Songwriting Demo, 1984) ‘Walking A Changing Line’ Demos, 1987: 9. What The Wanter Wants 10. Action & Intent 11. Too Hard Too Soon 12. Steady 13. Your Heart Again 14. Still I See You Miscellaneous: 15. We Don’t Talk Anymore (Songwriting Demo, 1988) 16. Rains Of ’62 (Alternate Take, 1989) 17. Mercy Street (Working Ref., 1989) 18. Perfect Timing (Working Ref., 1989)
[CD3: Vol. 3] The Pyramid: 1. Me About You (by Pyramid, 1966) Matthews Southern Comfort: 2. Woodstock (Alternate Take) Iain Matthews Radio Session: 3. Hearts 4. Home 5. Never Ending Miscellaneous: 6. I’ll Fly Away (Plainsong Demo, 1972) 7. Sing Senorita (Outtake, 1978) 8. On The Beach (Outtake, 1983) 9. The Fabrication (Demo, 1986) 10. Except For A Tear (Demo, 1986) 11. Next Time Around (Demo with Andy Roberts, 1991) 12. God’s Empty Chair (Demo with Andy Roberts, 1991) 13. Jaques And Tambo (with Mark Hallman, 1996) 14. Spirits (Plainsong Radio Session. 1997) 15. Sing Sister Sing (Live, 1997)
[CD4: Vol. 4] Miscellaneous: 1. Let Me Live Until I See You Again 2. Seven Bridges Road (Live In LA, 1988) 3. Nothing’s Changed (Demo with Andy Roberts, 1989) 4. Voices (Plainsong Demo, 1991) 5. Living In Reverse (Demo with Andy Roberts, 1991) 6. Restless Wings (Hamilton Pool Demo, 1992) 7. Leaving Alone (Hamilton Pool Demo, 1992) 8. Ballad Of Gruene Hall 9. Rooted To The Spot (Demo, 1993) 10. Even If It Kills Me (Demo with Clive Gregson, 1997) 11. Horse Left In The Rain (Hamilton Pool Demo with David Halley, 1997) 12. Anchor Me (Demo with Michael Bonagura, 1997) 13. Something Mighty (Outtake, 1998) 14. Your Own Way Of Forgetting (Plainsong Outtake, 1998) 15. Mr Soul (Demo, 1998) 16. Stranded (Demo, 1999)
All Disc 4 tracks previously unissued
Steeleye Span – All Things Are Quite Silent: Complete Recordings 1970-71 – 3CD box set – Cherry Tree UK – 26-04-2019
Sempre il 26 aprile, e sempre per una etichetta del gruppo Cherry Red, è prevista la pubblicazione di questo cofanetto triplo dedicato agli Steeleye Span, la storica band folk-rock inglese fondata da Ashley Hutchings dopo la sua fuoriuscita dai Fairport Convention. Il box raccoglie i primi tre album del gruppo, pubblicati appunto nel biennio 1970-1971, arricchiti di alcune rarità (poche per la verità) e con i CD che riproducono le grafiche degli album originali, nonché un libretto di 32 pagine che racconta la storia di quel glorioso periodo.
Ecco la tracklist completa.
CD1: Hark! The Village Wait] 1. A Calling-On Song 2. The Blacksmith 3. Fisherman’s Wife 4. Blackleg Miner 5. Dark-Eyed Sailor 6. Copshawholme Fair 7. All Things Are Quite Silent 8. The Hills Of Greenmore 9. My Johnny Was A Shoemaker 10. Lowlands Of Holland 11. Twa Corbies 12. One Night As I Lay In My Bed
[CD2: Please To See The King] 1. The Blacksmith 2. Cold, Haily, Windy Night 3. Jigs: Bryan O’Lynn/The Hag With The Money 4. Prince Charlie Stuart 5. Boys Of Bedlam 6. False Knight On The Road 7. The Lark In The Morning 8. Female Drummer 9. The King 10. Lovely On The Water
[CD3: Ten Man Mop Or Mr. Reservoir Butler Rides Again] 1. Gower Wassail 2. Jigs: Paddy Clancey’s Jig/Willie Clancy’s Fancy 3. Four Nights Drunk 4. When I Was On Horseback 5. Marrowbones 6. Captain Coulston 7. Reels: Dowd’s Favourite/£10 Float/The Morning Dew 8. Wee Weaver 9. Skewball Bonus Tracks: 10. General Taylor 11. Rave On (‘Fake Scratch’ Single) 12. Rave On (Alternative Version #1) 13. Rave On (Alternative Version #2)
Van Der Graaf Generator –The Aerosol Grey Machine – 50th Anniversary Edition box set – 2 CD +LP + 45 giri Esoteric UK
The Aerosol Grey Machine è il primo album dei Van Der Graaf Generator di Peter Hammill, l’unico uscito per la Mercury/Fontana (ma in Italia l’etichetta era Vertigo) nel 1969, e quindi ci risiamo con i 50esimi farlocchi, ma ormai ci siamo abituati. Prima del passaggio alla Charisma Records per il trittico dei loro tre album migliori,The Least We Can Do Is Wave to Each Other, H To He,Who Am The Only One e Pawn Hearts, coincisi con l’ingresso nella formazione britannica di David Jackson, il sassofonista e flautista che insieme all’organista Hugh Banton, fu il motore principale del suono della band, insieme alla voce strepitosa di Peter Hammill.
L’album nel corso degli anni è stato giustamente rivalutato, anche se rimane inferiore ai tre citati poc’anzi, però come al solito si è voluto esagerare nel formato, spesso scontentando molti di quelli che sarebbero stati interessati a questa ristampa. Perché optare per questi formati misti, che uniscono vinili e CD insieme, quando si sarebbe potuta fare una edizione in LP e una in CD? Ok, nella confezione c’è anche un sontuoso libro con foto, interviste e un saggio di Sid Smith, oltre ad un poster creato dallo stesso Hammill, portando il prezzo però ad una altrettanto sontuosa cifra indicativa per il costo vicina ai 60 euro, che per chi è interessato solo al secondo CD, quello con inediti e rarità (quei pochi già non apparsi in precedenti ristampe), certo non incoraggia all’acquisto. Al solito ecco la lista completa dei contenuti musicali.
Tracklist [CD1: The Aerosol Grey Machine] 1. Afterwards 2. Orthentian Street (Parts 1 & 2) 3. Running Back 4. Into A Game 5. Ferret And Featherbird 6. Aerosol Grey Machine 7. Black Smoke Yen 8. Aquarian 9. Giant Squid 10. Octopus 11. Necromancer
[CD2] 1. Sunshine (1967 Demo) (Previously Unreleased) 2. Firebrand (1967 Demo) (Previously Unreleased) 3. People You Were Going To (BBC Session – November 1968) 4. Afterwards (BBC Session – November 1968) 5. Necromancer (BBC Session – November 1968) 6. Octopus (BNC Session – November 1968) (Previously Unreleased) 7. People You Were Going To (Single Version) 8. Firebrand (Single Version)
[LP: The Aerosol Grey Machine (180 Gram Vinyl In Unissed Gatefold UK Sleeve)] 1. Afterwards 2. Orthentian Street 3. Running Back 4. Into A Game 5. Aerosol Grey Machine 6. Black Smoke Yen 7. Aquarian 8. Necromancer 9. Octopus
[7-Inch Single] 1. People You Were Going To 2. Firebrand
Lindsey Buckingham – Solo Anthology The Best Of – Rhino/Warner CD – 3CD – 6LP
La grandezza di Lindsey Buckingham, cantautore e chitarrista californiano, si può misurare anche dal fatto che, le due volte in cui è stato licenziato dal gruppo che gli ha dato la fama, i Fleetwood Mac (nel 1987 e pochi mesi fa), la band per sostituirlo ha dovuto chiamare in entrambi i casi ben due nuovi elementi, di cui uno più bravo come cantante e l’altro come chitarrista (Rick Vito e Billy Burnette prima, l’ex Crowded House Neil Finn e l’ex Heartbreakers Mike Campbell oggi). I Fleetwood Mac, almeno nella loro formazione più famosa, sono sempre stati il classico caso in cui la somma delle parti era superiore ai singoli elementi, e se la carriera solista di Stevie Nicks ha sempre avuto una buona esposizione mediatica, quella di Buckingham è sempre stata vista come di nicchia. Eppure nei Mac la mente, la forza trainante, l’autore migliore (nonché chitarrista strepitoso, anche sotto questo punto di vista spesso sottovalutato e regolarmente assente nelle classifiche di categoria) era proprio Lindsey, basti pensare che un disco come Tusk senza di lui non sarebbe potuto nascere: ora Buckingham si prende una parziale rivincita nei confronti degli ex compagni, ed immette sul mercato questa interessante Solo Anthology, che già dal titolo fa capire di cosa si tratta, una carrellata molto ben fatta del meglio dei suoi album lontano dal suo gruppo storico (non moltissimi, appena sei in quattro decadi, più la recente collaborazione con Christine McViehttps://discoclub.myblog.it/2017/07/08/mancava-un-pezzo-per-fare-i-fleetwood-mac-di-nuovo-e-si-sente-lindsey-buckingham-christine-mcvie/), con dentro anche diverse chicche.
Lindsey è sempre stato un musicista raffinato, un architetto di suoni tra pop e rock come ce ne sono pochi in giro, ed anche nell’ambito della sua produzione da solista (ed intendo proprio da solo, raramente si fa aiutare da sessionmen esterni, e tra i pochi coinvolti ci sono gli amici Mick Fleetwood e John McVie, nonché Mitchell Froom) le belle canzoni non sono mai mancate. Solo Anthology esce in versione tripla, con i primi due CD che riassumono il meglio dei lavori in studio (40 canzoni in tutto), mentre il terzo, 13 brani, offre una panoramica dai suoi tre album dal vivo. La scelta è stata fatta da Lindsey stesso, e quindi è molto personale: lo splendido Out Of The Cradle, miglior pop album del 1992 per chi scrive, è stato giustamente incluso quasi interamente (ben 9 pezzi su 13), mentre per gli altri la scelta è stata più equilibrata, con l’unica eccezione del suo debutto Law And Order del 1981, dal quale è stata presa una sola canzone (anche il disco con la McVie è presente, ma anche qui con la miseria di un brano, mentre ancora nulla dal “mitico” Buckingham-Nicks, ad oggi mai stampato in CD); ci sono anche tre rari pezzi presi da colonne sonore, nonché due inediti assoluti, anche se non sono canzoni incise di recente, ma nel 2012. Anche il terzo dischetto, quello live, è interessante, in quanto include per la prima volta in versione fisica due pezzi presi da One Man Show, album dal vivo del 2012 pubblicato solo come download. Poco interessante la versione singola, in quanto omette sia i brani live che, soprattutto, gli inediti.
Il primo album Law And Order come dicevo è rappresentato solo da un pezzo, la gradevole e decisamente fruibile Trouble, che deve molto al suono dei Mac, mentre da Go Insane del 1985 Lindsay ha scelto cinque brani, tra cui l’orecchiabile title track e la gioiosa I Want You, un po’ inficiate da sonorità anni ottanta, e la suggestiva D.W. Suite. Di Out Of The Cradle ho già detto, un album di notevole livello, sicuramente la cosa più bella del nostro da Tusk in poi: dovrei citarle tutte, ma mi limito alla deliziosa Don’t Look Down, introdotta da uno strepitoso arpeggio chitarristico, la raffinata e soffusa Surrender The Rain, la solare e splendida Countdown, dalla contagiosa melodia influenzata dai Beach Boys, la vibrante e nervosa Doing What I Can, molto Fleetwood Mac (l’avrei vista bene come singolo del gruppo), e due brani che sfiorano la perfezione pop come Soul Drifter o You Do Or You Don’t. Un salto fino al 2006 per Under The Skin, un disco contraddistinto da sonorità acustiche ma con un livello compositivo inferiore al solito, dal quale però Lindsay sceglie ben cinque pezzi, più tre nella parte dal vivo: troppi per il sottoscritto, però salverei senz’altro la guizzante Show You How, piena delle tipiche sonorità stratificate del nostro, la gradevole ballata Cast Away Dreams (sul CD live), e soprattutto la toccante e melodicamente impeccabile Down On Rodeo, la migliore per distacco tra quelle tratte da quel disco. Sei brani sono presi dal più che buono Gift Of Screws, come la squisita Did You Miss Me, fresca pop song da canticchiare al primo ascolto, la bellissima Treason, dotata di una melodia splendida (una delle più belle del triplo) e la superlativa Love Runs Deeper, altro straordinario pezzo di puro pop, dal ritornello fantastico e grande assolo chitarristico finale.
Da Seeds We Sow (2011) ce ne sono ben sette, tra cui l’avvolgente Rock Away Blind, ricca di fascino e con un lavoro chitarristico incredibile, la mossa Illumination, dal refrain immediato, e l’acustica Stars Are Crazy, una cascata di note pure e cristalline. Detto dell’inclusione della godibile Sleeping Around The Corner da Buckingham-McVie (ce n’erano anche di migliori in quel disco), troviamo anche tre pezzi presi da colonne sonore, due dei quali da National Lampoon’s Vacation (il divertente rock’n’roll Holiday Road, presente anche nel CD live, e l’incantevole Dancin’ Across The USA, tra doo-wop e pop anni sessanta) ed una da Back To The Future, Time Bomb Town, una buona canzone sospesa tra rock, pop e funky. Last but not least, i due brani inediti: Hunger, brano pop limpido e diretto tipico del nostro, niente di nuovo ma fatto benissimo, e l’acustica Ride This Road, delicata e sussurrata folk ballad, eseguita al solito magistralmente. Il CD dal vivo è concepito come se fosse un concerto unico, con una lunga prima parte acustica (con o senza band) ed un travolgente finale all’insegna del rock. Lindsey conferma tutta la sua abilità come chitarrista anche nei brani con la spina staccata, con versioni molto diverse di brani tratti dagli album solisti (Trouble, una Go Insane quasi irriconoscibile, una limpida versione del traditional All My Sorrows, che era su Out Of The Cradle), pezzi dei Mac più o meno famosi (Bleed To Love Her, Never Going Back Again, una frenetica Big Love) e perfino una selezione da Buckingham-Nicks, il discreto strumentale Stephanie. Il finale elettrico è semplicemente grandioso: dopo una sorta di riscaldamento con la già citata Holiday Road, abbiamo una Tusk trascinante come non mai, ed un uno-due da k.o. con una sontuosa I’m So Afraid di otto minuti e la famosissima e coinvolgente Go Your Own Way, ambedue contraddistinte da prestazioni chitarristiche al limite dell’umano.
Una splendida antologia quindi, con dentro tanta grande musica e prestazioni strumentali da prendere come esempio: sarebbe ora che Lindsey Buckingham ottenesse i riconoscimenti che merita, anche al di fuori del gruppo che di recente lo ha inopinatamente messo alla porta senza troppi complimenti.
Tom Petty – An American Treasure – Reprise/Warner 2CD – 6LP – Deluxe 4CD
E’ già passato un anno dalla tragica ed inattesa scomparsa di Tom Petty, uno dei maggiori cantautori rock del pianeta, e la ferita causata dalla sua perdita fa ancora immensamente male, ed anche la rabbia per come è accaduto il fatto (un’accidentale overdose di antidolorifici) non è sbollita per niente. Petty aveva appena terminato una trionfale tournée con gli inseparabili Heartbreakers per i 40 anni di attività (e chissà quali progetti aveva in testa per il futuro) e la notizia della sua morte è stata una vera mazzata. Quasi ad un anno esatto dal decesso la Reprise ha deciso di omaggiare la memoria di Tom con un cofanetto a dir poco splendido, An American Treasure, un box di 4CD (esiste anche una versione doppia che non prendo neanche in considerazione, ed una Super Deluxe lussuosa e con un libro potenziato, ma che non aggiunge nulla a livello musicale rispetto a quella quadrupla “normale” e costa oltre cento euro in più) che ci fa entrare idealmente negli archivi del biondo rocker della Florida, per un viaggio magnifico di quattro decadi nella grande musica.
Tutte le volte che si è trattato di pensare ad un cofanetto che riguardasse Petty è stato fatto un lavoro stupendo, prima con l’antologico Playback, tre CD di “best of” più uno di rarità e b-sides e due di inediti, e poi con il magnifico The Live Anthology, cinque dischetti di materiale dal vivo mai sentito prima: anche con An American Treasure è stato seguito lo stesso approccio, quattro CD (uno per decade) pieni di chicche tra inediti, rarità, versioni alternate e brani dal vivo mai pubblicati prima, il tutto curato dal fido Ryan Ulyate e dagli ex Spezzacuori Mike Campbell e Benmont Tench, che commentano anche le varie canzoni (con l’aiuto del noto giornalista Bud Scoppa) arricchendole con curiosi e divertenti aneddoti. Ma quello che ci interessa di più è la musica, ed in più di quattro ore (60 brani) c’è di che godere, ma nello stesso tempo non ci si può non rattristare pensando che un musicista di questo calibro non è più tra noi. Il box in realtà non è del tutto inedito, in quanto comprende anche diversi brani tratti dai vari album, anche se si tratta perlopiù di quelli che vengono definiti “deep cuts”, cioè canzoni meno conosciute ed in alcuni casi oscure: una scelta un po’ strana, che però non inficia certo il piacere dell’ascolto, anche perché si sta parlando comunque di grande musica. Qualche titolo: The Wild One, Forever, No Second Thoughts, You Can Still Change Your Mind, You And I Will Meet Again, To Find A Friend, Crawling Back To You, Accused Of Love, Money Becomes King, Something Good Coming, Fault Lines.
Brani che difficilmente si possono trovare in un greatest hits di Tom: forse i più noti sono Alright For Now, usata spesso per chiudere i concerti, e due tra i pezzi migliori rispettivamente di The Last DJ e Highway Companion, cioè Have Love, Will Travel e Down South. Ma veniamo all’esame dei brani inediti, dividendo la recensione in tre parti: le canzoni mai sentite, le alternate takes (la maggior parte) ed i pezzi dal vivo. Gli inediti assoluti non sono poi moltissimi, appena dieci, ma il livello è decisamente alto, a partire da Surrender, un brano inciso da Tom con il suo gruppo per il primo album ma rimasto fuori in quanto i nostri non erano sicuri del risultato (ne esiste una versione rifatta nel 2000 per l’antologia Through The Years, ed è presente anche dal vivo nella Live Anthology): secondo me andava benissimo, un brano rock potente ed orecchiabile al tempo stesso, puro Heartbreakers sound. Lost In Your Eyes, un pezzo dei Mudcrutch originali, è una toccante ballata pianistica, che mostra l’abilità come songwriter di Tom già nel 1975; Keep A Little Soul non solo non capisco come possa essere stata lasciata fuori da Long After Dark, ma addirittura l’avrei vista bene come singolo.
Ancora più incomprensibile la scelta di non pubblicare la splendida Keeping Me Alive, una rock song dalla melodia irresistibile e contagiosa, che avrebbe potuto facilmente diventare un classico (ed è la preferita dalla figlia di Petty, Adria). Walkin’ From The Fire è quasi uno swamp rock, con Campbell brillante alla slide, e non avrebbe sfigurato su Southern Accents (anzi); classico Petty sound anche nella robusta ed autobiografica Gainesville, una outtake del 1998, un brano rock fluido e diretto che richiama il suono dei nostri negli anni settanta. Lonesome Dave è uno scatenato rock’n’roll registrato nelle sessions per le bonus tracks del Greatest Hits del 1993, gran ritmo e performance piena di energia; davvero bella anche I Don’t Belong, una vivace e solare canzone pop giusto a metà tra Byrds e Beatles, con un ritornello accattivante (ma perché lasciarla fuori da Echo?), mentre Bus To Tampa Bay è una squisita folk-rock song illuminata da uno di quei motivi orecchiabili che Petty sapeva tirar fuori con estrema facilità, ed è meglio di molto del materiale incluso nel disco dal quale è stata esclusa, cioè Hypnotic Eye. Chiude il gruppo delle canzoni inedite Two Men Talking, versione in studio di un brano proposto più volte dal vivo (anche a Lucca, concerto al quale ero presente), un rock-blues intrigante con fantastica jam chitarristica finale ed un organo molto anni sessanta (nelle note viene definito “alla Riders On The Storm”, noto brano dei Doors).
Non è un inedito ma è decisamente rara Don’t Treat Me Like A Stranger, lato B del singolo I Won’t Back Down, una bella canzone tra pop e rock, molto vigorosa e con il suono tipico di Jeff Lynne, mentre il gustoso demo di The Apartment Song in duetto con Stevie Nicks era già uscito su Playback. Per quanto riguarda le versioni alternate, mi limito (si fa per dire) a citare le mie preferite, cominciando con la take completa, cioè non sfumata, di Here Comes My Girl, con un bellissimo assolo finale di Mike mai sentito prima, per continuare con una divertita e spontanea What Are You Doing In My Life, grande rock’n’roll, ed una Louisiana Rain più diretta e meno prodotta, ma sempre splendida. Straight Into Darkness resta una delle più belle di Tom, anche se questa versione non è molto diversa da quella pubblicata, ma Rebels è ancora meglio di quella su Southern Accents (e ce ne vuole), più rock e con la batteria più aggressiva: sempre una grandissima canzone. Molto bella anche Deliver Me, non molto nota, e questa è leggermente meno veloce di quella ufficiale (ottimi piano e chitarra, come sempre d’altronde), ed anche il trascinante rock’n’roll The Damage You’ve Done non so se sia meglio qui o nell’album Let Me Up (I’ve Had Enough), forse in questa Petty è più convinto. La struggente The Best Of Everything è una delle ballate più belle del nostro, e questa stupenda take è allo stesso livello di quella edita; sorprendente l’inclusione della prima versione del folk-rock King Of The Hill, uno scintillante duetto con Roger McGuinn che poi finirà sull’album dell’ex ByrdsBack From Rio, ma già in questa “early take” la canzone era più che pronta.
Poi non posso omettere due ottime versioni diverse di due brani di Wildflowers (in attesa della più volte rimandata edizione espansa dell’album), la potente e lucida Wake Up Time, rock ballad dallo spirito quasi sudista (uno degli ultimi pezzi con Stan Lynch alla batteria), e la deliziosa Don’t Fade On Me, solo Tom e Mike, una voce e due chitarre acustiche, puro folk. Tra gli ultimi highlights abbiamo senza dubbio una fantastica You And Me di nuovo acustica, voce, chitarra e piano, resa ancora più commovente dalla testimonianza della moglie di Tom, Dana, che dice che questa è stata l’ultima canzone che il marito ha voluto ascoltare prima di morire, ed una superlativa Good Enough, straordinaria take alternata di uno dei pezzi migliori di Mojo, una rock song da manuale ed una delle tante gemme di questo box. E veniamo ai brani dal vivo, che iniziano con la splendida Listen To Her Heart, byrdsiana fino al midollo e con un refrain di prima qualità, la trascinante Anything That’s Rock’n’Roll, tutta da godere, e con la sinuosa Breakdown, che pur essendo solo vecchia di un anno al tempo di questa versione aveva già il sapore del classico. Even The Losers è uno dei grandi brani rock di Tom, ma qui è in una rilettura del 1989 acustica (ma full band), decisamente sorprendente e dall’aspetto totalmente nuovo; la poco nota Kings Road si rivela essere una rock song solida e vibrante, mentre A Woman In Love (It’s Not Me) è un classico, e questa potente performance del 1981 ad Inglewood è tra le migliori mai sentite, con un grande Campbell.
I Won’t Back Down, presa da una delle mitiche venti serate al Fillmore nel 1997, è rilasciata in una rallentata e toccante versione elettroacustica, Into The Great Wide Open, una delle migliori canzoni uscite dalla collaborazione tra Petty e Lynne, è in una strepitosa rilettura ad Oakland nel 1991 (concerto uscito al tempo su VHS), con le armonie vocali di Howie Epstein ben in evidenza, mentre la scintillante Two Gunslingers, un brano tra i più sottovalutati del nostro, è anche qua unplugged, registrata nel 2013 (e già uscita, ma solo su vinile, su Kiss My Amps 2). Saving Grace è un boogie trascinante che apriva alla grande Highway Companion, e qui è in una roboante performance a Malibu nel 2006; Southern Accents e Insider (quest’ultima con la Nicks) sono entrambe splendide, forse le più belle slow ballads mai scritte da Tom, e danno sempre i brividi anche se non sono proprio inedite (provengono tutte e due dal concerto di Gainesville del 2006 già uscito sul DVD allegato alla prima edizione del film Runnin’ Down A Dream, e Southern Accents era anche sulla Live Anthology). Una spettacolare Hungry No More con i Mudcrutch nel 2016, sette minuti di performance infuocata, chiude in maniera superba sia il gruppo di brani dal vivo sia il box.
Un cofanetto, ripeto, imperdibile (anche se non inedito al 100%), che ci fa ancora di più rimpiangere la prematura dipartita di uno dei più grandi di sempre: ho da poco finito di ascoltarlo e già ho voglia di rimetterlo da capo.
Marco Verdi
P.S: siccome le case discografiche una ne fanno e cento ne pensano, la Universal ha deciso di rispondere alla Warner programmando per il 16 Novembre The Best Of Everything, una nuova retrospettiva di Petty (devo dire molto ben compilata), che comprende anche alcuni pezzi con i Mudcrutch (ma mancano i Traveling Wilburys, quindi non c’è proprio “everything”…forse perché il supergruppo è della Warner?) e, cosa che farà un po’ incavolare i fans che si dovranno ricomprare per l’ennesima volta le stesse canzoni, altri due brani “unreleased”: una versione alternata del pezzo che dà il titolo all’antologia, diversa da quella presente su An American Treasure, e l’inedito assoluto For Real. Di seguito comunque la tracklist completa del doppio CD, poi fate voi.
Tracklist [CD1] 1. Mary Jane’s Last Dance – Tom Petty and the Heartbreakers 2. You Wreck Me – Tom Petty 3. I Won’t Back Down – Tom Petty 4. Saving Grace – Tom Petty 5. You Don’t Know How It Feels – Tom Petty 6. Don’t Do Me Like That – Tom Petty and the Heartbreakers 7. Listen To Her Heart – Tom Petty and the Heartbreakers 8. Breakdown – Tom Petty and the Heartbreakers 9. Walls (Circus) – Tom Petty and the Heartbreakers 10. The Waiting – Tom Petty and the Heartbreakers 11. Don’t Come Around Here No More – Tom Petty and the Heartbreakers 12. Southern Accents – Tom Petty and the Heartbreakers 13. Angel Dream (No.2) – Tom Petty and the Heartbreakers 14. Dreamville – Tom Petty and the Heartbreakers 15. I Should Have Known It – Tom Petty and the Heartbreakers 16. Refugee – Tom Petty and the Heartbreakers 17. American Girl – Tom Petty and the Heartbreakers 18. The Best Of Everything (Alternate Version) – Tom Petty and the Heartbreakers
[CD2] 1. Wildflowers – Tom Petty 2. Learning To Fly – Tom Petty and the Heartbreakers 3. Here Comes My Girl – Tom Petty and the Heartbreakers 4. The Last DJ – Tom Petty and the Heartbreakers 5. I Need To Know – Tom Petty and the Heartbreakers 6. Scare Easy – Mudcrutch 7. You Got Lucky – Tom Petty and the Heartbreakers 8. Runnin’ Down A Dream – Tom Petty 9. American Dream Plan B – Tom Petty and the Heartbreakers 10. Stop Draggin’ My Heart Around (featuring Stevie Nicks) – Tom Petty and the Heartbreakers 11. Trailer – Mudcrutch 12. Into The Great Wide Open – Tom Petty and the Heartbreakers 13. Room At The Top – Tom Petty and the Heartbreakers 14. Square One – Tom Petty 15. Jammin’ Me – Tom Petty and the Heartbreakers 16. Even The Losers – Tom Petty and the Heartbreakers 17. Hungry No More – Mudcrutch 18. I Forgive It All – Mudcrutch 19. For Real – Tom Petty and the Heartbreakers